Agriturismo e gestione aziendale
REQUISITI PREVISTI E CRITERI SELETTIVI
di Nicola Galluzzo
Introduzione
L’istituzione formale e normativa dell’attività agrituristica trova il proprio fondamento giuridico e riconoscimento nella Legge 730 del 5 dicembre 1985 con la quale il legislatore italiano ha inteso riconoscere un ruolo diverso all’impresa agricola, consentendo all’imprenditore agricolo la possibilità di poter affiancare, alla normale attività produttiva di beni alimentari e di derrate, quella di struttura economica multifunzionale capace di svolgere attività di ristorazione, ospitalità e ricreativa entro determinati limiti di tempo definiti che salvaguardino il rapporto di connessione e complementarietà tra attività agricola e attività agrituristica.
In base ai dettami costituzionali la legge nazionale ha costituito solo una norma base e a carattere generale, ossia una legge cornice di indirizzo, cui le regioni si sono dovute attenere per poter procedere, in base alle deleghe ad esse assegnate in materia agricola dalla Costituzione italiana, alla promulgazione di specifiche leggi regionali capaci di normare l’attività agrituristica, rendendola calzante alle caratteristiche socio-economiche del territorio regionale. Tutto ciò è avvenuto non in maniera contemporanea e uniforme su tutto il territorio nazionale, il che ha comportato, in alcuni casi, un vuoto legislativo che si è concluso solo negli anni novanta. Con la nuova legge nazionale, emanata nel mese di febbraio 2006 (Legge 96/2006), il legislatore nazionale ha previsto un obbligo specifico per le regioni affinchè procedano alla emanazione di opportuni provvedimenti. Al momento attuale solo poche regioni hanno provveduto ad emanare delle leggi regionali per regolamentare tale materia e solo pochissime hanno provveduto ad integrare la normativa regionale, emanando un apposito regolamento attuativo, a supporto delle legge regionale e capace di definire dei criteri operativi applicativi.
Caratteristiche soggettive e oggettive dell’imprenditore agriturista
Per poter svolgere l’attività agrituristica, condizione necessaria ma non sufficiente, risulta essere l’iscrizione ad un apposito elenco provinciale previa presentazione di una specifica istanza all’amministrazione provinciale di competenza cui la materia è parzialmente delegata. Un requisito imprescindibile previsto per l’iscrizione all’albo è il possesso della qualifica di imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del Codice Civile. Secondo tale articolo, imprenditore agricolo è colui che svolge una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e altre attività connesse; queste ultime sono state introdotte e ampliate, in maniera sostanziale, dal Decreto legislativo 228/2001 che ha consentito ad alcune di queste attività connesse di venire giuridicamente riconosciute, perché ritenute in grado di inserirsi, in maniera coerente, con l’attività agricola tal quale, ossia la manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli e che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale.
In questo caso il legislatore ha utilizzato un criterio di selezione non eccessivamente stringente e rigido per consentire l’iscrizione all’albo delle ditte esercenti attività agrituristiche; infatti, per potersi fregiare di questa caratteristica di imprenditore agricolo è sufficiente iscriversi alla Camera di Commercio di residenza come impresa agricola, la quale preveda, necessariamente, tra le attività da svolgere la coltivazione del fondo e/o l’allevamento di animali e/o la silvicoltura e l’iscrizione, da un punto di vista contributivo, all’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) nella sezione apposita. Ciò non evita che persone che svolgono un’altra attività lavorativa possano svolgere anche quella di imprenditore agricolo.
Un criterio stringente che avrebbe potuto limitare l’iscrizione all’albo delle ditte esercenti attività agrituristica potrebbe essere rappresentata dal consentire l’iscrizione elusivamente a coloro che svolgendo attività agricola possano soddisfare il requisito di essere imprenditore agricolo professionale (IAP) in base a quanto previsto dal Decreto legislativo 99 del 2004. Secondo tale dispositivo, infatti, può essere definito IAP una persona che sia in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’art. 5 del Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 7 maggio 1999, mediante la frequenza di appositi corsi di formazione, e che dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del Codice Civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Tali limiti possono essere ridotti ad un 25% nel caso in cui l’avente causa si collochi in area svantaggiata, riconosciuta tale ai sensi della Direttiva 268/1975. Applicare questo criterio giuridico avrebbe reso obbligatorio il soddisfacimento di tre requisiti contemporaneamente ossia il requisito del tempo, del reddito e della formazione manageriale idonea a poter svolgere l’attività di imprenditore agricolo, conoscendo i principali punti di forza e di debolezza del sistema agro-alimentare.
Da questa articolata introduzione emerge come per poter svolgere attività agrituristica non esiste, al momento, alcuna limitazione se non il soddisfacimento dello status di imprenditore agricolo, e non di imprenditore agricolo professionale dimostrabile con l’iscrizione alla Camera di Commercio e/o all’Inps competenti per territorio. In maniera indiretta il legislatore ha previsto l’introduzione di criteri selettivi e limitanti alla idoneità richiesta per lo svolgimento dell’attività di imprenditore agrituristico e che consiste, principalmente, in una limitazione burocratica imputabile ad eventuali problemi di ordine di sicurezza pubblica e di turbativa alla salute pubblica per coloro che abbiano posto in essere dei procedimenti di frode alimentare.
Punti di forza e criticità dei requisiti previsti
L’assenza di barriere all’entrata altamente selettive per l’abilitazione può rappresentare un punto di forza che avvantaggia le imprese agricole, perché consente a chiunque di potersi cimentare nell’attività agrituristica ma, al contempo, rischia di non selezionare e discriminare l’offerta imprenditoriale. Tutto ciò finirà per assegnare ai potenziali clienti e al mercato la funzione di valutazione e di valorizzazione delle eccellenze agrituristiche senza alcun fondamento e/o criterio oggettivo ma frutto, prevalentemente, della suscettibilità e dell’appeal che l’agriturista ha subito nel corso della fase di soggiorno e/o di ristorazione sia da parte della location sia del personale aziendale. Sarebbe auspicabile da parte delle amministrazioni locali competenti a livello provinciale, direttamente coinvolte nella tenuta dell’albo, pianificare ed effettuare, oltre ai controlli triennali inerenti il possesso dei requisiti oggettivi di iscrizione, dei corsi di aggiornamento per le ditte attive, esigendo dagli imprenditori agrituristi il soddisfacimento la frequenza a specifici corsi professionalizzati, la cui funzione principale fosse quella di far conoscere la materia in tutte le sue componenti e implicazioni (quali mercati avere come target, cosa offrire, ecc.).
L’utilizzo di corsi di aggiornamento ripetuti nel tempo potrebbe rappresentare un elemento per dissuadere molte persone che utilizzano l’attività agrituristica per mettere in atto un’attività di ristorazione che cerca, in parte, di utilizzare una quota di prodotti aziendali. Tutto ciò ha dato luogo ad uno sfruttamento distorto dell’immagine legata alla ruralità o, almeno, non in linea con quanto previsto negli indirizzi generali dalle politiche dello sviluppo rurale che puntino alla affermazione di un’impresa multifunzionale che sappia far riscoprire la ruralità in senso ampio ma che, al contempo, sappia essere un presidio del territorio e dell’ambiente. Ovviamente per potere effettuare tale intervento di formazione professionalizzante, anche alla luce dell’esiguità delle risorse disponibili, sarebbe auspicabile intervenire con un autofinanziamento presso le imprese agrituristiche iscritte all’albo, calibrato alle esigenze del territorio e dell’agriturista, richiedendo delle fee di iscrizione, capaci di assolvere sia la ruolo di autofinanziamento che di elemento discriminate, in linea e calibrato sulle tipologia di attività agrituristica svolta. A tal fine, sarebbe auspicabile applicare delle fee più alte, per quelle aziende in cui prevale la attività esclusiva di ristorazione, e più bassa per chi fa solo attività di alloggio e ricreativa, il cui fine ultimo dovrebbe essere quello di rendere più professionale l’attività agrituristica.
Conclusioni e prospettive future
Da questa breve nota emerge come il legislatore abbia voluto garantire la possibilità, da parte dell’imprenditore agricolo, di mettere in pratica una attività che integri il reddito aziendale ma che, al contempo, riesca a garantire la pluriattività dell’impresa, demandando all’ente regione il compito, previa concertazione territoriale, di definire i criteri più consoni e calzanti sul territorio rurale e sulle sue criticità e punti di forza.
Tuttavia, la mancanza di barriere all’ingresso potrà rappresentare una criticità molto forte soprattutto per coloro che vedono nell’agriturismo la mera possibilità di usufruire di alcune agevolazioni previste. Inoltre, la possibilità di introdurre delle barriere che sappiano discriminare, anche alla luce delle richieste e sollecitazioni provenienti dal mercato agrituristico, appaiono essere molto importanti e necessarie per migliorare le conoscenze dell’imprenditore e il suo management. Non va dimenticato, infatti, che la mancanza di una rete di imprese agrituristiche che comunichino tra loro, scambiandosi vicendevoli informazioni, cosa che molto spesso non si verifica, creando un tessuto agrituristico coeso potrà avvantaggiare tutta la comunità rurale, il territorio e le sue potenzialità. L’esperienza maturata in campo nel settore turistico in generale e la circolazione delle informazioni, infatti, rappresenterà una leva strategica cui muoversi per cercare di intercettare i flussi agrituristici esteri più importanti ed economicamente interessanti e che non potrà essere demandata all’iniziativa del singolo imprenditore soprattutto se non preparato professionalmente. Ciò conferma l’importanza della formazione continua e la necessità di imporre dei criteri di selezione di base stringenti per lo svolgimento dell’attività agrituristica. Inoltre, al momento attuale la mancata conoscenza delle tecnologie informatiche e delle lingue straniere potrà rappresentare una criticità in grado di marginalizzare le imprese agrituristiche delle aree interne. In tal caso il ruolo dell’ente locale non sarà quello di escludere a priori gli imprenditori agricoli non in possesso di tali conoscenza ma di impegnarsi a formarli prima della loro abilitazione allo svolgimento di attività agrituristiche. In tal caso il ruolo fondamentale dell’ente pubblico, compenetrandosi con il mondo imprenditoriale agricolo, dovrà essere quello di cerare un filtro che sappia, da un lato, selezionare le imprese già idonee a svolgere attività agrituristica e, dall’altro, formare le imprese agricole che presentano dei crediti formativi ma che abbiano la frema intenzione di cimentarsi nel fare agriturismo. All’ente locale dovrà essere assegnato il ruolo di soggetto animatore e promotore di tutta una serie di interventi previsti sia nei piani di sviluppo agrituristico regionali che in quelli provinciali e che si concretizzino verso un sapere diffuso e condiviso.
A margine di ciò, sarebbe auspicabile porre in atto dei corsi professionalizzanti differenziati a seconda della tipicizzazione dell’impresa agrituristica, ossia tener conto se l’azienda intenderà svolgere prevalentemente ristorazione o ricettività. Tutto ciò dovrà far si che i criteri di classificazione qualitativa dell’agriturismo, sulla falsariga della classificazione messa in atto nelle strutture ricettive alberghiera, sia basato anche, se non esclusivamente, sulla partecipazione ad una formazione professionalizzante continua dell’agriturista, attuando, come schema di massima e di linea guida, quanto previsto con il sistema dei crediti formativi in alcune attività extra-agricole.
Nicola Galluzzo, dottore di ricerca in Scienze degli alimenti, si è laureato in Scienze agrarie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, conseguendo il perfezionamento in Economia del turismo e in Gestione e organizzazione territoriale delle risorse naturali presso l’Università La Sapienza di Roma, in Studi europei presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Genova e in Controllo e autocontrollo degli alimenti presso la Facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli” di Roma. Assegnista di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Economia Agraria (Inea).