Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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La si­tua­zio­ne degli in­va­si in To­sca­na, os­ser­va­zio­ni sul fe­no­me­no del­l’in­ter­ri­men­to, il caso di stu­dio del Chian­ti fio­ren­ti­no

di Ales­sio Su­si­ni

I la­ghet­ti col­li­na­ri

Con il ter­mi­ne “la­ghet­ti col­li­na­ri” si in­di­ca una spe­ci­fi­ca ca­te­go­ria di in­va­si di ori­gi­ne ar­ti­fi­cia­le, co­sti­tui­ti quin­di da un’o­pe­ra di sbar­ra­men­to rea­liz­za­ta lungo un corso d’ac­qua.
La legge ita­lia­na de­fi­ni­sce i la­ghet­ti col­li­na­ri di ori­gi­ne ar­ti­fi­cia­le sia in base alle di­men­sio­ni del­l’in­va­so che dello sbar­ra­men­to. Il li­mi­te in al­tez­za da con­si­de­ra­re per lo sbar­ra­men­to, e al di sopra del quale l’o­pe­ra viene con­si­de­ra­ta una gran­de diga, è di 15 m. Il vo­lu­me mas­si­mo del ba­ci­no che viene crea­to a monte della diga non può es­se­re su­pe­rio­re a 1.000.000 m3. In To­sca­na la ge­stio­ne dei pic­co­li in­va­si è de­le­ga­ta alle Pro­vin­ce, oltre tali li­mi­ti le opere di sbar­ra­men­to ven­go­no clas­si­fi­ca­te come gran­di dighe di in­te­res­se na­zio­na­le.

Laghetto collinare nel Chianti fiorentino

Uti­liz­zo dei la­ghet­ti col­li­na­ri

Gli in­va­si ar­ti­fi­cia­li pos­so­no es­se­re de­sti­na­ti a di­ver­si usi. Otre al­l’u­so prin­ci­pa­le per cui l’in­va­so viene rea­liz­za­to, pos­so­no pre­star­si ad altri scopi o uti­liz­zi se­con­da­ri (ad es. un la­ghet­to per l’ir­ri­ga­zio­ne può al­l’oc­cor­ren­za co­sti­tui­re una fonte di ap­prov­vi­gio­na­men­to idri­co con­tro gli in­cen­di).

  • Uso ir­ri­guo: è di gran lunga l’uso più co­mu­ne dei pic­co­li in­va­si pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio.
  • Uso idro­po­ta­bi­le: sono in­va­si de­sti­na­ti alla for­ni­tu­ra di ri­sor­sa per il con­su­mo umano, de­vo­no sot­to­sta­re a de­ter­mi­na­ti pa­ra­me­tri per quan­to ri­guar­da la qua­li­tà delle acque e so­li­ta­men­te non pos­so­no es­se­re im­pie­ga­ti per lo svol­gi­men­to di altre at­ti­vi­tà.
  • La­mi­na­zio­ne e casse di espan­sio­ne (re­gi­ma­zio­ne delle piene): que­sta ti­po­lo­gia di in­va­si ne­ces­si­ta di una ge­stio­ne dif­fe­ren­te dagli altri tipi, in quan­to ven­go­no man­te­nu­ti vuoti e sono de­sti­na­ti a riem­pir­si sol­tan­to a se­gui­to di un even­to di piena di una certa en­ti­tà (tempo di ri­tor­no). Per que­sto fatto non pos­so­no es­se­re con­si­de­ra­ti come una fonte di ri­sor­sa idri­ca.
  • Uso per an­tin­cen­dio bo­schi­vo: se rea­liz­za­ti esclu­si­va­men­te per que­sto im­pie­go sono so­li­ta­men­te in­va­si di pic­co­le di­men­sio­ni, lo­ca­liz­za­ti nelle zone in cui si ha mag­gior pre­sen­za di aree bo­sca­te, spes­so di­stri­bui­ti al­l’in­ter­no del bosco in luo­ghi stra­te­gi­ci dif­fi­cil­men­te rag­giun­gi­bi­li da terra, da cui viene pre­le­va­ta l’ac­qua tra­mi­te mezzi aerei (eli­cot­te­ri an­tin­cen­dio).
  • Pesca e tu­ri­smo.

 

Si può af­fer­ma­re che, nel caso di in­va­si di pic­co­le di­men­sio­ni, ri­sul­ta piut­to­sto dif­fi­ci­le com­bi­na­re le varie esi­gen­ze in modo da avere in­va­si “mul­ti­fun­zio­na­li”.
La mul­ti­fun­zio­na­li­tà per gli in­va­si au­men­ta in­fat­ti al­l’au­men­ta­re delle di­men­sio­ni del­l’in­va­so stes­so. È quin­di una ca­rat­te­ri­sti­ca da at­tri­buir­si mag­gior­men­te ad in­va­si di gran­di di­men­sio­ni. Un ti­pi­co esem­pio in To­sca­na è il lago di Bi­lan­ci­no, che è in grado di of­fri­re nu­me­ro­si e di­ver­si ser­vi­zi allo stes­so tempo (tu­ri­smo, pesca, an­tin­cen­dio, la­mi­na­zio­ne delle piene, uso idro­po­ta­bi­le, pro­du­zio­ne di ener­gia elet­tri­ca…).

I laghi ar­ti­fi­cia­li in To­sca­na

Gli in­va­si ar­ti­fi­cia­li pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio della Re­gio­ne To­sca­na sono 2.469, di que­sti, circa 50 (il 2% circa) sono rap­pre­sen­ta­ti da gran­di dighe; i re­stan­ti si tro­va­no di­stri­bui­ti per la mag­gior parte nelle Pro­vin­ce di: Gros­se­to, Arez­zo, Fi­ren­ze e Siena (dati 2004 – Arsia – Re­gio­ne To­sca­na). Ana­liz­zan­do nel det­ta­glio varie ca­rat­te­ri­sti­che degli in­va­si to­sca­ni si pos­so­no fare di­ver­se con­si­de­ra­zio­ni (sono stati presi in con­si­de­ra­zio­ne esclu­si­va­men­te gli in­va­si di pic­co­le di­men­sio­ni).

Epoca di co­stru­zio­ne degli in­va­si

Dal gra­fi­co ri­por­ta­to in se­gui­to si può no­ta­re come la mag­gior parte degli in­va­si pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio sia stata co­strui­ta in un pe­rio­do di tempo che va dalla fine degli anni ’50 – ’60, fino alla fine degli anni ’80. In par­ti­co­la­re si re­gi­stra un forte crol­lo nella rea­liz­za­zio­ne degli in­va­si a par­ti­re dal 1989. Que­sto dato si può ri­con­dur­re es­sen­zial­men­te al fatto che i luo­ghi adat­ti per la co­stru­zio­ne di nuovi sbar­ra­men­ti, so­prat­tut­to se di una certa im­por­tan­za, ri­sul­ta­no ormai es­se­re in nu­me­ro ab­ba­stan­za li­mi­ta­to. In tale ot­ti­ca bi­so­gna anche con­si­de­ra­re l’im­pat­to che causa la rea­liz­za­zio­ne del­l’in­va­so sul­l’am­bien­te, ov­ve­ro l’in­va­sio­ne del ter­ri­to­rio da parte delle acque.

Stato di con­ser­va­zio­ne e ma­nu­ten­zio­ne

Lo stato di con­ser­va­zio­ne e ma­nu­ten­zio­ne degli in­va­si ri­sul­ta me­dia­men­te sca­den­te: una per­cen­tua­le non tra­scu­ra­bi­le di la­ghet­ti si pre­sen­ta in cat­ti­vo stato di con­ser­va­zio­ne o in al­cu­ni casi, di com­ple­to ab­ban­do­no. Per que­sti ul­ti­mi la nor­ma­ti­va di set­to­re pre­ve­de sia il ri­pri­sti­no che la di­smis­sio­ne, che co­mun­que è un’o­pe­ra­zio­ne com­ples­sa e co­sto­sa.
Si ag­giun­ge inol­tre che gli in­va­si co­strui­ti fino alla fine degli anni ’70 sono stati rea­liz­za­ti se­guen­do la vec­chia nor­ma­ti­va in ma­te­ria di co­stru­zio­ne delle dighe di sbar­ra­men­to e, se non hanno su­bi­to in­ter­ven­ti di ade­gua­men­to, pre­sen­ta­no ca­rat­te­ri­sti­che tec­ni­che spes­so non con­for­mi con la nor­ma­ti­va vi­gen­te.

Vo­lu­mi di in­va­so

Più della metà degli in­va­si in que­stio­ne è rap­pre­sen­ta­ta da la­ghet­ti con ca­pa­ci­tà non su­pe­rio­re a 30.000 m3, e il 22% circa da la­ghet­ti il cui vo­lu­me non su­pe­ra i 10.000 m3. Que­sti ul­ti­mi sono per la mag­gior parte co­sti­tui­ti da va­sche in terra o in ce­men­to uti­liz­za­te per l’ir­ri­ga­zio­ne dei ter­re­ni agri­co­li, men­tre un’a­tra parte è rap­pre­sen­ta­ta da pic­co­li la­ghet­ti an­tin­cen­dio, di­slo­ca­ti so­prat­tut­to nelle zone a mag­gior in­te­res­se fo­re­sta­le. Le re­stan­ti sono quasi tutte opere con sbar­ra­men­to in terra.
La ca­pa­ci­tà media degli in­va­si si at­te­sta at­tor­no ai 20.000-30.000 m3, per un vo­lu­me to­ta­le po­ten­zia­le nel­l’or­di­ne dei 60 mi­lio­ni di m3, a cui però deve es­se­re sot­trat­ta una certa quota di vo­lu­me do­vu­ta alle per­di­te per l’in­ter­ri­men­to.

Distribuzione degli invasi

L’in­ter­ri­men­to

Il pro­ble­ma del­l’in­ter­ri­men­to nasce in­sie­me alla co­stru­zio­ne di un in­va­so ar­ti­fi­cia­le, in quan­to è una di­ret­ta con­se­guen­za della pre­sen­za in alveo di un’o­pe­ra di sbar­ra­men­to del corso d’ac­qua, che ar­re­sta il tra­spor­to di se­di­men­to verso valle.
L’in­ter­ri­men­to si ri­per­cuo­te sulla fun­zio­na­li­tà e sulla vita degli in­va­si ar­ti­fi­cia­li: nel tempo i ser­ba­toi pos­so­no per­de­re par­zial­men­te o to­tal­men­te la loro ca­pa­ci­tà di in­va­so, a causa del­l’ac­cu­mu­lo di se­di­men­ti pro­ve­nien­ti dal­l’e­ro­sio­ne del ter­re­no al­l’in­ter­no del ba­ci­no im­bri­fe­ro.
Sono in­te­res­sa­ti mag­gior­men­te gli in­va­si di pic­co­le di­men­sio­ni: si stima che in Ita­lia il tasso po­ten­zia­le annuo di in­ter­ri­men­to nei gran­di in­va­si sia com­pre­so fra un mi­ni­mo dello 0,1% e un mas­si­mo del­l’1%, ri­spet­ti­va­men­te in con­di­zio­ni di ba­ci­no idro­gra­fi­co bo­sca­to o ad agri­col­tu­ra in­ten­si­va. Negli in­va­si di medie e pic­co­le di­men­sio­ni que­ste per­cen­tua­li sal­go­no ri­spet­ti­va­men­te a 0,3% e 2% (Baz­zof­fi, 2009).

De­scri­zio­ne del fe­no­men­to del­l’in­ter­ri­men­to

La for­ma­zio­ne del­l’in­va­so a monte dello sbar­ra­men­to fa si che la ve­lo­ci­tà della cor­ren­te, al­l’in­con­tro con lo spec­chio d’ac­qua, su­bi­sca un ral­len­ta­men­to e di con­se­guen­za di­mi­nui­sca la sua ener­gia e la sua ca­pa­ci­tà di tra­spor­to delle par­ti­cel­le so­li­de.
In un primo mo­men­to si co­min­ce­rà a de­po­si­ta­re la por­zio­ne più gros­so­la­na della por­ta­ta so­li­da, men­tre il ma­te­ria­le più fine tende a pro­se­gui­re fino a ri­dos­so dello sbar­ra­men­to.
Que­sto fatto di­pen­de in parte dalla ca­pa­ci­tà del­l’in­va­so, ma anche dalla forma del ser­ba­to­io e dalle ca­rat­te­ri­sti­che gra­nu­lo­me­tri­che delle par­ti­cel­le tra­spor­ta­te (Di Sil­vio, 2001).

Accumulo dei sedimenti in un lago

Il ma­te­ria­le so­li­do che nel tempo si ac­cu­mu­la sul fon­da­le degli in­va­si de­ri­va dal­l’e­ro­sio­ne su­per­fi­cia­le e dal tra­spor­to di massa nel ba­ci­no sot­te­so alla se­zio­ne di sbar­ra­men­to. L’en­ti­tà e la ve­lo­ci­tà di ac­cu­mu­lo di­pen­do­no dalle ca­rat­te­ri­sti­che idro­lo­gi­che e geo-mor­fo­lo­gi­che del ba­ci­no, oltre che dal re­gi­me flu­via­le del corso d’ac­qua in­ter­cet­ta­to.
Ov­via­men­te la quan­ti­tà di se­di­men­ti pre­sen­te al­l’in­ter­no del­l’in­va­so è di­ret­ta­men­te pro­por­zio­na­le al pe­rio­do di tempo in cui que­sti se­di­men­ti si sono ac­cu­mu­la­ti e, di con­se­guen­za, di­pen­de anche dal­l’e­tà del­l’in­va­so stes­so.

Ef­fet­ti con­se­guen­ti alla se­di­men­ta­zio­ne negli in­va­si

Il fe­no­me­no del­l’in­ter­ri­men­to pre­sen­ta molti aspet­ti ne­ga­ti­vi, al­cu­ni le­ga­ti di­ret­ta­men­te alla con­ser­va­zio­ne e quin­di alla du­ra­ta del­l’o­pe­ra, quali:

  • Ri­du­zio­ne del vo­lu­me utile di in­va­so, quin­di una li­mi­ta­zio­ne al­l’u­so del­l’in­va­so stes­so e una mi­no­re ca­pa­ci­tà di re­go­la­zio­ne dei de­flus­si e di la­mi­na­zio­ne.
  • Pos­si­bi­le bloc­co delle opere di presa e dello sca­ri­co di fondo.
  • Pos­si­bi­li danni per abra­sio­ne delle opere si sca­ri­co di su­per­fi­cie (sfio­ra­to­re) e di even­tua­li di­spo­si­ti­vi elet­tro­mec­ca­ni­ci (pa­ra­to­ie, tur­bi­ne…).
  • Au­men­to delle sol­le­ci­ta­zio­ni sullo sbar­ra­men­to e pos­si­bi­li ero­sio­ni al piede.

Ef­fet­ti ne­ga­ti­vi si hanno anche sul corso d’ac­qua in­te­res­sa­to dallo sbar­ra­men­to:

  • So­vral­lu­vio­na­men­to del letto a monte del ser­ba­to­io, con pos­si­bi­li fe­no­me­ni di inon­da­zio­ne.
  • Ab­bas­sa­men­to del­l’al­veo a valle dello sbar­ra­men­to e ri­schio di fe­no­me­ni ero­si­vi lo­ca­liz­za­ti, con­se­guen­te pe­ri­co­lo di sta­bi­li­tà per le in­fra­strut­tu­re pre­sen­ti, e ri­du­zio­ne del­l’ap­por­to so­li­do verso i li­to­ra­li.

Altre con­se­guen­ze del­l’ac­cu­mu­lo di se­di­men­ti negli in­va­si sono le­ga­ti agli ef­fet­ti che si ri­per­cuo­to­no sul­l’am­bien­te:

  • Ef­fet­ti ne­ga­ti­vi sulla qua­li­tà delle acque dei corpi idri­ci.
  • Danno agli eco­si­ste­mi ac­qua­ti­ci.
  • Ri­du­zio­ne della pos­si­bi­li­tà di usi ri­crea­ti­vi di laghi e corsi d’ac­qua.

Con­trol­lo e ri­du­zio­ne del fe­no­men­to del­l’in­ter­ri­men­to

Le stra­te­gie che si pos­so­no at­tua­re per con­trol­la­re e ri­dur­re le se­di­men­ta­zio­ne, pos­so­no es­se­re sud­di­vi­se in due ca­te­go­rie:

Me­to­di di di­fe­sa at­ti­va

  • Stra­te­gie fi­na­liz­za­te a ri­dur­re l’in­gres­so dei ma­te­ria­li nel ba­ci­no (opere di si­ste­ma­zio­ne dei ver­san­ti e in alveo).

Me­to­di di di­fe­sa pas­si­va

  • Stra­te­gie fi­na­liz­za­te alla ri­mo­zio­ne dei ma­te­ria­li ac­cu­mu­la­ti nel ba­ci­no.

I me­to­di di di­fe­sa pas­si­va che con­sen­to­no una ge­stio­ne dei se­di­men­ti ri­mos­si sono la ri­mo­zio­ne mec­ca­ni­ca e l’i­dro­su­zio­ne. Per en­tram­bi i me­to­di di ri­mo­zio­ne va pre­vi­sta, dopo un’ac­cu­ra­ta serie di ana­li­si ed un even­tua­le trat­ta­men­to, una de­sti­na­zio­ne dei se­di­men­ti ri­mos­si che, in ul­ti­ma ana­li­si, pos­so­no es­se­re por­ta­ti in di­sca­ri­ca.
Può ad ogni modo es­se­re ipo­tiz­za­to, dopo un op­por­tu­no trat­ta­men­to della mi­sce­la, il ri­la­scio di quan­ti­tà con­trol­la­te di se­di­men­to nel­l’al­veo a valle della diga ai fini del con­te­ni­men­to dei fe­no­me­ni ero­si­vi che fre­quen­te­men­te si in­stau­ra­no a valle delle opere di sbar­ra­men­to.
Per in­va­si con im­por­tan­ti pro­ble­mi di in­ter­ri­men­to una volta ve­ri­fi­ca­ta la com­pa­ti­bi­li­tà gra­nu­lo­me­tri­ca, fi­si­co­chi­mi­ca, mi­cro­bio­lo­gi­ca e bat­te­rio­lo­gi­ca dei se­di­men­ti pre­sen­ti nel­l’in­va­so, è ipo­tiz­za­bi­le l’u­ti­liz­zo come am­men­dan­te per il ter­re­no, o per in­va­si non di­stan­ti dalla foce, il tra­spor­to del ma­te­ria­le so­li­do ri­mos­so dal­l’in­va­so fino alla zona co­stie­ra, dove po­treb­be con­sen­ti­re di re­cu­pe­ra­re pre­zio­se su­per­fi­ci di spiag­gia.
Tutte le so­lu­zio­ni prese in con­si­de­ra­zio­ne sot­to­li­nea­no come la ri­mo­zio­ne dei se­di­men­ti dagli in­va­si sia un’o­pe­ra­zio­ne dif­fi­ci­le e co­sto­sa, so­prat­tut­to per quan­to ri­guar­da la ge­stio­ne dei se­di­men­ti ri­mos­si, la va­lu­ta­zio­ne del ca­ri­co in­qui­nan­te e la di­slo­ca­zio­ne in aree ido­nee.
Una parte di se­di­men­ti può es­se­re anche ri­mos­sa al­l’a­per­tu­ra delle pa­ra­to­ie degli sca­ri­chi di fondo, per il fatto che la cor­ren­te li­qui­da che si viene a for­ma­re, es­sen­do do­ta­ta di ele­va­ta ve­lo­ci­tà, è in grado di met­te­re in mo­vi­men­to parte dei se­di­men­ti de­po­si­ta­ti­si sul fondo e tra­spor­tar­li con sé. Su­bi­to dopo l’a­per­tu­ra delle pa­ra­to­ie si ve­ri­fi­ca, in­fat­ti, la ri­mo­zio­ne di ma­te­ria­le nelle im­me­dia­te vi­ci­nan­ze degli sca­ri­chi di fondo, con la for­ma­zio­ne del ti­pi­co “cono di ri­chia­mo”.
In Ita­lia, l’a­per­tu­ra degli sca­ri­chi di fondo è con­di­zio­na­ta dalla nor­ma­ti­va am­bien­ta­le vi­gen­te. È in­fat­ti pos­si­bi­le apri­re gli sca­ri­chi per ope­ra­zio­ni di ge­stio­ne e ma­nu­ten­zio­ne degli stes­si, come pre­vi­sto dal D.​Lgs 152/99, ma non per ope­ra­zio­ni fi­na­liz­za­te allo sfan­ga­men­to degli in­va­si.

Da ciò che è stato espo­sto fino ad ora ri­sul­ta per­tan­to im­por­tan­te con­tra­sta­re la per­di­ta di suolo con ido­nee pra­ti­che tec­ni­che e agri­co­le, e un’ac­cu­ra­ta ge­stio­ne del ter­ri­to­rio.

Il caso di stu­dio

La scar­sa di­spo­ni­bi­li­tà idri­ca du­ran­te i pe­rio­di esti­vi è un pro­ble­ma che ac­co­mu­na vari ter­ri­to­ri al­l’in­ter­no della Pro­vin­cia di Fi­ren­ze. Sotto que­sto punto di vista, tra le zone mag­gior­men­te col­pi­te ri­ca­do­no i di­ver­si Co­mu­ni del Chian­ti fio­ren­ti­no, in cui si sono re­gi­stra­ti gravi di­sa­gi, ad esem­pio a se­gui­to degli ec­ce­zio­na­li pe­rio­di sic­ci­to­si nelle esta­ti del 2003 e 2007. Nei mesi esti­vi è ormai sem­pre ne­ces­sa­rio ri­cor­re­re al ra­zio­na­men­to del­l’ac­qua po­ta­bi­le; in molti casi l’ap­prov­vi­gio­na­men­to idri­co è ga­ran­ti­to solo con l’u­ti­liz­zo di au­to­bot­ti. Nella stes­sa zona del Chian­ti si sta re­gi­stran­do, nel corso degli ul­ti­mi anni, un no­te­vo­le au­men­to della ri­chie­sta di acqua pro­prio nel pe­rio­do esti­vo, anche per l’in­cre­men­to di at­ti­vi­tà tu­ri­sti­che, ciò im­pli­ca una ge­stio­ne più at­ten­ta e ra­zio­na­le della ri­sor­sa stes­sa.
I fab­bi­so­gni lo­ca­li ven­go­no per lo più sod­di­sfat­ti me­dian­te pre­lie­vi dai fiumi e dalle falde, ma negli ul­ti­mi tempi si punta molto alla va­lo­riz­za­zio­ne delle acque me­teo­ri­che, con lo stoc­cag­gio delle stes­se in ser­ba­toi nel pe­rio­do di ab­bon­dan­za di pre­ci­pi­ta­zio­ni, che va ge­ne­ral­men­te dal­l’au­tun­no alla pri­ma­ve­ra suc­ces­si­va, e quin­di al­l’im­pie­go della ri­sor­sa du­ran­te il pe­rio­do esti­vo.

Il ter­ri­to­rio del Chian­ti fio­ren­ti­no

Il ter­ri­to­rio del Chian­ti fio­ren­ti­no può es­se­re iden­ti­fi­ca­to con l’a­rea dei Co­mu­ni di Greve in Chian­ti, San Ca­scia­no Val di Pesa, Ta­var­nel­le Val di Pesa e Bar­be­ri­no Val d’El­sa, in Pro­vin­cia di Fi­ren­ze.

Aspet­ti idro­geo­lo­gi­ci ed uso del suolo

Que­sti ter­ri­to­ri sono ac­co­mu­na­ti dalla ca­rat­te­ri­sti­ca di di­spor­re nel pe­rio­do esti­vo di esi­gue ri­sor­se idri­che su­per­fi­cia­li. I ba­ci­ni dei due più im­por­tan­ti corsi d’ac­qua della zona, Pesa e Greve, sono ca­rat­te­riz­za­ti dalla pre­sen­za in tutto il ter­ri­to­rio di rocce e ter­re­ni di mo­de­sta per­mea­bi­li­tà, ca­rat­te­riz­za­ti da un alto coef­fi­cien­te di de­flus­so su­per­fi­cia­le, e sono ge­ne­ral­men­te po­ve­ri di ac­qui­fe­ri si­gni­fi­ca­ti­vi che pos­sa­no ga­ran­ti­re un certo de­flus­so anche in pro­lun­ga­ti pe­rio­di con as­sen­za di pre­ci­pi­ta­zio­ni.
Gli even­ti me­teo­ri­ci se­guo­no l’an­da­men­to ti­pi­co del clima me­di­ter­ra­neo, con even­ti pio­vo­si in­ten­si nel pe­rio­do au­tun­na­le – pri­ma­ve­ri­le e pre­ci­pi­ta­zio­ni quasi del tutto as­sen­ti nel pe­rio­do esti­vo. Le pre­ci­pi­ta­zio­ni medie annue si at­te­sta­no at­tor­no ai 910 mm di piog­gia.
La li­to­lo­gia pre­sen­te, la di­stri­bu­zio­ne ir­re­go­la­re delle pre­ci­pi­ta­zio­ni du­ran­te il corso del­l’an­no e il re­gi­me spic­ca­ta­men­te tor­ren­ti­zio dei due fiumi e dei loro af­fluen­ti rende an­co­ra più ne­ces­sa­rio lo stoc­cag­gio della ri­sor­sa idri­ca al­l’in­ter­no di ser­ba­toi ar­ti­fi­cia­li.

Per quan­to ri­guar­da l’uso del suolo, circa il 50% del ter­ri­to­rio è de­sti­na­to al­l’a­gri­col­tu­ra; e una buona parte di que­sto è oc­cu­pa­ta da vi­gne­ti. A tale ri­guar­do si deve sot­to­li­nea­re il fatto che il vi­gne­to, spe­cial­men­te im­pian­ta­to a rit­to­chi­no, se­con­do le linee della mas­si­ma pen­den­za, co­sti­tui­sce la col­ti­va­zio­ne che tende a pre­ser­va­re meno il suolo, fa­vo­ren­do­ne l’e­ro­sio­ne.

Con­si­de­ra­zio­ni fi­na­li

L’ac­qua che può es­se­re ac­cu­mu­la­ta negli in­va­si ar­ti­fi­cia­li rap­pre­sen­ta una ri­sor­sa fon­da­men­ta­le per il ter­ri­to­rio della Pro­vin­cia di Fi­ren­ze.
At­tual­men­te però non ri­sul­ta suf­fi­cien­te a sod­di­sfa­re i fab­bi­so­gni del­l’a­gri­col­tu­ra e, so­prat­tut­to, degli abi­tan­ti delle zone mag­gior­men­te a ri­schio sic­ci­tà.

Al fine di mi­glio­ra­re la di­spo­ni­bi­li­tà idri­ca per l’a­rea del Chian­ti fio­ren­ti­no le stra­te­gie in atto sono fi­na­liz­za­te a:

  • Il re­cu­pe­ro fun­zio­na­le di in­va­si già pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio, posi al di sotto del li­mi­te di 15 m di al­tez­za dello sbar­ra­men­to e 1.000.000 m3 di ca­pa­ci­tà. Per que­ste opere si pre­ve­de l’a­de­gua­men­to alla nor­ma­ti­va vi­gen­te e l’in­cre­men­to del­l’at­tua­le ca­pa­ci­tà di in­va­so tra­mi­te la ri­mo­zio­ne dei se­di­men­ti o lo scavo del fondo ed un even­tua­le in­nal­za­men­to dello sbar­ra­men­to.
  • La crea­zio­ne di nuovi ser­ba­toi da po­si­zio­nar­si sul ter­ri­to­rio, prin­ci­pal­men­te al­l’in­ter­no dei ba­ci­ni di Pesa e Greve, pren­den­do in con­si­de­ra­zio­ne la pos­si­bi­li­tà di crea­re delle opere che va­da­no oltre il li­mi­ti im­po­sti per i pic­co­li in­va­si col­li­na­ri.

Bi­blio­gra­fia

  • ARSIA – Re­gio­ne To­sca­na (2004). Ar­chi­vio in­va­si idri­ci (CD-Rom).
  • Bal­de­schi P., Zan­chi C., Luc­che­si F. (2010). Ri­cer­ca fi­na­liz­za­ta alla de­fi­ni­zio­ne di una carta per la ge­stio­ne so­ste­ni­bi­le del ter­ri­to­rio in agri­col­tu­ra (Carta del Chian­ti).
  • Baz­zof­fi P., Va­ni­no S. (2009). L’in­ter­ri­men­to degli in­va­si ad uso ir­ri­guo nelle re­gio­ni me­ri­dio­na­li: ri­lie­vi di­ret­ti, me­to­do­lo­gie e mo­del­li­sti­ca. Isti­tu­to Na­zio­na­le di Eco­no­mia Agra­ria – Rap­por­to ir­ri­ga­zio­ne.
  • Cri­vel­la­ri G. (1983). La­ghet­ti col­li­na­ri. Eda­gri­co­le, Bo­lo­gna.
  • DI Sil­vio G. (2001). La se­di­men­ta­zio­ne dei ser­ba­toi: nuovi ap­proc­ci a un vec­chio pro­ble­ma.Di­par­ti­men­to di In­ge­gne­ria Idrau­li­ca, ma­rit­ti­ma, am­bien­ta­le e geo­tec­ni­ca, Uni­ver­si­tà degli Studi di Pa­do­va.
  • Er­mi­ni L., Bechi L., Ver­zi­no V. – Pro­vin­cia di Fi­ren­ze, Di­re­zio­ne Di­fe­sa del Suolo e Pro­te­zio­ne Ci­vi­le (2012). Mi­glio­ra­men­to di­spo­ni­bi­li­tà idri­ca del Chian­ti Fio­ren­ti­no – Re­port delle at­ti­vi­tà pro­get­tua­li.
  • Er­mi­ni L., Bechi L., Ver­zi­no V. – Pro­vin­cia di Fi­ren­ze, Di­re­zio­ne Di­fe­sa del Suolo e Pro­te­zio­ne Ci­vi­le (2009). Stu­dio di fat­ti­bi­li­tà in­va­si mul­ti­fun­zio­na­li in Pro­vin­cia di Fi­ren­ze.

 

Que­sto ar­ti­co­lo pren­de spun­to dalla tesi di lau­rea di Ales­sio Su­si­ni in Scien­ze fo­re­sta­li e am­bien­ta­li, dal ti­to­lo: “Va­lu­ta­zio­ne dei tassi di in­ter­ri­men­to di in­va­si col­li­na­ri nel­l’a­rea del Chian­ti”.

 

Ales­sio Su­si­ni, di­plo­ma­to al­l’I­sti­tu­to Tec­ni­co Agra­rio di Fi­ren­ze, ha con­se­gui­to la lau­rea trien­na­le in Scien­ze fo­re­sta­li e am­bien­ta­li pres­so la Fa­col­tà di Agra­ria di Fi­ren­ze. At­tual­men­te è iscrit­to al se­con­do anno di lau­rea ma­gi­stra­le in Scien­ze e tec­no­lo­gie dei si­ste­mi fo­re­sta­li. E-Mail: ales­sio.​susini@​hotmail.​com

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