Il terreno tra tessitura e colture per la difesa delle risorse ambientali
di Alessandro M. Basso
Tutelare l’ambiente significa, sostanzialmente, difendere il diritto ad un’esistenza libera e dignitosa dell’uomo: segnatamente, l’ambiente è qualificabile come diritto primario, essenziale ed inalienabile di ciascun individuo e dovere sociale (artt. 2, 3, 9, 32 e 117 Cost.).
Tutelare l’ambiente significa difendere le risorse naturali (difesa statica), salvaguardando e valorizzando (difesa attiva-dinamica) il terreno, le coltivazioni e la biodiversità.
All’uopo, è da dire che la conservazione di un manto vegetale appropriato si rivela propriamente essenziale per la salvaguardia del suolo e dell’ambiente.
La coltivazione del terreno deve, pertanto, essere attuata mediante l’adozione di pratiche agronomiche atte a determinare minime variazioni sulla composizione, sulla struttura e sulla naturale diversità biologica del suolo e delle risorse naturali.
Più precisamente, bisogna considerare due aspetti: per la modifica di un sistema ecologico non è necessario attuare interventi di grandi dimensioni bensì è sufficiente che essi siano estremamente diffusi; la capacità di carico di un determinato ecosistema è influenzata anche dalle relative condizioni temporanee.
La gestione agronomica “reale” del terreno è sempre in bilico, e contesa, tra difesa delle colture dalle avversità esterne, difesa del terreno, tutela dell’ambiente e salvaguardia della salute umana.
Fattori climatici, agronomici e biotici sono spesso causa di stress delle colture e del terreno: è necessario, quindi, prestare attenzione al modo di coltivare ed alla tipologia colturale, badando alle vocazioni territoriali ed alla tessitura specifica del suolo.
La tessitura è la proprietà fisica del terreno che identifica quest’ultimo in base alla composizione percentuale delle sue particelle solide, distinte per classi granulometriche: essa condiziona sensibilmente le proprietà fisico-meccaniche e chimiche del terreno, con riflessi sulla dinamica dell’acqua e dell’aria e sulla tecnica agronomica.
Si può distinguere, così, innanzitutto tra terreni argillosi e terreni sabbiosi.
I terreni sabbiosi si distinguono per limitata porosità in gran parte costituita da: macroporosità; limitata capacità d’invaso e scarsa capacità di ritenzione idrica; tensione bassa; elevata permeabilità e facilità di movimento dell’acqua; coesione e adesione virtualmente nulle; sofficità e scarsa resistenza alla penetrazione di organi lavoranti e di radici; elevata portanza.
I terreni argillosi sono, invece, caratterizzati da elevata porosità; grande capacità d’invaso ed elevata ritenzione idrica; tensione elevata per l’assorbimento colloidale e per la capillarità; scarsa permeabilità e difficoltà di movimento dell’acqua, con tendenza al ristagno e all’asfissia; elevati valori della coesione allo stato asciutto e dell’adesione allo stato plastico; liquidità allo stato fluido; tendenza al costipamento
Quindi, è possibile distinguere tra colture adatte in aree marine, in terreni sabbiosi, argillosi, calcarei e piante resistenti all’inquinamento.
Tra le piante adatte alle zone marine, l’arundinia, l’arbutus unedo, l’acer pseudoplatanus, il cupressus (famiglia delle Cupressaceae), l’eucalyptus (famiglia delle Mirtacee), l’erica arborea (arbusto sempreverde, corteccia rossastra, a portamento eretto, famiglia delle Ericaceae), l’hibiscus (famiglia delle Malvaceae), il laurus nobilis (aromatica, famiglia delle Lauraceae), il pittosporum (famiglia delle Pittosporaceae), il pinus, la rosa, il salix (famiglia delle Salicaceae), il sambucus (famiglia delle Caprifoliaceae), il tamarix (caratterizzato da fioritura piumosa in spighe sottili, generalmente primaverile/estiva, con fronde vaporose, formate da piccolissime foglie alterne, squamiformi, generalmente di colore verde glauco), il viburnum (famiglia delle Caprifoliaceae, alto fino a dieci mt, a fogliame caduco o persistente, caratteristica ed abbondante fioritura, con fiori solitamente di colore bianco, profumati e riuniti in cime ombrelliformi), la yucca (famiglia delle Agavaceae, fusto robusto, cilindrico e spesso a portamento arboreo, poco ramificato, con foglie lineari, persistenti, dure e generalmente spinose all’apice e fiori generalmente piccoli, raramente grandi, di colore bianco o crema, penduli e solitamente riuniti in grandi pannocchie terminali).
Per i terreni sabbiosi, l’acacia, la betulla, il fagus sylvatica (famiglia delle Fagaceae), il fraxinus (famiglia delle Oleaceae), il glycine, l’hedera, il nerium oleander (famiglia delle Apocynaceae), il pinus, il rhododendrum (famiglia delle Ericaceae), la rosa, il rosmarinus, l’ulmus campestris (famiglia delle Ulmaceae).
Per i terreni argillosi, l’acer, il salix, l’ulmus campestris, il populus (famiglia delle Salicaceae), la betula, il fagus sylvatica, varie conifere (abies cephalonica, araucaria excelsa) e arbusti (crataegus, ilex, vuburnum opulus, ribes sanguinem).
Per i terreni calcarei, l’aesculus, l’hippocastanum (famiglia delle Sapindaceae), il carpinus betulus (famiglia delle Betulaceae), il fraxinus, il malus, il quercus ilex (famiglia delle Fagaceae), l’ulmus, il sambucus, il viburnum.
Tra le piante resistenti all’inquinamento, l’abies, l’acer, il fraxinus, il fagus, l’ilex, il laburnum, il ligustrum (famiglia delle Oleaceae), la magnolia, il platanus acerifolia (famiglia delle Platanaceae), il ribes, il quercus, l’ulmus, il viburnum.
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Alessandro M. Basso, Dottore di ricerca interfacoltà Agraria-Giurisprudenza in “uomo-ambiente”, giornalista pubblicista, geometra abilitato, responsabile sezione cultura “uomo-ambiente” della Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali della provincia di Foggia, Guida ufficiale del Parco nazionale del Gargano, Avvocato, conciliatore professionista. E-mail: alebavv@virgilio.it
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