Riferimenti storici
L’usanza di affumicare la carne di maiale ha origini molto antiche (risale almeno al periodo romano) e nel corso dei secoli si trovano precisi riferimenti a tale tipo di conservazione.
Dal tardo medioevo in poi l’allevamento del maiale si diffonde sempre più nel Trentino, grazie alla facilità di alimentazione ed ai piccoli investimenti necessari che lo rendono accessibile a tutti. La conservazione delle carni diventa perciò importante soprattutto per le classi più povere.
Già negli statuti di Trento si parla di carni suine fresche e conservate sia riguardo alla produzione che alla commercializzazione. In molte scritture riguardanti le spese militari nel XVII sec. vengono riportati i consumi di vettovaglie tra cui è presente la carne affumicata di maiale. Anche in documenti di inventario di famiglie nobili trentine viene menzionato questo tipo di preparati di carne. Ma è nel XVIII secolo che prende definitivamente piede l’uso di chiamare speck (impacchettato, legato) la carne di maiale affumicata.
All’inizio dell’Ottocento, Filippo Re (noto agronomo emiliano 1763-1817) diede vita agli “Annali dell’agricoltura del Regno d’Italia” (1809-1814), in cui erano ospitati solo saggi scientifici volti a valorizzare le conoscenze e le ricerche prodotte nelle diverse regioni dell’Italia centro-settentrionale. Dagli “Annali” risulta che la conservazione della carne di maiale era pratica diffusa in molte vallate del Trentino e che erano diverse le modalità di lavorazione della carne di maiale nei territori di Trento e Bolzano. Mentre nel Sud Tirolo (attuale Alto Adige) la carne veniva conservata pressoché tutta affumicata, in Trentino si seguivano metodiche che mediavano tra il Settentrione italiano (insaccati) e il Meridione del Mondo germanico (mezzene affumicate).
A partire dai primi del Novecento cominciano ad apparire numerose riviste trentine riguardanti l’agricoltura (Almanacco agrario) che trattano sia l’allevamento del maiale che la trasformazione delle carni. In un volumetto di Lino Bertagnolli pubblicato nel 1930 si fa riferimento specifico alla lavorazione, affumicatura e conservazione delle mezzene di maiale come metodologia tipica praticata dalle famiglie contadine trentine.
Fino a pochi decenni fa non esisteva casa o maso in Trentino che non avesse una “càneva” o “vòlt” o “raoft” (tre diversi modi dialettali per definire la cantina) dove lasciare appesi i salumi a “maturare” o un caminetto dove affumicare le carni per le lunghe giornate di lavoro nei campi.
Attorno alla lavorazione delle carni di maiale si è stratificato un retroterra culturale fatto di mestieri, gesti stagionali, usi, costumi e tradizioni ripetuti per diversi secoli. Ne sono da esempio le diverse attività di trasformazione e lavorazione delle carni di maiale che ogni paese una volta aveva, nonché diverse manifestazioni popolari nel ricordo dell’attività di macellazione degli animali che diventavano una festa popolare (specie durante il carnevale). Nella società contadina di un tempo, e in alcune zone ancor oggi, la macellazione del maiale rappresentava un rito e non c’è sagra, fiera o manifestazione in Trentino dove non sia presente la carne di maiale affumicata o insaccata.
La produzione dello “Speck del Trentino” è tipica dell’intero territorio della provincia di Trento e mantiene una radicata tradizione familiare che fa si che le metodiche si mantengano inalterate dando un prodotto di grande tradizione. Gran parte di queste produzioni artigianali vengono offerte dai numerosi ristoratori presenti sul territorio ai turisti, sia nella stagione estiva che in quella invernale.
Tecnica di produzione
Lo speck si produce utilizzando cosce di suino disossate e rifilate. Per ottenere uno speck di qualità si deve eseguire innanzitutto un’accurata selezione degli aromi e delle materie prime – è preferibile una coscia di suino maturo non troppo magra – e poi si deve prestare grande attenzione alla rifilatura, che deve essere fatta con accuratezza e precisione.
La coscia viene messa poi in una vasca in salamoia secca, costituita da sale, pepe, aromi, spezie varie e ginepro (tale composizione può variare con aggiunta di altri aromi e spezie a seconda di chi lo produce), per un periodo di circa tre settimane, durante le quali si procede a rivoltare il prodotto (lo speck che sta in fondo alla vasca si porta in alto e viceversa) e quindi ad un massaggio dei pezzi in modo da uniformare la salatura.
Terminata la salatura si procede all’affumicatura in apposito locale, con ginepro e trucioli di segatura di alberi a foglia caduca, inumidita, la cui combustione produce il fumo necessario. Lo speck viene poi introdotto nei locali di stagionatura a una temperatura che deve rimanere costante tra i 10°C e i 15°C. Nei periodi migliori (primavera ed autunno), si usa porre gli speck all’aria aperta per alcune ore al giorno. L’aria fine e frizzante della montagna Trentina, dona un sapore speciale al prodotto. Il periodo di stagionatura varia a seconda del prodotto che si vuole ottenere e cioè: un periodo di circa sei mesi per il prodotto molto stagionato; un periodo di circa 100-120 giorni per quello normale.
Speck nel locale di stagionatura (foto http://www.salumificiovalrendena.it/)
Caratteristiche organolettiche e consumo
Il risultato è un prodotto dal gusto caratteristico, intenso, ricco, leggermente affumicato e dal profumo aromatico e gradevole.
Caratteristiche organolettiche:
– colore esterno: marrone;
– colore al taglio: rosso per la parte magra, bianco/rosato la parte grassa;
– odore: affumicato, aromatico e gradevole;
– gusto: caratteristico, intenso, saporito.
Lo speck nella cucina trentina è usato a partire dall’antipasto. Da ricordare l’abbinamento con il “radicchio dell’orso” (Cicerbita alpina), rara e preziosa erba che nasce nelle radure ad alta quota e si raccoglie solo in primavera ai bordi delle “slavine” (valanghe), mano a mano che la neve si scioglie. Il radicchio dell’orso va scottato e consumato con lo speck e pane integrale. Si abbina perfettamente anche con i cetrioli sott’aceto, il melone, ecc.
Lo speck è un prodotto che si presta ad un’infinità di utilizzi in cucina, dove il suo gusto aromatico infonde alle portate un sapore unico. Usato spesso per insaporire i sughi, nella cucina moderna il suo utilizzo si è evoluto nella preparazione dei primi piatti, come i canederli, gli gnocchi di pane o le “caramelle” ripiene di speck, e di secondi, come la polenta con speck e formaggio fuso. Da segnalare il piatto: risotto allo speck del Trentino e mele del Trentino.
Speck Trentino (foto http://www.salumificiovalrendena.it/)
Fonti bibliografiche
Selene Setti – I salumi del Trentino – Agriculture 2009
www.trentinosalumi.it – Consorzio Produttori Trentini di Salumi
www.salumificiovalrendena.it – Salumificio Val Rendena
Il Salumificio Val Rendena, nato 60 anni fa dalla passione dei fratelli Gasperi, è specializzato nella produzione di speck, salami, carne salada ed altri prodotti tipici del Trentino – http://www.salumificiovalrendena.it/
Marco Salvaterra, laureato in Scienze agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna, insegna Estimo ed Economia agraria all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze. Curriculum vitae >>>
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