Salmerino e trota nella storia
di Alessandro Ciola
Si parla per la prima volta della pesca nel Trentino in una pergamena dell’ XI secolo, citata in un documento conservato presso la Fondazione d’Arco di Mantova (peschiera sul Sarca, un privilegio della Casata d’Arco). Alcuni articoli degli statuti d’Arco, sia quelli del sec. XIII sia quelli cosiddetti “dei cento capitoli”, ci informano che il fiume Sarca ha sempre offerto agli abitanti della contea l’opportunità di praticare la pesca, che era sottoposta a regole piuttosto severe.
Anticamente, la pesca dei laghi situati entro i confini del Principato di Trento era in potere dei principi vescovi e a loro ne spettava l’investitura. La notizia è riportata dal Dal Ri. In un documento del 1257 sono riportati i patti fra la Curia Vescovile ed il pescatore che prendeva in appalto acque del Principato.
Un salmonide di grande fama nel Trentino, il salmerino alpino del lago di Molveno, è elogiato nel 1673 dal Mariani. Egli parla anche dei pesci dell’Adige e loda “le buone trutelle dell’Avisio”, che compensano i valligiani delle furiose piene del torrente. L’ancor più famoso salmerino del lago di Tovel veniva richiesto e servito alla mensa dei Principi Vescovi, come racconta il Pincio. Il salmerino del lago di Tovel è ricordato anche dal Salviani, medico del papa Giulio III. Inoltre il Salviani descrive, corredandoli con accurate illustrazioni, la trota di ruscello e il carpione del lago di Garda. Nella sua opera sulla storia naturale dei pesci, Iohannes Jonstonus, naturalista polacco, cita il salmerino presente nei laghi montani del Trentino, simili al salmone, apprezzato dal Cardinale Madruzzo durante il Concilio di Trento.
Carl Heller, nella sua opera “Die Fische Tirols und Vorarlbergs“, descrive il salmerino alpino, presente nei laghi di Tovel, Molveno, Bocche e Stellune; la trota lacustre, presente nei laghi di Garda, Loppio, Ledro e Toblino; la Salmo trutta, della quale distingue cinque varietà (trota di monte, trota di bosco, trota dorata, trota di lago e trota marmorata), presente nei fiumi e nei ruscelli. Giovanni Canestrini, direttore del Museo di Storia Naturale di Modena, nel suo Prospetto Critico dei Pesci d’Acqua dolce d’Italia quando descrive il Salmerino, dice che “fin’ora io non ebbi questa specie che dal Lago di Tovelo nel Trentino col nome di salmarino“. Parte dei campioni di trota fario sui quali effettua il suo studio, provengono dal Trentino. Nel 1884, Ruggero Canestrini, nel descrivere i pesci e la pesca nel Trentino, evidenzia che le trote pescate in acque fredde di montagna hanno carne più soda di quelle prese nelle acque più temperate di pianura.
Don Francesco Canevari, nel suo trattato pratico del 1881, evidenzia come le acque del Trentino si prestino bene alla pescicoltura. Nel 1879, per iniziativa di don F. Canevari e del Conte F. Bossi Fedrigotti della Società Agraria Roveretana, venne costruito lo Stabilimento Artificiale di Pescicoltura di Torbole, che si resse nella forma di una società per azioni, con un proprio statuto e consiglio direttivo. Lo Stabilimento, nel quale si svolgeva il ciclo biologico completo della trota, produsse e distribuì per i ripopolamenti uova e avannotti di trota fario, trota lacustre, trota iridea, salmerino di fonte e carpione del Garda. Lo Stabilimento di Torbole ottenne vari riconoscimenti anche a livello europeo. Diffuse nel Trentino la pratica della pescicoltura. Introdusse nella nostra provincia la trota iridea e il salmerino di fonte. La pescicoltura di Torbole appartiene oggi alla famiglia Romani ed è tutt’ora in funzione. A questa seguirono nel 1891 a Predazzo, nel 1902 a Giustino e nel 1926 a Tione le prime pescicolture private. Tale tradizione è stata consolidata con la fondazione nel 1975 dell’Associazione Troticoltori Trentini.
Dal 1896 ai primi anni del ‘900, Luigi Biasioni, docente dell’Istituto Agrario di S.Michele, venne incaricato dal Consiglio Provinciale d’Agricoltura di provvedere alla consulenza tecnica degli incubatoi di valle del Trentino. Questi incubatoi erano riforniti di uova di trota provenienti dallo Stabilimento di Pescicoltura di Torbole, e provvedevano al ripopolamento delle acque pubbliche. Questa tradizione continua tuttora a cura delle principali associazioni di pescatori dilettanti della Provincia di Trento, 33 sodalizi per 11.000 iscritti, e comporta annualmente: la cattura nei corsi d’acqua delle trote e dei salmerini riproduttori, la stabulazione in incubatoi, la spremitura e fecondazione artificiale delle uova, l’incubazione e la semina degli avannotti. Per i ripopolamenti delle acque pubbliche, le associazioni dei pescatori ricorrono, inoltre, al materiale ittico prodotto nelle troticolture del Trentino. Presso l’Istituto Agrario di S.Michele all’Adige è tuttora operativa una pescicoltura sperimentale che ha quali obiettivi principali: la raccolta nell’ambiente, l’accrescimento e la moltiplicazione dei ceppi selvatici di salmonidi presenti nella Provincia di Trento.
A Cesare Battisti dobbiamo l’elenco delle caratteristiche geografiche e idrologiche dei laghi e dei corsi d’acqua del Trentino. Egli sottolinea come le acque correnti del Trentino siano in prevalenza abitate dalla trota (fario e lacustre), quest’ultima risalente dai laghi. Riporta dati relativi agli strumenti di pesca, al pescato e ai prezzi.
Vittorio Largaiolli, nel suo volume sui pesci del Trentino, dopo aver affermato che le acque del Trentino occupano una superficie di 6500 ettari e sono popolate da 33 specie ittiche, segnala come siano rinomate per la squisitezza delle carni le trotelle dell’ Avisio della Val di Cembra, del Leno di Vallarsa e del corso superiore del Chiese; ricorda che nelle trote presenti nei corsi d’acqua di tutto il Trentino e in molti laghi, esistono innumerevoli variazioni cromatiche. Descrive anche le specie di importazione americana (salmerino di fonte e trota iridea) e rileva come quest’ultima sia la specie più adatta per essere allevata in pescicoltura. La prima pescicoltura privata è quella di Michele Dellagiacoma di Predazzo, sorta nel 1891, dedita al ripopolamento delle acque pubbliche. Questa pescicoltura era composta da un incubatoio alimentato da acqua di sorgente, contenente 18 apparati “ sistema Holton” capaci di incubare 100.000 uova e più, e da bacini di allevamento alimentati dall’acqua del torrente Avisio, ospitanti le trotelle (in un canale in legno lungo 12m per 50 cm) e le trote adulte (in tre vasche lunghe 18m per 2m, divisibili mediante reti).
Nel suo lavoro “Le condizioni ittiologiche del Trentino e la nuova legge sulla pesca“ del 1913, Antonio Canestrini passa in rassegna le caratteristiche del prodotto della pesca comune per comune elencando le acque usufruite a scopo di pesca, qualità e quantità dei pesci, epoche di pesca persone adibite alla coltivazione ittica delle acque pubbliche stabilmente o occasionalmente, diritti di pesca e lucro derivante dagli stessi, reddito annuale della pesca, mezzi illeciti di pesca, andamenti del pescato in riferimento ai primi inquinamenti industriali e alla regolarizzazione degli alvei ecc.. Dalla sua ricerca risulta che all’inizio del ‘900 il reddito della pesca nel Trentino era superiore alle 36.000 corone annue. Nella sua proposta di una nuova legge sulla pesca, prevede, tra l’altro, azioni contro i primi inquinamenti industriali, la predisposizione di nascondigli per i pesci, la realizzazione di scale di monta e la continuazione del ripolamento delle acque corenti con uova embrionale di trota.
Nella pubblicazione “Sulla riproduzione del Salmo fario L. nell’Adige” del 1934, Vittorio Largaiolli parla dell’attività dello Stabilimento Consorziale di Troticoltura di Rovereto, sorto nel 1923, e della Società Tridentina per la Pesca e l’Acquicoltura, sorta nel 1924 per coordinare l’attività degli incubatoi di valle, trasformatasi nel Consorzio Obbligatorio per la tutela della Pesca nel 1931. Il materiale da ripopolamento, costituito essenzialmente da “ trota fluviale ad abito prevalentemente policromo” (trota fario e trota lacustre), proveniva dagli stabilimenti di pescicoltura di Torbole, Giustino e Tione. Il Largaiolli spiega lo scarso riscontro di “trote policrome” nel pescato dell’Adige, costituito pressoché totalmente da trote “con abito marmorato”, ipotizzando che, crescendo nell’Adige, gli avannotti provenienti da trote policrome assumano l’abito della trota marmorata, oppure che migrino negli affluenti del fiume.
Il Testo Unico delle Leggi sulla Pesca (Regio Decreto 8 ottobre 1931, n.1604) dichiara estinti i diritti esclusivi di pesca esistenti nelle nuove provincie, qualora essi non siano stati effettivamente esercitati nel trentennio anteriore al 17 giugno 1925 ovvero se, quantunque esercitati, gli aventi diritto, entro sei mesi da tale data, non abbiano fatto domanda di riconoscimento.
Silvio Girardi, ne “La pesca nel Trentino”, ricapitola la storia locale attraverso i diritti sulle acque e sulla pesca, mettendo in evidenza il reddito della pesca, comparato con le altre fonti di reddito nel corso dei secoli. Dal lavoro risulta come, nell’economia prevalentemente chiusa e autarchica dei secoli passati, il reddito dei corsi d’acqua e delle acque lacustri, nel quadro dell’alimentazione, fosse notevolmente più importante e più significativo di oggi. Spettava al Principe Vescovo – e soltanto al Principe – il diritto di infeudare persone private oppure determinate comunità o istituzioni collegiali del diritto di pesca, che poteva essere concesso a tempo indeterminato (ma sempre revocabile) oppure per tempi limitati. Passando in rassegna gli aspetti giuridici, l’Autore riferisce, tra l’altro, del largo e vasto contenzioso a proposito delle acque, dell’iscrizione teresiana dei diritti di pesca nei Libri Fondiari, della allodializzazione dei feudi (1869), dei diritti esclusivi, dei diritti di uso civico (rivieraschi), fino al concetto di “acque libere” e all’attuale legislazione della Provincia Autonoma di Trento.
Nel 1983 entra in vigore la Carta ittica del Trentino, pubblicata nel 1980 e prevista dalla L.P. 12 dicembre 1978, n.60. La Carta ittica è un particolareggiato lavoro di ricognizione ambientale, nel quale ogni corso d’acqua e ogni lago sono inquadrati da un punto di vista chimico – fisico, biologico e ittiologico, con la finalità di mettere i pescatori dilettanti – privi della conoscenza e dell’esperienza degli ormai estinti pescatori professionisti – nella condizione di coltivare bene le acque pubbliche, attuando ripopolamenti calibrati (specie, taglia, quantità) sulla produttività di ogni corpo idrico. La Carta ittica rappresenta una sorta di libro contabile, costantemente aggiornato, che consente ai pescatori di “prelevare gli interessi senza intaccare il capitale” e conferisce alla pesca nelle acque libere un importante significato di risorsa, oltre che di servizio. La Carta ittica del Trentino, recentemente aggiornata, è stata la prima Carta ittica d’Italia e punto di riferimento per quelle successivamente realizzate in altre province.
La tradizione dell’allevamento ittico in Trentino continua ai nostri giorni. Sono 70 impianti con 50 allevatori riuniti nella cooperativa ASTRO, Associazione Troticoltori, che curano in modo particolare la salubrità degli allevamenti in modo da assicurare da un lato il benessere degli animali dall’altro il rispetto della natura.
ASTRO – Associazione Troticoltori Trentini
Alessandro Ciola, allevatore caprino, è redattore delle riviste “L’agricoltore trentino”, organo di Confagricoltura del Trentino, e “La trota trentina”, organo di ASTRO, Associazione troticoltori.
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