Il loro utilizzo per l’inerbimento di sistemi arborei e silvo-pastorali
di Guido Agostinucci
Introduzione
Il clima mediterraneo, essendo caratterizzato da lunghi periodi di siccità durante la stagione estiva ed inverni miti con frequenti precipitazioni e sporadiche gelate, determina la presenza di tipi di vegetazione assai caratteristici. Tra questi la più famosa è la macchia mediterranea che è costituita da foreste di specie sclerofille e sempreverdi capaci di resistere a lunghi periodi di siccità. Allo stesso tempo, la scarsità di precipitazioni nel semestre più caldo dell’anno sfavorisce l’agricoltura a meno che essa non sia supportata da sistemi di irrigui. Tuttavia, alcune specie vegetali si sono adattate in modo tale da ovviare i problemi derivanti dal periodo di maggiore siccità attraverso il completamento del ciclo di produzione durante il lasso di tempo compreso tra l’autunno ed la tarda primavera/inizio estate quando il terreno ancora presenta livelli di umidità tali da consentire l’accrescimento della pianta. Tra queste specie si distinguono le leguminose annuali autoriseminanti le quali trovano un ampio impiego in agricoltura come specie miglioratrici e foraggere. Le leguminose annuali autoriseminanti sono in grado di svilupparsi durante la stagione fredda completando il ciclo di crescita ad inizio estate. Queste specie germinano e si sviluppano alle prime piogge autunnali e grazie all’autoriseminazione, persistono nello stesso appezzamento di terreno per alcuni anni dall’impianto. A seguito vengono riportate le specie di maggiore interesse per il settore agrario.
Trifogli
Trifoglio sotterraneo (Trifolium subterraneum L.)
Il trifoglio sotterraneo è una delle specie di maggiore importanza per quanto concerne gli inerbimenti con leguminose annuali autoriseminanti e si presta in modo ottimale all’utilizzo su una vasta tipologia di terreni. A seconda della sottospecie, la piovosità minima annuale per la crescita e sviluppo del trifoglio sotterraneo varia dai 375 ai 650 mm. Si distinguono tre sottospecie principali del trifoglio sotterraneo:
– la sottospecie Subterraneum: le cui varietà sono particolarmente adattate alla crescita in terreni acidi o neutri;
– la sottospecie Brachycalycinum: le cui varietà sono particolarmente adatte a terreni neutri o alcalini; e
– la sottospecie Yaninnicum: le cui varietà sono particolarmente adattate a terreni umidi e scarsamente drenati.
Il trifoglio sotterraneo, oltre a fissare considerevoli quantità di azoto beneficiando la coltura arborea ad essa associata, si presta in modo ottimale al pascolo e alla produzione di foraggio di alta qualità. Tale specie è caratterizzata da un forte geocarpismo ed un’elevata capacità di autorisemina la quale assicura un’eccellente persistenza in coltura. Allo stesso tempo il trifoglio sotterraneo è suscettibile a germinazioni premature nel caso in cui si verifichino piogge consistenti nel tardo periodo estivo (Mc Guire, 1985). Nel caso in cui tali precipitazioni siano seguite da ulteriori periodi di siccità e non si disponga di irrigazione, la persistenza della specie si riduce considerevolmente.
Il trifoglio sotterraneo si presta egregiamente come cover crop data la spiccata resistenza all’ombreggiamento e la capacità di fissare annualmente dai 120 ai 280 Kg/ha di azoto (White et al., 2000). Il trifoglio sotterraneo si può consociare sia a specie graminacee che ad altre leguminose perenni o annuali. Essendo una specie azoto-fissatrice, richiede terreni con adeguati livelli di fosforo e zolfo.
Trifoglio persiano (Trifolium resupinatum L.)
Il trifoglio persiano può essere utilizzato per inerbimenti di breve, media e lunga durata a seconda della quantità di semi duri prodotti. Tale specie si adatta maggiormente a terreni neutrali ed alcalini caratterizzati da pH 5,5-8 (Bhatti e Sartaj, 1996). Il trifoglio persiano tollera terreni semi-salini, resiste a brevi periodi con ristagni idrici e necessita di una piovosità minima annua di 650 mm. Sulla base della quantità di semi duri prodotti, si differenziano tre tipologie di trifoglio persiano: il Trifolium resupinatum var. resupinatum possiede un’alta percentuale di semi duri mentre il Trifolium resupinatum var. majus ed il Trifolium resupinatum var. microcephalum producono basse percentuali di semi duri. La var. resupinatum viene prediletta per inerbimenti dato il portamento più prostrato e la percentuale maggiore di semi duri. Al contrario, le varietà majus e microcephalum si prestano maggiormente alla produzione di foraggio.
Figura 1. Tipico capolino di Trifolium subterraneum costituito da 3 fiori (foto Guido Agostinucci).
Figura 2. Densa copertura del suolo ad opera di trifoglio sotterraneo (foto Guido Agostinucci).
Figura 3. Fiori di Trifolium resupinatum var. resupinatum (foto Guido Agostinucci).
In coltura monofita vengono generalmente impiegati 4-8 Kg di semi di trifoglio persiano per ettaro, mentre in coltura polifita ne vengono utilizzati 1-3 Kg/ha per le varietà ad alta percentuale di semi duri e 1-8 Kg/ha per quelle a bassa percentuale. In colture polifite, il trifoglio persiano si presta ad essere consociato ad erba medica, trifoglio sotterraneo, trifoglio vescicoloso e specie graminacee annuali e perenni. Il trifoglio persiano, oltre a apportare al terreno circa 60-140 Kg di azoto per anno, costituisce un foraggio di ottima qualità e digeribilità (Denton et al., 2011).
Trifoglio vescicoloso o trifoglio Ruffo di Calabria (Trifolium vesiculosum Savi)
Il trifoglio vescicoloso conosciuto anche con il nome di trifoglio Ruffo di Calabria viene utilizzato maggiormente in colture polifite associato ad altre specie leguminose annuali e/o graminacee perenni. Il trifoglio vescicoloso necessita di una piovosità minima annua pari a 600 mm e si adatta efficacemente a varie tipologie di terreni, fatta eccezione per quelli eccessivamente alcalini nei quali la pianta risente fortemente di carenze di ferro (Ocumpaugh et al., l99l). Vanno inoltre evitati terreni eccessivamente argillosi e poco drenati.
Il trifoglio vescicoloso é caratterizzato da un apparato radicale ben sviluppato, capace di estrarre acqua dal terreno anche a profondità di 1-2 metri. Dato il portamento eretto della pianta, si presta ad essere consociata sia con il trifoglio sotterraneo che con specie mediche annuali. In quest’ultimo caso, vengono normalmente utilizzati 1-2 Kg/ha di seme di trifoglio vescicoloso e 5 Kg/ha di semi di trifoglio sotterraneo o mediche annuali.
Trifoglio micheliano (Trifolium michelianum Savi)
Il trifoglio micheliano é una leguminosa che cresce in zone con piovosità annue comprese tra i 300 ed i 750 mm. E’ una specie che viene coltivata anche su terreni poco drenanti data la tolleranza della pianta adulta a lunghi periodi con ristagni idrici. Il trifoglio micheliano produce una grande quantità di semi duri e tollera moderatamente terreni salini. In termini di pH, questa specie cresce su terreni con valori compresi tra 5 e 8 prediligendo terreni argillo-limosi a quelli eccessivamente sciolti (Craig and Beale, 1985).
Il trifoglio micheliano si semina in autunno sia in coltura pura (2-5 Kg di semi per ettaro) che consociato (0.5-1 Kg di semi per ettaro) a trifoglio persiano, trifoglio sotterraneo, loietto ed altre specie di graminacee.
Altri trifogli atti all’inerbimento di sistemi arborei
Oltre alle succitate specie, esistono altri tipi di trifogli atti all’inerbimento di sistemi arborei soprattutto in zone caratterizzate da terreni sabbio-limosi. Tra questi i più utilizzati sono il trifoglio glandulifero (Trifolium glanduliferum Boiss.), il trifoglio irto (Trifolium hirtum All.) ed in misura minore, dovuto alla bassa percentuale di semi duri prodotti, il trifoglio incarnato (Trifolium incarnatum L.).
Mediche ed altre leguminose annuali autoriseminanti
Oltre al genere Trifolium, esistono altre tipologie di leguminose annuali autoriseminanti che ben si prestano ad essere utilizzate per inerbimenti in sistemi arborei. Tra queste, le più diffuse risultano essere le mediche (Medicago spp.) e le serradelle (Ornithopus spp.). Le mediche più utilizzate in ambienti caratterizzati da clima mediterraneo sono la Medicago arabica (L.) Huds. (Figura 4 e 5), la Medicago littoralis Rohde ex Loisel, la Medicago scutellata (L.) Mill., la Medicago polymorpha L. e la Medicago truncatula Gaertn.
Figura 4. Copertura del suolo in un oliveto ad opera di Medicago arabica (foto Guido Agostinucci).
Figura 5. Fiore di Medicago arabica (foto Guido Agostinucci).
Le mediche annuali si distinguono per l’elevata resistenza alla siccità e la capacità di crescere in zone considerate eccessivamente aride per i trifogli. Inoltre, le mediche annuali prediligono terreni neutri o sub-alcalini, forniscono foraggio di ottima qualità, posseggono un’elevata percentuale di semi duri e sono in grado di fissare grandi quantità di azoto atmosferico.
Le mediche annuali completano il ciclo da seme a seme in 7-8 mesi e sono in grado di produrre una quantità sufficiente di semi a garantire la ricostituzione del cotico erboso nelle annate successive a quella dell’impianto. Studi effettuati su Medicago truncatula, Medicago arabica e Medicago polymorpha hanno evidenziato il fatto che tali specie sono in grado di auto-rigenerarsi fino al quarto anno successivo a quello dell’impianto anche grazie alla forte competitività che esse esercitano sulle infestanti (Fara et al, 1997). I semi duri prodotti dalle mediche annuali e specialmente dalla Medicago polymorpha, perdono la propria durezza gradualmente con il trascorrere del tempo creando una banca semi che assicura la sopravvivenza della specie anche dopo annate particolarmente sfavorevoli.
Tra le serradelle, due specie in particolare sono utilizzate per inerbimenti: la serradella gialla (Ornithopus compressus L.) e la serradella rosa (Ornithopus sativus Brot.). Entrambe le specie sono piante di piccole dimensioni (20-40 cm) a portamento prevalentemente prostrato tale da non intralciare le operazioni che normalmente vengono effettuate per la manutenzione dei sistemi arborei. Le serradelle si prestano anche come ottime specie da pascolo essendo altamente appetibili e nel caso della serradella gialla, sono caratterizzate da una buona persistenza dato l’alto contenuto di semi duri che si attesta su una media dell’80 percento del totale dei semi prodotti (Meloni et al, 2000). Le serradelle prediligono terreni sabbio-limosi e ben drenati e crescono anche con pH molto bassi a differenza di altre leguminose. Grazie all’apparato radicale molto sviluppato e profondo, le serradelle crescono in zone che ricevono precipitazioni annue pari a soli 350-400 mm.
Conclusioni
Le leguminose annuali autoriseminanti trovano un largo impiego in sistemi arborei, principalmente per l’inerbimento artificiale di oliveti, noccioleti, vigneti e frutteti e ben si prestano alla coltivazione in rotazione in sistemi colturali a regime di produzione integrata o biologica (Caporali e Campiglia, 2001). Le specie descritte in questo articolo rendono un’idea dell’ampia scelta di leguminose a disposizione degli agricoltori da utilizzare per l’inerbimento di terreni caratterizzati dalle più diverse condizioni pedoclimatiche. Inoltre, tali specie si prestano a molteplici scopi dato che, oltre ad apportare molteplici benefici sia in termini di arricchimento della fertilità del suolo che miglioramento della struttura di esso, forniscono una valida fonte di foraggio (Caporali et al, 1990).
L’utilizzo di leguminose annuali autoriseminanti porta ad un miglioramento della fertilità del suolo attraverso l’incremento dell’azoto atmosferico biologicamente fissato e l’incremento della sostanza organica, quest’ultima come risultato della copertura del suolo con residui vegetali (effetto del mulching). Inoltre, l’utilizzo delle leguminose autoriseminanti in inerbimenti, stimola il riciclo degli elementi nutritivi, incrementa la conservazione dell’acqua nel terreno e regola la temperatura del suolo. Allo stesso tempo la struttura del suolo giova di un aumento della macroporosità, di una migliore aggregazione delle particelle ed una riduzione della formazione di croste superficiali.
In sistemi arborei inerbiti con leguminose annuali, l’erosione durante il periodo autunno-invernale/primaverile è minima mentre le varie operazioni colturali/di manutenzione non vengono ostacolate ma in alcuni casi, sono perfino agevolate (ad esempio durante la raccolta di olive, la copertura del suolo riduce notevolmente la formazione di fango e agevola lo scorrimento delle reti di raccolta). Durante il periodo secco, non solo le leguminose annuali autoriseminanti non entrano in competizione con le colture arboree ad esse associate per l’approvvigionamento delle risorse idriche, ma contribuiscono alla riduzione della perdita di umidità a causa dell’evaporazione grazie alla copertura del suolo ad opera di residui vegetali (Figura 7). Infine, l’impiego di leguminose annuali autoriseminanti consente l’impiego di pratiche di minimum o no-tillage per cui tali specie si prestano eccellentemente ad essere utilizzate qualora si pratichino i principi di agricoltura di conservazione.
Figura 6. Inerbimento di serradella rosa (Ornithopus sativus) al secondo anno di impianto (foto Guido Agostinucci).
Figura 7. Oliveto inerbito con trifoglio sotterraneo. Da notare la copertura del suolo con residui vegetali a seguito dell’ultimo sfalcio che precede il periodo estivo (foto Guido Agostinucci).
Bibliografia- Bhatti, M. B., Sartaj, K. (1996), Fodder production in Pakistan, Pakistan Agricultural Research Council ISBN 969-8288-03-1, Islamabad
- Caporali, F., Campiglia, E. (2001). Leguminose come cover crops in ambiente mediterraneo, in Leguminose e agricoltura sostenibile. Ed. Calderoni, Edagricole, 7: 149-177.
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- Fara, G., Franca, A., Porqueddu, C., Caretta, S., Roggero, P. P. (1997), Mediche e trifogli annuali autoriseminanti per usi foraggeri e non convenzionali: I. Adattamento e persistenza. Rivista di Agronomia, Vol. 31 (4), p. 1009-1018.
- Mc Guire, W. S. (1985), Subterranean clover, Edizioni Taylor, N. L. Clover Science and Technology. ASA/CSSA/SSSA, Madison, Wisconsin, pp. 515-534.
- Meloni, M. C, Piluzza, G., Bullita, S. (2000), The potential role of alternative legumes from Asinara island for multiple uses in difficult environments, In: Legumes for Mediterranean forage crops, pastures and alternative uses; Proceedings of the 10th Meeting of the Mediterranean Sub-Network of the FAO-CIHEAM Inter-Regional Cooperative Research and Development Network on Pastures and Fodder Crops, Sassari (Italy), 4-9 April 2000.
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- White, R. E., Helyar, K. R., Ridley, A. M., Chen, D., Heng, L. K., Evans, J. (2000). Soil factors affecting the productivity and sustainability of perennial and annual pastures in the high rainfall zone of South-Eastern Australia, Aust. J. Agric Exp. 40:267-283.
Guido Agostinucci si è laureato in Scienze Agrarie presso l’Università di Melbourne (Australia), conseguendo il perfezionamento in Agroecologia presso l’Università degli Studi della Tuscia (Viterbo). Oltre a gestire un’azienda agricola in provincia di Viterbo, l’autore ha lavorato come ricercatore presso il Dipartimento di Ecologia e Sviluppo Economico Sostenibile (DECOS) dell’Università degli Studi della Tuscia. Attualmente svolge l’incarico di consulente per conto di un’organizzazione internazionale dedita allo sviluppo agricolo in paesi in via di sviluppo.
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