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di Domenico Ciminelli


I recenti dispositivi legislativi a carattere nazionale premiano iniziative nel settore dell’energia solare ed, in particolare, dell’energia solare fotovoltaica attraverso un supporto economico in forma di incentivi all’energia elettrica prodotta da fonte solare fotovoltaica, rendendo le iniziative, anche di interessante redditività economica.
La realizzazione di campi fotovoltaici sul suolo agrario sta interessando una superficie crescente del territorio, con ineluttabili effetti sulle differenti matrici ambientali e sul paesaggio.


Fotovoltaico a terra
Installazione a terra di pannelli fotovoltaici (foto di Ing. Samantha Gori)


Le relazioni fra il campo fotovoltaico ed il suolo agrario che lo ospita sono tuttavia da indagare con una specifica attenzione, poiché, con la costruzione dell’impianto, il suolo è impiegato come un semplice substrato inerte per il supporto dei pannelli fotovoltaici. Tale ruolo meramente “meccanico” non fa tuttavia venir meno le complesse e peculiari relazioni fra il suolo e gli altri elementi dell’ecosistema, che possono essere variamente influenzate dalla presenza del campo fotovoltaico e dalle sue caratteristiche progettuali.
A preoccupare sono la sottotrazione del suolo agricolo, l’impatto ambientale, la gestione oculata degli impianti, nonché la bonifica del territorio quando essi avranno raggiunto l’obsolescenza tecnica.
Le caratteristiche del suolo che si intende monitorare in un campo fotovoltaico sono quelle che influiscono sulla stabilità della copertura pedologica, accentuando o mitigando i processi di degradazione che maggiormente minacciano i suoli delle nostre regioni, quali la diminuzione della sostanza organica, l’erosione, la compattazione, la perdita di biodiversità.
Vi sono tuttavia crescenti perplessità sul suo uso intensivo e centralizzato, che coinvolge molti terreni agricoli d’Italia e d’Europa. Se si configura secondo il modello energetico cui siamo stati abituati, il fotovoltaico rischia, infatti, l’erosione dei suoli, perdita di fertilità, di terreni agricoli, di biodiversità, cibi e sovranità alimentare.
Con distese enormi di pannelli fotovoltaici i suoli sottostanti perdono permeabilità; l’attività biologica tende a morire dando luogo a fenomeni di desertificazione che ne decreterebbero l’infertilità e aumenterebbero il pericolo di alluvioni. Inoltre non si può calcolare che succederà quando tutti questi pannelli andranno smaltiti.
Normalmente, e sarebbe immorale il contrario, i campi fotovoltaici vengono installati in terreni marginali, inadatti all’attività agricola, o comunque a redditività talmente ridotta da rendere svantaggiosa ogni tipo di coltivazione, anche a pascolo, se non incentivata. Tenuto conto che le sovvenzioni all’agricoltura, vedi set a side, ecc., tendono a diminuire consistentemente, quando non sono eliminate, diviene strategico, al fine di sostenere il reddito agricolo, promuovere l’utilizzo a scopo energetico dei terreni improduttivi e anche dei pascoli.
Sui terreni sciolti la mancanza di incidenza della precipitazione diretta può dar luogo ad una compattazione del livello superficiale del terreno. Non sono noti effetti sulla capacità e la velocità di ricarica dell’acquifero. Sui terreni in roccia nessun effetto (permeabilità per frattura).
Sui suoli il discorso è più complesso poiché esso è il risultato di complesse reazioni biochimiche e di forti interazioni tra la vegetazione, l’humus e il terreno. In ogni caso la ramificazione delle radici sono la componente essenziale per garantire l’areazione e la circolazione d’acqua. E’ stato osservato che un prato misto ventennale ben gestito, anche in presenza di coperture che diminuiscano la ventilazione, l’insolazione, con aumenti di temperatura, non diminuisce la sua capacità di incrementare la produzione di humus e, conseguentemente, di trattenere l’acqua meteorica. L’acqua di pioggia scivolando sulla superficie inclinata dei pannelli fa si che un’area limitata di suolo sia interessata da una quantità pari a quella che cadrebbe nell’intesa superficie sottesa dal pannello (effetto gronda).
E’ possibile che in aree prive di manto erboso l’effetto gronda divenga, nel tempo, causa di erosione superficiale localizzata. E’ stato però osservato che, in aree particolarmente soleggiate, l’effetto ombreggiante dei pannelli permette la crescita di erba più rigogliosa. La naturale diffusione del manto erboso anche negli interspazi (specialmente le graminacee) frena l’effetto erosivo.


Manto erboso fra stringhe fotovoltaiche
Presenza di manto erboso tra una stringa e l’altra (foto di Ing. Samantha Gori)


La compatibilità ambientale dei campi fotovoltaici a terra è assicurata dal rispetto di pochi e semplici accorgimenti:


  • le file dei pannelli devono essere distanziate tra loro in modo da permettere il passaggio dei raggi solari e della pioggia e da consentire la trinciatura del manto erboso;
  • evitare cementificazioni, impermeabilizzazioni con teli pacciamanti o strati di ghiaia, che impediscano la penetrazione della pioggia nel terreno;
  • delimitare il campo esclusivamente con recinzioni a verde che producano bacche e favoriscano la nidificazione;
  • trinciare regolarmente l’erba e lasciarla sul posto per dare nutrimento al terreno ed evitarne l’indurimento;
  • provvedere alla semina di miscele erbacee, tappezzanti al fine di ripristinare il cotico erboso e ricostruire gli habitat;
  • evitare assolutamente lo sradicamento di impianti di olivo, di vigne, ecc.;
  • evitare di impedire la fruibilità dei sentieri e delle strade vicinali;
  • prevedere passaggi per gli animali;
  • ripristinare il reticolo idrico minore;
  • favorire ed incentivare l’uso del campo per il pascolo degli ovini.

Il suolo è una risorsa dal valore inestimabile e deve essere protetto poiché senza di esso la vita degli ecosistemi terrestri non sarebbe possibile.
Pur condividendo appieno l’opinione in base alla quale la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ed in particolare la tecnologia fotovoltaica, debba essere promossa in ragione di tutti i numerosi benefici che è in grado di produrre. Ciò nonostante ogni progetto deve essere attentamente valutato in riferimento alle dimensioni degli impianti ed alle aree in cui vengono proposti, alla luce di un obiettivo bilancio tra costi/benefici (anche ambientali) che lo stesso è in grado di produrre, considerata la possibilità di realizzarli in ambiti ove gli effetti negativi possano essere ridotti al minimo.

Domenico Ciminelli, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie, è laureando in Viticoltura ed Enologia presso l’Università degli Studi della Basilicata.
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