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di Giuliano Russini

Leone
Esemplare maschio di Panthera leo, Ngorongoro Park (foto Giuliano Russini)

Il presente articolo vuole essere una piccola trattazione molto generale sul binomio sensi  e comportamento presente in diverse specie animali, a livelli differenti della scala zoologica.
L’obiettivo molto umile è quello di delucidare lo stretto legame tra un determinato schema comportamentale, inteso come catena riflessa di azioni, che sono riconducibili a meccanismi di comportamento e scatenamento innati o Lorenziani (da Konrad Lorenz biologo austriaco, padre scientifico dell’Etologia, vincitore del premio nobel per la Biologia e Medicina nel 1973, con Karl von Frisch e Nikolaas Tinbergen) e specifici organi e funzioni sensoriali che evolutivamente si sono selezionate nelle varie specie animali, in relazione al contesto ambientale in cui vivono.
Si specifica comportamento e sensi animali, in quanto dal mio punto di vista come biologo zoologo, simili dinamiche fisiologiche intese in termini di comportamenti e meccanismi sensoriali (con livelli differenti di complessità e caratteristiche specifiche) si trovano anche nel Regno vegetale, sottoposti sempre a meccanismi evolutivi, tali da definire una Etologia vegetale, oltre che ovviamente animale.
Il comportamento degli animali, lo si può sinteticamente riferire a due scopi essenziali: la sopravvivenza del singolo individuo e la perpetuazione della specie a cui appartiene.
Il soddisfacimento delle due condizioni sopra citate, viene raggiunto mediante schemi comportamentali, la cui complessità, cresce parallelamente e sincronicamente alla complessità e raffinatezza dei correlati sensoriali, presenti nelle specie animali, mediante i quali si ha percezione e quindi esperienza dell’ambiente in cui vivono. Tale complessità cresce muovendosi dal basso verso l’alto nella scala zoologica sia per l’anatomo-fisiologia degli organi che per i relativi comportamenti.
Per cui possiamo dire che, mentre i comportamenti innati, le cui catene riflesse che ne sono la struttura base, sono preponderanti nelle specie meno evolute, man mano che si sale di posizione nella scala animale, cedono il posto a comportamenti meno istintivi, più razionali, raffinati e culminanti nelle proprietà cognitive della specie umana (Homo sapiens sapiens), con correlati anatomo-fisiologici sempre più complessi, come il cervello umano.
In realtà, anche questi comportamenti innati, che sono, come ampiamente dimostrato, ereditati geneticamente dalla progenie – meno lo sono quelli a natura più razionale e meno istintiva, dove la componente genetica ereditaria si integra con l’esperienza ambientale che si ammanta della componente culturale nella specie umana e qualche cosa di più- si assoggettano a una modificazione, sin dalla nascita, dipendente dagli stimoli ambientali.
Per cui, la capacità di un ragno come l’Epeira,  nel tessere la propria tela (con geometria tipica della sua specie), a poche ore di vita post natale, non è agevole come negli esemplari adulti, ma nel tempo, mediante l’esperienza, per mezzo di tentativi ed errori, i fallimenti iniziali nel non riuscire a catturare prede, fungeranno da correttori istruttivi, che in un arco temporale di poco più di un giorno, lo renderanno capace di costruire una ragnatela funzionale allo scopo.
Passando ai vertebrati, i cuccioli di leone (Panthera leo) sono istintivamente, nel momento in cui acquisiscono la capacità deambulatoria, tendenti prima ludicamente, a comportarsi come predatori, ma ovviamente in maniera molto grossolana e non fruttifera.
Il seguire la madre, in rari casi il padre, nelle battute di caccia ad esempio a danno degli gnu (Connochaetes taurinus), fungerà da istruzione per i cuccioli, cioè l’apprendimento  raffinerà l’istinto, come un scultore raffina sempre più con il suo scalpello, un blocco di marmo facendogli assumere la sagoma voluta, fino alla massima capacità per quella specie animale, fornendo comportamenti essenziali in futuro, per la loro completa indipendenza.
L’integrazione dei sensi, con i comportamenti, sfoceranno in un insieme di rappresentazioni essenziali alla sopravvivenza di una specie animale, come la difesa attiva e passiva contro un predatore, le abitudini sociali (per le specie gregarie, sia vertebrati che invertebrati), il corteggiamento, le cure parentali e le migrazioni.
Ogni specie animale, ha particolari esigenze di condizioni ambientali, come la temperatura, l’umidità, la quantità di luce.
Quando queste cambiano più o meno improvvisamente, l’ animale per sfuggire alla morte, deve reagire, ad esempio spostandosi, per ritrovare le condizioni originarie, adatte alla sua fisiologia.
Gli oniscoidei che sono crostacei (classe: Malacostraca, ordine: Isopoda, sottordine: Oniscidea) di cui un classico rappresentante è il comune porcellino di terra, spesso erroneamente scambiato per un insetto, se vengono posti allo scoperto o si appallottolano, oppure si spostano verso un luogo coperto e umido, sotto una pietra o un ramo.
Cioè le nuove condizioni ambientali indotte, mediante il loro spostamento, hanno innescato questi meccanismi di risposta comportamentale, attraverso la percezione sensoriale di  modificazioni sfavorevoli dell’ambiente, umidità, quantità di luce, temperatura.
Cioè lo schema di comportamento istintivo, ha assicurato la sua sopravvivenza.
Sia il comportamento animale, che la sua struttura, non sono frutto del caso, ma di un lungo processo evolutivo, che ha favorito quelli più adatti all’ambiente.
Per esempio, un tipo di uccelli i rondoni (ordine: Apodiformes, famiglia: Apodidae, una delle 65 specie è: Apus caffer, il Rondone africano, raggiunge i 15 cm di lunghezza, insettivoro) possono volando raggiungere velocità di 240-320 km/h, alternando rapidi battiti di ala che sono a forma di freccia, a periodi di volo ad ali ferme, passano la quasi totalità della loro vita in volo, senza quasi mai posarsi a terra, mangiano in volo, catturando gli insetti, prendono in volo fili d’erba, piume e fuscelli, cementandoli con la saliva per costruire i nidi. Sono così adattati all’ambiente aereo che addirittura, si accoppiano volando e svolgono parte del sonno.
Altre specie animali, hanno acquisito in relazione al loro ambiente, altri specifici comportamenti, funzionali alla loro sopravvivenza e quindi a quella della specie.
Ad esempio specie diverse, come lo sciacallo della gualdrappa (Canis mesomelas, autoctono della savana africana), il Licaone (Lycaon pictus, autoctono delle praterie africane), il lupo (Canis lupus, presente sia in Europa che negli Stati Uniti Settentrionali, come in Asia), hanno sviluppato la strategia di vivere in branchi, all’interno dei quali esistono complesse trame sociali, come mezzo fruttifero, per uccidere prede di grandi dimensioni, che non saprebbero sopraffare da soli.
Tutte queste forme comportamentali, più o meno complesse, più o meno istintuali, sono controllate da ormoni, sostanze chimiche, secrete dalle ghiandole endocrine a natura o steroidea o peptidica, riversate nel torrente circolatorio sanguigno sistemico, per mezzo del quale sono veicolate verso organi bersaglio, dove riescono ad agire a concentrazioni bassissime (concentrazioni dell’ordine di di 10-8 M).
Alcuni, possono agire su organi vicini, altri più distanti, altri sullo stesso organo che li ha espressi e secreti.
Nei vertebrati ad esempio, l ‘ormone adrenalina (epinefrina) prepara il corpo, a situazioni di pericolo nei confronti di un competitore, preparando l’ individuo alla lotta, oppure nei confronti di un predatore, preparandolo alla fuga, o nei confronti di una preda, preparandolo all’inseguimento.
In alcune specie (ad esempio nel lupo –Canis lupus–  ma anche nei gatti domestici –Felis catus–   o nei cani domestici a pelo lungo – Canis lupus domesticus–  e in molte altre specie) può determinare il drizzamento del pelo (orripilazione), che ha un significato etologico ben preciso, “sono pronto a combattere”.
Dagli ormoni delle ghiandole sessuali, dipendono il corteggiamento e la nidificazione negli uccelli e altri animali.
Semplicemente, si può dire che la complessità del comportamento di un animale, dipende dal grado di complessità del suo cervello e dei suoi organi sensoriali.
Per esempio, nel calamaro (mollusco della classe: Cephalopoda), il complesso sistema nervoso gli consente  rapidi movimenti in acqua, che sono impossibili per una medusa, con il suo sistema nervoso a rete diffusa.
La reazione di un animale, cioè come può reagire all’ambiente, dipende dalla sua consapevolezza di ciò che sta accadendo in esso.
Luce, suoni, sostanze chimiche e campi elettromagnetici, sono solo alcuni degli stimoli che possono raggiungere e essere percepiti da un animale; altre specie come pipistrelli e delfini usano  l’ecolocazione, in sostanza vedono mediante onde sonore riflesse.
Quando un Falco pellegrino (Falco peregrinus), vede una lepre (Lepus europaeus) in  movimento in un prato, o un piccione (Columbia livia) intento a beccare il cibo, piomberà su di loro per catturarli e ucciderli.
Una talpa (Talpa europaea) avverte la presenza di un lombrico (Lumbricus terrestris) per mezzo delle sue vibrazioni nel terreno, che produce muovendosi, e scaverà verso di esso per catturarlo e mangiarlo.
Alcuni pesci (pesci elettrofori) generano campi elettrici che usano per la navigazione o per difesa o per uccidere le prede, come i pesci gatto elettrici (famiglia: Malapteruridae), anguille elettriche del Sud America (Electrophorus electricus, detto anche Gimnoto), pesci torpedini (Torpediniformes).
Di conseguenza un organo di senso è tanto più sviluppato in un animale, quanto più è utile alla sua sopravvivenza e al suo modo di vivere.
Per questo la vista è estremamente sviluppata nella classe degli uccelli (Aves), che se ne servono per identificare prede e predatori da elevate altezze e lunghe distanze.
Anche se non mancano nel mondo aviario eccezioni che confermano la regola, ad esempio il Kiwi (Apteryx australis, ordine : Struthioniformes) un uccello ratite (non atto al volo, con zampe gravidiche) endemico della Nuova Zelanda, dove vive nel bush e nelle foreste, è dotato di un olfatto estremamente sviluppato, che usa per catturare gli insetti di cui si nutre.
Probabilmente, la perdita della capacità al volo, l’ambiente in cui vive, ombroso, hanno favorito lo sviluppo dell’olfatto rispetto la vista.
La poiana comune invece (Buteo buteo) fa della vista, il senso vincente, con cui trovare cibo, tanto che nella fovea dell’occhio di Buteo buteo, sono presenti un milione di cellule fotosensibili per centimetro quadrato (1 x106 c. f. s./cm2), una densità cinque volte superiore a quella dell’occhio umano.
La maggior parte degli animali hanno occhi sensibili alla luce, dalle semplici cellule pigmentate dei platelminti, ai complessi organi visivi degli insetti, calamari e vertebrati.
Gli occhi dei vertebrati, sono comparabili, con una macchina fotografica.
I raggi luminosi, raccolti dalle lenti (cristallini) impressionano la retina, la quale trasdurrà il segnale luminoso in segnale elettrico,  che mediante il nervo ottico sarà spedito alla corteccia occipitale dove sarà elaborato e interpretato come immagine.
Il gusto e l’olfatto in un uccello invece, sono poco sviluppati, ad esempio un piccione (Columbia livia) ha solo 50 – 60 gemme gustative sulla lingua, mentre in quella di coniglio (Oryctulagus cuniculus) ce ne sono ben 17.000.

L’olfatto invece è molto sviluppato negli erbivori e nei carnivori, i primi per fiutare la presenza di un predatore, i secondi per fiutare le presenza di una preda (specialmente se ferita o malata), ma nei maschi di entrambi l’olfatto serve anche per il riconoscimento di una femmina in estro/calore o della prole.
Ad esempio è ben nota ai biologi zoologi, la risposta di Flehmen, sia nelle specie appartenenti all’ ordine dei Perissodactyla come i rinoceronti africani Diceros bicornis (detto rinoceronte nero) e Ceratotherium simum (detto rinoceronte bianco), o in specie appartenenti all’ordine degli Artiodactyla come il bufalo africano o cafro detto anche bufalo nero (Syncerus caffer), o, nel comune cavallo domestico (Equus caballus) anch’esso un Perissodattilo.
Per cui  la presenza di una femmina (giovenca, fattrice) in estro (detto anche calore) determina per la emissione di feromoni e ormoni sessuali, con i liquidi vaginali, la risposta di percezione dei maschi (stalloni) che andranno in fregola, inducendo la risposta di Flehmen, la quale consiste in un arricciamento verso l’alto del labbro superiore con esposizione dei denti della mandibola e conseguenti muggiti, grugniti e nitriti a secondo della specie.
In realtà il biologo zoologo John Goddard del Parco Serengeti, Kenya, Africa, scoprì nella femmina di rinoceronte nero (Diceros bicornis) durante gli anni ‘ 70 una risposta di Flehmen, una volta leccato il piccolo appena uscito dal canale del parto e poco dopo averne saggiato la vitalità con il corno maggiore toccandolo delicatamente, come fosse una risposta di riconoscimento della prole.
Ci sono organi poi che percepiscono le vibrazioni, recettori tattili.
Le sensazioni sonore e le vibrazioni, possono rivelare una fonte di cibo, la presenza di una preda o di un predatore, la presenza di acqua.
Qualsiasi oggetto mobile, produce vibrazioni; gli organi di senso come le orecchie dei vertebrati, la linea laterale dei pesci o gli organi timpanici degli insetti le captano, producendo a loro volta sensazioni di suono.
In un vertebrato terrestre, le onde sonore,  urtano la membrana timpanica e la fanno vibrare; tali vibrazioni mediante la catena degli ossicini uditivi, vengono trasmesse all’orecchio interno, da qui vengono convertite in impulsi elettrici, che per mezzo del nervo acustico saranno proiettati alle specifiche porzioni di corteccia cerebrale dove saranno elaborati.
Un’altra parte dell’orecchio interno, l’organo vestibolare, percepisce la posizione della testa e del corpo rispetto lo spazio, stabilizzando l’equilibrio.
Gli organi di senso che permettono di percepire la presenza di sostanze chimiche in aria o in soluzione (olfatto e gusto), sono fondamentali per molti animali che vivono sopra o nel terreno.
Gli insetti per mezzo di peli sensoriali presenti sulle zampe, percepiscono gli odori.

L’organo di Jacobson presente nel palato superiore dei rettili permette di percepire, spalancando la bocca, odori di sostanze chimiche nell’aria a concentrazioni infinitesimali dell’ordine di parti per milione (p.p.m.).
La stessa struttura è presente (sebbene meno sviluppata) nei mammiferi.
Il tatto tra tutti i sensi, risulta nei vertebrati localizzato in specifici recettori sotto dermici che hanno una complessità strutturale inferiore rispetto ad un occhio.
Ma sono associabili schemi comportamentali, in relazione anche a questi recettori.
Ad esempio gli scorpioni hanno una serie di pettini tattili, per mezzo dei quali viene saggiata, la consistenza della sabbia nella quale verranno deposte le uova.
Anche nei primati, il tatto ha un ruolo sociobiologico importante, in quanto lo sfruttano nelle cure parentali o di pulizia che reciprocamente si somministrano, ad esempio negli scimpanzè (Pan troglodytes), come in altre scimmie, hanno un ruolo cardine nei meccanismi di socializzazione.
Concludendo, il comportamento presenta una doppia natura, influenzabile nelle sue componenti più semplici dalla genetica, mentre nelle manifestazioni più complesse dagli aspetti culturali che agiscono sul substrato genetico in qualche maniera più o meno evidente.
Ma forse qualche cosa di più di questa semplice dicotomia è alla base della sua filogenesi.

Rinoceronti neri
Una coppia a passeggio di Diceros bicornis (rinoceronti neri), Ngorongoro Park (foto Giuliano Russini)

Giuliano Russini è laureato in scienze Biologiche all’Università “La Sapienza” di Roma, con specializzazione maggiore in Zoologia, Zoobiologia, Ecopatologia della Fauna e specializzazione minore in Botanica. Ha conseguito Master di perfezionamento in vari Paesi europei e attualmente lavoro presso il Giardino Zoologico di Hendaye, in Francia.

 

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