La mosca mediterranea della frutta
di Marco Gimmillaro
La Ceratitis capitata, comunemente conosciuta come Mosca mediterranea della frutta, è un dittero tripetide largamente diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo; è presente anche in Italia, specie al Sud, dove in diversi areali trova condizioni molto favorevoli al proprio sviluppo, causando ingenti danni in molte colture. Si tratta di una specie polifaga che si sviluppa e nutre a carico di fruttiferi a produzione estiva ed autunnale, spostandosi da una coltura all’altra via via che i frutti maturano. Le specie più colpite sono il fico, il pesco, l’albicocco, il nespolo del Giappone, il fico d’India e gli agrumi, in particolare il clementino e tutti i mandarini a maturazione autunnale, ma può attaccare anche il pero e il melo. La sua dannosità è però limitata a determinate aree o a condizioni climatiche più o meno passeggere; nelle zone a clima temperato la dannosità aumenta fortemente negli anni preceduti da inverni miti.
Danni da Ceratitis capitata su pesco
Si è evidenziato che temperature medie mensili inferiori a 10°C nei 3-4 mesi invernali ne impediscono l’acclimatazione; per questo motivo in molte aree del Nord la sua presenza è saltuaria. La mosca mediterranea della frutta rappresenta un fitofago di primaria importanza per molte colture nelle aree dove è presente. I suoi attacchi sono ampliati dalla sua polifagia e dalla facilità con cui si può moltiplicare in aree a frutticoltura intensiva e consociata; i frutti vengono colpiti in prossimità della raccolta e solitamente la suscettibilità aumenta dalla fase dell’invaiatura. La dannosità è esaltata dalla capacità, frequente a carico degli agrumi, di causare con le punture di ovideposizione un’accelerazione della maturazione del solo epicarpo che si traduce in una cascola anticipata dei frutti. Tipico è il sintomo sugli agrumi delle punture di ovideposizione, che si manifesta con una macchia giallastra nei frutti ancora verdi e verde invece se il frutto è già colorato, mentre sul pesco causa delle macchie depresse brunastre, a volte accompagnate dall’emissione di resina. Le femmine depongono numerose uova per frutto dove si ha lo sviluppo contemporaneo di diverse larve; nei frutti prossimi alla raccolta ciò porta al disfacimento e alla marcescenza della polpa che viene solitamente attaccata anche da agenti fungini, provocando la cascola precoce dei frutti colpiti. Importante per avere lo sviluppo delle larve è la suscettibilità del frutto, cioè la fase in cui viene attaccato, perché se non maturo, o se il pH della polpa non è favorevole, si hanno a volte solo delle punture sterili che non portano allo sviluppo della larva, ma che comunque provocano la decolorazione dei frutti. Per questo, nelle varietà più tardive di agrumi si possono avere le punture ma non il danno alla polpa e quindi la cascola. Il monitoraggio di queste punture è importante e generalmente inizia nei frutti più esposti a sud della chioma: questo serve, oltre al monitoraggio degli adulti, ad individuare l’inizio dell’infestazione.
Generalmente questo insetto sverna come pupa nel terreno, anche se nelle zone più calde può passare l’inverno anche da adulto; i voli iniziano già a giugno ma i danni maggiori si manifestano ad estate inoltrata. Solitamente compie fino a 7 generazioni al sud Italia, in base alle condizioni climatiche, mentre nelle regioni settentrionali dove è presente compie da 2 a 4 generazioni. Le femmine depongono le uova in gruppi di 4/10, provocando con l’ovodepositore delle lesioni di 1-2 mm; spesso le uova vengono deposte in precedenti lesioni provocate da altre femmine ed è per questo che il numero di larve può essere molto alto per frutto colpito, contrariamente a quanto succede per la mosca delle ciliegie. Anche la fertilità della femmina è legata alle condizioni climatiche ma generalmente è molto alta; infatti può deporre anche oltre 500 uova. Le larve nascono dopo pochi giorni e in 7/15 giorni completano il loro ciclo. Le larve si impupano fuori dal frutto nel terreno a circa 10 cm di profondità ed in condizioni favorevoli si sviluppano nuovamente gli adulti in 10-20 giorni. Come già detto, questo è un insetto fortemente influenzato dalle condizioni ambientali ed è anche per questo che la sua diffusione è per areali. Infatti gli accoppiamenti e quindi le ovodeposizioni possono avvenire con temperature al di sopra di 15-16°C, con temperature ottimali di 20-30°C. L’incubazione dura circa 48 ore a temperatura ottimale di 26-28°C in estate, mentre in autunno-inverno, con temperature medie di 15-16°C, occorrono 4-7 giorni. All’approssimarsi della soglia termica inferiore (9°C) l’incubazione dura sempre più a lungo (circa un mese a 10-11°C). La soglia termica superiore è di molto più alta di quella della Bactrocera (39°C contro 32°C), il che può essere considerato testimonianza dell’origine tropicale della specie. Le temperature critiche, minime e massime, degli stadi pre-immaginali sono di 9-11°C e 40°C, ma una certa sopravvivenza si riscontra anche a valori più estremi. Tuttavia è sufficiente un’esposizione a 0°C per qualche giorno consecutivo per uccidere tutte le uova e le larve presenti nei frutti; questa sensibilità viene sfruttata nel sistema di “Cold treatment” usato per la quarantena obbligatoria per l’esportazione degli agrumi in paesi indenni dal parassita, quali il Giappone. A 29°C la durata della vita larvale è di 9-12 giorni che può allungarsi, con l’abbassarsi della temperatura, fino ad avvicinarsi ai 13 mesi con 8-12°C. Per ciò che riguarda lo stadio pupale, in condizioni naturali, va dai circa 10 giorni in estate a circa un mese in inverno. Le pupe, nelle giuste condizioni di umidità, sopportano bene temperature di 34-37°C, ma a valori superiori, soprattutto se associate a bassa umidità, la mortalità può raggiungere il 100% se il suolo non è protetto dalla vegetazione. I 45°C rappresentano la soglia superiore per la sopravvivenza, con una mortalità del 100%, ma anche temperature massime giornaliere prossime ai 38°C per qualche giorno consecutivo provocano la morte di gran parte degli individui immaturi presenti in campo. Per ciò che riguarda le basse temperature, la resistenza è più elevata nelle pupe e negli adulti, con valori limite fino a -4 e -5°C. Comunque il fattore meteorologico che principalmente funge da regolatore delle popolazioni è la temperatura media minima invernale. Infatti gli adulti sono decimati in inverni rigidi, quando per esempio si sussegue una temperatura media mensile di 2°C per 1-3 mesi o di 10°C per 4 mesi. La durata di una generazione è funzione del decorso meteorologico e può variare dai 20 giorni in estate ai 3 mesi in inverno; conseguentemente anche il numero delle generazioni per anno varia a seconda del clima della zona. Le popolazioni variano sia a seconda delle condizioni climatiche sia delle coltivazioni in atto, risultando ovviamente superiori nel caso di una maggiore varietà di fruttiferi presenti. Elevate mortalità sono state osservate per azione di venti caldi e secchi e per elevata umidità del suolo; una piovosità di 1800 mm/anno ostacola fortemente la mosca, ma anche l’elevato contenuto di tannini e di oli essenziali nella frutta sono un’ulteriore barriera unitamente allo spessore della buccia. Tutte queste informazioni ci devono aiutare a capire come prevedere l’infestazione e come intervenire nel momento di maggiore suscettibilità dei frutti, perché una lotta efficace alla mosca si ottiene con l’integrazione di vari sistemi di controllo. Infatti la difesa è basata sulla lotta biologica e sull’uso di mezzi di controllo agronomico e chimico. Sicuramente per la mosca il concetto di lotta guidata è fondamentale, per tanto si attuano tecniche di monitoraggio delle popolazioni per meglio seguire l’evoluzione delle infestazioni e per stabilire le giuste epoche degli interventi.
Trappola a feromoni per il monitoraggio dell’insetto
Il monitoraggio deve iniziare precocemente, quando ancora i frutti non sono maturi, generalmente nelle fasi di pre-invaiatura; però non può essere usato come metodo esclusivo per stabilire la soglia di intervento, ma deve servire solo a verificare la presenza dell’insetto. Il parametro che deve far decidere il momento in cui iniziare gli interventi è la suscettibilità del frutto. Oltre alla presenza dell’insetto, un aiuto per capire l’inizio dell’attività sono le punture sterili, che sono le prime punture sui frutti ma provocate quando il frutto è in una fase non favorevole allo sviluppo della larva. In commercio sono presenti diverse tipologie di trappole:
– trappole cromotropiche con colori giallastri che attirano i ditteri ma che hanno il problema di attirare anche gli insetti utili;
– trappole attivate con una sostanza sintetica, che agisce attirando gli insetti, solitamente a base di trimedlure, feromone che attira i maschi;
– bottiglie trappola con soluzioni acquose di fosfato ammonico, additivate quindi con sostanze alimentari o altre sostanze azotate che attirano soprattutto le femmine che hanno le uova in maturazione.
Le trappole devono essere posizionate nella chioma degli alberi, soprattutto nel lato esposto a sud, dove generalmente ci sono i frutti più maturi che attirano maggiormente le mosche; inoltre per avere un monitoraggio attendibile dovrebbero essere almeno 2 per ettaro. La mosca non ha antagonisti efficaci e per questo il mezzo chimico rimane ancora la soluzione più utilizzata ma, visto che l’insetto viene facilmente attirata da varie sostanze proteiche, si possono usare varie esche avvelenate con formulati già pronti in commercio o con esche estemporanee preparate al momento dell’applicazione miscelando esche proteiche ad esteri fosforici o piretroidi. Le esche, da distribuire solo in parti della chioma, sono molto valide per ridurre la quantità di fitofarmaci impiegati ma hanno il problema che sono facilmente dilavate dalle piogge; la loro distribuzione va quindi ripetuta dopo ogni precipitazione e devono essere impiegate su grandi superfici, superiori ad un ettaro (non sono impiegabili su piccole superfici o alberi isolati). Altri sistemi di lotta sono la cattura massale, che si ottiene impiegando un alto numero di trappole per ettaro, o i sistemi di attract and kill, dove si distribuiscono nel frutteto dei dispositivi fissi avvelenati; entrambi i sistemi hanno lo stessa problematica delle esche liquide, quindi devono essere impiegati su grandi superfici. Questi sistemi permettono di integrare la lotta chimica tradizionale, lotta che è basata su pochi principi attivi autorizzati. Ma le difficoltà maggiori si hanno perché i principi attivi utilizzati devono avere un basso tempo di carenza, visto che le applicazioni vengono effettuate fino alla raccolta. Per piccole superfici o su pochi alberi, anche se in alcuni comprensori di pesche tardive a pasta gialla viene impiegato anche su vasta scala, è molto valido il sistema che protegge i frutti con dei sacchetti di carta; l’insacchettamento avviene a giugno e permette di proteggere i frutti fino alla raccolta, riducendo praticamente a zero l’uso dei fitofarmaci (e non solo per la mosca).
Insacchettamento dei frutti (foto Az. Agr. Tavi di Leonforte Enna)
Bibliografia
Insetti dannosi delle piante da frutto, di A. Pollini Ed. Agrarie
Scheda: Mosca mediterranea della frutta, Arpa Sardegna, link: www.sar.sardegna.it/documentazione/agro/moscafrutta.asp
dalla Rivista TerrAmica – num. 2 Gennaio 2015
Marco Gimmillaro ha conseguito la laurea magistrale in Scienze e Tecnologie agrarie Vecchio Ordinamento presso la Facoltà di Agraria di Catania. Abilitato all’esercizio della libera professione di Dottore Agronomo, da sempre é impegnato nel settore Ricerca e Sviluppo sui fitofarmaci. Curriculum vitae >>>
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