di Giuseppe Accomando
Tra le nuove tecniche di miglioramento genetico segnaliamo: a) Sincronizzazione dei calori e superovulazione. b) Embryo transfer. c) Splitting. d) Trapianto nucleare. e) Sessaggio del liquido seminale e degli embrioni. f) Pseudoclonazione. g) Ingegneria genetica. h) OGM (organismi geneticamente modificati).
Sincronizzazione dei calori
La sincronizzazione dei calori oggi è pratica diffusa, applicata per programmare e pianificare i parti, per economizzare la stalla e per avere carne nei periodi di maggiore domanda, ciò è possibile per l’impiego, sempre più frequente, dell’inseminazione strumentale, le tecniche mirano a bloccare le manifestazioni estrali. Per sincronizzare gli estri si impiegano normalmente due tipi di prodotti, negli ovi – caprini i progestinici, nei bovini le prostaglandine. I prodotti possono essere impiegati ponendoli nell’apparato genitale femminile (vagina) oppure al lobo auricolare. Il metodo vaginale consiste nell’inserire spugnette, spirali, diaframmi, imbevute di acetato di fluorogestone nella quantità massima di 30 – 40 mgr/kg di peso vivo, tenute in situ per circa 12 – 14 giorni. La via auricolare si pratica impiantando nel lobo una pasticca della stessa sostanza. Alla rimozione degli inibitori dopo 2 – 3 giorni le femmine dovrebbero trovarsi nella fase estrale e quindi essere fecondate dopo qualche giorno, anzi è buona norma inseminare una seconda volta a distanza di 24 ore dalla prima per maggiore sicurezza dell’intervento. Addirittura è possibile favorire la superovulazione delle donatrici per indurre le ovaie a produrre più ovuli e quindi più embrioni, iniettando, dopo la rimozione dell’inibitore, ormoni follicolo stimolanti esempio gonadotropina sierica di cavalla gravida.
Embryo transfer
Trasferimento embrionale da una femmina donatrice a femmine riceventi o balie, è una nuova tecnica di riproduzione per migliorare il patrimonio genetico delle popolazioni zootecniche. Il trasferimento degli embrioni, sperimentato già alla fine del XX sec., contribuisce a dare maggiore peso alle femmine nel miglioramento genetico delle popolazioni zootecniche, prerogativa questa finora dei soli maschi, accentuata attraverso l’impiego dell’inseminazione strumentale.
Il trasferimento embrionale è possibile grazie alla tecnica perfezionata del congelamento degli embrioni ed al loro impianto in femmine riceventi all’uopo preparate con apposite cure ormonali. Questa tecnica è in fase di crescente utilizzazione nella specie bovina, dove consente di aumentare anche di trenta volte l’efficienza riproduttiva delle vacche donatrici. Il primo embryo transfer venne eseguito sul coniglio nel 1890 e i primi successi risalgono agli anni ‘30 per la pecora e la capra, ai primi anni ‘50 per il maiale e il bovino, agli anni ‘70 per il cavallo.
L’impiego di questa tecnica nei bovini ha subito una notevole spinta in avanti negli anni settanta grazie al suo valore commerciale: la possibilità di ottenere un notevole numero di ovuli da donatrici geneticamente selezionate grazie all’utilizzo di ormoni che inducono la super ovulazione, aumentava così il valore genetico della bovina prescelta. Inizialmente si utilizzavano bovini da carne europei, successivamente questa metodica è stata estesa alle razze bovine da latte. Uno dei limiti è l’eccessivo costo delle operazioni per cui viene impiegato per la produzione di vitelli maschi da immettere in programmi di miglioramento genetico. Oggi la tecnica è altamente perfezionata, il prelievo degli embrioni viene fatto con metodo incruento con l’impiego di un catetere flessibile a differenza del passato che era necessario esteriorizzare l’apparato genitale femminile per via laparatomica e procedere al prelievo degli embrioni a cielo aperto mediante lavaggio.
Splitting
Altra tecnica in fase sperimentale è la divisione degli embrioni (splitting) per ottenere gemelli omozigoti, lo splitting si esegue o allo stadio di morula (4 – 6 giorni dalla fecondazione) o allo stadio di blastocisti (9 giorni di vita), questi sono due stadi in cui le cellule (blastomeri) non sono ancora differenziate, perciò sono capaci di generare nuovi individui identici agli altri(gemelli omozigoti).
Trapianto nucleare
È possibile eseguire il trapianto nucleare, cioè il trasferimento del nucleo da un gamete (spermatozoo – uovo) o da un blastomero, alla cellula uovo, in teoria, quindi, è possibile ottenere uno zigote partendo da due spermatozoi o da due cellule uovo aploidi.
Sessaggio del liquido seminale e degli embrioni
Con le nuove tecniche di micromanipolazione l’uomo è capace di eseguire il sessaggio degli spermatozoi portatori degli eterocromosomi X ed Y che determinano il sesso del nascituro, il metodo consiste nella separazione degli spermatozoi con procedimento fisico in base al contenuto di DNA, 3% in più negli spermatozoi portatori dell’eterocromosoma X rispetto agli spermatozoi portatori dell’eterocromosoma Y, la tecnica di separazione è detta citofluorimetria a flusso. È importante negli allevamenti di razze da latte e in quelli bufalini, al momento la tecnica è costosa perché occorre molto liquido seminale per garantirne la qualità. Il sessaggio può essere eseguito anche sugli embrioni attraverso la biopsia, in tal caso la probabilità si avvicina molto al 100%, più facile è l’esecuzione del cariotipo (mappa cromosomica) per costatarne eventuali anomali.
Pseudoclonazione
Attualmente l’uomo ha approfondito all’inverosimile lo stato delle conoscenze tanto da ottenere, nel 1997, la pecora Dolly, il primo mammifero pseudoclonato senza l’intervento della fecondazione o della riproduzione sessuata.
Il clone è stato ottenuto partendo da blastomeri di 5 giorni di vita: a questo stadio le cellule vengono separate ed ognuna fusa con una cellula uovo privata del nucleo e successivo trapianto nelle femmine riceventi che fungono da balie, oppure possono essere congelati sotto azoto liquido a – 195°C. Si verrà così a formare un embrione il cui patrimonio genetico deriva dalla cellula del blastocista donatore, cioè dall’embrione di partenza, proprio perché il materiale di partenza è rappresentato da cellule germinali e non da cellule somatiche( cellule del corpo) tale tecnica non la si considera una vera clonazione. La clonazione vera e propria, ottenimento di individui identici partendo da cellule somatiche(sangue, tessuti, etc), è in fase sperimentale ma ancora ben lungi dall’essere praticata su larga scala.
Ingegneria genetica
L’ingegneria genetica o “tecnologia del Dna ricombinante”, comporta la manipolazione del Dna utilizzando i cosiddetti enzimi di restrizione, prodotti da varie specie di batteri; la loro azione consiste nel riconoscimento all’interno di una molecola di Dna di una sequenza specifica, sulla quale viene operato un taglio, in questo modo vengono generati frammenti di Dna originari di specie diverse e contenenti geni o sequenze di particolare interesse, che possono essere uniti ad altre molecole di Dna tramite enzimi chiamati “ligasi“. Pertanto, gli enzimi di restrizione e le ligasi permettono, con un procedimento di “taglia e incolla”, di costruire molecole di Dna ricombinanti.
Per introdurre questi pezzi modificati in una cellula ospite si impiegano i vettori come i virus, lieviti, e plasmidi e attraverso la replicazione si ottengono i cloni(multiple copie identiche alla molecola originaria). Da qualche anno è possibile ottenere questo stesso risultato con un nuovo metodo, chiamato reazione a catena della polimerasi (PCR), grazie al quale è possibile evitare il passaggio della clonazione del frammento di Dna in un vettore. Le tecniche di ingegneria genetica oltre ad essere impiegate nella specie umana per la produzione di insulina, per la lotta all’emofilia, all’AIDS ed all’epatite virale, vengono anche utilizzate dai ricercatori del settore agroalimentare. Ad esempio per aumentare la resistenza di specie vegetali alle malattie o per modificare il patrimonio genetico del bestiame, ad esempio al fine di incrementare la produzione di latte; l’industria farmaceutica utilizza questi metodi per generare vaccini ricombinanti o per cercare di fare produrre a razze bovine selezionate alcuni tipi di farmaci insieme al latte materno.
Tecniche di ingegneria genetica
1. Con l’uso degli enzimi di restrizione viene isolato un frammento di Dna contenente il gene di interesse.
2. Un plasmide estratto da un batterio viene trattato con lo stesso enzima e fuso al frammento, a dare una molecola ibrida.
3. Il plasmide ibrido viene reintrodotto nella cellula batterica in cui, prima di ogni divisione cellulare, si duplica secondo le stesse modalità del Dna del batterio.
4. Dalla coltura di questi batteri si ottengono diversi milioni di cellule, da cui vengono estratte e purificate grandi quantità di geni di interesse.
Organismi geneticamente modificati
I primi mammiferi geneticamente modificati, ottenuti nel 1987 dalla Integrated Genetics di Frampton, Massachusetts, furono topi nei quali era stato introdotto un gene per la produzione di una sostanza anticoagulante (TPA), che poteva essere isolata dal latte e impiegata nella terapia umana post-infarto.
Nel 1988 fu creato un ceppo di “oncotopi”, in cui era stato inserito l’oncogene C-MyC destinati alla ricerca sul cancro della mammella. Nel 1992 furono prodotti anche topi knock-out, nei quali specifici geni vennero inattivati per riprodurre errori genetici tipici di alcune patologie umane. Inoltre, sono stati ottenuti animali con carni meno grasse, in particolare suini, e resistenti a determinate malattie, come polli transgenici resistenti alla leucosi aviaria. In campo agronomico, sono state create piante di mais e di soia transgenici resistenti agli erbicidi, sono state create anche piante di tabacco transgenico resistenti al virus del mosaico.
Tutte le tecniche fin qui descritte, a parte l’aspetto bioetico da non sottovalutare per gli sviluppi futuri anche sulla specie umana, inducono ad una sensibile diminuzione della variabilità genetica, eterozigosi indispensabile per il mantenimento di una specie, soprattutto per il mutare delle condizioni ambientali. È necessario, quindi, provvedere al più presto alla creazione di banche per la conservazione del germoplasma delle specie in via di estinzione. Oggi, i Paesi maggiori produttori mondiali di piante geneticamente modificate sono nell’ordine: Stati Uniti col 50,4% del totale della superficie coltivata, Argentina col 16,4% , Brasile col 13,1%, Canada col 6,1 %, India col 5,4%, altri Paesi nell’insieme occupano una superficie di 8,6%. Le piante maggiormente sottoposte alla modifica del genoma sono: soia, il 51% della superficie mondiale è ogm, mais 31%, cotone 13% e il colza 5%. Gli ettari coltivati con queste colture sono passati dagli 11 milioni nel 1997, a circa 53 milioni nel 2001 a 125 milioni nel 2008.
Giuseppe Accomando, laureato in Scienze agrarie presso l’Università Federico II di Napoli, è docente di zootecnica. Curriculum vitae >>>
Giuseppe Accomando ISBN 9788864363974 |