di Paola Santeramo
Parco Naturale Regionale Agricolo Sud Milano
(foto Toni Nicolini www.provincia.milano.it/parcosud)
Le aree periurbane sono destinate ad assumere sempre maggiore importanza nello sviluppo sia delle città che dell’agricoltura. Esse infatti subiscono negativamente l’influsso dello sviluppo urbano attraverso la progressiva riduzione dei territori agricoli coltivabili ed un’accentuata penalizzazione delle produzioni.
La vicinanza della città può offrire però opportunità importanti alle aziende agricole legate alla prossimità di un potenziale mercato, attraverso:
– l’accesso a prodotti alimentari freschi e di qualità e a servizi per i cittadini e per gli enti locali;
– il contributo alla riduzione del tasso d’inquinamento e miglioramento del bilancio energetico;
– il contributo alla creazione del paesaggio.
Per secoli l’agricoltura e l’ecosistema naturale hanno determinato e caratterizzato il paesaggio con ampi orizzonti (zone coltivate) o bui corridoi (zone boscate). Con l’avvento dell’industria e il conseguente spopolamento delle campagne e la formazione di grandi centri abitati senza quasi più confini (si pensi ad esempio, alla “città lineare”), l’agricoltura subisce il paesaggio del “costruito”, ovvero perde di visibilità e diventa un qualche cosa che si sa che esiste ma che va cercato. Oggi la
dislocazione e la riduzione dell’attività industriale e l’avvento dei servizi territoriali quali la logistica, i centri commerciali e le fiere nel loro complesso, non danno spazio all’agricoltura,
semmai ne erodono ulteriormente il ruolo e la presenza. Essa, una volta percepita come attività che consentiva di sfamare la popolazione, è ora considerata come occupatrice temporanea del territorio in attesa di nuove e più redditizie attività. Il “nuovo” interviene a modificare il contesto urbano e periurbano, imponendosi nel paesaggio e l’agricoltura nei centri urbani risulta sempre più marginalizzata.
Le aree agricole di prossimità urbana sono sottoposte oggi ad una pressione eccezionale quale
conseguenza dell’espansione dell’urbanizzato e delle infrastrutture ad esso collegate. Tale pressione
condiziona e limita l’imprenditoria agricola presente su queste aree attraverso lo spezzettamento dei
fondi, l’abusivismo, l’incertezza contrattuale, il problema della sicurezza.
In realtà la vicinanza della città può offrire opportunità importanti alle aziende agricole legate alla domanda di un potenziale mercato, quali la richiesta di qualità e sicurezza dei prodotti alimentari, di fruizione del territorio e di servizi di qualità ambientale.
Il mantenimento di un tessuto consolidato di connessione tra la città e la campagna, attraverso il contributo di un’agricoltura sostenibile e fortemente relazionata con il territorio urbano, può essere considerato un “bisogno” in termini di qualità del vivere, avente per lo meno pari titolo rispetto ad altri bisogni come, i trasporti, la casa, etc.
Pertanto gli spazi agricoli devono essere riconosciuti sul piano sociale, politico ed amministrativo e
tutelati con azioni e norme specifiche peculiari per questo tipo di agricoltura; inoltre è necessario che le aree metropolitane siano dotate di efficaci strumenti di pianificazione, di assetto territoriale e di risorse finanziarie per evitare che le aree agricole periurbane siano sottoposte a processi di urbanizzazione tali da comprometterne l’esistenza come tessuto organico.
Il 26 novembre 2007 si è tenuto a Milano il Convegno Nazionale “Produzione agricola e nuovi paesaggi”, prima iniziativa pubblica dell’ ISTVAP, l’Istituto per la tutela e la valorizzazione dell’agricoltura periurbana. ISTVAP nasce nel marzo del 2007 come esigenza di sviluppo di un lavoro portato avanti dalla Cia di Milano e Lodi con la collaborazione della Fondazione Politecnico e della Facoltà di Agraria di Milano. Alla base della nascita dell’ISTVAP c’è la volontà di tutelare e valorizzare le attività agricole, svolte in prossimità delle aree urbane e metropolitane, fortemente influenzate dalla pressione dello sviluppo delle città e delle infrastrutture ad esso collegate. L’Istituto si fonda sul principio del nuovo ruolo dell’agricoltura non solo produttrice di alimenti, ma anche depositaria di valori e di stili di vita da recuperare e inoltre capace di gestire in modo
equilibrato le risorse naturali e ambientali, risorse limitate e non riproducibili, per gli abitanti della città e dei territori urbanizzati.
Convegno “Produzione agricola e nuovi paesaggi” – Intervento di Paola Santeramo
Il tema del convegno sintetizza una delle principali questioni della agricoltura italiana: come i cambiamenti indotti nella produzione agricola dalle trasformazioni del territorio urbano e da fenomeni derivanti dalla globalizzazione, si riflettono sul paesaggio.
E’ certo infatti che sull’agricoltura e sul territorio agricolo si sono riversate e si riverseranno gli effetti di trasformazioni profonde a livello regionale, nazionale e internazionale con dinamiche anche contraddittorie:
1. il consumo di suolo e delle altre risorse naturali a causa dello sviluppo urbanistico
2. lo sviluppo della domanda mondiale di prodotti agricoli
3. l’impiego di prodotti e suoli agricoli per la produzione di energia
1. Il consumo di suolo
Sul tema del consumo di suolo dobbiamo prendere atto e riconoscere che non è possibile individuare un solo responsabile. Infatti il territorio agricolo è considerato comunemente come territorio libero, cioè in attesa di essere riempito, occupato, colmato.
Non parliamo solo dell’abusivismo, antico male italiano che prende di mira alcuni luoghi della nostra penisola ma del consumo legale di suolo, quello che viene autorizzato in virtù di varianti e piani urbanistici, che espande man mano i confini delle città e realizza infrastrutture irrazionali che poi collega con strade e autostrade e bretelle creando non luoghi e cancellando valori identitari.
Una serie di fattori concorrono a questo uso dissipativo del suolo. Da un lato la pianificazione solitaria di migliaia di comuni che grazie allo sviluppo immobiliare tamponano nel breve termine i loro problemi di bilancio grazie agli oneri di urbanizzazione e all’applicazione dell’ICI che per i piccoli comuni può arrivare a rappresentare oltre il 50% delle entrate.
E’ forte la mancanza di un livello di pianificazione su una scala territoriale più vasta. Come del resto la crescita di valore dei suoli non è un fenomeno naturale ma la conseguenza di decisioni urbanistiche. Né si può comunque ignorare che molto del costruito è inutilizzato (capannoni, palazzi ad uso ufficio, case).
Anche la proposta delle città verticali, circondate da verde urbano non riduce il consumo di suolo. Il poco verde messo a disposizione dei cittadini non compensa il verde che viene invece divorato dallo sviluppo degli insediamenti diffusi e dalle infrastrutture connesse.
Occorre dire del resto che l’agricoltura periurbana è il vaso di coccio tra vasi di ferro. Fino ad oggi nessun provvedimento è stato preso per tutelare l’agricoltura produttiva nei pressi delle città, ad esempio la nuova PAC ha escluso le aziende agricole comprese nei territori urbani con densità di
popolazione superiore ai 200 abitanti quadrato dai finanziamenti destinati alla multifunzionalità (Asse III). E’ proprio in questi poli urbani che le funzione dell’agricoltura sono importanti perché costituiscono una barriera all’inquinamento, un mercato di prossimità di prodotti freschi, un supporto per lo svolgimento di servizi utili alla città e ai cittadini come la manutenzione del verde e l’offerta di servizi turistico ricreativi. Accade invece che piuttosto che continuare la propria attività molti imprenditori cedono di fronte alla proposta di vendere o fuggono di fronte alle proteste di cittadini infastiditi dalle attività agricole.
L’attività di conduzione agricola garantisce la manutenzione del 40% del territorio nazionale e la
sopravvivenza di alcuni dei contesti ambientali più rappresentativi del paese.
La terra è del resto solo uno degli elementi soggetti a continua distruzione.
Anche acqua e aria non stanno meglio, anzi per esse l’idea di una disponibilità illimitata è ancora più forte. La riduzione delle riserve d’acqua, a causa dei cambiamenti climatici si accompagna all’uso dissennato della stessa, imbrigliata a monte da un sempre maggior numero di operatori e deviata a valle dagli interventi edilizi, così che ogni anno la disponibilità per la produzione agricola è sempre più incerta.
L’agricoltura irrigua ha una rilevanza economica e sociale e importanti ricadute sul vasto indotto, sulla filiera agro alimentare e sull’occupazione; strettamente connesso alla valutazione economica deve essere considerato il ruolo fondamentale dell’irrigazione sull’assetto territoriale, principalmente attraverso il rimpinguamento delle falde idriche sotterranee cui attingono anche le altre utilizzazioni civili ed industriali, i riusi e gli usi plurimi delle acque irrigue e lo sgrondo delle acque meteoriche provenienti dai centri abitati, dalle industrie e dalle grandi infrastrutture (autostrade e ferrovie). Ma di non minore importanza sono i valori naturali, paesaggistici, storici, tradizionali e culturali dei territori di antica irrigazione, valori che è possibile tutelare soltanto attraverso la presenza di una agricoltura irrigua economicamente sostenibile.
L’uso dell’aria è ancora più dissennato. Nelle città i tassi d’inquinamento superano ampiamente i limiti consentiti mentre l’agricoltura che potrebbe contribuire ad assorbire quote importanti di CO2 viene sempre più allontanata da esse.
In questo quadro la situazione della Regione Lombardia desta non poche preoccupazioni per il consumo estremo di suolo in alcune aree, ormai prossimo al cento per cento, per l’elevato tasso d’inquinamento, per il ruolo che la Regione Lombardia vuole riservarsi nei conflitti tra parchi e comuni.
Eppure la Lombardia è al primo posto tra le regioni italiane in termini di contributo alla produzione agricola e a valore aggiunto nazionale. La filiera latte conta 18.000 addetti e 421 unità produttive, è al primo posto a livello nazionale. La filiera carni conta 12.00 addetti e 592 unità produttive. La
filiera vino 8.800 addetti e 219 unità produttive. Se poi prendiamo in considerazione tutte le filiere agroalimentari arriviamo a 200.000 addetti nella sola Lombardia. Il latte lombardo, che ai produttori viene pagato circa 35 centesimi al consumo raggiunge 1.45 e gran parte di esso viene destinato alle produzioni di formaggi Dop (grana padano, gorgonzola, provolone, parmigiano reggiano, taleggio, quartirolo, casera, bitto, formai de mut). Tutto questo patrimonio rischia di andare perso.
2. Lo sviluppo della domanda mondiale di prodotti agricoli
A partire da pochi mesi, i prezzi dei prodotti agricoli e del latte hanno ripreso a crescere dopo anni di immobilismo. Una crescita che oltre a contribuire ad una ripresa dell’inflazione mette in discussione le diete alimentari di alcuni paesi.
Alla base di ciò l’aumento della domanda di prodotti alimentari da parte di Cina e India che, grazie a tassi di crescita sempre più elevati, si sono avviati a modelli di consumi alimentari sempre più simili a quelli occidentali dando luogo a una richiesta di materie prime, come il latte, il frumento, il mais.
A livello europeo la sospensione del set aside, cioè dei terreni da mettere a riposo segnala improvvisamente i limiti della PAC immaginata in una fase ormai superata dagli ultimi avvenimenti
Improvvisamente viene meno una delle certezze dei paesi ricchi, quella della disponibilità illimitata di cibo. La crescita delle richieste alimentari delle nuove economie e il prevalere di preferenze ideologiche o religiose nella scelta dei partner commerciali, in modo indipendente dal potere di
acquisto, potrebbe farci ripiombare in una fase di carenza di cibo.
Questi scenari rilanciano il principio della garanzia dell’approvvigionamento alimentare in termini di sicurezza e quantità e quindi la necessità di aziende agricole efficienti.
3. L’impiego di prodotti e suoli agricoli per la produzione di energia
Le fonti energetiche rinnovabili di origine agricola sono direttamente commisurate alla disponibilità delle superficie di territorio coltivato. E’ necessario quindi definire delle priorità che realizzino il miglior valore aggiunto per le imprese agricole facendo salva la sostenibilità ambientale e sociale. Lo sviluppo delle agrienergie non può essere realizzato penalizzando le altre filiere agricole. Bisogna mettere in atto politiche che realizzino una crescita equilibrata delle agrienergie valorizzando il patrimonio forestale, utilizzando tutti gli scarti di produzione come le potature, le deiezioni zootecniche e tutti gli altri prodotti e infine recuperando le superfici a set aside per la produzione di colture energetiche. Dobbiamo quindi riaffermare il valore di una agricoltura
produttiva e sostenibile, che sappia coniugare al proprio interno tutte le espressioni della multifunzionalità, delle quali le agrienergie sono una parte importante ed innovativa.
Il paesaggio
Quali effetti avranno i fenomeni e le tendenze confliggenti delle nuove produzioni sul paesaggio, cioè quale paesaggio agricolo ci troveremo di fronte nei prossimi anni?
Al di là degli effetti omeostatici che la ripresa dei prezzi e delle produzioni agricole potrà avere sulla riconsiderazione del consumo di suolo dobbiamo cogliere l’occasione per riaffermare il valore del paesaggio come bene collettivo più prezioso, come luogo dell’agricoltura e come espressione dei caratteri identitari del nostro paese.
Non si tratta più di cosa si costruisce, della qualità del costruito, ma innanzitutto della sua quantità e si tratta di mettere l’agricoltura produttiva in grado di essere pienamente cosciente delle sue possibilità.
Abbiamo bisogno di un cambiamento culturale. Contrastare definitivamente la concezione del territorio agricolo come terreno libero da occupare o da svuotare, come risorsa illimitata. Contrastare l’idea che il paesaggio sia un bene di cui sia sufficiente un consumo virtuale, fotografico o che esso sia un bene importabile.
Tendenze e interventi
Abbiamo bisogno di grandi cambiamenti. Codici e tutela del paesaggio e dei paesaggi certamente, ma innanzitutto un’agricoltura produttiva come migliore garanzia della tenuta del paesaggio. Da questo punto la multifunzionalità è un punto di partenza ma essa è ancora poco conosciuta e sostenuta. Manca ancora lo sviluppo di un modello imprenditoriale agricolo per la sua diffusione.
Serve una maggiore collaborazione tra le discipline. Urbanisti, architetti, agronomi e economisti che dialoghino e che sappiano riconoscere la complementarietà dei differenti saperi.
Serve un quadro di riferimento per i comuni che vogliono scegliere politiche di sviluppo differenti e che considerano il paesaggio agricolo in una funzione di parco urbano, che riconoscono valore al paesaggio mediante oneri di urbanizzazione anche più elevati che si trasformino in maggiori risorse agli agricoltori perché modifichino le loro colture e rendano fruibili i loro campi ai cittadini. Prevedere entrate alternative agli oneri di urbanizzazione per quei comuni che tutelano il territorio.
Ciò darebbe spazio naturalmente alla vendita diretta dei prodotti agricoli e ad una agricoltura che essendo di prossimità è fortemente relazionata con le città che usufruirebbero di prodotti freschi e accessibili.
L’agricoltura oggi sta rivedendo anche i sistemi di produzione molto industrializzati, ma occorre che le risorse naturali, e cioè terra ed acqua, non siano fattori limitanti per la produzione agricola, come sono numerosi gli imprenditori agricoli che stanno ricostruendo i paesaggi agrari con impianti di siepi e filari tipici e ricostituzione degli ecosistemi.
La rete
Con la costituzione di ISTVAP abbiamo preso coscienza di realtà molto diverse.
Crediamo sia giunto il momento di mettere in rete le esperienze che in varie zone d’Italia si stanno portando avanti. Nell’ambito del Piano d’azione della Rete Rurale Nazionale si potrebbe prevedere l’istituzione di uno specifico network tematico dedicato all’agricoltura periurbana facendo leva
sulle diverse esperienze realizzate. Nell’ambito della Programmazione delle risorse FAS 2007-2013 destinate al Centro-Nord si potrebbe prevedere la messa a punto un Progetto Speciale di particolare interesse strategico sulla Governance del Paesaggio e degli spazi agricoli.
Nel mentre possono essere svolti alcuni passi.
– Censimento delle esperienze realizzate dai differenti soggetti (Università, Istituzioni Locali, Imprenditori agricoli, …)
– Censimento delle esperienze estere (Francia, Olanda, Germania,…)
– Costruzione di un data base e sua messa a disposizione
– Realizzazione di una piattaforma web di accesso alle risorse e diffusione delle informazioni
– Realizzazione di processi di osmosi e comunicazione tra i differenti soggetti (nuove figure professionali, nuovi ruoli nella PA,…)
– Individuazione di punti di riferimento stabili per la rete e per l’esterno
– Organizzazione di avvenimenti periodici di diffusione degli strumenti e della cultura.
Per questo lanciamo la proposta di una Rete nazionale delle esperienze di agricoltura periurbana.
Conclusioni
Il paesaggio rurale italiano è il risultato di una storia millenaria in cui molte civiltà e culture diverse si sono stratificate, costituendone l’identità culturale.
Un numero elevatissimo di piante, di tecniche di coltivazione, di tecniche irrigue che queste civiltà hanno portato in Italia rendendo unico il nostro paesaggi agrario italiano. L’agricoltura produttiva e la tutela del paesaggio non sono antitetici.
Il nuovo paesaggio non può che essere ancora una volta l’insieme delle identità culturali, del gran numero di biodiversità di spazi e di specie create, aggiunto alle produzioni di qualità, al turismo rurale e ai servizi del paesaggio.
Il nuovo paesaggio può essere solo quello dell’agricoltura produttiva, multifunzionale, responsabile che con le sue funzioni collabora con le città.
Senza di essa non può esservi paesaggio ma solo territorio che molto presto sarà preda dell’incendio grigio. Certo sulle sorti di questa agricoltura pesano contraddizioni, fenomeni internazionali fuori dal nostro controllo, fughe in avanti. Ciò ci impone di conoscerla ancora meglio e di capire che essa fa parte a pieno titolo del sistema economico e in quanto tale ne subisce conseguenze e condizionamenti. Ma se il paesaggio è il nostro bene più prezioso allora l’agricoltura in quanto determinante del paesaggio lo è altrettanto.
Parco Naturale Regionale Agricolo Sud Milano
(foto Toni Nicolini www.provincia.milano.it/parcosud)
Paola Santeramo, Presidente della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori di Milano e Lodi) e Presidente dell’ISTVAP, Istituto per la tutela e la valorizzazione dell’agricoltura periurbana.