La coltivazione dell’actinidia in Italia
Indicatori e strumenti per un confronto territoriale
di Nicola Galluzzo
1. Introduzione
La coltivazione dell’actinidia interessa, eterogeneamente, tutto il territorio italiano dove è possibile evidenziare delle province e regioni con un elevato grado di specializzazione produttiva, il che ha generato degli effetti positivi sul territorio e sull’indotto (Tab.1). Tuttavia in Italia solo 18 province su 103 presentano una incidenza della coltivazione di actinidia, riferita alla totalità della superficie coltivata, interessante (Tab. 2) e, di queste, solo cinque province, collocate nel nord e nel centro Italia, hanno fatto registrare dei tassi di diffusione colturale abbastanza significativi e superiori al 5% (Istat, 2006). In queste province, inoltre, si è registrata la maggiore crescita, nel settennio 2000-2006, sia in termini di superficie coltivata sia in termini di incremento delle produzione raccolta, con uno scostamento dalla media nazionale economicamente interessante. Un confronto con i dati proposti, circa la distribuzione territoriale della coltivazione eseguita negli anni novanta, sembra confermare la diffusione e la distribuzione territoriale della coltivazione del kiwi in Italia (Biasi et al.1999), anche se, dai dati disponibili, sembra confermarsi una certa rarefazione della coltivazione nelle province dell’Italia meridionale e una maggiore specializzazione negli areali centro-settentrionali (Graf.1). La localizzazione e la vocazionalità nella coltivazione in determinati ambiti provinciali ha finito per generare dei primordi di distretti produttivi, conseguenza diretta del cambiamento economico-sociale che ha interessato il settore primario italiano (Becattini, 2000), sviluppando, in alcune realtà provinciali, una molteplicità di interazioni, a monte e a valle dell’azienda agricola e delle istituzioni locali coinvolte, generando dei sistemi locali agro-industriali (De Rosa, 1997).
2. Obiettivi
Nel presente lavoro, utilizzando le statistiche congiunturali dell’agricoltura dell’Istat nel settennio 2000-2006 si è valutato, nel medio periodo, lo sviluppo della coltivazione dell’actinidia nelle province italiane e l’impatto socio-economico della sua coltivazione, individuando nelle aree eventi una maggiore specializzazione produttiva gli effetti globali sulle comunità locali, al fine di verificare se nelle aree con una elevata specializzazione produttiva esistano delle pattuglie di province omogenee capaci di generare dei cluster, o dei Sistemi locali nella coltivazione di actinidia, pre-condizione per l’affermazione dei distretti agro-alimentari anche ai sensi del Decreto legislativo 228/2001. Infine, il confronto è stato esteso alle variabili territoriali, demografiche, economiche e occupazionali, riportate nell’allegato nella Comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo COM (2006) 857 sull’occupazione nelle zone rurali per valutare se in queste aree specializzate dove si coltiva actinidia esistono dei divari occupazionali tra aree urbane e aree rurali.
3. Metodologia di analisi
Nella prima parte dell’analisi è stato utilizzato il metodo dei minimi quadrati ordinari per valutare se tra alcune variabili, inerenti la coltivazione dell’actinidia, e altre inerenti le caratteristiche socio-economiche del territorio, esistessero delle relazioni statisticamente significative.
Nella seconda e più corposa parte della presente ricerca, attraverso l’analisi multivariata con Analisi delle componenti principali (Acp), si è voluto valutare l’esistenza di relazione significative tra tutte le variabili analizzate e ricostruire, attraverso alcuni piani fattoriali, le interazioni più significative. L’analisi mediante Acp è stata, ulteriormente scomposta in due sottofasi al fine di considerare, in una prima fase tutte le province italiane, e nella seconda fase solo quelle realtà provinciali nelle quali l’incidenza percentuale della coltivazione dell’actinidia ha assunto dei valori di diffusione superiori alla soglia del 5%.
4. Risultati e discussione
L’analisi mediante l’applicazione dei minimi quadrati ordinari ha evidenziato:
1) il tasso di occupazione agricola risulta essere significativamente e negativamente correlato con l’incidenza percentuale dell’occupazione agricola sulla forza lavoro e con il saldo migratorio; invece, il tasso di occupazione agricola è risultato essere significativamente e positivamente correlato con la quota di occupazione agricola sulla popolazione totale;
2) l’incidenza delle forza lavoro in agricoltura è risultata essere negativamente e significativamente correlata con le variabili tasso di disoccupazione, saldo migratorio e tasso di occupazione in agricoltura;
3) il saldo migratorio è risultato essere correlato positivamente con il tasso di scolarizzazione e correlato negativamente con la quota di popolazione attiva sulla popolazione residente;
4) la disoccupazione è risultata essere correlata in maniera negativa con l’incidenza delle forza lavoro;
5) la coltivazione dell’actinidia, e la sua incidenza sulla superficie delle diverse province italiane, ha risentito in maniera positivamente significativa della produzione ottenibile e con l’incremento della superficie coltivata.
Un primo e non esaustivo confronto con le variabili prese in esame e riportate nella COM (2006) 857 della Commissione europea, ha evidenziato come nelle province italiane, aventi una elevata specializzazione nella produzione di kiwi, quali Cuneo, Rovigo, Viterbo e Matera, sono state registrate delle caratteristiche socio-economiche tipiche di aree rurali, con una elevata incidenza sul valore aggiunto provinciale delle attività connesse al settore primario. La coltivazione dell’actinidia, comunque, sembra interessare le aree caratterizzate da una popolazione in possesso di alti livelli formativi e di studio e con un valore aggiunto pro capite alquanto significativo.
L’analisi multivariata mediante Acp, eseguita su tutte le province italiane, ha consentito di evidenziare, nella matrice di correlazione, come esista una forte correlazione positiva tra la variabile incidenza della superficie coltivata a kiwi e la percentuale di occupati in agricoltura; inoltre, è stato rilevato come esista una correlazione negativa tra la popolazione attiva e la variabile incidenza della superficie coltivata a kiwi. Interessante è stato osservare come esista un effetto positivo registrato, sia sul saldo migratorio sia sull’incidenza del valore aggiunto del settore primario, da parte della variabile superficie coltivata e della variabile incidenza delle produzione di actinidia complessiva. La matrice di correlazione, considerando esclusivamente la variazione nel settennio 2000-2006 della Superficie agricola coltivata ad actinidia e la variazione della produzione raccolta, ha confermato una correlazione positiva con le seguenti variabili:
1. percentuale di occupati agricoli;
2. quota percentuale di individui attivi in agricoltura. Valori di correlazione negativi sono stati riscontrati sia nel saldo migratorio sia nelle variabili densità di popolazione e percentuale di persone in possesso di alta formazione (possesso di un diploma di laurea). La variazione della produzione, nel settennio di osservazione, ha evidenziato una correlazione positiva con gli incrementi della superficie coltivata e dei valori di correlazione negativa con le variabili densità di popolazione, popolazione attiva e saldo migratorio. In quest’ultimo caso l’incremento della superficie coltivata ha avuto un effetto fortemente positivo sulla produzione raccolta ma non ha dato luogo ad un incremento del saldo migratorio, il che non ha implicato un effetto efficace sulla formazione culturale di alto profilo all’interno della popolazione residente.
L’analisi della relazione che esiste tra le variabili prese in esame ha fatto emergere come la specializzazione territoriale nella coltivazione dell’actinidia e il livello di formazione abbiano una correlazione opposta; invece, si è osservato come tra la variabile titolo di studio e la variabile saldo migratorio la relazione appaia essere molto stretta. Da notare come tra la variabile incidenza percentuale del valore aggiunto in agricoltura, la disoccupazione e l’incidenza della superficie agricola totale non esista alcuna correlazione, mentre, tra tasso di disoccupazione e valore aggiunto in agricoltura la relazione appare essere abbastanza interessante.
L’analisi dei dati indica come non esistano grosse differenza tra le diverse province italiane ad elevata specializzazione nelle quali la coltivazione di actinidia è molto diffusa. La coltivazione dell’actinidia sembra risentire favorevolmente della diffusione sul territorio di colture a carattere permanente e di non risentire in alcun modo della formazione culturale della popolazione, mentre la densità della popolazione e il tasso di disoccupazione hanno inciso sulla diffusione e specializzazione della coltura dell’actinidia. L’analisi delle componenti principali ha, quindi, confermato come il livello culturale non abbia influito in alcun modo sullo sviluppo della coltivazione di kiwi nelle province ad alta specializzazione; la variabile disoccupazione e la presenza di colture arboree, hanno influito significativamente sulla affermazione dell’actinidia nelle province dove elevato è stato l’indice di specializzazione produttiva (Latina, Cuneo, Ravenna e Verona), province italiane che sono state capaci di costituire un gruppo omogeneo con caratteristiche molto simili tra loro.
Per avere un quadro più aggiornato e significativo della specializzazione delle province italiane nella coltivazione dell’actinidia, l’analisi si è concentrata esclusivamente su 18 province nelle quali la quota di incidenza della coltivazione di actinidia sulla superficie complessiva è stata superiore al valore del 5%. L’osservazione dei dati ha confermato come le variabili disoccupazione e formazione culturale abbiano esercitato una correlazione negativa, influenzando la lunghezza del primo asse, in contrapposizione con le variabili incidenza percentuale dei laureati sulla popolazione e occupati in agricoltura che hanno agito sul secondo asse fattoriale. Le province di Latina, Verona, Cuneo, Rovigo e Torino confermano come le province del nord Italia, dove la coltivazione dell’actinidia è stata più radicata nel tempo, si sia riscontrato un più alto livello di formazione e di occupazione agricola.
La classificazione in cinque gruppi delle province italiane aventi una superficie coltivata ad actinidia altamente significativa, ha consentito di individuare e evidenziare 4 diverse classi:
– nella classe uno si collocano numerose province dell’Italia meridionale caratterizzate da una elevata incidenza del lavoro agricolo e da bassi livelli scolarizzazione post diploma;
– le province caratterizzate da una elevata diffusione della coltivazione di kiwi, province pioniere in Italia nell’effettuare questo tipo di coltivazione, sono state quelle nelle quali la specializzazione appare correlata positivamente con la diffusione della coltivazione di actinidia (seconda classe);
– la terza classe ha ricompresso una pattuglia di province, geograficamente eterogenee, nelle quali la popolazione appare caratterizzata da alti livelli di formazione e da un’agricoltura molto importante per l’economia locale;
– nella quarta classe prevalgono province caratterizzate da bassi livelli di disoccupazione e all’interno delle quali l’agricoltura riveste un ruolo molto importante nelle economia generale del territorio;
– l’ultima classe, infine, costituita da una sola provincia nella quale la coltivazione di kiwi appare interessare discretamente tutta la superficie provinciale.
5. Conclusioni
Questa breve ricerca ha evidenziato come esistano delle aree strutturate dove la coltura dell’actinidia ha generato un’elevata specializzazione territoriale e produttiva, con positive ricadute sullo sviluppo socio-economico e occupazionale, anche se permangono delle criticità inerenti il marketing del prodotto e del territorio su cui intervenire per valorizzare il prodotto in una prospettiva di marketing territoriale integrato. Ovviamente, le realtà produttive ben affermate continuano a migliorare la loro specializzazione produttiva e la loro vocazionalità, in un processo che tende ad autoalimentarsi e autoimplementarsi, sul quale comunque non ha svolto, se non in casi limitati, un ruolo significativo la formazione culturale. Infatti, nelle aree con maggiore diffusione dell’actinidia non si è registrato né un incremento della quota della popolazione in possesso di formazione culturale di livello universitario né un miglioramento del saldo migratorio; quest’ultimo, infatti, non ha risentito della tipologia di coltivazione attuata sul territorio ma, soltanto, della maggiore presenza di coltivazioni a carattere permanente. L’analisi, inoltre, ha confermato l’esistenza di cluster e di una partizione spaziale e territoriale ben precisa e delineata nell’Italia centrale e, soprattutto, in quella settentrionale del nord-ovest. In questa macro-area, infatti, la coltivazione dell’actinidia sembra avere influito in maniera parzialmente significativa, sia sui livelli culturali sia sui saldi migratori netti. Il confronto con i dati medi riportati dalla Commissione europea nell’allegato alla Com 857/2006, fa si che le aree a maggiore vocazione nella coltivazione dell’actinidia abbiano presentato delle differenze sostanziali rispetto ai parametri di classificazione per le aree rurali definite dall’Unione europea. Tutto ciò dovrà comportare una maggiore attenzione alle politiche del primo e del secondo pilastro della Politica agricola comunitaria, anche alla luce delle recenti modifiche nell’organizzazione comune dei mercati, in corso di attuazione tra due anni nel settore ortofrutticolo, al fine di scongiurare il conseguente sfaldamento dei distretti agro-alimentari in divenire.
Bibliografia
– Becattini G. (2000), “Il distretto industriale”, Rosenberg & Sellier, Torino;
– Biasi R., Monastra F., Rugini E. (1999), “Actinidia: aspetti produttivi, agronomici e prospettive di sviluppo nel Lazio”, (a cura della Regione Lazio e Arsial) Atti del convegno Ortofrutticoltura politiche e tecniche a confronto per un progetto di sviluppo, Roma 11-12 dicembre 1997,Roma;
– De Rosa M., (1997), “Modelli locali di sviluppo e sistema agroalimentari, Liguori, Napoli;
– Fanfani R. (2001), “L’analisi provinciale dell’industria alimentare”, (a cura di Fanfani R., Henke R.), La specializzazione territoriale dell’industria alimentare, Edizioni scientifiche italiane, Napoli;
– Istat, (2007), “Statistiche congiunturali dell’agricoltura”, rilevato sul sito www.istat.it.
Nicola Galluzzo, dottore di ricerca in Scienze degli alimenti, si è laureato in Scienze agrarie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, conseguendo il perfezionamento in Economia del turismo e in Gestione e organizzazione territoriale delle risorse naturali presso l’Università La Sapienza di Roma, in Studi europei presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Genova e in Controllo e autocontrollo degli alimenti presso la Facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli” di Roma. Assegnista di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Economia Agraria (Inea). E.mail: nicoluzz@tin.it
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