Razze bovine rustiche e a più attitudini (1^ Parte)
di Mario Giannone
Vacche di razza Modicana (foto di Salvatore Pipia / ISZS)
Quando si parla di razze a più attitudini bisogna pensare a tutte le combinazioni possibili, normalmente l’attitudine citata per prima è quella prevalente, ma questa è una vecchia e saggia regola che potrebbe non valere più. Abbiamo bovini a duplice attitudine: latte – carne; carne – latte; lavoro – carne; carne – lavoro; latte – lavoro; lavoro – latte e abbiamo, sia pure in numero limitato, razze a triplice attitudine dove lavoro, carne e latte, in armonico equilibrio, hanno congiuntamente una loro importanza economica.
La parola: “lavoro” in questo breve scritto, sarà sostituita da “rustico” perché ormai il bovino da lavoro è scomparso sostituito dalle macchine agricole, ma queste razze, in molti casi, hanno conservato una elevata dose di “forza” da poterli inserire di diritto tra le razze rustiche. E’ bene precisare che la rusticità, oggi come ieri, è una specializzazione, contrariamente a quanto talvolta si legge o si sente dire, dove il lavoro selettivo è stato in buona parte operato dall’ambiente più che da una pressione umana. Esistono alcune razze che sono state usate per il lavoro che non sono ascrivibili a questo gruppo perché rigorosamente allevate in stalla e accudite giornalmente dai propri conduttori. Il termine “rustico” è abusato, a sentire le varie associazioni di razza, tutte hanno conservato una elevata rusticità il che non è vero, in Italia le razze da annoverare, a pieno diritto, tra le rustiche si contano sulle dita di una mano o poco più, altre sono discretamente forti, sufficientemente adattabili, dotate di una certa resistenza … e quindi sicure sotto questi aspetti, ma la maggioranza, dove noi esperti e tecnici abbiamo lungamente lavorato e spinto con la nostra selezione, sono lontane dal termine e sarebbe giusto definirle senza troppe ipocrisie razze “gentili” ormai lontanissime dal poterle usare in modelli di allevamento seminaturali o naturali, si tratta di animali che necessitano di continui supporti e aiuti da parte dell’allevatore, pena la decadenza produttiva, se non peggio.
Una razza rustica deve considerarsi come una specializzata, oggi più di ieri. Sulla scia di questa affermazione appare ovvio che animali rustici ma provenienti da zone pedoclimatiche diverse, pur avendo una “forza” comune di base, di fatto sono specializzati ad ambienti diversi, talvolta molto diversi. Un esempio lampante lo abbiamo con due regine di casa nostra: Maremmana e Modicana, sono due razze allevate in Italia che hanno diversi aspetti comuni, come: resistenza alle malattie, frugalità, longevità, attitudine al pascolo … ma se poi guardiamo bene sono diverse per la specializzazione che l’ambiente nei secoli ha determinato. La Maremmana è perfettamente adattata ad ambiente umidi paludosi, si nutre di cannuccia palustre come di molte altre piante tipiche di questi ambienti, se necessario pratica il pascolo aereo che di certo non risulta agevole in un bovino che è un classico pascolatore atto a tenere la testa bassa nell’atto di nutrirsi. La Modicana, invece sopporta climi caldi e asciutti, temperature elevatissime e si nutre, per mesi, pascolando sotto il caldo sole estivo di quel che trova o di sola paglia lasciata sui campi dopo la mietitrebbiatura, quando necessario non esita ad assumere i cladodi del fico d’india che come sappiamo sono particolarmente spinosi e rifiutati da molti altri bovini, in tal modo, nel contempo, oltre a nutrirsi integra le sue riserve idriche. Riguardo al colore della pelle, del pelo e alle caratteristiche generali del mantello: lunghezza e sottopelo, nel bestiame rustico si sono modellati naturalmente all’ambiente di allevamento, ma sarebbe meglio dire specializzati all’ambiente climatico delle loro culle di origine e di successiva espansione. Molti Paesi europei, che nei secoli scorsi accrebbero il loro potere economico ricorrendo alle acquisizioni delle colonie, impararono presto che “preziose” e “insuperabili” razze europee accuratamente selezionate, trasportate nei nuovi ambienti, soffrivano pesantemente nell’adattarsi ai climi tropicali e addirittura subtropicali, fino al punto che si trovarono costretti, loro malgrado, a praticare necessari incroci con le razze zebuine locali, precedentemente disprezzate, alle quali “chiesero” la loro secolare resistenza per essere travasata nel bestiame di nuova introduzione.
Toro di razza Podolica a mantello scuro
Tori di razza Maremmana nel Parco dell’Uccellina (Grosseto)
In Italia conserviamo alcune razze dove la rusticità può essere considerata veramente l’attitudine principale, autentiche punte di eccellenza, le loro produzioni che prese in assoluto possono apparire irrisorie, di fatto sono apprezzabili se valutate tenendo conto del quadro d’insieme e del modo e del posto in cui sono allevate. Inutile sottolineare che talvolta i costi di produzione sono talmente bassi che il reddito ricavato risulta comparabile a quello ottenuto da razze altamente specializzate dove i supporti tecnici e le infrastrutture sono così tante e costose (costi diretti per l’allevatore e indiretti per la società) da incidere pesantemente sul profitto finale. In questa situazione, appare ovvio e limitatamente al bestiame di cui stiamo parlando, che gli interventi selettivi ad opera dell’uomo siano limitati, così anche alcune pratiche zootecniche che potrebbero snaturare questi animali. Personalmente, in questo specifico caso, sono contrario anche alla inseminazione strumentale usata in maniera diffusa, che riduce la variabilità genetica spesso a favore di soggetti che hanno superato prove “umane” e non test naturali. (Continua nel prossimo numero)
Mario Giannone è laureato in Scienze Agrarie all’Università di Firenze. Insegnante di zootecnia all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze, presta la sua opera di assistenza tecnica specialistica presso Enti regionali, Parchi e Associazioni. E’ autore del libro “L’allevamento biologico del suino” edito da Edagricole-Sole 24 ore. Curriculum vitae >>>
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