Lotta biologica alla Peronospora della Vite
di Carmine Mastroianni
Tratto da:
“La Peronospora della vite” – SafeCrop Centre, Via Mach 1 – 38010 San Michele all’Adige
Ilaria Pertot, Davide Gobbin, Silvia Dagostin, Alessandro Ferrari, Cesare Gessler
L’epoca industriale, nel suo evolversi turbinoso e veloce, ha travolto l’equilibrio degli ambienti naturali, sconvolgendo gli ecosistemi, tanto da determinare nella società una cultura del riflusso.
Questa evoluzione culturale ha permeato anche il mondo agricolo, cambiando notevolmente la coscienza degli agricoltori, sempre meno disposti ad usare prodotti chimici in modo indiscriminato e sempre più coscienti che l’abuso di tali prodotti avrebbe portato ad un impoverimento dell’ambiente agrario e quindi delle produzioni.
Sull’onda di una cultura sempre più attenta all’ambiente, si sta affermando anche nel settore del controllo delle avversità parassitarie, un bisogno di tecniche “naturali” che salvaguardino gli ecosistemi.
Nella logica di questa tendenza è comprensibile come negli ultimi anni si sia verificato un notevole aumento di richieste di mezzi biologici per combattere le avversità parassitarie delle colture agrarie.
La vite è una pianta coltivata fin dall’antichità nei paese del bacino del Mar Mediterraneo.
In Italia la vite è coltivata in tutte le regione dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, in quanto si adatta con le numerose varietà ed i relativi portainnesti , alle diverse situazioni di clima e terreno.
La vite europea (Vitis vinifera sativa) appartiene al genere Vitis, famiglia Vitacee o Ampelidee, ordine Rhamnales, sottoclasse Archiclamidee, classe Dicotiledoni.
La vite è una delle piante coltivate più attaccate da parassiti fungini e animali (insetti, acari); non è inoltre esente da attacchi di virus, micoplasmi e batteri.
I principali parassiti del vigneto si possono distinguere in: parassiti fungini; parassiti animali;virus, micoplasmi e batteri. Tra i parassiti fungini abbiamo la Peronospora.
La peronospora è una delle patologie della vite europea (Vitis vinifera). Fu segnalata per la prima volta in Europa nel 1878, dove probabilmente fu importata dall’America attraverso il materiale di propagazione resistente alla fillossera.
Plasmopara viticola, l’oomicete che causa la malattia, penetra nei tessuti dell’ospite attraverso le aperture stomatiche e colpisce quindi tutti gli organi erbacei della vite su cui sono presenti gli stomi.
La specie Plasmopara viticola ha riproduzione gamica per anteridi e oogoni; micelio cenocitico diploide.
La peronospora colpisce tutti gli organi erbacei della vite: foglie, germogli, infiorescenze ed infruttescenze.
Le foglie come conseguenza dell’infezione presentano chiazze tondeggianti sulla pagina superiore, con colorazioni che vanno dal verde chiaro al giallastro.
Con l’avanzare dell’incubazione, le lesioni assumono un aspetto traslucido definito “a macchia d’olio” e determinato dallo sviluppo del micelio nei tessuti fogliari.
In condizioni di elevata umidità, sulla pagina inferiore, in corrispondenza delle macchie d’olio compare un feltro miceliare biancastro, da tipico aspetto di muffa bianco-grigiastra.
Infine la macchia, per il completamento del ciclo fungino, necrotizza.
Attacchi massicci di peronospora possono determinare gravi filloptosi, con la perdita totale delle foglie nei casi più gravi.
Archivio SafeCrop Centre, Istituto Agrario di San Michele all’Adige
Yigal Elad, Antonella Vecchione, Luca Zulini
In condizioni ambientali particolarmente favorevoli alla patogenesi, sulle foglie si possono osservare sia la sporulazione, sia la necrosi senza la precedente formazione della macchia d’olio.
Un’altra sintomatologia che si può riscontrare sulle foglie è quella a “mosaico”. Tale sintomatologia è tipica della stagione estiva. I sintomi si manifestano come piccole macchie clorotiche localizzate soprattutto vicino alle nervature e sparse su tutto il lembo. Anche in questo caso sulla pagina inferiore della foglia si notano piccoli ciuffi di micelio in corrispondenza della mosaicatura.
Sui grappoli gli attacchi di peronospora sono particolarmente gravi in quanto determinano una riduzione della produzione sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
L’infezione precoce dell’infiorescenza determina imbrunimento e ripiegamento ad uncino (o ad “esse”) della parte terminale del raspo.
Similmente a quanto avviene sulle foglie, in caso di pioggia o elevata umidità, raspo e racimoli vengono ricoperti dalle fruttificazioni biancastre del patogeno.
Gli attacchi di Plasmopara viticola sui grappoli in post-fioritura possono manifestare due diverse sindromi (marciume grigio e marciume bruno) in funzione dell’epoca d’attacco, dell’età dei grappoli e dell’umidità ambientale.
Archivio SafeCrop Centre, Istituto Agrario di San Michele all’Adige
Yigal Elad, Antonella Vecchione, Luca Zulini
Nei grappoli giovani la via di entrata del patogeno è rappresentata dagli stomi degli acini, dei raspi, dei racimoli e dal cercine calcinare.
L’infezione del giovane grappolo determina allessamento e ripiegamento ad “esse” del rachide.
In seguito compare una muffa bianco-grigiastra emessa dagli stomi e fessurazioni della buccia degli acini.
Questa manifestazione (marciume grigio) è tipica delle infezioni primaverili. Non appena l’acino raggiunge un diametro di circa 2 mm, i suoi stomi atrofizzano e quindi l’acino può essere infettato solo per via indiretta attraverso il peduncolo. In questo caso la colonizzazione degli acini è possibile fino all’invaiatura e si manifesta con una sintomatologia conosciuta come marciume bruno o “peronospora larvata” poiché non porta allo sviluppo di muffa. Gli acini imbruniscono, perdono di turgore e avvizziscono fino al disseccamento.
La peronospora larvata si manifesta solitamente nelle estati fresche e piovose, cioè in condizioni che consentono estesi attacchi tardivi.
I germogli erbacei sono attaccati soprattutto vicino ai nodi, o in maniera indiretta, attraverso infezioni dei piccioli fogliari.
Tutti gli organi verdi, con stomi differenziati ed attivi, possono essere colpiti. Le porzioni colpite presentano allessature ed imbrunimenti.
La fine del ciclo fungino è caratterizzato dalla comparsa di muffa biancastra.
Con l’avanzare del processo di lignificazione diminuisce la recettività dei tralci e i sintomi sono caratterizzati da lesioni dei tessuti corticali e piccoli cancri.
Nel complesso i danni da peronospora dipendono dalla fase fenologica e dal momento dell’infezione.
Questa patologia determina un generale deperimento sanitario della pianta che diventa più suscettibile ad altre fitopatie e causa una riduzione delle riserve nutritive della pianta determinando una potenziale perdita di produzione anche nelle annate seguenti.
Archivio SafeCrop Centre, Istituto Agrario di San Michele all’Adige
Yigal Elad, Antonella Vecchione, Luca Zulini
Tutti i vitigni di V. vinifera sono suscettibili alla peronospora ed è impossibile ottenere una produzione quantitativamente e qualitativamente valida, da un punto di vista economico, senza ricorrere all’uso di mezzi di difesa attivi.
Nella gestione di questa malattia è opportuno considerare preliminarmente il livello base di rischio peronosporico collegato alle caratteristiche pedologiche dell’area in cui si opera.
Gli ambienti più soggetti agli attacchi sono quelli nelle aree di pianura delle regioni settentrionali, dove le precipitazioni sono in genere più abbondanti e hanno un effetto favorevole più marcato sul ciclo biologico del patogeno.
In questi ambienti la limitata disponibilità di antiperonosporici può determinare difficoltà nella gestione della malattia nelle annate più piovose.
Invece nelle aree collinare del Nord e nella maggior parte di quelle delle regioni centro-meridionali la difesa antiperonosporica della vite può essere gestita più agevolmente anche in agricoltura biologica.
In viticoltura biologica il rame è l’unico antiperonosporico di accertata efficacia autorizzato in Italia e data la limitazione d’uso dello stesso, è particolarmente difficile in certe annate controllare con efficacia l’infezione primaria, pertanto può essere importante prestare particolare attenzione alle infezioni secondarie, maggiormente responsabili di un danno diretto alla coltura.
Il sistema di produzione biologico costituisce un metodo particolare di produzione al livello delle aziende agricole che si basa sul rispetto dell’equilibrio biologico e non ammette l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.
La fertilità e l’attività biologica del suolo devono essere mantenute o aumentate in primo luogo mediante: la coltivazione di leguminose o di vegetali con apparato radicale profondo nell’ambito di un programma di rotazione pluriennale; l’incorporazione di letame proveniente da allevamenti biologici; l’incorporazione di altro materiale organico di origine biologica.
La lotta contro i parassiti, le malattie e le piante infestanti si impernia sulle seguenti misure: scelta di specie e varietà adeguate; programma di rotazione appropriato; coltivazione meccanica; protezione dei nemici naturali dei parassiti favorendo luoghi per nidificare, siepi ecc.; eliminazione delle malerbe mediante bruciatura.
Il Regolamento (CE) n. 2092/91 e successive modifiche e integrazione rappresenta il quadro normativo comunitaria in materia di produzione, etichettatura e controllo in agricoltura biologica.
La vite è una delle prime colture che ha interessato gli agricoltori biologici dell’area mediterranea.
È dall’intuito e dalla sensibilità di questi agricoltori, da tecnici stanchi di essere dei distributori di ricette chimicamente miracolose, da ricercatori, sperimentatori e da tutto un mondo di soggetti sensibili alla salvaguardia dell’ambiente, che l’agricoltura biologica ha acquistato la giusta credibilità e funzionalità.
Il rame oltre ad essere stato uno dei primi fungicidi scoperti, possiede delle caratteristiche che ne favoriscono ancora un ampio uso ed è per questo che in viticoltura vanta una lunga tradizione.
Il rame è un prodotto di grande utilità non solo nella lotta biologica. Il rame non è però privo di effetti collaterali e può causare fenomeni di fitotossicità. Il rame essendo un metallo pesante, possiede un’elevata capacità di accumularsi nel suolo.
Esistono diversi preparati contenenti rame, solitamente formulati come Sali o come complessi con altre molecole, che liberano il rame come ione Cu 2+ e migliorano l’assorbimento o l’aderenza alla pianta.
Tra questi fungicidi abbiamo: solfato di rame, poltiglia bordolese, composti di rame con l’ossigeno, ossicloruro di rame, idrossido di rame, peptidato di rame, cloruro di rame e cloruro rameoso, tallato di rame, gluconato di rame.
Il solfato di rame si presente in natura come calcante, commercializzato con il nome di vetriolo azzurro, è probabilmente il più importante tra i Sali di rame e viene utilizzato in agricoltura come pesticida, germicida e come integratore di rame per il terreno. Si presenta sottoforma di cristalli blu; ha un pH acido compreso tra 3,7 e 4,5 ed è solubile in acqua.
Usato tal quale, ha scarsa aderenza ed presenta elevata fitotossicità.
La poltiglia bordolese è un fungicida storico che in passato veniva solitamente preparato al momento dell’utilizzo a partire da solfato di rame, idrossido di calcio e acqua, mentre oggi viene commercializzato in formulazioni contenenti il 20-25% di rame metallo.
Questo fungicida è ampiamente utilizzato nella lotta alla peronospora della vite.
La poltiglia bordolese è un preparato le cui caratteristiche possono cambiare al variare del pH. Tale variazione dipende dalla concentrazione di calce viva utilizzata per alzare il pH.
La poltiglia non dovrebbe essere molto acida in quanto rende solubile il metallo causando fitotossicità.
Composti del rame con l’ossigeno: esistono due forme di composto del rame con l’ossigeno (Cu2O e CuO), chiamati ossidi.
L’ossido rameoso (Cu2O), si trova in natura come cuprite.
Leggermente fitotossico per la pianta, viene usato preferibilmente in estate. È praticamente insolubile in acqua e nei solventi organici, solubile in soluzioni di ammoniaca e non è in grado di aderire bene alla pianta.
L’ossicloruro di rame in natura è presente come atakmite.
Per la difesa delle piante si usano solitamente l’ossicloruro di rame e calcio e l’ossicloruro tetraramico: il primo ad azione più veloce mentre il secondo con azione più lenta ma con maggior tempo di persistenza sulla pianta.
L’ossicloruro di rame ha azione di contatto, è scarsamente fitotossico e svolge un’azione fungicida paragonabile a quella della poltiglia bordolese. Presenta una solubilità in acqua molto scarsa e quindi per i trattamenti si utilizzeranno formulati sottoforma si sospensioni.
L’idrossido di rame è ottenuto trattando a freddo i Sali di rame con un idrossido alcalino, come l’idrossido di potassio.
In questo modo si ottiene un precipitato azzurro con un contenuto di acqua variabile e il 50% di rame metallico.
L’idrossido di rame è un formulato con azione quasi istantanea ed è molto utile quando si ritiene necessario un intervento rapido e tempestivo.
La fitotossicità di questo principio attivo sembra essere legata alla concentrazione usata e alle condizioni climatiche presenti al momento del trattamento. Una vegetazione umida aumenta il rischio di riscontrare effetti tossici.
L’idrossido di rame è meno fitotossico ma allo stesso tempo meno persistente della poltiglia bordolese.
Il peptidato di rame è un composto molto importante perché, a parità di efficacia con gli altri prodotti rameici, permette di ridurre la quantità di rame metallo utilizzata, riducendo l’impatto ambientale.
È composto da proteine e rame in quantità pari al 5%. Possiede gli stessi effetti dei classici composti del rame.
La veloce penetrazione e l’elevata capacità d’azione però sono causa anche della fitotossicità che deriva dall’aumentato assorbimento del rame.
La fitotossicità aumenta nel caso in cui la stagione si presenti fredda e piovosa, ma anche calda e umida.
Ad oggi le formulazioni a base di rame sopra descritte sono le uniche ammesse in agricoltura biologica.
Il cloruro di rame (CuCl2)si presenta come una polvere giallo-marrone se anidro, e verde se diidrato. È solubile in acqua e in cloruro di ammonio.
Il cloruro rameoso (CuCl o Cu2Cl2) si presenta invece in cristalli tetraedrici di colore verde ed è insolubile in acqua.
Viene utilizzato come fungicida e come agente trattante e preservante del legno.
Il tallato di rame è un prodotto ottenuto dalla combinazione di resine e acidi grassi derivanti dal legno di pino, con l’idrossido di rame.
L’olio di pino consente di aumentare l’efficacia del rame conferendo al preparato un’adesività elevata che consente una maggiore permanenza sulla pianta.
I tallati di rame presentano fitotossicità solo in caso di sovradosaggio.
Il gluconato di rame è un nuovo formulato a bassa concentrazione di rame, ancora in fase di sperimentazione (8% Cu 2+), registrato attualmente soltanto come fertilizzante fogliare.
La sua azione nei confronti della peronospora si esplica a dosaggi di rame molto bassi.
I risultati ottenuti con questo tipo di prodotto sono del tutto paragonabili a quelli del classico idrossido di rame, ma differenza di quest’ultimo consente di rispettare il limite legale di rame consentito dal regolamento europeo.
Non ha evidenziato danni di fitotossicità né su foglia né su grappolo.
I fungicidi non contenenti il rame, riducono il quantitativo di rame utilizzato e quindi immesso nell’ambiente, ma molti di loro sono stati valutati solo sperimentalmente e non sono facilmente reperibili commercialmente.
Questi composti non hanno un’azione paragonabile a quella del rame e di altri fungicidi di sintesi e molti possono essere validi solo nel caso di bassa pressione della malattia e con precisa tempistica.
Tra questi fungicidi abbiamo: il silicato di sodio, i fosfiti e fosfonati, l’acido salicilico, le farine di roccia (algamonite), propoli, fungicidi microbiologici, Olio di Neem, Equiseto, Inula viscosa, bicarbonato di sodio e di potassio, perossido d’idrogeno o acqua ossigenata, oli, estratti acquosi, permanganato di potassio e il chitosano.
Il silicato di sodio, quindi il silicio, con il 26 %, è il secondo elemento in ordine di abbondanza sulla crosta terrestre e nel terreno si trova generalmente in quantità compresa tra 30 e 40 mg/l.
I silicati si ottengono dalla fusione di SiO2 (sabbia) e carbonato di sodio Na2CO3.
Il meccanismo d’azione del silicato di sodio sembrerebbe avere un duplice effetto, sia a livello fogliare, formando una pellicola inorganica dura in grado di ostacolare l’attività dei parassiti e limitando però la traspirazione, sia in modo fisiologico, tramite un meccanismo di traslocazione, interferendo con i normali processi vitali della pianta.
I silicati sono compatibili con l’agricoltura biologica, in quanto il silicio viene continuamente rimosso dal terreno attraverso l’assorbimento da parte della pianta, e tramite la lisciviazione, nota come processo di desilicazione.
Le condizioni per l’uso devono prevedere un’utilizzazione massima pari al 2 % in volume, diluito in acqua, di prodotto commerciale con una concentrazione del 30% di principio attivo. L’efficacia nei confronti della peronospora però è del tutto insoddisfacente.
Per quanto riguarda i fosfiti e fosfonati, gli ingredienti attivi dei composti di Sali di fosfato sono il potassio diidrogenofosfato e il potassio fosfato.
Sono entrambi Sali dell’acido fosforico o fosforoso.
Sembra che il meccanismi d’azione dei prodotti a base di Sali sia diretto sul metabolismo aminoacidico, sulla composizione proteica, sulla riduzione del pool nucleotidico, e indiretto con lo stimolo alla produzione di sostanze di difesa nella pianta ospite.
Essi agiscono anche direttamente sul fungo, inibendo la crescita del micelio, riducendo la sporulazione, modificando la struttura del micelio tramite alterazione del contenuto di acidi grassi liberi e degli aminoacidi delle cellule di parete.
Per la loro azione traslaminare, la loro elevata capacità di essere assorbiti e la loro conseguente efficace attività inibitoria sono considerati degli ottimi fungicidi.
Presentano bassa tossicità e basso costo.
I Sali di fosforo sono utilizzati in agricoltura come concimi fogliari per via del loro contenuto di fosforo e potassio. L’azione secondaria di questi composti contro la peronospora della vite è stata provata da numerosi studi condotti in Italia, Austri, Svizzera e Germania. Essi non possono essere però utilizzati in agricoltura biologica.
L’ acido salicilico è presente nelle piante in piccole quantità. Sembra che sia in grado di aumentare la resistenza delle piante alle malattie.
L’acido salicilico può essere ritenuto un’alternativa al rame per combattere la peronospora e si può usare prima e durante la fioritura. L’efficacia però risulta soddisfacente solo in condizioni di bassa pressione della malattia.
La farina di roccia è composta principalmente da acido salicilico. Gli altri componenti in qualità e quantità variano a seconda della roccia macinata (basalto, granito, dolomia, algamonite del Brasile) e possono essere magnesio, calcio, microelementi quali ferro, rame e molibdeno.
Si usano come protettivi, sia in campo che in serra.
La polvere di roccia mostra anche un’azione meccanica nei confronti dei patogeni.
La loro azione non è paragonabile al rame ma l’utilizzo di algamonite in dosi di 1000-1500 g/ha ha dimostrato di essere in grado di contenere l’attacco di peronospora in maniera modesta se confrontato con i classici fungicidi.
Il propoli è un derivato dell’elaborazione, da parte delle api, di sostanze di natura resinosa, gommosa e cerosa presenti nei tessuti di una grande varietà di piante arboree tra cui il castagno, salice, ippocastano, pioppo, abete, quercia e frassino.
Contiene composti di natura fenolica che manifestano proprietà fitostimolanti, favoriscono l’autodifesa della pianta e potenziano l’azione di alcuni antiparassitari.
Per quanto riguarda i fungicidi microbiologici, alcuni funghi o batteri, non dannosi per la pianta, possono essere usati per proteggerla dai patogeni che la infestano.
L’antagonismo microbico si basa in generale sui meccanismi di predazione, iperparassitismo, antibiosi e competizione, che possono avvenire singolarmente o in contemporanea.
La competizione si ha quando le due specie necessitano degli stessi substrati per vivere, sia che si per il di cibo che di spazio o altre risorse.
Nell’antibiosi si ha la produzione di una o più sostanze tossiche che inibiscono o provocano la morte di altri microrganismi, mentre l’iperparassitismo prevede che uno dei due organismi parassitizzi l’altro.
Contro la peronospora della vite sono stati studiati microrganismi come Bacillus licheniformis, in grado di produrre delle sostanze volatili.
Altri organismi quali Streptomyces e Bacillus subtilis sembrano avere una buona azione antagonista nei confronti della peronospora.
Fusarium proliferatum riduce la produzione di sporangi e previene la sporulazione del patogeno.
Attualmente non sono presenti sul mercato fungicidi microbiologici attivi contro la peronospora della vite.
L’olio di Neem è un agrofarmaco botanico estratto dalla specie arborea Azadirachta indica che è una pianta di origine asiatica, appartenente alla famiglia delle Meliaceae. Essa, e diverse specie affini, contengono diversi principi attivi che vengono definiti limonoidi. Queste sostanze possiedono una notevole attività biologica nei confronti sia degli insetti che di altri organismi.
L’estratto intero risulta attivo contro insetti, acari, nematodi e funghi.
Questo limonoide sembra avere anche azione fungicida in grado di combattere alcune crittogame tra cui la peronospora o la botrite.
Il suo meccanismo d’azione fungicida sembra essere dovuto al suo contenuto in derivati di zolfo.
Per quanto riguarda l’equiseto, la pianta da cui viene estratto (Equisetum arvense) è una delle poche piante che necessitano di quantità molte elevate di silicio per la sopravvivenza. Questo fa si che i suoi estratti siano ricchi in questo minerale (15-40 %).
La sua azione fungicida è dovuta principalmente al silicio.
Esso può essere utilizzato come tale oppure in miscela con fungicidi a base di rame, zolfo o con prodotti a base di ortica.
L’inula viscosa è una pianta della famiglia delle Compositae che vive nella regione mediterranea.
L’estratto ricavato dalle sue foglie sembra avere un attività erbicida anche se esperimenti in vitro e in vivo hanno dimostrato che questa pianta possiede proprietà fungicide nei confronti di Oomiceti, Ascomiceti e Basidiomiceti.
L’attività fungicida sembra essere dovuta alla presenza di sette terpeni, di cui la maggior parte a carattere liofilo.
Se spruzzati sulla superficie fogliare questi estratti controllano efficacemente l’attacco di peronospora sulla vite, fino ad una percentuale del 90 % se l’estrazione viene eseguita con acetone e esano.
Il bicarbonato di sodio è una sostanza naturale, non tossica in grado di controllare alcuni funghi.
Il sale di potassio invece è un prodotto sintetizzato partendo dall’idrossido di potassio.
Il primo è un prodotto commerciale, poco costoso e poco tossico, ma deve essere applicato alla pianta con l’aggiunta di un bagnante.
L’azione del bicarbonato di potassio sembra dovuta al danneggiamento della membrana delle cellule nelle spore e allo spostamento del pH della linfa a un valore di circa 6,4 incompatibile con la vita dei funghi. Sembra avere una certa efficacia contro la peronospora.
Il perossido di idrogeno o acqua ossigenata (H2O2) viene menzionato come agente preventivo contro la peronospora. Esso possiede un’elevata biodegradabilità, poca fitotossicità ed è in grado di uccidere le spore dei funghi con un meccanismo di contatto, ma ha una persistenza limitatissima.
Per quanto riguarda gli Oli, gli oli minerali, oli essenziali, vegetali e acidi grassi, possono essere usati contro gli attacchi degli insetti e contro gli attacchi fungini.
Gli oli proteggono dagli attacchi fungini tramite un’azione idrorepellente che rende difficile l’apporto di acqua al fungo e di conseguenza la sua crescita.
Un formulato di questa famiglia è lo Stylet-oil, un olio minerale considerato fungicida e insetticida.
La fitotossicità di questo prodotto si ha se viene usato ad una temperatura inferiore ai 10°C o sopra i 32°C, su piante in condizioni di stress.
Uno dei problemi che quest’olio può dare è la rimozione delle cera dagli acini riducendone l’estetica, ma sembra non modificare la qualità del vino.
Gli estratti acquosi contengono un elevato numero di prodotti microbici e microbi quali gli actinomiceti in grado di competere con i funghi patogeni e limitarne la loro diffusione.
Gli estratti sembrano avere azione fungistatica.
Il permanganato di potassio è un sale, il più comune tra i Sali di manganese.
La sua attività fungicida e battericida si esplica immediatamente tramite ossidazione della materia organica e conseguente sua degradazione.
Il permanganato di potassio apporta potassio che migliora la crescita della pianta.
Il sale di manganese è poco tossico per l’uomo, ma l’uso comporta il rischio di residui in quanto l’ossido di manganese derivante dalla reazione di ossido-riduzione con la sostanza organica è insolubile in acqua, inerte e non viene assorbito dalle piante.
È molto fitotossico e si consiglia di non superare i 300 g/hl sulla vegetazione visto che, anche a bassa concentrazione può macchiare i frutti.
Il permanganato di potassio può essere utilizzato con zolfo, ossido di rame, ma non con microrganismi e concimi fogliari.
È un prodotto molto corrosivo per le macchine usate per l’esecuzione degli interventi.
Il chitosano (poly-D-glucosamina) è uno dei più comuni polimeri che si trovano in natura.
Viene isolato dall’esoscheletro dei crostacei ed è presente anche negli insetti e in alcuni altri organismi quali funghi, alghe e lieviti.
Nelle piante il chitosano agisce sia come regolatore di crescita che come induttore di resistenza.
Il chitosano è utilizzato principalmente per la difesa delle piante da peronospora, oidio e botrite. Non sono stati rilevati problemi di fitotossicità.
Per quanto riguarda le strategie per ridurre l’impiego del rame è da dire che i prodotti a base di rame determinano apporti molto diversi a seconda del contenuto percentuale e del dosaggio a cui vengono utilizzati.
In viticoltura biologica è possibile ridurre i dosaggi di rame seguendo opportune precauzioni.
È importante proteggere adeguatamente la vegetazione sin dalle prime infezioni in primavera. Con vitigni sensibili alla malattia è opportuno intervenire in modo preventivo non appena la pianta raggiunge lo stadio in cui è suscettibile alla malattia (germoglio della lunghezza di 10 cm).
La presenza di sporulazioni attive può essere monitorata, scegliendo una decina di macchie d’olio da cui ogni mattina le nuove sporulazione devono essere lavate via con acqua. La presenza di sporangi al mattina indica che il patogeno è attivo e che nuove infezioni possono avvenire in caso di piogge nelle ore seguenti.
Dosaggi più bassi come 360 g Cu/ha, sono utilizzabili in caso di basso rischio di precipitazioni ed in caso di interventi frequenti.
Con 600 g Cu/ha di solito si ottiene una protezione sufficiente in periodi di crescita media e precipitazioni non abbondanti.
Quando sono previste precipitazioni abbondanti e o più giorni di pioggia, soprattutto nelle fasi di elevata sensibilità della pianta, è meglio scegliere dosaggi cautelativi di 800-1000 g Cu/ha.
Le previsioni meteorologiche sono di estrema importanza e vanno verificate giornalmente.
Come già detto varie volte il rame è dannoso per la microflora e microfauna del terreno e di conseguenza non sarebbe compatibile con l’agricoltura biologica.
La giustificazione del suo inserimento nell’Allegato II del regolamento CE n. 2092/91 va cercata nel fatto che è un metallo esistente in natura e di utilizzo tradizionale in agricoltura.
Nonostante ciò sappiamo che il suo uso eccessivo può portare a problemi di inquinamento dei suoli e rischi di fitotossicità.
Purtroppo tutti gli studi fatti finora non hanno portato all’individuazione di un prodotto alternativo al rame che ne eguagli l’efficacia e i bassi costi e sia accettabile nell’agricoltura biologica.
Sono in corso di sperimentazione molti prodotti naturali.
Gli agenti di difesa biologica o anche noti con la traduzione impropria dall’inglese di “agenti di biocontrollo” sembrerebbero costituire una potenziale alternativa all’utilizzo del rame e dei fungicidi non solo in agricoltura biologica, ma anche in quella convenzionale.
Attualmente nei confronti della Plasmopara viticola non esiste alcun prodotto microbiologico commerciale disponibile.
Nonostante esistano alcuni microrganismi efficaci nell’inibire la germinazione degli sporangi e delle oospore della peronospora e nel ridurre l’infezione, l’utilizzo esclusivo di essi non riuscirebbe a garantire un’adeguata protezione dalla malattia.
I motivi sono da ricondursi nel breve periodo in cui i microrganismi sono attivi sulla foglia prima di essere degradati, nelle scarse conoscenze per il loro impiego ottimale, nella dipendenza eccessiva dalle condizioni ambientali.
Per quanto riguarda la resistenza indotta le piante non possiedono un sistema immunitario come gli animali, ma sono in grado di rispondere agli attacchi dei patogeni mediante l’attivazione di numerosi meccanismi di difesa.
Nel lungo periodo il miglioramento genetico tradizionale per vitigni resistenti e o tolleranti potrebbe portare risorse nuove per la riduzione dell’uso del rame grazie ad una minore sensibilità della pianta nei confronti del patogeno. Poiché la resistenza a plasmopara viticola è nota solo in specie diverse dalla Vitis vinifera, il ricorso a ibridi rappresenta un passaggio obbligato che richiederà, per lo meno in Italia, la revisione della normativa sulla vinificazione.
Come emerge da quanto detto fin’ora il rame è un fungicida difficilmente sostituibile in agricoltura biologica.
In caso di bassa pressione della malattia si può attuare una strategia di difesa senza rame facendo attenzione a distribuire i vari fungicidi nei periodi fenologici più adatti e tenendo conto delle lori caratteristiche.
Nel caso di alta pressione di Plasmopara viticola invece i prodotti non garantiscono un sufficiente contenimento del patogeno e il ricorso a trattamenti a base di rame risulta essere necessario.
Le prospettive che si aprono però non sono del tutto insoddisfacenti se si considerano le caratteristiche positive dei singoli prodotti.
Occorrono ancora sperimentazioni per trovare delle valide alternative al rame ed è probabilmente impensabile eliminare nel breve periodo il metallo dai protocolli di difesa in viticoltura biologica.
Tratto da:
“La Peronospora della vite” – SafeCrop Centre, Via Mach 1 – 38010 San Michele all’Adige
Ilaria Pertot, Davide Gobbin, Silvia Dagostin, Alessandro Ferrari, Cesare Gessler
Carmine Mastroianni è laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie con una Tesi dal titolo “Lotta biologica alla Peronospora della Vite”, relatore Prof.ssa Monica Targasi, presso l’Università G. Marconi di Roma. Dall’anno 2000 è impiegato presso la Confagricoltura (Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana) – Unione Provinciale Agricoltori di Caserta. E’ membro del Consiglio direttivo del Parco Regionale del Matese e componente della Commissione per la valutazione dei danni alle produzioni agricole presso la Provincia di Caserta. Curriculum vitae >>>
Viticoltura ed Enologia biologica Attingendo alle competenze specialistiche di diversi Autori, il CRPV fa il punto della situazione della filiera vitivinicola biologica, analizzandola in tutti i suoi aspetti, a partire da quelli legati ad una “naturalità” da ricercare nel vigneto biologico. Acquista online >>> |