Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Marco Pia­sen­tin

Lo Spitz Giap­po­ne­se, de­no­mi­na­to “Nihon Su­pitt­su” nel suo paese di ori­gi­ne, “Ja­pa­ne­se Spitz” nei paesi an­glo­sas­so­ni e “Lou-Lou Ja­po­nais” o “Spitz Ja­po­nais” in Fran­cia, è in­clu­so nel­l’e­len­co delle razze ca­ni­ne uf­fi­cial­men­te ri­co­no­sciu­te dalla Fé­dé­ra­tion Cy­no­lo­gi­que In­ter­na­tio­na­le (F.C.I.) ed è col­lo­ca­to, se­con­do quan­to spe­ci­fi­ca il suo Stan­dard Uf­fi­cia­le F.C.I. N. 262 (1987), nel Grup­po 5 (Cani Spitz e di Tipo Pri­mi­ti­vo), Se­zio­ne V (Spitz Asia­ti­ci e Razze Af­fi­ni).
La razza è stata inol­tre ri­co­no­sciu­ta oltre tren­t’an­ni fa dal Bri­tish Ken­nel Club (de­li­be­ra del 5 lu­glio 1977) e in tempi più re­cen­ti negli U.S.A. dal­l’A­me­ri­can Rare Breed As­so­cia­tion (A.R.B.A.), dallo Uni­ted Ken­nel Club (U.K.C.) e dal Con­ti­nen­tal Ken­nel Club (C.K.C.). Sono in­fi­ne in corso le pra­ti­che per il ri­co­no­sci­men­to anche da parte del­l’al­tra im­por­tan­te as­so­cia­zio­ne ci­no­fi­la sta­tu­ni­ten­se, l’A­me­ri­can Ken­nel Club (A.K.C.).
In Giap­po­ne la razza è ri­co­no­sciu­ta e tu­te­la­ta, oltre che dal Japan Ken­nel Club (J.K.C.), af­fi­lia­to alla F.C.I., anche dal­l’in­di­pen­den­te  Ken­nel Club of Japan (K.C.J.) e so­prat­tut­to dalle as­so­cia­zio­ni pri­va­te degli al­le­va­to­ri della razza  Nip­pon Spitz As­so­cia­tion (N.S.A.) e Nip­pon Spitz Club (N.S.C.), que­st’ul­ti­ma fon­da­ta di re­cen­te da un grup­po di giu­di­ci ed al­le­va­to­ri stac­ca­to­si dalla N.S.A.. Pur in­trat­te­nen­do re­go­la­ri rap­por­ti con il J.K.C., N.S.A. e N.S.C. se­guo­no stan­dard pro­pri e or­ga­niz­za­no mo­stre esclu­si­ve per i pro­pri soci.

Spitz Giapponese
Il cam­pio­ne Ita­lia­no, Mo­ne­ga­sco, In­ter­na­zio­na­le TAKE – MARU OF YO­KO­HA­MA TA­KA­DA,
primo spitz giap­po­ne­se im­por­ta­to in Ita­lia (dal Giap­po­ne,1985)
    (foto Lucia Pia­sen­tin)

Le ori­gi­ni dello Spitz Giap­po­ne­se non ri­cal­ca­no il so­li­to cli­ché sto­ri­co del cane au­toc­to­no al­le­va­to da se­co­li in una certa area geo­gra­fi­ca e in­fi­ne ele­va­to al rango di razza na­zio­na­le, espres­sio­ne delle an­ti­che tra­di­zio­ni del paese di ori­gi­ne. No, que­sto non è stato il caso dello Spitz Giap­po­ne­se, razza crea­ta in tempi re­cen­ti (prima metà del ‘900) a par­ti­re da cani di tipo spitz im­por­ta­ti da altri paesi.
La sto­ria di que­sto cane co­sti­tui­sce piut­to­sto uno dei tanti esem­pi of­fer­ti dal Paese del Sol Le­van­te di ri­sul­ta­to vin­cen­te ot­te­nu­to ac­qui­sen­do spre­giu­di­ca­ta­men­te un de­ter­mi­na­to pro­dot­to pro­ve­nien­te dal­l’Oc­ci­den­te e ri­ca­van­do­ne, con ac­cu­ra­te rie­la­bo­ra­zio­ni e mi­glio­rie, una ver­sio­ne “im­pro­ved” di qua­li­tà su­pe­rio­re ri­spet­to a quel­la di par­ten­za.
I Giap­po­ne­si sono per tra­di­zio­ne le­ga­ti ai cani di tipo spitz (le loro razze au­toc­to­ne sono tutte spitz) e hanno inol­tre un par­ti­co­la­re “fee­ling” per i cani di co­lo­re bian­co. Non a caso, in­fat­ti, una delle loro fa­vo­le per bam­bi­ni più po­po­la­re e fa­mo­sa (“Nonno Fior di Ci­lie­gio”) ha per pro­ta­go­ni­sta un cane dal man­tel­lo can­di­do di nome “Shiro”, il quale si ri­ve­la es­se­re una crea­tu­ra ma­gi­ca in grado di com­pie­re vari pro­di­gi in aiuto di una an­zia­na cop­pia di con­ta­di­ni dal­l’a­ni­mo buono e ge­ne­ro­so che lo aveva rac­col­to da cuc­cio­lo ed al­le­va­to con gran­de amore.
E’ com­pren­si­bi­le quin­di che i primi cani spitz a pelo lungo e bian­co che ar­ri­va­ro­no in Giap­po­ne in forma spo­ra­di­ca ed oc­ca­sio­na­le dopo il primo de­cen­nio del ‘900 su­sci­tas­se­ro gran­de in­te­res­se fra la gente di que­sto paese e in qual­cu­no in par­ti­co­la­re anche il de­si­de­rio di ci­men­tar­si con il loro al­le­va­men­to. Si trat­ta­va co­mun­que solo di rari esem­pla­ri im­por­ta­ti. In Giap­po­ne a quei tempi esi­ste­va­no pra­ti­ca­men­te solo le razze au­toc­to­ne, pe­ral­tro non an­co­ra ben de­fi­ni­te e dif­fe­ren­zia­te, e l’im­por­ta­zio­ne dal­l’e­ste­ro di cani, come quel­la di tanti altri beni e merci, era for­mal­men­te proi­bi­ta per via della po­li­ti­ca di or­go­glio­so iso­la­zio­ni­smo com­mer­cia­le at­tua­ta dalle au­to­ri­tà di go­ver­no. Fino a dopo la se­con­da guer­ra mon­dia­le, dun­que, im­por­ta­re un cane in Giap­po­ne com­por­ta­va dif­fi­col­tà quasi in­sor­mon­ta­bi­li ed era esclu­si­vo ap­pan­nag­gio di  per­so­ne di un certo rango, quali im­por­tan­ti fun­zio­na­ri, di­plo­ma­ti­ci, uf­fi­cia­li su­pe­rio­ri delle Forze Ar­ma­te, ecc., che soli po­te­va­no in parte ag­gi­ra­re, in virtù della loro au­to­ri­tà, le ri­gi­de norme proi­bi­zio­ni­sti­che im­po­ste ai nor­ma­li cit­ta­di­ni.
A causa delle ter­ri­bi­li di­stru­zio­ni della se­con­da guer­ra mon­dia­le i do­cu­men­ti ri­guar­dan­ti le at­ti­vi­tà ci­no­fi­le e di al­le­va­men­to ca­ni­no in Giap­po­ne prima del 1945 sono an­da­te in gran parte per­du­te. Solo le te­sti­mo­nian­ze di­ret­te di pochi so­prav­vis­su­ti hanno reso pos­si­bi­le ri­co­strui­re al­me­no a gran­di linee la sin­go­la­re sto­ria dello Spitz Giap­po­ne­se.
Come detto, le prime no­ti­zie di cani spitz di co­lo­re bian­co pre­sen­ti sta­bil­men­te in Giap­po­ne ri­sal­go­no agli anni dopo il 1910, un’e­po­ca che, se­con­do la cro­no­lo­gia giap­po­ne­se, si de­fi­ni­sce “Pe­rio­do Tai­sho” (1912 – 1926). Nel 1916 era stato im­por­ta­to il primo esem­pla­re di Sa­mo­ie­do che aveva su­sci­ta­to gran­de en­tu­sia­smo nel gros­so pub­bli­co tanto che fi­ni­ro­no con l’es­se­re chia­ma­ti po­po­lar­men­te “Samo” tutti gli spitz bian­chi di qual­sia­si ori­gi­ne. Fra il 1915 ed il 1920 ar­ri­va­ro­no in Giap­po­ne a più ri­pre­se anche esem­pla­ri di spitz te­de­sco bian­co di varie ta­glie. Que­sti cani, al­lo­ra noti come “Po­me­ra­nia”, fu­ro­no im­por­ta­ti per lo più da espo­nen­ti di fa­mi­glie al­to­lo­ca­te re­ca­ti­si nel Con­ti­nen­te Eu­ro­peo (so­prat­tut­to in Ger­ma­nia) per mo­ti­vi di la­vo­ro o di stu­dio. Si ha no­ti­zia di al­cu­ni spitz bian­chi, pre­su­mi­bi­li di­scen­den­ti di que­sti “Po­me­ra­nia”, esi­bi­ti in mo­stre ca­ni­ne svol­te­si a Ueno Park, Tokyo nel 1919 e 1921.
Il de­cen­nio suc­ces­si­vo (1920 – 1930) vide l’ar­ri­vo di altri spitz bian­chi, que­sta volta so­prat­tut­to dal Nor­da­me­ri­ca. Nel 1923 un di­sa­stro­so ter­re­mo­to aveva por­ta­to gravi di­stru­zio­ni a Tokyo ed erano stati or­ga­niz­za­ti soc­cor­si in­ter­na­zio­na­li. Una delle navi man­da­te per re­ca­re vi­ve­ri, ge­ne­ri di con­for­to e me­di­ci­na­li alla po­po­la­zio­ne col­pi­ta dal di­sa­stro pro­ve­ni­va dal Ca­na­da e sbar­cò, fra le altre cose, anche un esem­pla­re di spitz bian­co. Un ap­pas­sio­na­to ci­no­fi­lo giap­po­ne­se, col­pi­to dalla bel­lez­za del cane, riu­scì ad ac­qui­sir­lo e, suc­ces­si­va­men­te, si pro­cu­rò altri sog­get­ti della stes­sa pro­ve­nien­za im­pian­tan­do un pic­co­lo al­le­va­men­to. Se­con­do un ci­no­lo­go di nome Jiro Ito, col­la­bo­ra­to­re negli anni ’50 della ri­vi­sta giap­po­ne­se “Ai­ken-no-To­mo” (L’a­mi­co del Ci­no­fi­lo), que­sti cani erano ben noti in­tor­no alla metà degli anni ’20 nel­l’a­rea di Tokyo. Sem­pre dalla stes­sa fonte si ha anche no­ti­zia che uno degli esem­pla­ri di que­sto nu­cleo di spitz, un ma­schio di pro­prie­tà di un certo Te­ru­ma­sa (o Ma­sa­te­ru) To­ki­ta,  era alto al gar­re­se 40,2 cm e pe­sa­va 11,25  Kg. La pro­ve­nien­za nor­da­me­ri­ca­na e le di­men­sio­ni ri­fe­ri­te per il sud­det­to cane sono si­cu­ro in­di­zio che il grup­po fosse for­ma­to da esem­pla­ri “stan­dard”, più o meno puri, di “Ame­ri­can Eski­mo”.
Era que­sta una razza crea­ta negli U.S.A. fra la fine del XIX se­co­lo e la prima de­ca­de del ‘900 a par­ti­re da spitz te­de­schi bian­chi di gran­de mole por­ta­ti in Ame­ri­ca da emi­gran­ti eu­ro­pei (so­prat­tut­to te­de­schi) e forse anche con l’ap­por­to di altri cani nor­di­ci. Dopo una prima re­gi­stra­zio­ne pres­so lo Uni­ted Ken­nel Club nel 1913, la razza era stata de­fi­ni­ti­va­men­te ri­co­no­sciu­ta in­tor­no al 1923 col nome uf­fi­cia­le di “Ame­ri­can Eski­mo”. Da no­ta­re, come cu­rio­si­tà, che que­sta de­no­mi­na­zio­ne non ha nien­te a che ve­de­re con il vero “Eski­mo Dog”, il cane uti­liz­za­to dagli Eschi­me­si del gran­de Nord. Fu co­nia­ta solo allo scopo di evi­ta­re la pa­ro­la te­de­sca “spitz” (“Ame­ri­can Spitz” sa­reb­be stata in­fat­ti la di­ci­tu­ra tec­ni­ca­men­te e sto­ri­ca­men­te più cor­ret­ta !) con­si­de­ra­ta “non gra­di­ta” per de­si­gna­re una razza ca­ni­na ame­ri­ca­na. Ciò a causa del forte sen­ti­men­to anti – te­de­sco assai dif­fu­so in que­gli anni negli U.S.A. per le vi­cen­de della prima guer­ra mon­dia­le. L’A­me­ri­can Eski­mo (razza tut­to­ra dif­fu­sa in Ame­ri­ca ma non an­co­ra ri­co­no­sciu­ta dalla F.C.I.) è at­tual­men­te al­le­va­to in tre di­ver­se ta­glie (Stan­dard, Mi­nia­tu­re e Toy), ma ai tempi di cui si parla esi­ste­va solo la va­rie­tà “stan­dard”, la quale ha una al­tez­za al gar­re­se di 15” – 19” (ca. 38 – 48 cm) per i ma­schi e di 14” – 18” (ca. 36 – 46 cm) per le fem­mi­ne. Il co­lo­re del man­tel­lo di que­sto spitz è quasi sem­pre bian­co (pre­fe­ri­bi­le), ma lo stan­dard am­met­te anche i co­lo­ri panna e bi­scot­to.
Altri Ame­ri­can Eski­mo ap­pro­da­ro­no in Giap­po­ne fino al 1930. Si hanno in­fat­ti ci­ta­zio­ni di varie im­por­ta­zio­ni dal Nor­da­me­ri­ca e anche di un ar­ri­vo dal­l’Au­stra­lia.
In par­ti­co­la­re, nel 1929-30 un ap­pas­sio­na­to ci­no­fi­lo di nome Miya­mo­to, che era vis­su­to per molti anni in Ca­na­da ed ivi aveva co­no­sciu­to ed al­le­va­to gli Ame­ri­can Eski­mo, ri­tor­nò in Giap­po­ne por­tan­do con sé al­cu­ni dei suoi cani. Qui egli in­co­min­ciò ad in­cro­cia­re gli Ame­ri­can Eski­mo con spitz te­de­schi bian­chi di ori­gi­ne eu­ro­pea e con altri spitz di pro­ve­nien­za russa che nel frat­tem­po giun­ge­va­no dalla Man­ciu­ria.        
I Giap­po­ne­si, a quel tempo in fase di espan­sio­ne po­li­ti­co-mi­li­ta­re sul con­ti­nen­te asia­ti­co e spes­so in guer­ra con Rus­sia e Cina, ave­va­no in­fat­ti as­sun­to nel 1931 il con­trol­lo com­ple­to di quel ter­ri­to­rio, ope­ra­zio­ne che sa­reb­be poi cul­mi­na­ta con la crea­zio­ne dello stato vas­sal­lo del Man­ciu­kuò nel 1932-33. Nu­me­ro­si mi­li­ta­ri e tec­ni­ci giap­po­ne­si si erano al­lo­ra sta­bi­li­ti in que­sta re­gio­ne con­fi­nan­te con l’im­pe­ro russo. In par­ti­co­la­re la città man­ce­se di Har­bin, un im­por­tan­te cen­tro in­du­stria­le, co­sti­tui­va per la sua po­si­zio­ne stra­te­gi­ca il punto di in­con­tro idea­le per con­tat­ti e scam­bi com­mer­cia­li fra giap­po­ne­si e russi.
Fra le varie “cu­rio­si­tà” che i russi fa­ce­va­no af­flui­re ad Har­bin vi erano anche degli spitz bian­chi di ta­glia medio – pic­co­la che essi chia­ma­va­no con il so­li­to nome ge­ne­ri­co russo “laika” ma erano del tutto di­ver­si dalle va­rie­tà di cani ti­pi­che del­l’E­stre­mo Orien­te con­ti­nen­ta­le. La pre­sen­za di que­sti par­ti­co­la­ri cani ai con­fi­ni orien­ta­li del­l’im­pe­ro russo in que­gli anni non è mai stata spie­ga­ta chia­ra­men­te, ma si pensa che fosse in re­la­zio­ne con il forte flus­so di pro­fu­ghi in ar­ri­vo dalla Rus­sia Eu­ro­pea che cer­ca­va­no di sfug­gi­re alle con­se­guen­ze della Ri­vo­lu­zio­ne di Ot­to­bre del 1917. Era in­fat­ti con­sue­tu­di­ne assai dif­fu­sa pres­so le clas­si agia­te della Rus­sia za­ri­sta te­ne­re in casa esem­pla­ri di “laika” bian­chi, au­toc­to­ni delle re­gio­ni russo – si­be­ria­ne se­con­do al­cu­ni, di­scen­den­ti da spitz te­de­schi se­con­do altri. Quan­do per ef­fet­to della ri­vo­lu­zio­ne bol­sce­vi­ca fu­ro­no espro­pria­te dei loro beni, molte fa­mi­glie ap­par­te­nen­ti a tali clas­si pre­fe­ri­ro­no la­scia­re il paese d’o­ri­gi­ne por­tan­do con sé i loro cani. Una parte emi­grò nel­l’Eu­ro­pa oc­ci­den­ta­le, altre si ri­fu­gia­ro­no in re­gio­ni si­tua­te oltre il con­fi­ne russo in Estre­mo Orien­te, quali ap­pun­to la Man­ciu­ria, con l’in­ten­to di rag­giun­ge­re da lì, come meta fi­na­le, il Con­ti­nen­te Ame­ri­ca­no.
Non si sa se i laika bian­chi tro­va­ti dai Giap­po­ne­si in Man­ciu­ria fos­se­ro solo i cani degli emi­gran­ti russi op­pu­re anche altri cani di ori­gi­ne si­be­ria­na (va­rie­tà di sa­mo­ie­di di pic­co­la ta­glia o cani dei Ne­ne­ts) o, ma­ga­ri, in­cro­ci delle pre­det­te va­rie­tà. In ogni caso erano de­scrit­ti come spitz di ta­glia ri­dot­ta, di aspet­to più raf­fi­na­to e con man­tel­lo più ricco e can­di­do ri­spet­to ai già noti Ame­ri­can Eski­mo. Per tali ra­gio­ni erano molto am­mi­ra­ti e ri­cer­ca­ti. Al­cu­ni fun­zio­na­ri ci­vi­li giap­po­ne­si che si oc­cu­pa­va­no di se­le­zio­na­re e cu­ra­re i cani uti­liz­za­ti dalle unità ci­no­fi­le del­l’e­ser­ci­to im­pe­ria­le fu­ro­no at­trat­ti dal­l’a­spet­to e dalla qua­li­tà di que­sti spitz russi e, pro­tet­ti dal loro sta­tus di as­so­cia­ti al­l’e­ser­ci­to, ag­gi­ran­do i so­li­ti di­vie­ti riu­sci­ro­no in varie ri­pre­se a tra­sfe­rir­ne in Giap­po­ne di­ver­si esem­pla­ri, so­prat­tut­to cuc­cio­li.
La città di Har­bin era col­le­ga­ta negli anni ‘30, at­tra­ver­so la co­sid­det­ta Fer­ro­via Ci­ne­se Orien­ta­le, a ovest con la città russa di Cita (a est del lago Bai­kal, sulla Tran­si­be­ria­na) e ad est con il porto russo di Vla­di­vo­stok sul Mar del Giap­po­ne. Era quin­di un punto di ar­ri­vo im­por­tan­te per tutto ciò che pro­ve­ni­va dalla Rus­sia. Un se­con­do tron­co fer­ro­via­rio, in­ter­no alla Man­ciu­ria, de­no­mi­na­to Fer­ro­via Man­ce­se Me­ri­dio­na­le, col­le­ga­va inol­tre Har­bin al porto di Dai­ren (oggi Lü Ta) sul Mar Gial­lo. La rotta ti­pi­ca dei tra­spor­ti fra Man­ciu­ria e Giap­po­ne com­pren­de­va il per­cor­so per fer­ro­via da Har­bin a Dai­ren e da lì la na­vi­ga­zio­ne at­tra­ver­so il Mar Gial­lo e lo Stret­to di Tsu­shi­ma fino a en­tra­re nel Mare In­ter­no del­l’Ar­ci­pe­la­go Giap­po­ne­se al­l’al­tez­za della città di Shi­mo­no­se­ki (di fron­te al porto co­rea­no di Pusan). Na­vi­gan­do al­l’in­ter­no si giun­ge­va fino a Kobe e Osaka, da lì si pro­se­gui­va al­l’e­ster­no lungo le coste orien­ta­li sul Pa­ci­fi­co rag­giun­gen­do Na­goya, poi Ha­ma­ma­tsu e, in­fi­ne, Yo­ko­ha­ma – Tokyo.
E pro­prio que­ste rotte se­gui­ro­no anche i cuc­cio­li di spitz rac­col­ti in Man­ciu­ria. Le fonti giap­po­ne­si ci­ta­no in­fat­ti pro­prio le città man­ce­si di Har­bin e Dai­ren quali lo­ca­li­tà di par­ten­za e quel­le giap­po­ne­si di Kobe, Na­goya, Ha­ma­ma­tsu e Tokyo quali de­sti­na­zio­ni fi­na­li. In par­ti­co­la­re, l’a­rea in­tor­no a Na­goya e Ha­ma­ma­tsu (Pre­fet­tu­re di Aichi e Shi­zuo­ka) di­ven­ne il più im­por­tan­te cen­tro di al­le­va­men­to degli spitz bian­chi da cui sa­reb­be poi de­ri­va­to lo Spitz Giap­po­ne­se. Le fonti for­ni­sco­no det­ta­gli di uno dei siti di al­le­va­men­to. Si trat­ta­va di una gran­de villa di cam­pa­gna edi­fi­ca­ta su una pe­ni­so­la in riva al Lago di Ha­ma­na, in lo­ca­li­tà Kan­za­n­ji, vi­ci­no alla città di Ha­ma­ma­tsu.
Esper­ti al­le­va­to­ri, uti­liz­zan­do al me­glio il ma­te­ria­le pa­zien­te­men­te rac­col­to negli anni, ef­fet­tua­ro­no fra il 1930 ed il 1940 in­cro­ci e se­le­zio­ni mi­ra­te a crea­re una nuova razza di spitz bian­co a pelo lungo di qua­li­tà su­pe­rio­re ri­spet­to a quel­le fino ad al­lo­ra note. Il nu­me­ro di esem­pla­ri pro­dot­ti cre­sce­va ed il la­vo­ro di se­le­zio­ne si era quasi con­clu­so quan­do tutto pre­ci­pi­tò nel tra­gi­co ba­ra­tro della Se­con­da Guer­ra Mon­dia­le.
Nel pe­rio­do bel­li­co, dopo un ap­pa­ren­te suc­ces­so ini­zia­le delle ar­ma­te giap­po­ne­si, i sa­cri­fi­ci im­po­sti per con­ti­nua­re un’im­pa­ri lotta di­ven­ne­ro ben pre­sto in­tol­le­ra­bi­li e la si­tua­zio­ne si fece dram­ma­ti­ca. La guer­ra di­vo­ra­va ine­so­ra­bil­men­te tutte le ri­sor­se umane, in­du­stria­li ed ali­men­ta­ri del paese e la gente era co­stret­ta a su­bi­re pri­va­zio­ni estre­me. In que­sto con­te­sto non po­te­va es­ser­ci più posto per gli ani­ma­li d’af­fe­zio­ne. Ad evi­ta­re ogni mi­ni­mo spre­co di so­stan­ze ali­men­ta­ri fu proi­bi­to se­ve­ra­men­te dalle au­to­ri­tà di te­ne­re in casa cani o altri ani­ma­li do­me­sti­ci. Solo pochi co­rag­gio­si osa­ro­no di­sub­bi­di­re a tali di­spo­si­zio­ni estre­me e con grave ri­schio cu­sto­di­ro­no ge­lo­sa­men­te i loro cani in luo­ghi na­sco­sti di cam­pa­gna riu­scen­do a sfug­gi­re ai se­ve­ris­si­mi con­trol­li.
A causa di tutte que­ste dif­fi­col­tà alla fine della guer­ra ben pochi dei pre­zio­si spitz così fa­ti­co­sa­men­te rac­col­ti e se­le­zio­na­ti so­prav­vi­ve­va­no; la nuova razza stava ri­schian­do l’e­stin­zio­ne prima an­co­ra di poter es­se­re uf­fi­cial­men­te ri­co­no­sciu­ta !
A que­sto punto si ve­ri­fi­cò una sorta di pic­co­lo, inat­te­so mi­ra­co­lo che ca­po­vol­se la si­tua­zio­ne.
Dalla po­po­la­zio­ne giun­se spon­ta­nea un’im­prov­vi­sa e mas­sic­cia ri­chie­sta di cani da guar­dia di ta­glia ri­dot­ta. Ciò era in re­la­zio­ne allo stato di di­sor­di­ne e di in­si­cu­rez­za crea­to­si in Giap­po­ne nel­l’im­me­dia­to do­po­guer­ra. La si­tua­zio­ne del­l’or­di­ne pub­bli­co era assai pre­ca­ria e le au­to­ri­tà sten­ta­va­no a ri­pren­der­ne il con­trol­lo. In par­ti­co­la­re i furti nelle case erano di­ven­ta­ti una vera piaga so­cia­le. La gente, per di­fen­der­si da que­sto fe­no­me­no, si ri­sol­se al­lo­ra di do­tar­si di ef­fi­cien­ti cani da guar­dia che se­gna­las­se­ro pron­ta­men­te l’in­tru­sio­ne di estra­nei in casa. La mag­gior parte delle abi­ta­zio­ni giap­po­ne­si era però di pic­co­le di­men­sio­ni e non in grado di ac­co­glie­re ani­ma­li di gros­sa ta­glia. Oc­cor­re­va quin­di un cane di ri­dot­te di­men­sio­ni, fru­ga­le, ca­pa­ce di adat­tar­si anche in spazi ri­stret­ti, af­fet­tuo­so e fe­de­le nei con­fron­ti dei pa­dro­ni ma, allo stes­so tempo, vi­gi­le, ener­gi­co, co­rag­gio­so e pron­to a se­gna­la­re ogni pre­sen­za di per­so­ne so­spet­te ab­ba­ian­do con toni squil­lan­ti . Un eco­no­mi­co e poco in­gom­bran­te si­ste­ma di al­lar­me vi­ven­te, in­som­ma. E quale altro cane avreb­be po­tu­to me­glio sod­di­sfa­re que­sti re­qui­si­ti se non il vi­va­cis­si­mo e in­tre­pi­do spitz bian­co se­le­zio­na­to e noto ormai da oltre ven­t’an­ni e, ol­tre­tut­to, do­ta­to di qua­li­tà este­ti­che così ap­pa­gan­ti ?
Si sca­te­nò un vero e pro­prio “boom” dello spitz bian­co. La do­man­da era così alta che gli al­le­va­to­ri non riu­sci­va­no in alcun modo a sod­di­sfa­re le ri­chie­ste. Ciò in­co­rag­giò for­te­men­te la ri­cer­ca e la va­lo­riz­za­zio­ne dei pochi spitz se­le­zio­na­ti ri­ma­sti, ma que­sti non ba­sta­ro­no più da soli ad as­si­cu­ra­re un tale al­le­va­men­to di massa e si co­min­ciò a ri­cor­re­re di­sin­vol­ta­men­te a in­cro­ci con tutte le va­rie­tà di cani spitz di co­lo­re bian­co che si riu­sci­va­no a tro­va­re. Ven­ne­ro così usati Spitz Te­de­schi Bian­chi, Ame­ri­can Eski­mo, Sa­mo­ie­di e per­si­no un non me­glio iden­ti­fi­ca­to “cane giap­po­ne­se bian­co”. Il pe­ri­co­lo era que­sta volta uno stra­vol­gi­men­to delle ca­rat­te­ri­sti­che della razza. 
For­tu­na­ta­men­te ci fu una pron­ta rea­zio­ne da parte degli ap­pas­sio­na­ti ci­no­fi­li e si po­se­ro tem­pe­sti­va­men­te in atto le ne­ces­sa­rie con­tro­mi­su­re. Nel 1948 con la fon­da­zio­ne di un’as­so­cia­zio­ne de­no­mi­na­ta “All Japan Guard Dog So­cie­ty” (che avreb­be poi cam­bia­to la sua de­no­mi­na­zio­ne in “Japan Ken­nel Club” nel 1952) si ini­ziò la re­gi­stra­zio­ne uf­fi­cia­le dei cani di razza nei libri ge­nea­lo­gi­ci. Lo spitz giap­po­ne­se N. 1 nel libro delle ori­gi­ni del fu­tu­ro J.K.C., re­gi­stra­to dal suo pro­prie­ta­rio Ta­mo­tsu Sa­ka­mo­to nel 1948, è un ma­schio di nome “Ha­ku­ryu” (Drago Bian­co) nato il 6 ago­sto del 1947 da padre di nome Koma e madre di nome Shi­n­ju. Nel 1949 fu­ro­no re­gi­stra­ti uf­fi­cial­men­te 419 cani di cui la metà era co­sti­tui­ta da Spitz Giap­po­ne­si.
Nel con­tem­po gli spe­cia­li­sti po­ne­va­no le basi del mo­der­no al­le­va­men­to della razza fis­san­do anche la cor­ret­ta no­men­cla­tu­ra. Ai veri spitz bian­chi di di­men­sio­ni me­dio-pic­co­le (fino ad al­lo­ra con­fu­sa­men­te in­di­ca­ti come “Samo” e “Po­me­ra­nia”) venne at­tri­bui­ta la giu­sta de­no­mi­na­zio­ne di “spitz” (“su­pitt­su”, se­con­do la tra­spo­si­zio­ne in giap­po­ne­se) te­nen­do conto delle in­di­ca­zio­ni della mo­der­na ci­no­lo­gia. Ciò servì anche a chia­ri­re de­fi­ni­ti­va­men­te la di­stin­zio­ne fra gli spitz bian­chi che si al­le­va­va­no in Giap­po­ne e il Sa­mo­ie­do (cane di­ver­so e net­ta­men­te più gran­de no­no­stan­te abbia un aspet­to ge­ne­ra­le ab­ba­stan­za si­mi­le) e a ri­ba­di­re la so­stan­zia­le non pa­ren­te­la di que­sti con esso, a parte rari e mar­gi­na­li me­tic­cia­men­ti.
In que­sto con­te­sto la razza giap­po­ne­se di spitz bian­co prese il nome uf­fi­cia­le di “Spitz Giap­po­ne­se” (“Nihon Su­pitt­su” in giap­po­ne­se).
 Si iden­ti­fi­cò poi un certo nu­me­ro (ca. una de­ci­na) di linee di san­gue  con­si­de­ra­te le più va­li­de per as­si­cu­ra­re la ge­nui­ni­tà dello Spitz Giap­po­ne­se e si sta­bi­li­ro­no i cri­te­ri per l’ul­te­rio­re af­fi­na­men­to della razza. Fu sti­la­to un primo stan­dard nel 1948 cui seguì il ri­co­no­sci­men­to uf­fi­cia­le nel 1953. Nel 1959, a se­gui­to del gran­de suc­ces­so che lo Spitz Giap­po­ne­se aveva ri­por­ta­to, ve­ni­va fon­da­ta la Nip­pon Spitz As­so­cia­tion (N.S.A.), as­so­cia­zio­ne in­di­pen­den­te degli al­le­va­to­ri di que­sto cane.
Per dare un’i­dea di quale suc­ces­so aves­se rag­giun­to lo Spitz Giap­po­ne­se nel suo paese di ori­gi­ne nella metà degli anni ’50 (per la cro­no­lo­gia giap­po­ne­se, metà del “Pe­rio­do Showa”, du­ra­to dal 1926 al 1989) basta ci­ta­re il dato sulle re­gi­stra­zio­ni J.K.C. del 1955. In quel­l’an­no ven­ne­ro iscrit­ti in to­ta­le nei libri ge­nea­lo­gi­ci 10.512 cuc­cio­li delle varie razze e di que­sti ben 4.373 erano Spitz Giap­po­ne­si ! E gli esper­ti sti­ma­no che ci fos­se­ro in cir­co­la­zio­ne al­me­no al­tret­tan­ti esem­pla­ri di spitz non re­gi­stra­ti uf­fi­cial­men­te.
Ma era de­sti­no che la razza do­ves­se su­bi­re an­co­ra una volta un’im­prov­vi­sa bat­tu­ta d’ar­re­sto. Dopo che nel 1958 si era rag­giun­ta la punta mas­si­ma di 4.912 nuove iscri­zio­ni, il de­cen­nio suc­ces­si­vo vide in­ve­ce una ca­du­ta ro­vi­no­sa quan­to inat­te­sa dei nu­me­ri. Le iscri­zio­ni ai libri delle ori­gi­ni si ri­dus­se­ro ra­pi­da­men­te : 2.214 nel 1962, 1.134 nel 1966, 746 nel 1968 ! Que­sto trend ne­ga­ti­vo non si ar­re­stò nep­pu­re negli anni suc­ces­si­vi; nel 1976 si toccò il mi­ni­mo sto­ri­co di sole 356 nuove iscri­zio­ni. Co­s’e­ra dun­que suc­ces­so ?
Due fu­ro­no so­stan­zial­men­te le cause del de­cli­no dello Spitz Giap­po­ne­se nel suo paese di ori­gi­ne.
An­zi­tut­to, man mano che ve­ni­va ri­sta­bi­li­to l’or­di­ne pub­bli­co, venne meno l’e­si­gen­za di te­ne­re in casa cani da guar­dia. Ad­di­rit­tu­ra, nella nuova real­tà ur­ba­na della ri­co­stru­zio­ne post bel­li­ca ca­rat­te­riz­za­ta da gros­si ag­glo­me­ra­ti di unità abi­ta­ti­ve una a ri­dos­so del­l’al­tra come in gi­gan­te­schi al­vea­ri, quei bian­chi spitz che ab­ba­ia­va­no ad ogni più pic­co­lo ru­mo­re o mo­vi­men­to fi­ni­ro­no con l’es­se­re visti da molti pro­prie­ta­ri non solo come guar­dia­ni ormai inu­ti­li, ma anche come di­stur­ba­to­ri della quie­te e fonte di beghe con il nu­me­ro­so e in­com­ben­te vi­ci­na­to. Così solo pochi veri ci­no­fi­li con­ti­nua­ro­no a te­ne­re in fa­mi­glia uno Spitz Giap­po­ne­se.
L’al­tra causa, non meno im­por­tan­te e de­ci­si­va, fu l’a­per­tu­ra delle fron­tie­re al­l’im­por­ta­zio­ne delle razze ca­ni­ne oc­ci­den­ta­li. L’im­prov­vi­sa di­spo­ni­bi­li­tà di tante nuove “eso­ti­che” va­rie­tà di cani, molto spes­so lan­cia­te dalla moda o da mas­sic­ce cam­pa­gne pub­bli­ci­ta­rie, eser­ci­tò sulla po­po­la­zio­ne giap­po­ne­se un’at­tra­zio­ne ir­re­si­sti­bi­le por­tan­do ad un mas­sic­cio ab­ban­do­no delle razze lo­ca­li ed alla corsa a pro­cu­rar­si quei nuovi cani di­ve­nu­ti sim­bo­li e mes­sag­ge­ri dei nuovi mo­del­li di vita det­ta­ti dal­l’Oc­ci­den­te.
Anche que­sta volta, però, le qua­li­tà dello Spitz Giap­po­ne­se per­mi­se­ro alla razza di so­prav­vi­ve­re. Se da un lato era ca­du­to l’in­te­res­se di molti giap­po­ne­si per que­sto cane, dal­l’al­tro c’era il fatto po­si­ti­vo che nel paese re­sta­va­no co­mun­que an­co­ra molti suoi te­na­ci e fe­de­li esti­ma­to­ri.
La Nip­pon Spitz As­so­cia­tion non si diede per vinta e con­ti­nuò il la­vo­ro di al­le­va­men­to e se­le­zio­ne della razza ope­ran­do sia sulle ca­rat­te­ri­sti­che fi­si­che che sul tem­pe­ra­men­to di que­sto cane. Sotto que­st’ul­ti­mo aspet­to, ot­ten­ne con suc­ces­so di ad­dol­cir­ne il ca­rat­te­re e il forte istin­to per la guar­dia esal­tan­do­ne nel con­tem­po le na­tu­ra­li doti di gran­de af­fet­tuo­si­tà verso il pa­dro­ne e la fa­mi­glia e  tra­sfor­man­do­lo sem­pre di più in un ot­ti­mo cane da com­pa­gnia.
Gli sfor­zi fu­ro­no pre­mia­ti da una ri­pre­sa delle iscri­zio­ni nei libri ge­nea­lo­gi­ci (765 nel 1980, 940 nel 1985, 785 nel 1990, 1.803 nel 1994). Que­sto lo­de­vo­le im­pe­gno della N.S.A. servì for­tu­na­ta­men­te a con­tro­bi­lan­cia­re il molto minor en­tu­sia­smo pro­fu­so dal J.K.C. nel so­ste­ne­re la razza. Forse per­ché non de­ri­va­to da cani au­toc­to­ni del Giap­po­ne come, ad esem­pio, l’A­ki­ta – Inu, lo Spitz Giap­po­ne­se non sem­bra es­se­re par­ti­co­lar­men­te amato dal J.K.C., che a volte è parso per­si­no sor­pre­so ed im­ba­raz­za­to di fron­te al cre­scen­te suc­ces­so che que­sto cane sta in­con­tran­do nel mondo.
L’al­tro im­por­tan­te fat­to­re di ri­lan­cio dello Spitz Giap­po­ne­se fu il suo in­gres­so sulla scena in­ter­na­zio­na­le. Pro­prio nel mo­men­to in cui in Giap­po­ne la razza ap­pa­ri­va in forte de­cli­no, essa co­min­ciò in­ve­ce ad at­ti­ra­re l’at­ten­zio­ne dei ci­no­fi­li eu­ro­pei. In­fat­ti, dopo che nel 1967 era stato im­por­ta­to un esem­pla­re fem­mi­na in Nor­ve­gia (epi­so­dio ri­ma­sto senza se­gui­to), nel 1973 al­cu­ni al­le­va­to­ri sve­de­si fe­ce­ro ar­ri­va­re dal Giap­po­ne al­cu­ni cuc­cio­li e die­de­ro ini­zio al­l’al­le­va­men­to della razza in Eu­ro­pa. L’i­ni­zia­ti­va ebbe suc­ces­so e nuovi al­le­va­to­ri sor­se­ro su­bi­to anche in Nor­ve­gia, Fin­lan­dia e Da­ni­mar­ca.
Nel 1976 fu la volta del­l’In­ghil­ter­ra ad ac­co­glie­re i suoi primi spitz giap­po­ne­si, im­por­ta­ti dalla Sve­zia. Per tutti gli anni ’70 l’al­le­va­men­to con­ti­nuò a svi­lup­par­si sia in Scan­di­na­via che in In­ghil­ter­ra e ven­ne­ro anche ef­fet­tua­te ul­te­rio­ri im­por­ta­zio­ni dal Giap­po­ne.
Nel 1985 ini­ziò una nuova serie di ar­ri­vi dal Paese del Sol Le­van­te di­ret­ti in Ita­lia, dove nel 1989 si ebbe la na­sci­ta della prima cuc­cio­la­ta. La razza si dif­fon­de­va nel frat­tem­po anche in Au­stria, Ger­ma­nia e Au­stra­lia.
Oggi lo Spitz Giap­po­ne­se è pre­sen­te ed al­le­va­to in tutto il mondo, anche se la sua dif­fu­sio­ne non rap­pre­sen­ta un fe­no­me­no di massa.
Il Giap­po­ne ri­ma­ne il paese con la più alta pro­du­zio­ne di cuc­cio­li (sono se­gna­la­te 1.000 – 1.500 nuove iscri­zio­ni al­l’an­no che col­lo­ca­no la razza in­tor­no al tren­te­si­mo posto in or­di­ne di im­por­tan­za), ma solo una pic­co­la parte di que­sta be­ne­fi­cia del con­trol­lo di qua­li­tà eser­ci­ta­to dalle or­ga­niz­za­zio­ni spe­cia­liz­za­te degli al­le­va­to­ri e for­ni­sce esem­pla­ri dav­ve­ro pre­ge­vo­li e ti­pi­ci.
In Eu­ro­pa la razza è molto ben al­le­va­ta in Fin­lan­dia (ca. 160 nuove iscri­zio­ni), Sve­zia (ca. 150), Nor­ve­gia (ca. 150) e In­ghil­ter­ra (ca. 100). In que­sti paesi esi­sto­no clubs esclu­si­vi ben or­ga­niz­za­ti e assai at­ti­vi che svol­go­no un ot­ti­mo la­vo­ro di coor­di­na­men­to e di se­le­zio­ne.
Lo Spitz Giap­po­ne­se è pre­sen­te da molti anni anche in Da­ni­mar­ca, Ita­lia, Au­stria, Be­ne­lux, Ger­ma­nia, Ir­lan­da, Rus­sia, Fran­cia, Slo­ve­nia e di re­cen­te è stato in­tro­dot­to in Spa­gna e Slo­vac­chia.
L’I­ta­lia, con due al­le­va­to­ri ri­co­no­sciu­ti F.C.I., ha pro­dot­to, par­ten­do da esem­pla­ri im­por­ta­ti di­ret­ta­men­te dal Giap­po­ne, cuc­cio­li in nu­me­ro li­mi­ta­to ma di ot­ti­ma qua­li­tà. La mag­gio­ran­za di que­sti è stata espor­ta­ta al­l’e­ste­ro.
In­fi­ne l’Au­stra­lia (circa 220 nuove iscri­zio­ni) è ormai di­ven­ta­ta il se­con­do paese al­le­va­to­re dopo il Giap­po­ne. La qua­li­tà della pro­du­zio­ne in Au­stra­lia è molto buona, frut­to del sa­pien­te uso di ot­ti­mi esem­pla­ri im­por­ta­ti negli anni da In­ghil­ter­ra, Sve­zia, Nor­ve­gia, Fin­lan­dia e Ita­lia.
Re­cen­te­men­te lo Spitz Giap­po­ne­se si è dif­fu­so anche negli Stati Uniti, dove prima esi­ste­va­no solo rari esem­pla­ri so­prat­tut­to nelle Isole Ha­waii. E’già sorto un club U.S.A. della razza che è riu­sci­to ad ot­te­ne­re il ri­co­no­sci­men­to della stes­sa da parte dei vari ken­nel club ame­ri­ca­ni.
L’an­no 2008 ha visto il degno co­ro­na­men­to del la­vo­ro di tanti al­le­va­to­ri ed ap­pas­sio­na­ti di Spitz Giap­po­ne­se nel mondo. In oc­ca­sio­ne della Espo­si­zio­ne Ca­ni­na Mon­dia­le F.C.I. di Stoc­col­ma, nel­l’ar­co di cin­que gior­ni ben quat­tro sono state le ma­ni­fe­sta­zio­ni a ca­rat­te­re in­ter­na­zio­na­le de­di­ca­te alla razza con la par­te­ci­pa­zio­ne re­cord di circa 130 esem­pla­ri.

Spitz Giapponese
KO­TO­HI­ME OF SHO­NAN SU­MI­RE­SOW, gio­va­ne fem­mi­na di spitz
    giap­po­ne­se im­por­ta­ta in Ita­lia dal Giap­po­ne nel 2004
    (foto Ma­ri­sa Bot­tar­di)

Lo Spitz Giap­po­ne­se è un ti­pi­co cane spitz a pelo lungo di ta­glia media.
L’al­tez­za al gar­re­se è di norma 35 – 36  cm nei ma­schi, 32 – 33  cm nelle fem­mi­ne. Il rap­por­to fra lun­ghez­za del corpo, mi­su­ra­ta dalla punta del petto (punta del ma­nu­brio dello ster­no) alla tu­be­ro­si­tà ischia­ti­ca, e al­tez­za al gar­re­se è, in media, pari a 11 : 10. Nei ma­schi la strut­tu­ra tende ad es­se­re più com­pat­ta e a ri­sul­ta­re pres­so­ché con­te­nu­ta nel qua­dra­to. Il rap­por­to ot­ti­ma­le  peso (Kg)/al­tez­za (cm)  è pari a 0,23 – 0,25 per i ma­schi e di poco su­pe­rio­re a 0,20 per le fem­mi­ne.
Il corpo è forte e mu­sco­lo­so con tron­co com­pat­to, os­sa­tu­ra di media pe­san­tez­za e arti ro­bu­sti ma slan­cia­ti. Il piede, sia an­te­rio­re che po­ste­rio­re, pre­sen­ta dita ben rac­col­te e ap­pa­re quin­di al­quan­to pic­co­lo e ro­ton­deg­gian­te (“piede di gatto”). La testa è piut­to­sto gran­de, il muso è al­lun­ga­to e a forma di cuneo, il tar­tu­fo è piut­to­sto pic­co­lo e ro­ton­do. La fron­te è ar­ro­ton­da­ta ma poco pro­mi­nen­te, lo stop è ben de­fi­ni­to ma non ac­cen­tua­to. Le orec­chie, di di­men­sio­ni medio – pic­co­le, sono di­rit­te, at­tac­ca­te alte, di forma trian­go­la­re e ri­vol­te in avan­ti. Il cra­nio è di media pe­san­tez­za, non trop­po ar­ro­ton­da­to su­pe­rior­men­te e no­te­vol­men­te slar­ga­to po­ste­rior­men­te. Gli occhi sono di media gran­dez­za e molto espres­si­vi, di forma ovale, ben con­te­nu­ti nelle or­bi­te, in­se­ri­ti leg­ger­men­te obli­qui. L’i­ri­de è di co­lo­re scuro. Le ma­scel­le sono forti ma non mas­sic­ce e le lab­bra ben ser­ra­te, la chiu­su­ra è a for­bi­ce. La den­ta­tu­ra è forte e re­go­la­re. Il collo è di mo­de­ra­ta lun­ghez­za, mu­sco­lo­so, por­ta­to eret­to e lie­ve­men­te ar­cua­to. Il dorso è di­rit­to fino alla grop­pa, corto e lie­ve­men­te in­cli­na­to verso il po­ste­rio­re. La coda è di media lun­ghez­za, ri­co­per­ta di pelo lungo e folto. E’ in­se­ri­ta alta, por­ta­ta ri­cur­va e ri­ca­den­te fino ad ap­pog­giar­si con la punta sopra il dorso re­stan­do cen­tra­ta sul­l’as­se dello stes­so.
Lo Spitz Giap­po­ne­se è ri­co­per­to di una ricca pel­lic­cia di co­lo­re esclu­si­va­men­te bian­co puro, di so­li­to più co­spi­cua nei sog­get­ti ma­schi.
Il manto è co­sti­tui­to da ab­bon­dan­te pelo lungo, di­rit­to e non ca­den­te, so­ste­nu­to da mor­bi­dis­si­mo e folto sot­to­pe­lo più corto. Il pelo lungo copre la mag­gior parte del corpo ed è par­ti­co­lar­men­te ab­bon­dan­te su petto, tron­co, collo (dove forma una vera e pro­pria cri­nie­ra), cosce e coda. Gli arti an­te­rio­ri mo­stra­no una con­si­sten­te fran­gia di pelo sulla fac­cia po­ste­rio­re. Sono in­ve­ce ri­co­per­ti di pelo corto e li­scio la parte an­te­rio­re della ca­lot­ta cra­ni­ca, la fac­cia, il muso, gli orec­chi, i gar­ret­ti, la fac­cia an­te­rio­re degli arti ed i piedi. La coda forma un mae­sto­so e ricco fioc­co.
No­no­stan­te l’ab­bon­dan­za e ric­chez­za del manto, la fi­gu­ra dello Spitz Giap­po­ne­se non ap­pa­re mai come un am­mas­so in­di­stin­to di pelo, ma si iden­ti­fi­ca in una ca­rat­te­ri­sti­ca si­lhouet­te in cui si ap­prez­za­no come parti di­stin­te, pe­ral­tro com­bi­na­te ar­mo­nio­sa­men­te, la testa in po­si­zio­ne ele­va­ta, il collo con ab­bon­dan­te cri­nie­ra e ricco pet­to­ra­le, il tron­co corto e com­pat­to, il ricco fioc­co della coda, le cosce ri­ve­sti­te di co­spi­cui “cal­zo­ni” e la parte in­fe­rio­re degli arti ri­co­per­ta di pelo corto e li­scio.
In con­trap­po­si­zio­ne al can­do­re del man­tel­lo, il tar­tu­fo, la punta del muso, le lab­bra, gli orli pal­pe­bra­li e i cu­sci­net­ti plan­ta­ri delle zampe sono for­te­men­te pig­men­ta­ti di nero.
L’an­da­tu­ra al trot­to è agile, ela­sti­ca ed ele­gan­te. Il cane è però anche in grado di svi­lup­pa­re un ga­lop­po sor­pren­den­te­men­te ve­lo­ce e sciol­to, non­ché di ef­fet­tua­re salti di no­te­vo­le ele­va­zio­ne e cambi im­prov­vi­si di di­re­zio­ne e di as­set­to. In virtù di que­ste buone ca­pa­ci­tà mo­to­rie lo Spitz Giap­po­ne­se ec­cel­le nelle prove di agi­li­ty.

La razza co­sti­tui­sce il raf­fi­na­to pro­dot­to fi­na­le di un lungo e me­ti­co­lo­so la­vo­ro di ot­ti­miz­za­zio­ne che ha ri­guar­da­to in par­ti­co­la­re:
TA­GLIA
La ta­glia pre­vi­sta è unica (non esi­sto­no ver­sio­ni toy o mag­gio­ra­te di Spitz Giap­po­ne­se) ed è stata per­se­gui­ta e fis­sa­ta adot­tan­do il mi­glior com­pro­mes­so pos­si­bi­le fra l’e­si­gen­za di ot­te­ne­re un cane da guar­dia poco in­gom­bran­te e la ferma vo­lon­tà di non far com­pa­ri­re quei ca­rat­te­ri ne­ga­ti­vi (testa glo­bo­sa, occhi spor­gen­ti, muso breve e de­bo­le, den­ta­tu­ra in­com­ple­ta, stop ac­cen­tua­to, pre­di­spo­si­zio­ne a pa­to­lo­gie quali la lus­sa­zio­ne con­ge­ni­ta della ro­tu­la, ecc.), ti­pi­ci delle mi­nia­tu­riz­za­zio­ni for­za­te su razze nate in par­ten­za di di­men­sio­ni nor­ma­li. Per lo Spitz Giap­po­ne­se la ri­du­zio­ne della ta­glia a par­ti­re dal gran­de spitz si è fer­ma­ta sui va­lo­ri dello spitz medio e for­tu­na­ta­men­te sono stati bloc­ca­ti tutti i ten­ta­ti­vi (e le ten­ta­zio­ni !!) di fare di que­sto cane una le­zio­sa razza toy da dare in pasto al gran­de pub­bli­co. Ciò ha con­sen­ti­to di con­ser­va­re il tipo  ot­ti­ma­le ere­di­ta­to dai pro­ge­ni­to­ri di mag­gio­ri di­men­sio­ni pur ot­te­nen­do una ra­gio­ne­vo­le ri­du­zio­ne della ta­glia.
CO­LO­RE
L’u­ni­co co­lo­re am­mes­so è il bian­co puro. Non ci sono com­pro­mes­si verso il color panna o bi­scot­to come in altri cani spitz bian­chi (es. il Sa­mo­ie­do, l’A­me­ri­can Eski­mo, ecc.). At­ten­zio­ne, però, che bian­co non vuol dire al­bi­no ! Ad evi­ta­re anche il mi­ni­mo equi­vo­co su que­sto punto, per il pur can­di­dis­si­mo Spitz Giap­po­ne­se sono ri­go­ro­sa­men­te pre­scrit­ti il co­lo­re scuro del­l’i­ri­de e la pig­men­ta­zio­ne nera per le parti nude (tar­tu­fo, punta del muso, lab­bra, orli pal­pe­bra­li, cu­sci­net­ti plan­ta­ri delle zampe), ca­rat­te­ri­sti­che che sa­reb­be im­pos­si­bi­le ri­scon­tra­re in un cane dav­ve­ro al­bi­no.
QUA­LI­TA’ DEL PELO
Il can­di­do manto dello Spitz Giap­po­ne­se ha qua­li­tà straor­di­na­rie. Il pelo di co­per­tu­ra ester­na è lungo e a tes­si­tu­ra vi­trea, il sot­to­pe­lo è più corto, mor­bi­dis­si­mo e caldo; en­tram­bi sono im­per­mea­bi­li ed estre­ma­men­te re­si­sten­ti allo spor­ca­men­to da parte di fango, li­qui­di or­ga­ni­ci e ogni altro ma­te­ria­le se­mi­so­li­do a base ac­quo­sa. Solo le ver­ni­ci ed i co­lo­ran­ti sin­te­ti­ci a base oleo­sa rie­sco­no a im­brat­tar­lo in­de­le­bil­men­te, cosa che però può suc­ce­de­re solo come raro in­ci­den­te oc­ca­sio­na­le. Ca­pi­ta sem­pre che ogni nuovo po­ten­zia­le pa­dro­ne di Spitz Giap­po­ne­se al primo in­con­tro con l’im­ma­co­la­to ani­ma­le da un lato ri­man­ga am­mi­ra­to per le sue qua­li­tà este­ti­che, ma dal­l’al­tro espri­ma su­bi­to una pre­oc­cu­pa­zio­ne del resto ben giu­sti­fi­ca­ta. Come si fa a man­te­ne­re que­sto cane sem­pre così bian­co ? Chis­sà quan­ti bagni e quan­te co­sto­se toe­let­ta­tu­re sono ne­ces­sa­ri ! For­tu­na­ta­men­te non oc­cor­re nien­te di tutto que­sto. Anzi, i bagni de­vo­no es­se­re il meno pos­si­bi­le, orien­ta­ti­va­men­te non più di due o tre al­l’an­no come nor­ma­le rou­ti­ne e ri­pe­tu­ti solo in oc­ca­sio­ne di even­tua­li esi­bi­zio­ni sul ring per le quali sono ri­chie­ste con­di­zio­ni del man­tel­lo as­so­lu­ta­men­te im­pec­ca­bi­li. Anche la toe­let­ta­tu­ra per le mo­stre, dopo il bagno, si li­mi­ta a sa­pien­ti colpi di spaz­zo­la senza nes­su­na ope­ra­zio­ne di strip­ping o clip­ping del pelo. Al­cu­ni espo­si­to­ri, al più, ri­fi­la­no leg­ger­men­te il pelo sui piedi e sulla parte in­fe­rio­re del retro dei gar­ret­ti per met­te­re me­glio in ri­sal­to il ti­pi­co “piede di gatto” della razza. Il pelo di que­sto cane non in­gial­li­sce, non as­sor­be lo spor­co e non emana odore sgra­de­vo­le; al­cu­ni al­le­va­to­ri lo hanno de­fi­ni­to “Te­flon” ! Anche per il più lu­ri­do ed in­fan­ga­to Spitz Giap­po­ne­se basta di­spor­re di un lo­ca­le suf­fi­cien­te­men­te asciut­to e caldo dove farlo sog­gior­na­re fin­ché tutta l’ac­qua sia eva­po­ra­ta na­tu­ral­men­te e dopo un’o­ra o due, me­glio se si potrà aiu­ta­re con al­cu­ne buone pas­sa­te di spaz­zo­la, si as­si­ste­rà al mi­ra­co­lo di un manto tor­na­to per­fet­ta­men­te can­di­do dopo aver la­scia­to stac­ca­re tutta la parte so­li­da secca dello spor­co senza che ne ri­man­ga trac­cia. Il se­gre­to di tutto que­sto sem­bra es­se­re una se­cre­zio­ne oleo­sa quasi im­per­cet­ti­bi­le che rende il pelo idro­re­pel­len­te e quin­di ne evita l’im­pre­gna­men­to da parte delle so­stan­ze in­qui­nan­ti. Po­chis­si­mi bagni, dun­que, come si è detto, per non far per­de­re al pelo le sue straor­di­na­rie ca­rat­te­ri­sti­che na­tu­ra­li e in­ve­ce fre­quen­ti spaz­zo­la­tu­re, so­prat­tut­to nei pe­rio­di di muta. Lo Spitz Giap­po­ne­se di norma cam­bia il mor­bi­do sot­to­pe­lo al­me­no una volta al­l’an­no al ter­mi­ne della sta­gio­ne fred­da e tal­vol­ta ef­fet­tua anche mute se­con­da­rie le­ga­te a va­ria­zio­ni di clima o di stato or­mo­na­le (es. fem­mi­ne in ca­lo­re o in al­lat­ta­men­to). In que­sta cir­co­stan­za la­scia ca­de­re sul ter­re­no per 15 – 30 gior­ni con­si­sten­ti ciuf­fi di can­di­do e fi­nis­si­mo pelo così sof­fi­ce e caldo che al­cu­ni al­le­va­to­ri dei paesi nor­di­ci hanno pen­sa­to di rac­co­glier­lo e fi­lar­lo per farne sciar­pe e ber­ret­ti ri­sul­ta­ti poi di straor­di­na­ria qua­li­tà. Il pelo di co­per­tu­ra ester­na più lungo si rin­no­va in­ve­ce len­ta­men­te ed in con­ti­nuo nel­l’ar­co di molti mesi. Il sot­to­pe­lo ri­cre­sce com­ple­ta­men­te nella sta­gio­ne au­tun­na­le ed il man­tel­lo rag­giun­ge il mas­si­mo della con­si­sten­za nei mesi in­ver­na­li e ad ini­zio pri­ma­ve­ra.
CA­RAT­TE­RE
Vi­ve­re in­sie­me a que­sto cane è per un ci­no­fi­lo un’e­spe­rien­za straor­di­na­ria. Lo Spitz Giap­po­ne­se è un me­ra­vi­glio­so cane da com­pa­gnia che tut­to­ra con­ser­va anche spic­ca­te doti di cane da guar­dia av­vi­sa­to­re. Molto vi­va­ce, af­fet­tuo­sis­si­mo con le per­so­ne che co­no­sce, è dif­fi­den­te al primo ap­proc­cio con gli estra­nei ma as­so­lu­ta­men­te non mor­da­ce. Nel­l’e­sple­ta­re le man­sio­ni di guar­dia­no, se non fatto so­cia­liz­za­re ade­gua­ta­men­te da pic­co­lo con le per­so­ne e gli altri cani, può farsi tra­sci­na­re da zelo ed en­tu­sia­smo ec­ces­si­vi ri­sul­tan­do esu­be­ran­te e chias­so­so oltre la media. E’ un cane molto in­tel­li­gen­te, una vera “testa pen­san­te” che non su­bi­sce pas­si­va­men­te gli or­di­ni, ma ra­gio­na col suo cer­vel­lo e sa in­ter­pre­ta­re con ra­zio­ci­nio gli in­se­gna­men­ti del­l’ad­de­stra­men­to. Ha una vi­sio­ne dei rap­por­ti con l’uo­mo tutta par­ti­co­la­re. Lui non si sente un es­se­re in­fe­rio­re, ma un vero com­po­nen­te “alla pari”della fa­mi­glia, de­si­de­ro­so di vi­ve­re in le­ti­zia con chi lo cura e lo ac­cu­di­sce ; “they want to be peo­ple” (“vo­glio­no es­se­re per­so­ne umane”) di­co­no di que­sti cani gli al­le­va­to­ri an­glo­sas­so­ni. Lo Spitz Giap­po­ne­se non sarà quin­di mai uno schia­vo sot­to­mes­so che ob­be­di­sce per­ché ti­mo­ro­so di pu­ni­zio­ni, ma un vero e pro­prio amico del cuore del suo ama­tis­si­mo “pa­dro­ne”. Que­sti rap­pre­sen­ta il suo ri­fe­ri­men­to per ogni even­to o at­ti­vi­tà, è in­som­ma il faro della sua vita. Ogni gioco o eser­ci­zio o prova di ob­be­dien­za che gli si pro­por­rà sarà re­ce­pi­ta non come una co­stri­zio­ne ma come un mezzo per rin­sal­da­re il sacro patto di ami­ci­zia con l’uo­mo. Lo Spitz Giap­po­ne­se sarà sem­pre en­tu­sia­sta di ese­gui­re gli eser­ci­zi che il “pa­dro­ne” si è di­ver­ti­to ad in­se­gnar­gli e che lui ….si è di­ver­ti­to ad im­pa­ra­re per com­pia­ce­re il “pa­dro­ne” ! Ed è chia­ro che que­sto cane vorrà sem­pre es­se­re dove si trova il pa­dro­ne, par­te­ci­pa­re at­ti­va­men­te a tutto ciò che av­vie­ne in fa­mi­glia e as­su­mer­si il ruolo di cu­sto­de della casa e dei suoi abi­tan­ti. Pun­tual­men­te, ogni can­di­do cuc­cio­lo di spitz che en­tre­rà nella sua nuova casa mo­stre­rà su­bi­to di avere già per­fet­ta­men­te im­pres­si nel suo DNA que­sti prin­ci­pi e si farà amare per­du­ta­men­te per que­sto. Quel­lo che col­pi­rà di più sarà con­sta­ta­re non solo con quan­ta de­ter­mi­na­zio­ne il can­di­do spitz, prima da cuc­cio­lo e poi da cane adul­to, si de­di­chi ad adem­pie­re a que­sta sua “mis­sio­ne ata­vi­ca”, ma anche quali in­cre­di­bi­li espres­sio­ni di amore e de­di­zio­ne sia ca­pa­ce di of­fri­re nel­l’ar­co della sua esi­sten­za a fian­co degli umani.
Una esi­sten­za pe­ral­tro non breve ! Lo Spitz Giap­po­ne­se è un cane forte, re­si­sten­te alle ma­lat­tie e molto lon­ge­vo che vive in media 14-15 anni, ma può rag­giun­ge­re e su­pe­ra­re anche i 17 anni. Bi­so­gna es­se­re pre­pa­ra­ti anche a que­sto !

Cuccioli di Spitz Giapponese
Cuc­cio­li di spitz giap­po­ne­se di ca. 2 mesi di età, nati in Ita­lia (2006)
Al­le­va­men­to Al­mar­ven’s (foto Ma­ri­sa Bot­tar­di)

Marco Pia­sen­tin, lau­rea­to in In­ge­gne­ria Chi­mi­ca, ha la­vo­ra­to per circa tren­t’an­ni come tec­ni­co e ma­na­ger nel­l’in­du­stria. La sua pas­sio­ne se­gre­ta sono sem­pre stati il mondo degli ani­ma­li e la na­tu­ra in ge­ne­re. www.​almarvens.​org

L'Enciclopedia Internazionale dei Cani

L’En­ci­clo­pe­dia In­ter­na­zio­na­le dei Cani
Sto­ria, ca­rat­te­ri­sti­che, con­si­gli e tutte le razze
De Vec­chi Edi­zio­ni – 2008

Una gran­de en­ci­clo­pe­dia per co­no­sce­re as­so­lu­ta­men­te tutto quel­lo che ri­guar­da i cani: la sto­ria, le ori­gi­ni e l’e­vo­lu­zio­ne, l’ad­de­stra­men­to la di­ver­si­fi­ca­zio­ne delle razze, gli im­pie­ghi … Ac­qui­sta on­li­ne >>>

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