di Laura Isolani
Quando assistetti alla prima lezione di agricultura biodinamica, dopo aver concluso i cinque anni standard del corso di laurea in agraria tropicale all’Universitá di Firenze mi sentii pervasa da un milione di dubbi… tutti i principi dell’agronomia classica diligentemente appresi in quegli anni si stavano dissolvendo, ascoltando con passione quelle prime ore di lezione che raccontavano per la prima volta a una giovane platea scientifica un modo completamente sconosciuto, lontano, di approcciare la natura, il cosidetto “mondo vegetale”. Soffermandomi sui racconti di tutti questi agricoltori ed esperti che con sincera passione ci raccontavano la loro azienda, il loro lavoro, il loro approccio cosidetto olistico al mondo naturale, trovai sconcertante il fatto di conoscere l’agricoltura biodinamica solo dopo aver concluso il classico ciclo di studi in agraria. Mi sono sentita un agronomo a metá, privata della possibilitá di conoscere un altro modo di fare agricoltura, forse quello che sentivo più autentico e vicino al mio modo di percepire il mondo. (Nota 1)
Un altro modo di approcciare il vivente entrava però nelle aule universitarie, con un Master a pagamento, grazie alla sensibilitá e lungimiranza di alcuni professori, ero fortunata. Dopo aver concluso il Master che mi ha offerto la possibilitá di visitare realtá aziendali a conduzione biodinamica anche in paesi sottosviluppati ho capito l’importanza di dedicarmi ad uno studio più approfondito della materia, per dare la possibilitá concreta ad altri colleghi dopo di me, perlomeno di conoscere un altro modo di fare agricoltura. È stata questa la spinta che mi ha condotto ad iniziare un dottorato su un argomento alquanto marziano a molti professori, una strada in salita. Dopo aver convinto i tutor del dottorato, trascinati dal mio entusiasmo, ad approvare il tema della ricerca, abbiamo iniziato a cercare un sito per la sperimentazione. Il sito di sperimentazione, grazie all’aiuto della sezione Toscana di biodinamica, è stato individuato dopo un anno; si tratta di due aziende limitrofe, separate da un fosso, pedoclimaticamente comparabili nell’agro pisano. Abbiamo applicato a entrambe lo stesso disegno sperimentale: due blocchi randomizzati in ciascuna azienda.
Si sono adottate cinque tesi con combinazioni differenti dei due trattamenti, 500 e 501, strumenti operativi chiave di questa particolare conduzione aziendale. Affascinante la loro preparazione, ma ancora più interessante la loro distribuzione. Il preparato 500 viene distribuito al terreno mentre il 501 è utilizzato sulla pianta. La base comune dei due trattamenti è un corno di mucca, che nel caso del 500 viene riempito di sterco e nel caso del 501 di cristallo di rocca finemente triturato. Il corno viene interrato e dissotterrato dopo sei mesi. Il 500 diventato ormai sostanza umificata è fatto sciogliere (250÷300 g) in 40÷60 litri di acqua a 37 gradi, dinamizzato (agitazione ritmica continua per un ora) e poi sparso mediante pompa a spalla sul terreno. Questa è la quantitá utilizzata per un ettaro di terrreno. Per il 501 la modalitá di preparazione è la medesima solo che la quantitá iniziale è 2÷4 g di preparato in 40÷60 litri di acqua. Se ci soffermiamo sulla quantitá infinitesimale che arriva sia sul terreno che sulla pianta potremmo dire con approccio scientifico che stiamo distribuendo solo e soltanto acqua dinamizzata. Si tratta di un principio omeopatico. Lo studio da noi condotto e la rielaborazione statistica dei dati ci ha portato a constatare che così non è, di seguito alcuni risultati. Innanzitutto nell’azienda con metodo biodinamico, rispetto a quella con metodo convenzionale, sono state apprezzate differenze statisticamente significative: maggiori quantitá di carbonio e azoto totale e maggiore attivitá microbica (valori di respirazione microbica basale). Per quanto riguarda l’effetto dei preparati il risultato più interessante si è osservato per quanto riguarda l’effetto del 500; il preparato 500 applicato in parcelle dell’azienda con metodo convenzionale, migliora il rapporto C/N (un parametro fondamentale per valutare la fertilitá di un terreno) portandolo agli stessi livelli dell’azienda biodinamica.
Questo studio è stato frutto della collaborazione di numerosi ricercatori e professori del Dipartimento di Scienza del Suolo e Nutrizione della Pianta (DSSNP) e del Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale (DISAT). Un ringraziamento particolare ai proff.ssa D. Heimler e al continuo impegno e alla incredibile passione del Presidente della Sezione di Agricoltura Biodinamica Toscana, il dott. C. Triarico.
Allestimento azienda (foto Laura Isolani)
(Nota 1) – L’agricoltura biodinamica si basa sulla Ricerca scientifica spirituale di R.Steiner che è il fondatore dell’antroposofia. Nel 1924 Steiner tenne un corso a Koberwitz (attuale Polonia) di otto conferenze gettando le basi principali dell’agricoltura biodinamica:
– Il concetto dell’azienda agricola come un’entitá chiusa che al suo interno trova tutto ciò che è necessario al proprio funzionamento (da qui nasce l’esigenza dell’importanza del bestiame in un’azienda biodinamica);
– L’importanza dello studio della dinamica delle forze vitali con le quali si può interagire mediante preparati opportunamente diluiti e dinamizzati.
Laura Isolani è laureata in Scienze Agrarie Tropicali e Subtropicali presso l’Università di Firenze; Master in agricoltura ecologica biologica e biodinamica e Dottorato presso il Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio della Facoltà di Scienze agrarie di Firenze. Curriculum vitae >>>
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