L’allevamento in bosco della Cinta Senese: effetto sulla qualità dei prodotti
di Carolina Pugliese
Figura 1 – Suini Cinta Senese al pascolo
La Cinta Senese è una razza suina autoctona Toscana, originaria della Montagnola Senese, diffusasi poi in tutto il territorio regionale.
A metà del secolo scorso, il numero di capi allevati era ridotto al punto che la sua estinzione sembrava inevitabile. Intorno agli anni ottanta – grazie al rinnovato interesse per il germoplasma animale autoctono e al buon esito di un’operazione di salvaguardia –, il numero dei capi di Cinta Senese allevati i tutto il territorio regionale è aumentato: ormai il pericolo di estinzione può considerarsi definitivamente scongiurato.
La Cinta Senese viene oggi allevata in condizioni estensive – spesso con utilizzo di pascolo in bosco – che consentono: di sfruttare risorse altrimenti inutilizzate, di disperdere le deiezioni sul territorio e di fornire un prodotto che assume una connotazione di “naturalità” e “genuinità”.
La sezione di Scienze Animali del Dipartimento di Biotecnologie Agrarie dell’Università di Firenze (DIBA), conduce da tempo studi sulla Cinta Senese con particolare riferimento all’effetto di diversi fattori influenti sulla qualità dei prodotti freschi e trasformati, tra i quali il sistema di allevamento e le tecniche di alimentazione.
I suini di questa razza vengono infatti allevati con modalità estremamente diversificate, che vanno da sistemi che – pur realizzati all’aperto – prevedono il totale apporto alimentare con concentrati aziendali o del commercio, a sistemi più estensivi che sconfinano nel brado, dove l’ingrasso viene effettuato tramite le risorse spontanee prodotte dal bosco (castagne e ghiande). Quest’ultima scelta influisce in maniera altamente caratterizzante sulla qualità dei prodotti, poiché incide significativamente sulle proprietà chimiche della carne – lipidi in particolare – e, conseguentemente, sulle caratteristiche sensoriali del prodotto sia fresco che trasformato.
Una prova sperimentale – condotta sulla Cinta Senese e finalizzata alla caratterizzazione dei prodotti – ha riguardato il confronto fra pascolo su querceto, pascolo su castagneto e allevamento in ambiente confinato con alimentazione a base di mangime commerciale.
Dai risultati è emerso un forte effetto del sistema di allevamento/alimentazione sui parametri chimici, in particolare sulla qualità dei lipidi; tale effetto si manifesta sia sulla carne da consumo fresco sia sui prodotti stagionati e, in particolare, sul prosciutto.
Molto più attenuato risulta l’effetto di tali fattori sui parametri fisici del muscolo (colore e tenerezza in particolare), a conferma di come su tali caratteristiche siano altri i parametri maggiormente interessanti quali, ad esempio, il rapporto peso/età di macellazione – come emerso in altre prove sperimentali. Più forte è stato invece l’effetto sulla composizione acidica del prosciutto e – anche se in misura leggermente ridotta, e tuttavia significativa – sul prodotto fresco.
Relativamente all’effetto del pascolo in bosco sulla composizione acidica dei lipidi del prosciutto (Figg. 2,3) l’alimentazione a base di ghianda e castagna ha comportato, rispetto all’alimentazione a base di mangime commerciale, un maggiore livello di acido oleico che, oltre a rappresentare un elemento di tracciabilità alimentare, viene indicato come la molecola maggiormente correlata, in senso positivo, con le caratteristiche organolettiche dei prodotti essendo il precursore di diverse molecole aromatiche.
Il pascolo in bosco non ha indotto modificazioni nella percentuale di acidi grassi polinsaturi, a eccezione del pascolo su castagneto che – congiuntamente con l’alimentazione a base di mangime – ha comportato una maggiore percentuale di acidi grassi polinsaturi della serie omega-6.
Sempre dallo stesso confronto sono emerse differenze significative nella composizione degli aromi del prosciutto (Fig.4). Il pascolo in bosco, in particolare quello su querceto, ha determinato infatti un aumento significativo degli aromi appartenenti alla famiglia delle aldeidi che, come noto, rappresentano le molecole volatili maggiormente coinvolte nello sviluppo di aromi favorevoli.
La forte caratterizzazione chimica della componente lipidica – quale conseguenza dell’ingrasso in bosco e dell’assunzione da parte degli animali di ghianda e castagna – si è riflessa anche sulle caratteristiche sensoriali del prodotto, come emerso da prove di panel test condotte sui prosciutti dei medesimi soggetti (Figg. 5,6). Gli animali allevati su castagneto e querceto hanno fornito prosciutti con maggiore quantità di grasso visibile e, limitatamente a quelli su querceto, con maggiore grasso di marezzatura e aroma più intenso.
Conclusioni
Il pascolo dei suini in bosco determina una profonda caratterizzazione dei prodotti trasformati; ciò in virtù dell’effetto che l’assunzione dei suoi principali frutti – ghianda e castagna – esercita sulla componente lipidica del prodotto stesso. È importante però sottolineare come – affinché tale caratterizzazione si manifesti – sia condizione essenziale che il pascolo avvenga nei tempi e nei modi più appropriati:
- negli ultimi due-tre mesi di vita dell’animale (fase di finissaggio): se tale periodo viene fatto seguire da un periodo di alimentazione con concentrati gli effetti del pascolo, in particolare sulla qualità dei lipidi, vengono attutiti, se non annullati, in virtù dell’intenso turnover cui è soggetto il tessuto adiposo nella specie suina;
- con esclusivo ricorso agli alimenti del bosco: va da sé che la caratterizzazione dei prodotti è tanto più intensa quanto più esclusivo è il ricorso agli alimenti del bosco. È quindi opportuno che il pascolo sia una reale fonte di sostentamento per gli animali: il che implica carichi a ettaro commisurati alla effettiva disponibilità pabulare del bosco stesso.
Carolina Pugliese è Ricercatrice presso il Dipartimento di Biotecnologie Agrarie dell’Università di Firenze – Sezione di Scienze Animali. E-mail carolina.pugliese@unifi.it
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