di Giuseppe Accomando
Ghiandole mammarie
Le ghiandole mammarie si sviluppano nei mammiferi di sesso femminile dopo la pubertà, sono preposte alla secrezione del latte, esse si sviluppano verso la fine della gravidanza e dopo il parto per tutto il periodo dell’allattamento. Lo sviluppo delle ghiandole e di conseguenza la secrezione del latte dipendono dall’azione di ormoni quali (progesterone, prolattina oxitocina).
Le mammelle possono essere semplici e composte; le prime sono formate da una ghiandola (alveolare composta) e un dotto escretore che all’esterno si apre col capezzolo; le composte sono un insieme di più mammelle semplici che compongono un corpo mammario circondato da una guaina connettivale, terminante con un capezzolo all’interno del quale sboccano tanti dotti escretori quante sono le ghiandole semplici. Le mammelle sono, da un setto intermammario, separate in destra e sinistra.
Le mammelle sono semplici nella bovina (4/4), pecora e capra (2/4), sono composte nella cavalla e nell’asina, un solo paio, nella scrofa sono in numero di 6 – 8 paia.
Struttura
In ciascuna mammella si possono considerare, il rivestimento cutaneo (deve essere piuttosto sottile, facilmente sollevabile e ricoperto di peluria fine), la capsula o fascia mammaria formata da tessuto connettivo che avvolge i quarti e la parte ghiandolare con il sistema delle vie secretorie ricche di vasi sanguigni, linfatici e fibre nervose. La parte ghiandolare costituisce nel suo insieme una ghiandola tubulo alveolare a grappoli d’uva formata da un dotto escretore detto dotto papillare circondato da uno sfintere ben sviluppato di muscolatura liscia (involontaria) in comunicazione con l’esterno tramite il foro papillare e dall’altro lato mediante il foro papillare interno in collegamento con la cisterna del latte o seno lattifero. Alla cisterna affluiscono 10 – 12 canali galattofori ognuno dei quali rappresenta il tratto terminale di un sistema arboriforme di canali più piccoli che partono da formazioni sferoidali dal lume ampio gli alveoli mammari, che rappresentano l’unità secernente della ghiandola, infatti nel loro interno sono contenute le cellule secernenti il latte, che prodotto si accumula negli alveoli mammari e da questi ai condotti galattofori confluisce nella cisterna del latte o seno lattifero posto in comunicazione con il capezzolo tramite lo sfintere interno di quest’ultimo.
Fisiologia della secrezione
Le ghiandole mammarie sono strettamente collegate, per la loro funzionalità, all’apparato genitale e all’ipofisi. All’epoca della pubertà, con l’instaurarsi periodico del ciclo estrale (mediamente ogni 19 – 23 giorni), gli ormoni secreti dalle ovaie agiscono favorendo lo sviluppo dei capezzoli e delle vie canalicolari delle ghiandole, il progesterone influisce, invece, determinando la proliferazione degli alveoli ghiandolari. Durante la gravidanza, oltre al progesterone agisce sullo sviluppo della ghiandola l’ormone placentare (gonadotropina corionica).
Dopo la prima gravidanza l’attività lattifera della ghiandola mammaria viene provocata dalla presenza dell’ormone LTH o prolattina secreto dal lobo anteriore dell’ipofisi appena cessa la produzione del progesterone, l’emissione del secreto avviene per l’intervento di un altro ormone ipofisario oxitocina prodotto dal lobo posteriore che agisce sullo sfintere interno del capezzolo facendolo dilatare. La secrezione lattea richiede, quindi, l’intervento continuo della prolattina favorita dalla suzione o dal massaggio mammario e dalla presenza dell’oxitocina, la cui azione dura massimo 7 minuti, che corrisponde alla durata della mungitura.
Il latte
Dopo il parto dalla mammella fuoriesce, nei primi 5 – 8 giorni, il colostro o latte colostrale, successivamente il latte propriamente detto. Il colostro presenta un pH = 6.3, è viscoso, di colore giallo, contiene il 74% acqua, 4% caseina, 14% albumina e globulina, 7-8% di grasso, 2.8 lattosio, 1.6% sali minerali. Essoesplica un’azione utile per il vitello neonato per la presenza di immunoglobuline (funzione anticorpale) danno immunità passiva all’animale, azione purgativa con l’allontanamento del meconio dalle vie digerenti.
Il latte è definito per legge: il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, completa interrotta della mammella di animali in buon stato di salute e di nutrizione, secreto dalla ghiandola mammaria delle femmine dei mammiferi dopo la nascita del redo; se non è specificata la specie, per latte si intende quello bovino, altrimenti va citata l’origine.
Esso è una miscela etereogenea di componenti di varia natura presenti sia allo stato di soluzione vera (sali, vitamine idrosolubili, sostanze azotate non proteiche, zuccheri), sia allo stato colloidale (proteine e parte dei fosfati e citrati di calcio) sia allo stato di fine emulsione (lipidi e vitamine liposolubili, steroli, fosfogliceridi, pigmenti). Il colore bianco del latte è in relazione al contenuto delle micelle di caseina, mentre le sfumature giallastre sono conferite dalla frazione lipidica in relazione al contenuto di grasso e di b-carotene, che è comunque funzione del tipo di alimentazione; nel latte sono presenti inoltre pigmenti giallo-verdastri, le flavine. Il sapore del latte è leggermente dolciastro per la presenza del lattosio. Il latte non possiede un odore proprio, ad eccezione di quello appena munto, tuttavia possiede una spiccata tendenza ad assorbire gli odori esterni.
Composizione chimica del latte
Acqua: 875 gr/litro
Lipidi: 32-35gr trigliceridi (95%); di- e monogliceridi (2-3%); fosfolipidi (1%); steroli-colesterolo.
Proteine: 29-33 g (caseine: sieroproteine: lattoglobulina; lattoalbumina; immunoglobuline).
Enzimi: proteasi – lipasi.
Sostanze azotate non proteiche: amminoacidi liberi; urea; ammoniaca.
Acidi organici: 10 g (citrati, lattati).
Minerali: calcio, magnesio, potassio, sodio, fosfati, zinco, ferro, rame, selenio.
Vitamine: A, D, E, K, C
Densità: 1.028-1.033
pH: 6.6-6.8
Glucidi
Il latte è caratterizzato da zuccheri dializzabili, essenzialmente lattosio, tracce di glucosio e galattosio, e zuccheri combinati nelle glicoproteine, non dializzabili. Il lattosio è un disaccaride, che idrolizzato si scinde in due esosi semplici: glucosio e galattosio. Il lattosio tra le sostanze secrete a livello mammario, è la componente più abbondante (4,7- 5gr/100 ml) anche se la concentrazione non è sempre costante, ma tende a diminuire in presenza di alte temperature e con il progredire della lattazione. Dal punto di vista tecnologico, determina la solubilità e la tessitura di alcuni derivati del latte ed è il substrato principale delle fermentazioni microbiche del latte e casearie, è la sostanza del latte fermentescibile per eccellenza.
Le componenti azotate
Rappresentano la parte più complessa ed eterogenea, con un’ importanza fondamentale dal punto di vista nutrizionale, biologico e tecnologico. Il contenuto delle sostanze azotate totali è molto variabile, mediamente si ritrovano 32 gr /l, e sono influenzate da fattori esogeni ed endogeni. Dei 32 gr/l di sostanze azotate, il 95% è azoto proteico mentre il 5% è sotto forma di composti azotati solubili a basso peso molecolare (NPN). Delle proteine del latte alcune derivano direttamente dal sangue (meno del 10%) albumina e parte delle immunoglobuline, altre (oltre il 90%), sono sintetizzate nella mammella (caseine, lattoglobulina e lattoglobulina).
Le sostanze azotate sono suddivise in quattro gruppi:
caseine; sieroproteine; peptoni; sostanze azotate non proteiche (NPN).
Le caseine, sono un complesso proteico fosforilato caratterizzato dalla presenza di zolfo, fosforo, zuccheri, altamente nutritivi. Sono presenti in quantità media pari a 27 g/l. Si presentano prevalentemente sotto forma di micelle, in dispersione colloidale e precipitano spontaneamente quando il latte viene acidificato ad un pH di 4.6 a 20°C.
La stabilità micellare è garantita dalla presenza di calcio e di fosfati che si legano ai gruppi amminici e ai gruppi carbossilici delle caseine.
Una delle proprietà più importanti delle caseine è di polimerizzare e formare complessi con altri componenti.
La caseina è una fosfoproteina, composta da una singola catena polipeptidica derivante da 199 amminoacidi e da 8 gruppi fosfatici legati in forma di esteri monofosfatici ad altrettanti residui della serina. La caseina è sensibile al calcio a tutte le temperature, formando grossi aggregati che flocculano.
La k-caseina, rappresenta solo il 13% delle caseine totali, le si attribuisce il compito di stabilizzare le micelle di caseina presenti nel latte nei confronti del calcio, cioè ha funzione di colloide-protettore: permette la formazione di micelle stabili in presenza di calcio. E’ una fosfo – glicoproteina, composta da una catena polipeptidica derivante da 169 amminoacidi, da un solo gruppo fosforico legato alla serina e da un numero variabile di gruppi glucidici. E’ solubile in presenza di calcio a tutte le temperature. Il legame 105-106 (fenilalanina-metionina) della catena polipeptidica della caseina k è particolarmente debole e costituisce il substrato specifico della chimosina: la sua rottura dà inizio alla coagulazione e dà luogo alla formazione di due tronconi polipeptidici: para-k-caseina insolubile e caseinoglicopeptide solubile.
Le sieroproteine, costituiscono il 17-20% delle sostanze azotate totali, hanno minor peso molecolare delle caseine e non coagulano per via enzimatica ma solo per riscaldamento, esse infatti non sono degli aggregati proteici, ma sono presenti come monomeri o polimeri.
Le sieroproteine, non partecipando al fenomeno della coagulazione presamica, vengono normalmente perse con il siero, ma si possono recuperare mediante ulteriore riscaldamento del siero residuo della cagliata che flocculando provocano la produzione della ricotta.
Le proteine del siero, si possono distinguere in: Lattoalbumine (lattoglobulina e lattoalbumina); Immunoglobuline.
La lattoglobulina è la più rappresentata tra le proteine del siero; il latte bovino ne contiene 2-3gr/l con un tenore di azoto equivalente al 7-12% dell’azoto totale del latte. E’ una piccola proteina con peso molecolare di 18,360 Daltons. E’ formata da 162 amminoacidi. Nel corso del riscaldamento del latte si lega alla k- Caseina formando un complesso stabile è presente nel latte in ragione di 1-1,5 g/l con un tenore in azoto equivalente al 2-5% dell’azoto totale de latte.
Le immunoglobuline nel loro assieme raggiungono una concentrazione di 0,5 g /l di latte circa l’1-2% dell’azoto totale. Sono una classe proteica formata da diversi composti, in parte trasmessi dal sangue nel latte e quindi sono particolarmente abbondanti nel colostro, e in parte sintetizzati dalla ghiandola mammaria, che si distinguono dalle altre proteine del latte per eterogeneità, origine e funzione, possiedono elevate proprietà immunologiche. Dato l’elevato PM, hanno scarsa velocità elettroforetica e sono le prime a destabilizzarsi e precipitare a seguito dei fenomeni che alterano la stabilità del siero, quali l’aggiunta di sali o il riscaldamento.
Proteoso-peptoni: sostanze che derivano dall’azione proteolitica degli enzimi, con peso molecolare intermedio tra quello delle proteine e dei composti azotati semplici. Ad un componente dei proteosi-peptosi, il sigma proteoso, ed alla sua interazione con la caseina si deve la formazione della “pelle” che affiora nel latte bollito.
Sostanze azotate non proteiche (NPN) rappresentano una debole parte dell’azoto totale dal 5 al 7% in media. Si tratta di molecole piccole, che appartengono a molte famiglie chimiche. La sostanza più abbondante di questa frazione è l’urea, seguita dalla creatina, creatinina e dall’ammoniaca. Si ritrovano amminoacidi liberi, nucleotidi, basi azotate.
Il latte, come si può notare, differisce dal colostro per una minore presenza di proteine che si aggirano sul 3,2% con diminuzione delle globuline ed aumento delle caseine 20%, si riduce anche il contenuto di lipidi 3,5%.
Fattori che influiscono sulla produzione del latte
Il latte come tutti i caratteri quantitativi è influenzato dalla componente genetica trasmessa dai genitori, indice di Hansen-Yapp VF= ( FORMULA) e dai fattori ambientali o esterni distinguibili in:
Variabili
Climatici: (fotoperiodo, temporali, altitudine, pressione atmosferica).
Meteorologici: (microambiente termico, temperatura dell’aria, vento).
Alimentari: (foraggio troppo umido, freddo, terroso, ammuffito, amaro, errori dietetici, orario distribuzione pasti, cambiamento n. pasti).
Emozionali: cambio personale, rumori, lampi, afa, umidità, foraggi nuovi, freddo eccessivo).
Tecnodisfunzionali: (cambio orario mungitura).
Operazionali: (vaccinazioni, pesature, stress).
Sociali: (densità degli animali).
Sanitari: (mastiti, febbre).
Fissi
Razza: ci sono razze ad attitudine da latte, da carne, a duplice attitudine.
Età del parto: è ormai certo che la produzione tende a crescere fino a 5 anni di età, è stabile nei 4 anni successivi per poi decrescere.
N° d’ordine della lattazione: è un parametro legato all’età, vale quanto detto in precedenza.
Stagione del parto: i mesi meno favorevoli sono quelli estivi, si sa che a circa 30 giorni dal parto si ha la massima produzione di latte per cui la bovina deve far fronte a questa elevata produzione e difendersi dall’eccessivo caldo, da ciò deve intendersi che è preferibile programmare i parti nei periodi autunno inverno.
Durata della lattazione: internazionalmente è stata fissata in 305 giorni, poiché si è stabilito un intervallo interparto di un anno a cui vanno sottratti 60 giorni perl’asciutta.
Durata dell’asciutta: l’asciutta ha principalmente lo scopo di consentire la ricostruzione delle riserve e dei tessuti che si sono impoveriti oltre alla costruzione di gran parte del nuovo individuo.
Allevamento: stalla libera all’aperto, al chiuso, a posta fissa, tecnica di mungitura.
N° di mungiture: considerando la legge di de Lamarck sull’uso e il disuso di un organo si intuisce che più mungiture vengono fatte nell’arco della giornata maggiore è la produzione di latte, generalmente vengono fatte due mungiture a distanza di 10/ 12 ore.
Dall’esame del grafico sotto riportata si nota che la produzione di latte è massima dopo circa 30-60 giorni dal parto, si mantiene costante per circa due mesi, per poi decrescere ed annullarsi al momento dell’asciutta, cioè 60 giorni almeno prima del parto. Il grafico mostra come il peso vivo della bovina in lattazione è inversamente proporzionale alla produzione del latte, infatti, il peso vivo diminuisce sensibilmente all’aumento della quantità di latte prodotto per poi crescere man mano che ci si allontana dal parto in coincidenza della diminuzione fisiologica del latte. Il grafico analizza pure il consumo di sostanza secca della razione che inizialmente basso va via via crescendo con la diminuzione del latte prodotto, per riabbassarsi in corrispondenza della fase di asciutta, ove non deve superare circa il 2% del peso vivo dell’animale.
Gli esperti hanno rilevato che esiste un indice definito grado di persistenza (corrisponde al periodo di massima produzione di latte), da ritenersi ereditario quindi significativo per la scelta dei soggetti nel miglioramento genetico, che si esprime con il coefficiente di persistenza dato dal rapporto fra la quantità di latte prodotto dal 71° al 180° giorno di lattazione e la produzione nei primi 70 giorni; CP = latte 71° al 180° giorno / latte nei primi 70 giorni di lattazione
Alimentazione delle bovine da latte
Il fattore variabile alimentazione è estremamente importante, esso infatti influisce sia sulla quantità che sulla qualità del latte prodotto. È dimostrato che una carenza di proteine, vitamine e sali minerali nella razione si traduce rapidamente in una diminuzione del contenuto lipidico del latte. Come già ampiamente spiegato nei paragrafi precedenti la formazione del grasso nel latte dipende da un determinato contenuto minimo di fibra grezza nel foraggio che teoricamente dovrebbe aggirarsi intorno al 17 – 20% della sostanza secca della razione.
Le proteine del latte dipendono quasi esclusivamente dalla componente genetica, il loro contenuto sembra non dipendere dalla componente ambientale, il contenuto in proteine aumenta con l’aumentare della lattazione raggiungendo nelle razze di montagna (Rendena, Valdostana, Bruna Alpina, Pinzgauer) il 3.8– 4% verso la fine della lattazione. Differenze nell’alimentazione determinano anche variazioni nell’utilizzazione dei singoli alimenti e nella produzione batterica di sostanze metaboliche (C2, C3, C4) che sono molto importanti per la sintesi dei componenti del latte. Esiste perciò la possibilità di provocare un cambiamento nella composizione chimica del latte attraverso l’alimentazione.
Bovine BLAP
Trattasi di vacche generalmente di razza pezzata nera, di alta mole, di grande capacità digestiva, di notevole produzione lattea, anche oltre 130 q per lattazione, hanno esigenze nutritive qualitative e quantitative molto più elevate delle comuni lattifere, e pertanto sono difficili da alimentare correttamente.
Ciò è particolarmente vero subito dopo il parto, poiché la ridotta capacità di ingestione degli alimenti rende problematico il soddisfacimento contemporaneo dei fabbisogni di mantenimento e soprattutto di quelli relativi alla produzione. Ne deriva che per coprire entrambe le esigenze la bovina è costretta ad attingere alle proprie riserve; si instaura così una complessa patologia post parto che può comportare gravi conseguenze.
Non è facile impedire l’insorgenza di fenomeni patologici, ma una corretta alimentazione della bovina nelle fasi che precedono e soprattutto che seguono il parto consente di limitarli e di mantenerli entro limiti accettabili. Per questi animali, onde ottenere il massimo ed evitare dismetabolie alimentari, è importante l’alimentazione mirata in funzione dell’interparto, come appresso specificato.
Suddivisione dell’interparto
1° periodo (0 – 90° giorno)
È un periodo assai critico per la bovina, in quanto si ha una accentuata contrazione del rumine e conseguente scarsa capacità di ingestione e digestiva, di contro c’è la massima produzione di latte, la bovina per far fronte a ciò attinge dalle sue riserve adipose, ossia depaupera se stessa. La diminuzione del peso, per evitare la Svm (sindrome della vacca magra), non deve scendere al di sotto dei 35 – 50 kg, è utile perciò arricchire la razione alimentare somministrando più carboidrati e concentrati, evitando, nel contempo, danni epatici, favorire la produzione degli AGV e controllare, nel possibile, il rapporto tra gli acidi acetico e propionico C2 – C3 (3 : 1)
2° periodo (91°– 210° giorno)
È questo il periodo migliore per consentire la ripresa del peso vivo dell’animale. Infatti, la produzione di latte è inferiore al primo periodo e la bovina può consumare il 3 –3,5% di sostanza secca del proprio peso, si devono somministrare foraggi a fibra medio lunga sempre per mantenere inalterato il rapporto tra gli acidi grassi volatili.
3° periodo (211° – asciutta)
È la fase che precede l’asciutta, in questo periodo bisogna evitare l’eccessivo ingrassamento dell’animale per non incorrere nella sindrome della vacca grassa Svg, la razione deve essere bilanciata per consentire alla bovina di raggiungere il peso forma, recuperare di nuovo quel calo di peso che si è avuto nella prima fase della lattazione.
4° periodo (asciutta – parto)
Circa due mesi prima del parto nella specie bovina e 120 -140 giorni prima del parto nella specie bufalina i capi vanno poste in asciutta- la tecnica seguita dalla Coop. agr. E. Sereni di Borgo San Lorenzo per le frisone è la seguente:
Mercoledì: alimentazione a base di paglia e poco fieno 2 mungiture
Giovedì: medesima alimentazione si salta la mungitura della mattina
Venerdì: stessa alimentazione sospensione delle mungiture
Sabato: stessa alimentazione si controlla la mammella se è il caso si fa una mungitura
Domenica: la si pone definitivamente in asciutta
In questa fase occorre somministrare foraggi ricchi di fibra atti a stimolare il rumine, evitare l’eccessivo incremento in peso vivo della bovina, somministrare al massimo 2 – 3 kg di concentrati al dì. Oggi l’industria mangimistica, proprio per prevenire eventuali dismetabolie, e assicurare un giusto apporto proteico, ha messo a disposizione degli allevatori degli integratori alimentari da somministrare in questa delicata fase a base di farinaccio di frumento e di orzo, fosfato monocalcico, cloruro di sodio, propinato di sodio, ossido di magnesio e lievito di birra. In prossimità del parto effettuare lo steaming – up cioè aumentare il concentrato a 4 – 5 kg/dì, somministrare anche vitamine liposolubili (A, D, E), anche per prevenire la colibacillosi, sospendere i foraggi a base di leguminose, soprattutto erba medica, per prevenire il collasso puerperale, non eccedere nella somministrazione di Ca e P il cui quantitativo giornaliero deve essere massimo di 50 – 60 g/dì Ca e 30 – 40 g/dì per il P.
Tecniche di alimentazione
L’ideale è la preparazione di razioni individuali ma improponibile per gli eccessivi costi e soprattutto per le oggettive difficoltà, meglio ricorrere alla costituzione di gruppi omogenei per età e produzione, oppure suddividere gli animali in due gruppi quelli in asciutta e quelli in lattazione. La razione può essere distribuita manualmente, come avviene nei piccoli allevamenti, o con l’ausilio di carri distributori, oppure ricorrendo all’unifeed. Il concentrato può essere distribuito con metodo tradizionale, con auto – alimentatori, o col piatto unico.
Col metodo tradizionale la dose giornaliera di mangime viene suddivisa in 4 pasti
1. si somministra insieme ai foraggi.
2. si somministra al momento della prima mungitura.
3. si somministra a metà giornata
4. si somministra al momento della seconda mungitura.
Autoalimentatori computerizzati – Sono delle particolari mangiatoie nelle quali il mangime cade già regolato dal computer nel tempo e nella quantità, la dose giornaliera di mangime viene divisa in 6-8 pasti intervallati di 3-4 ore. In questi casi per ottimizzare la distribuzione si può far ricorso, per il riconoscimento degli animali, all’applicazione dei trasponder (ingegni elettronici) da mettere al collo o addirittura nello stomaco stesso, come fanno negli USA, apparecchio da recuperare all’atto della macellazione. Quando la bovina si avvicina all’autoalimentatore il trasponder indica al computer la dose di mangime da rilasciare. Se la bovina si avvicina prima del tempo all’autoalimentatore non riceve l’integrazione.
L’ultimo ritrovato è l’UNIFEED o piatto unico, da distribuire 1- 2 – 3 volte al giorno col carro miscelatore con foraggi a giusta trinciatura (3 – 4 cm) per favorire la ruminazione indi la salivazione e lo sviluppo degli AGV. La razione giornaliera deve essere integrata con l’ausilio degli autoalimentatori computerizzati per la distribuzione dei concentrati al fine di differenziarla in funzione delle produzioni individuali.
Data l’importanza dell’unifeed per l’alimentazione delle grandi lattifere è d’obbligo soffermarsi su questa tecnica di alimentazione
Per definizione, con la dizione dieta completa o unifeed si vuole intendere una tecnica di alimentazione basata sulla somministrazione contemporanea di razioni formate da foraggi trinciati e da concentrati, mescolati insieme, per evitare l’insorgenza delle dismetabolie più frequenti quali l’acetonemia e la chetosi.
Le vie teoricamente perseguibili per raggiungere lo scopo sono diverse:
– Somministrare in modo estremamente frazionato gli alimenti che possono alterare il normale andamento delle fermentazioni.
– Somministrare i vari alimenti mescolati insieme, in modo che la quota fibrosa venga assunta insieme alla quota di concentrati
– Impiegare sostanze in grado di frenare e correggere le cadute troppo brusche del pH ruminale (i cosiddetti tamponi)
Per quanto concerne la fibra, questa va apportata tramite foraggi grossolanamente trinciati, quali: fieno, paglia, insilati di mais o di altri cereali. Gli optimum in fibra grezza consigliati nelle razioni delle bovine ad alta produzione, affinché venga favorita la formazione del grasso nel latte, possono essere così schematizzate:
Produzione latte | % fibra grezza |
18 – 20 kg | 17 – 18 % |
21 – 30 kg | 16 – 17 % |
Da ricordare che la razione giornaliera delle bovine il cui latte viene destinato all’alimentazione o alla caseificazione generica è costituita, in misura percentuale riferita al peso, mediamente da silomais (60-65%), fieno (18-20%) e concentrati e altri prodotti (15-22%).
Riportiamo un esempio di razione alimentare unifeed dell’azienda zootecnica “La Follonella” sita nel comune di Montella (AV), per bovine di razza Frisona italiana. Il piatto viene distribuito una volta al giorno, la composizione è quella riportata di seguito:
Insilato di segale | 6 kg |
Insilato di mais | 10 kg |
Fieno di avena | 6 kg |
Semi di mais | 6 kg |
Farinaccio di grano | 1,2 kg |
F.E. soia | 2,5 kg |
Soia fioccata | 0,9 kg |
Polpe di bietola | 2 |
La razione contiene il 40 – 44% di umidità. Il piatto prevede un quantitativo di alimenti tal quale di circa 34.6 kg / dì, corrispondente a circa 20.39 kg di sostanza secca, 21.9 UFL e 2.053 gr di proteine digeribili.
Riportiamo l’esempio di razionamento per bovine di razza Frisona italiana Blap adottato dall’azienda “Comi agricoltura” di San Piero a Sieve (FI):
Fieno di medica 4,5 kg, fieno polifita 2,2 kg, polpe di bietola 1 kg, semi di cotone 1,5 kg, colza 2 kg, orzo 1 kg, farina di mais 5 kg, f.e.s. 1,8 kg, melasso 1 kg, silo mais 15 kg. Sali minerali, la S.S. è circa 24 kg.
La miscela completa comporta i seguenti vantaggi:
Incrementa sino al 10% in più le assunzioni giornaliere di SS (3,2 – 3,3% PV dell’animale).
Permette massimi consumi di foraggi secchi, insilati e persino paglia.
Consente alle lattifere di estrinsecare pienamente il loro potenziale genetico per la produzione del latte.
L’indice di conversione alimentare presenta incrementi fino al 5%.
Si possono utilizzare molti prodotti locali abbassando i costi di produzione.
La somministrazione di concentrati durante la mungitura si riduce notevolmente o la si elimina del tutto.
Si ha una maggiore produzione di latte fino al 5% in più con miglioramento anche della qualità del latte stesso.
Di contro anche questa tecnica alimentare presenta degli inconvenienti che possiamo così elencare:
Le lattifere sono portate ad alimentarsi in eccesso rispetto ai reali fabbisogni.
Possono insorgere problemi legati alla sindrome della vacca grassa, disturbi metabolici specialmente in concomitanza del parto.
Le lattifere devono essere divise in gruppi, ognuno con il suo tipo di miscela completa, si può verificare che le più forte produttrici del gruppo si alimentano in difetto e le produttrici minori ingeriscano alimenti in eccesso.
Manca la possibilità di un razionamento mirato.
I concentrati ed i foraggi devono essere pesati ogni volta che si debbono preparare le miscele, i foraggi a stelo lungo devono essere trinciati.
I carri miscelatori sono costosi e così la preparazione delle miscele complete per almeno tre gruppi di lattifere ogni volta.
Il metodo si adatta per gli allevamenti di medio – grandi dimensioni.
I costi di questo sistema di alimentazione sono alquanto costosi rispetto alla distribuzione tradizionale, pertanto è necessario spingere la produzione dell’allevamento (sempre nell’ambito della quota assegnata).
Il sistema richiede un continuo controllo delle varie situazioni nonché impegno ed abilità manageriale, unitamente a capacità meccaniche e di calcolo.
Formulazione delle miscele Unifeed
La formulazione deve prendere fondamento su dati reali che riguardano:
– i fabbisogni nutrizionali della bovina media in ogni gruppo costituito;
– il calcolo della sostanza secca da ingerire nelle 24 ore;
– la concentrazione di proteina grezza, energia, fibra, sali minerali e vitamine per kg di sostanza secca dei singoli alimenti;
– nel caso di miscele complete basate su insilati, è necessario la presenza almeno del 40% di s.s.;
– integrare la razione con alimenti proteici a ridotta degradabilità ruminale come farina di estrazione di soia, farina di medica pellettata o nuclei by pass;
– nelle miscele complete a base di insilati è utile aggiungere dell’urea da non superare lo 0.5% della s.s.;
– se le miscele sono a base di fieno e contengono oltre il 50% di s.s. è buona norma aggiungere alla dieta alimenti acquosi come il melasso, granaglie umide, polpe di bietola pressate, trebbie fresche, che oltre ad abbassare la % di s.s. migliorano l’appetibilità della razione ed i tassi di ingestione.
Se nella razione dovesse mancare la sostanza secca si integrerà la dieta con aggiunta di farina di medica, oppure polpe secche di bietola, od anche semplice fieno polifita sfarinato.
Miscele per bovine in asciutta
Le bovine in asciutta, come già detto, non devono essere sovralimentate, l’aumento in peso non deve superare i 750 gr al dì sino al momento del parto.
A tal proposito si consiglia quanto segue:
– la miscela completa deve contenere concentrati a basso tenore proteico in ragione di 1,5 –2,5 kg per capo al dì;
– l’alimento base possono essere gli insilati con eventuale aggiunta di paglia;
– il silo mais deve essere ridotto quantitativamente mediante aggiunta di paglia ed altri alimenti scarsi in energia;
– eliminare dalla razione gli alimenti ricchi di calcio (fettucce di bietola, erba medica fresca e disidratata e in genere i fieni fogliosi) per prevenire eventuali paresi puerperali;
– la percentuale di proteina grezza non deve superare il 12%;
– la sostanza secca del foraggio deve attestarsi intorno all’80- 90%, mentre l’ingestione complessiva per giorno non deve superare i 10-11 kg.
Per concludere sull’unifeed riportiamo un esempio di razione con alimenti tradizionali e una razione nella quale vengono impiegati sottoprodotti.
Giuseppe Accomando, laureato in Scienze agrarie presso l’Università Federico II di Napoli, è docente di zootecnica presso l’Istituto Tecnico Agrario “F. De Sanctis” di Avellino. Curriculum vitae >>>
Tecniche delle Produzioni Animali ISBN 10 88-89382-76-1 – 13 978-88-89372-76-0 |