di Francesca Ariano
Isolamenti di Yersinia pseudotuberculosis in provincia di Firenze
E’ stato effettuato uno monitoraggio per rilevare la presenza di malattie in animali selvatici, presenza di zoonosi e di eventuali animali serbatoio di infezioni.
Sono state esaminate le carcasse di animali, ovvero lepri, cinghiali e suini allevati o selvatici nella provincia di Firenze, che sono state rinvenute e portate all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle regioni Lazio e Toscana, per determinare le cause di morte.
In particolare abbiamo ricercato la prevalenza di pseudotubercolosi da Yersinia pseudotuberculosis, negli animali morti e rinvenuti nell’anno 2006, considerando non solo una diagnosi medica, ma abbiamo ricercato anche le eventuali cause ambientali, antropiche, ecc., quindi un discorso anche di ecopatologia della malattia.
L’ecopatologia è la disciplina che mette in relazione l’ambiente con i vari agenti patogeni; presentata per la prima volta alla conferenza internazionale a Clermont-Ferrand, Francia.
La pseudotubercolosi è una zoonosi, ovvero una malattia che è trasmissibile dagli animali all’uomo, con una distinta distribuzione stagionale, con più alte frequenze di comparsa nel tardo autunno, inverno e inizio primavera. Come già detto l’agente eziologico è Yersinia pseudotuberculosis e quasi tutte le specie animali possono esserne portatrici. Tra gli animali domestici il suino è considerato la più importante fonte di Yersinia. L’infezione prende origine dalla contaminazione dei locali di allevamento, dove il batterio rimane in vita per tre settimane; la trasmissione avviene per via oro-fecale, per la contaminazione, di alimenti e acqua, da feci di animali infetti. In più le mosche possono intervenire come vettori meccanici (Farina e coll., 1995).
La pseudotubercolosi non presenta sintomi tipici, si riscontrano sintomatologie che possiamo ritrovare in altre malattie, comunque abbiamo anoressia data da diarrea, debolezza e depressione dell’animale. Per quanto riguarda le lesioni si ha un enterite, un’ulcera intestinale combinata con un’infiammazione e rigonfiamento dei linfonodi ileociclocolici, anche i linfonodi mesenterici si gonfiano e provocano ascessi; il batterio si espande soprattutto nel fegato e attacca, in maniera minore, polmoni, milza, reni e midollo osseo; si può notare, in alcuni casi, negli organi ingrossati dei piccoli e circoscritti punti bianco-giallognoli.
Nell’uomo non è frequente anche se sono state riportate epidemie dovute al consumo di acqua o alimenti contaminati da feci di animali infetti; possiamo comunque riscontrare una linfoadenopatia reticolocitaria meseraica, che può simulare un attacco di appendicite acuta: si può intervenire con antibiotici, mentre in casi gravi si può arrivare ad un’appendicectomia.
Y. pseudotuberculosis, come già detto è l’agente eziologico, il 1° isolamento è stato effettuato nel 1883 da Malassez-Vignal, ma nel 1944 incluso nel genere Yersinia, dal nome di Alexander Yersin, che isolò per primo il batterio della peste (Yersinia pestis) nel 1894 (Holt, 1994).
E’ un enterobatterio appartenente alla famiglia delle Enterobacteriaceae, è un coccobacillo di 1-3 µm di lunghezza e di 0,5-08 µm diametro, Gram-negativo, chemioeterotrofo, ha metabolismo di tipo respiratorio e fermentativo, è catalasi-positivo, ossidasi-negativo, idrolizza il glucosio e riduce nitrati a nitriti, ha la caratteristica particolare di essere mobile a 30 ºC (grazie alle ciglia peritriche), mentre è immobile a 37ºC, è psicrofilo (optimum di sviluppo a 15-20 ºC), questo spiega la sua origine ambientale, e infine come tutti i batteri è diffuso ovunque (suolo, vegetali, acqua, ecc.) (Farina e coll, 1995; Euzéby, 2006).
Per quanto riguarda la terapia, profilassi e misure igienico-sanitarie, possiamo dire che tale malattia può essere trattata con antibiotici dopo test sulla sensibilità, perché alcuni ceppi batterici possono presentare antibioticoresistenza. Gli antibiotici utilizzabili sono streptomicina e tetracicline, ovviamente è consigliabile un’azione preventiva basata sulle norme igieniche generali e in particolare la lotta alle mosche e ai roditori, quali vettori, e un’appropriata disinfezione dei locali dopo ogni ciclo produttivo.
Materiali e Metodi
Il procedimento seguito per la ricerca della Y. pseudotuberculosis parte da l’autopsia dei soggetti pervenuti, secondo i procedimenti standard e la successiva analisi parassitologia, batteriologica e virologica. Trattandosi nel nostro caso di un batterio, ci interessa ovviamente l’analisi batteriologica, che prevede di routine delle semine su Agar Sangue, che è un terreno poco selettivo, dove crescono quasi tutti i batteri, viene incubato a 37°C per 24-48 ore, una semina su McConkey a 37°C per 24-48 ore, su Edwards Medium Agar a 37°C per 24 ore, si aggiunge Agar Cioccolato per la ricerca dei batteri emofili e infine su CIN che è il terreno specifico per la ricerca delle Yersinie, a 30°C per 24-48 ore (Bridson, 1998).
Le colonie hanno una tipica forma detta “ad occhio di bue”, un centro rossastro contornato da una zona traslucida, come si vede nella foto da me scattata, ma possono anche non presentare la forma tipica, ovvero manca la parte traslucida ed abbiamo quindi solo la parte centrale, rossa, di 2 mm (Holt, 1994; Owston e coll. 2006).
Ottenute le colonie si fanno dei test biochimici, ovvero la colorazione di Gram, per vedere se i batteri sono Gram-positivi o gram-negativi, il test dell’ossidasi, per vedere se presentano questo enzima, è un test molto semplice che si fa con uno stick contenente una soluzione con un indicatore, si mette a contatto lo stick con una colonia se si manifesta una colorazione violacea nel punto di contatto dello stick, la reazione sarà positiva (ossidasi-positivo), se non si ha nessuna colorazione la reazione sarà negativa (ossidasi-negativo).
Viene eseguito un altro test, quello della catalasi, che si basa sul fatto che l’enzima catalasi scinde l’acqua ossigenata (H2O2) in una molecola di acqua (H2O) e una di ossigeno (O2), si effettua attraverso l’utilizzo di un capillare, una sorta di tubicino, riempito di acqua ossigenata che viene appoggiato, all’estremità, su una colonia isolata dal terreno: se si formano delle bollicine, dovute al rilascio di ossigeno, la reazione è positiva, ovvero catalasi-positivo, viceversa è catalasi-negativo.
Ancora, si fa il test della mobilità, si fa una semina su SIM che viene incubato a 30°C e a 37°C, dato la caratteristica enunciata prima, per 24 ore e, si vedrà che a 30°C sarà mobile, ovvero le colonie saranno cresciute sparse nel terreno, a 37°C invece sarà immobile, le colonie saranno cresciute lungo la linea di inoculo.
Per quanto riguarda l’attività ureasica ci si avvale di un terreno (Urea Agar Base) che in 3-5 ore a 30°C evidenzia l’eventuale idrolisi dell’urea con una colorazione rosso-viola del terreno: tutte le Yersinie sono positive per questo enzima tranne Yersinia pestis e Yersinia ruckeri.
Dopo i vari test biochimici effettuiamo l’ultimo test per l’identificazione del batterio, il test Api 20 E, che è un kit miniaturizzato costituito da una decina di pozzetti contenenti diverse soluzioni, per effettuare tanti piccoli test, come la capacità di idrolizzare il glucosio, ecc., viene incubato a 37°C per 18-24 ore.
Identificato il batterio, viene eseguito l’antibiogramma, con il metodo di Kirby-Bauer, un esame per determinare la terapia mirata.
Oltre agli esami di routine, per i soggetti risultati positivi a Y. pseudotuberculosis è stata effettuata una valutazione riguardo alla tipologia ambientale della zona di ritrovamento e una valutazione climatica.
Risultati
Sono stati analizzati 38 soggetti, di cui 28 lepri: 13 allevate, 15 libere; 4 cinghiali, tutti allevati e infine 6 suini, anche questi tutti allevati.
I soggetti risultati positivi sono 3: 2 lepri e 1 suino (cinta senese).
Per quanto riguarda le lepri, una veniva dalla ZRC Lucignano (ATC 5 Fi), tra San Casciano Val di Pesa e Montespertoli, quindi territorio tipico del Chianti Fiorentino con presenza di vigneti, oliveti, presenza di bosco, di specie quercine; inoltre nella ZRC sono stati effettuati dei miglioramenti ambientali. La seconda lepre, libera, veniva da un ambiente simile a quello dell’altro soggetto, sempre presenza di bosco, non era però una riserva di caccia o di protezione.
Il suino veniva da un allevamento semi-estensivo (agriturismo), della zona della Rufina: gruppi di animali allevati prevalentemente all’aperto che avevano la possibilità di ricovero facoltativo; la loro alimentazione avveniva in punti prestabiliti, in prossimità del ricovero e con facoltà di alimentazione anche libera, in mezzo a boscaglia di specie quercine. Anche in questo caso possibilità di contatto con altre specie animali, selvatiche e non, le vie di trasmissione mediante l’abbeveraggio da corsi d’acqua o pozze naturali.
Gli animali nei quali è stato ritrovato Yersinia pseudotuberculosis sono stati rinvenuti nella seconda decade di Aprile, quindi fine inverno-inizio primavera, periodo indicato come favorevole per lo sviluppo della malattia, inoltre l’inverno era stato abbastanza perturbato, con temperature basse, discreta piovosità, fattori favorevoli per lo sviluppo della malattia, l’inverno, quindi, piuttosto rigido può essere stato, inoltre, un fattore di stress per gli animali, questo un punto in più a favore dell’infezione.
Conclusioni
Per la prima volta è stata rilevata la presenza di Yersinia pseudotuberculosis in provincia di Firenze, ma anche in Toscana.
La zona di ritrovamento degli animali infetti è molto simile però non sono state segnalate mortalità di rilievo negli animali, quindi probabilmente le Yersinie da noi trovate erano ceppi a bassa patogenicità; c’è da dire però che nel caso del suino al momento della scoperta della causa di morte è stata immediatamente consigliata, all’allevatore, la terapia da adottare e questo ha potuto contenere la malattia.
Bisogna tenere conto delle caratteristiche orografiche tipiche della provincia di Firenze, in più le condizioni climatiche, per quelle attività che prevedono lo spostamento di animali da un luogo ad un altro (es. ripopolamento). Pertanto, un controllo sanitario di animali selvatici da ripopolamento, da condurre in aree marginali o semi-estensive, come la provincia di Firenze, ma è un discorso che si può fare in generale, potrebbe evitare la propagazione di agenti patogeni per gli animali e per l’uomo.
Ancora, la lepre proveniente dalla ZRC era stata catturata, possiamo allora considerare la cattura come fonte di stress.
Per gli animali allevati allo stato semi-brado (es. cinta senese), dobbiamo considerare il potenziale contatto animale-uomo durante la filiera produttiva: Yersinia pseudotuberculosis, come già detto, è un agente zoonosico.
Le malattie emergenti legate alla fauna selvatica rivestono un ruolo molto importante, prima per gli animali perché una corretta gestione del monitoraggio sanitario contribuisce a prevenire e/o controllare patologie altrimenti inattese e per l’uomo perché molte di queste patologie sono zoonosi.
Bibliografia
– Bridson E. J.. The oxoid manual (8th Edition, 1998).
– Euzéby J. P. (2006). Dictionnaire de Bactériologie Vétérinaire. http://www.bacterio.cict.fr/bacdico/ee/enterobacteriaceae.html.
– Farina R., Scamozza F.. Trattato di malattie infettive degli animali. UTET (Torino, 1995).
– Holt J.G.. Bergey’s Manual of Determinative Bacteriology. (1994, 9th Etition). Ed. Williams and Wilkins, Baltimore.
– Marcato P. S., Rosmini R.. Patologia del coniglio e della lepre. (1986) Ed. Esculapio. Bologna.
– Owston M.A., Wu C.C., Ramos-Vara J.A.. Hepatic yersiniosis in a cougar (Felis concolor). (2006). J. Vet. Diagn. Invest. vol.18, p.511-513.
Francesca Ariano, laureata in Tutela e gestione delle risorse faunistiche presso l’Università di Firenze e iscritta al corso di laurea magistrale in Scienze e gestione delle risorse faunistico-ambientali. Curriculum vitae >>>