Gli incendi boschivi
di Luca Poli
Incendio boschivo (foto www.meteoweb.eu)
Attualmente il fuoco costituisce la minaccia più seria per il patrimonio boschivo italiano, anche considerati i cambiamenti climatici in atto, con circa 9200 incendi all’anno ed una media di 100.000 ettari di territorio danneggiati o distrutti, di cui circa la metà di aree boscate (Palmieri, 2012).
L’aspetto distruttivo degli incendi boschivi provoca, anche indirettamente, danni di natura economica, ecologica e sociale, oltreché, nel lungo periodo, il pericolo di innesco di processi di degradazione del già di per se fragile ecosistema forestale. Negli ultimi dieci anni in Italia si sono persi più di 500 mila ettari di bosco, seppur recentemente si registra una leggera flessione (Palmieri, 2012).
Da annotare che uno dei fattori che favorisce l’innesco di incendi risulta essere l’abbandono delle campagne, con la conseguente ri-naturalizzazione dei prati e dei pascoli: la copertura vegetale che si instaura spesso in questi casi, soprattutto nelle prime fasi dove si ha la preponderanza di alte erbe ed arbusti tipo ginestre od eriche, risulta possedere infatti dei livelli di infiammabilità molto elevati.
Il fuoco è uno dei fattori significativi influenzanti l’evoluzione della vegetazione forestale; gli effetti sull’ecosistema hanno conseguenze sia a breve che a lungo termine. La copertura del suolo, ad esempio, viene distrutta rapidamente dal fuoco, ma molte sono le reazioni fisico-chimiche che ne subisce la sua struttura e che possono intaccarne la ritenzione idrica, il bilancio batteriologico, la micro-fauna, ecc. O ancora si annotano i danni al microclima, che tendenzialmente si manifesta più caldo e secco, con prevalenza di adattamenti xerofili. In linea di massima, quindi, sono quantitativamente e qualitativamente maggiori i danni a lungo termine che quelli nel breve periodo.
Anche l’Uomo, oltre ovviamente agli immediati danni economici, deve porre grande attenzione agli effetti sopracitati, in quanto anch’esso non può fare a meno di considerarsi parte dell’ecosistema. Partendo dalle conclusioni alle quali è giunto il noto Piero Angela nel suo meno noto “La vasca di Archimede” (1975), cioè che <<all’interno di un determinato sistema, l’esistenza di una fitta rete di collegamenti fa sì che non sia possibile agire soltanto su taluni elementi senza influenzare anche gli altri>>, è possibile affermare che gli effetti di un incendio si notano anche su tutti gli altri “attori” facenti parte il sistema, in questo caso ecologico o ecosistema.
L’incendio in senso lato è un processo chimico di combustione (ossidazione), che avviene in presenza di materiale combustibile, qual é quello vegetale, dell’ossigeno (comburente) e di una piccola quantità di calore ad alto potenziale, che determina lo sviluppo a catena del processo stesso. Per permettere l’innesco di un fuoco quindi è necessaria la presenza delle tre componenti combustibile, comburente e calore, chiamate anche “triangolo del fuoco”; anche se tale condizione non è sufficiente a permettere lo sviluppo di un vero e proprio incendio boschivo.
Il rischio di incendio di un soprassuolo forestale è legato a numerosi fattori. Uno in particolare riveste un’importanza fondamentale, in quanto materia prima combustibile: il tipo di vegetazione. Esistono però altre variabili che sono fondamentali per lo sviluppo e per l’andamento di un incendio, quali il vento, la morfologia del territorio, la stagione in cui esso si sviluppa.
L’analisi della vegetazione è in grado di fornire indicazioni sulle tipologie di soprassuolo più a rischio, in relazione alle specie prevalenti, alla loro età, alla distribuzione spaziale delle diverse specie, alla presenza o meno dello strato arbustivo.
Per quanto riguarda le differenze nella suscettibilità delle specie forestali al fuoco molte di queste hanno sviluppato strategie di sopravvivenza al passaggio del fuoco (es. pino marittimo, pino domestico): in questi casi l’incendio rappresenta un fattore ecologico che consente la perpetuazione dei soprassuoli forestali. Altre specie hanno invece rafforzato le proprie difese contro il fuoco sotto il profilo fisico e strutturale: esemplare l’adattamento della sughera, che forma una spessa corteccia con funzione di protezione contro le fiamme. Altre specie (es. pino nero, cipresso comune) invece contengono estrattivi quali oleoresine ed oli che, presentando un’elevata infiammabilità accrescono notevolmente la sensibilità della specie al fuoco.
L’età del popolamento influenza direttamente le dimensioni del combustibile presente in bosco: fustaie mature presentano un minor rischio di incendio paragonate a cedui giovani della stessa specie.
Elemento essenziale nello sviluppo di un incendio è dato poi dalla disposizione del combustibile nello spazio: l’omogeneità della distribuzione del combustibile comporta in genere un più elevato rischio di sviluppo e diffusione di incendi. La struttura verticale del bosco è di fondamentale importanza in quanto condizione essenziale al passaggio del fuoco dal combustibile di superficie (lettiera, strato erbaceo o arbustivo) alla chioma. Per questo motivo in genere le strutture disetaneiformi presentano un maggior rischio rispetto a popolamenti coetanei.
La presenza infine di uno strato arbustivo è un altro elemento determinante nel far aumentare il rischio di incendio di un popolamento forestale. La presenza di un denso strato arbustivo contribuisce a regolarizzare la continuità del combustibile sia in senso orizzontale sia verticale; inoltre, alcune specie arbustive (es. le eriche) risultano particolarmente infiammabili. Lo strato arbustivo, in alcuni casi, può caricarsi di necromassa fine, incrementando le probabilità di innesco del fuoco. Gli arbusteti sono formazioni ad alto rischio di incendio proprio in relazione spesso alla compattezza della vegetazione in senso orizzontale.
Si possono differenziare varie tipologie di incendio, a seconda della classificazione adottata; in relazione ad esempio al fronte di fiamma si distinguono:
– incendi di superficie o radenti, sono i più frequenti e costituiscono la fase iniziale di ogni incendio. Il combustibile è costituito da lettiera indecomposta, copertura erbacea ed arbustiva, ed i valori di intensità, velocità ed altezza della fiamma dipendono soprattutto dal grado di umidità del combustibile; l’intensità di tale tipologia può variare dai 100 ai 3000 KW/m.
– incendi di chioma, rappresenta la tipologia più difficilmente controllabile con fiamme che si estendono rapidamente e con grande sviluppo di calore. Sono percorse dal fuoco le parti alte delle chiome e la trasmissione del fuoco può avvenire contemporaneamente all’incendio di superficie (incendio di barriera).
–incendi sotterranei e di ceppaia, sono quelli dove bruciano lentamente le sostanze vegetali come muschi, torbe ed altre sostanze organiche indecomposte presenti nei primi strati del suolo. In questi incendi la combustione può protrarsi per diversi giorni con il pericolo che un tizzone, trasportato dal vento, possa estendere l’incendio in una zona ancora non percorsa.
Nei riguardi della propagazione del fuoco le variabili che entrano in gioco sono molteplici, per cui non vi è un unico modello di diffusione e propagazione dell’incendio in un bosco. Un fattore altamente predisponente lo sviluppo è sicuramente il bilancio termico: quando il calore sviluppato è in grado di interessare altro combustibile rispetto a quello già interessato, allora il fuoco si espande, avanzando in modo più o meno uniforme nei riguardi della direzione e con una maggiore o minore velocità in funzione di variabili quali velocità e direzione del vento, caratteristiche della vegetazione ed orografiche del territorio. La conoscenza del comportamento del fuoco e della sua geometria si è rilevata di estrema utilità sia nella lotta per lo spegnimento che nelle attività di indagine relative all’individuazione del probabile punto di innesco di inizio dell’incendio.
Due tra le variabili principali, il vento e l’orografia, sono in grado di influenzare l’andamento dello sviluppo dell’incendio: in caso di assenza di vento e terreno pianeggiante, il fronte di fiamma avrà tendenzialmente una conformazione circolare, con espansione in tutte le direzioni. Nel caso di vento costante, l’incendio assume una forma caratteristicamente allungata o ellittica, con il fronte di fiamma che si muove nella direzione dell’aria spostata dal vento; in caso invece di vento con variabile direzione, il comportamento del fuoco seguirà le diverse direzioni di movimento dell’aria. La pendenza del terreno facilita l’avanzata dell’incendio verso le zone più alte a causa del preriscaldamento ed essiccazione del combustibile adoperati grazie all’apporto di calore dal basso.
Spegnimento incendio boschivo con Canadair (foto www.protezionecivile.gov.it)
Inquadramento giuridico della lotta agli incendi boschivi
Il consueto ed apparentemente irrefrenabile dilagare degli incendi boschivi ci induce ogni anno ad affrontare tale emergenza come problema tecnico ed organizzativo, con una particolare attenzione all’organizzazione di spegnimento delle fiamme. Le cause dell’innesco dei roghi vengono spesso attribuite ai “piromani”, alle incurie dei vari frequentatori dei boschi ed ai mozziconi di sigaretta.
Va tuttavia ricordato che nel nostro Paese l’autocombustione è un fenomeno praticamente inesistente: gli incendi boschivi, in particolare quelli di grande entità, sono tutti certamente dolosi o comunque fortemente colposi. Sussistendo, dunque, il dolo o la colpa grave, sono da considerarsi fenomeni criminali che derivano da un comportamento scientifico e volontario o comunque fortemente imprudente; spesso gli autori di tali atti vengono erroneamente definiti “piromani” (termine che denota una malattia), mentre sarebbe certamente più corretto qualificarli “incendiari”, ovvero dediti al delitto di incendio doloso (o colposo) previsto dal Codice Penale. Maurizio Santoloci e Andrea Sillani, nel loro “La tutela del territorio”, 2003, affermano che <<classificare gli autori di tali delitti come “piromani” equivale a denominare come “cleptomani” efferati rapinatori di banche>>. A tale riguardo anche il Corpo Forestale dello Stato, nell’attività investigativa, considera tra le varie cause quella delle turbe comportamentali (piromania e mitomania) dovute a fenomeni di dipendenze da stupefacenti o turbe psichiche (CFS, 2005).
Nel riguardo degli incendi boschivi, il nostro sistema giuridico ha infatti istituito, con gli articoli 10 e 11 della L. n. 353/00, ed inserito nel Codice Penale il reato specifico di “incendio boschivo” (c.p.p. art. 423 bis), che è considerabile un’appendice del più generale reato di “incendio”(c.p.p. art. 423). Il rischio per chi commette tale infrazione è la reclusione da 4 a 10 anni, che viene aumentata della metà se il risultato del fuoco è un << disastro ecologico consistente in un danno grave, esteso e persistente all’ambiente >>; aumentata di un anno in caso di incendio colposo (comma 2), ed ulteriormente aumentata se l’incendio ha provocato danni ad edifici o aree naturali protette. A livello procedurale va evidenziato che l’arresto è obbligatorio in flagranza di reato nel caso previsto dal primo comma (art. 380 c.p.p.); in caso di cessata flagranza è consentito il fermo dell’indiziato di delitto ad opera della Polizia Giudiziaria (art. 384 c.p.p.); sono altresì consentite le misure cautelari personali (artt. 280 e 287 c.p.p.).
Da aggiungere a tali considerazioni la recente istituzione delle nuove fattispecie di reato “inquinamento ambientale” e “disastro ambientale” facenti parte del D.L. sugli “ecoreati”, in fase di approvazione da parte del Parlamento Italiano. È prevedibile che tale modifica al Codice Penale possa avere delle conseguenze anche nell’ambito della punibilità per chi provoca un incendio boschivo.
L’aspetto sociale degli incendi boschivi
Il problema degli incendi boschivi torna puntuale quasi ogni estate, ed a livello sociale la distruzione delle foreste provoca allarme e smarrimento, che vengono amplificati dai servizi che i media tanto puntualmente ripropongono. Questa ”onda” di indignazione e rabbia per un disastro che almeno in parte si sarebbe potuto probabilmente evitare non viene però convogliata, né a livello politico né di mezzi di comunicazione, verso una presa di coscienza collettiva sulla necessità di affrontare il problema alla “radice”. Perché in fondo al quasi perenne stato di emergenza in cui giace il nostro Paese (es. dissesto idrogeologico, ecc.), che riguarda inevitabilmente anche il settore della lotta agli incendi boschivi, vige un problema principalmente culturale: manca spesso l’informazione che la pianificazione e l’organizzazione sono necessarie in una gestione integrale del problema che intenda risolverlo o perlomeno attenuarlo il più possibile, e che l’estinzione dovrebbe essere solamente l’ultima inevitabile fase di un lungo processo di prevenzione. Ad esempio sarebbe auspicabile una gestione degli ambienti rurali e forestali attiva nei confronti di questa problematica, anche per ridare slancio alle tante azioni ed attenzioni che il territorio necessita nell’ottica di una sua corretta gestione.
L’attuale stato di crisi della società nel suo complesso, inteso letteralmente ovvero come stato di cambiamento, è auspicabile possa portare alla sperata mutazione culturale nella cittadinanza per creare persone più attente e consapevoli verso quella che potremmo definire una gestione integrale del problema degli incendi boschivi; una cittadinanza quindi in grado, sia in prima persona che attraverso l’espressione della volontà politica, di far valere i propri interessi anche nei confronti della classe dirigente.
Il presente elaborato è estratto dalla tesi di laurea dell’autore dal titolo “Sviluppo di una metodologia per la determinazione dei costi di estinzione degli incendi boschivi in Toscana”, relatore prof. Enrico Marchi (GESAAF – Università degli Studi di Firenze), correlatori dott. Claudio Fagarazzi (GESAAF – Università degli Studi di Firenze) e dott. Gianluca Calvani (Organizzazione regionale antincendi boschivi della Regione Toscana).
Bibliografia:
- Angela P. (1975). La vasca di Archimede, ed. Garzanti, Milano.
- Corpo Forestale dello Stato, (2004). Gli incendi boschivi 2004, Servizio Antincendio Boschivo, Ministero Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Roma.
- Corpo Forestale dello Stato, (2005). Gli incendi boschivi 2005, Servizio Antincendio Boschivo, Ministero Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Roma.
- Farina A., Vice-Questore Aggiunto Forestale (2011). Il rischio degli incendi boschivi e di interfaccia, Corpo forestale dello Stato – Comando Regionale per il Lazio, Corso di
pianificazione d’emergenza del livello provinciale rivolto ai rappresentanti delle diverse strutture operative locali e agli operatori della provincia di Latina. - Landi S., (2006). Il fuoco: fonte di energia e potere distruttivo, Rivista Silvae, n.2 Anno 5, Corpo Forestale dello Stato.
- Landi S., (1997). Organizzazione e tecnica della lotta contro gli incendi boschivi, sesta edizione, Edizioni Laurus Robuffo, Roma.
- Palmieri N., (2012). Manuale forestale, Imago Editrice, Bari.
- Regione Toscana, (2007). Lotta attiva agli incendi boschivi, Manuale per la formazione degli operatori di base. Settore Foreste e Patrimonio agroforestale, Organizzazione Regionale Antincendi Boschivi.
- Regione Toscana, (2014). Piano operativo AIB 2014-2016 (art. 74 L.R. 39/00), approvato con Delibera di Giunta regionale n. 50 del 28 gennaio 2014.
- Santoloci M., Sillani A.,(2003). La tutela del territorio, Casa Editrice La Tribuna, Piacenza.
- Ufficio Gestione delle Emergenze, Dipartimento della Protezione Civile, (2013). Concorso della flotta aerea dello stato nella lotta attiva agli incendi boschivi – Disposizioni e procedure, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma.
Sitografia:
- ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata) sez. Ambiente ed energia. URL: http://www.ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/index.html [data di accesso: marzo 2015].
- Protezione Civile, Presidenza del Consiglio dei Ministri. Descrizione sul rischio incendi. URL:http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_incendi.wp?pagtab=4#pag-content [data di accesso: marzo 2015].
Luca Poli, diplomato all’Istituto tecnico agrario, ha conseguito la laurea triennale in Scienze forestali ed ambientali e la laurea magistrale in Scienze e tecnologie dei sistemi forestali presso l’Università degli Studi di Firenze. Curriculum vitae >>>
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