di Dario Angeli e Ilaria Pertot
Le pubblicazioni divulgative del Centro SafeCrop
Il Centro SafeCrop, dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, promuove e divulga i risultati delle sue attività di ricerca e sperimentazione per mezzo di pubblicazioni gratuite dedicate all’imprenditore agricolo e al personale tecnico. I libretti presentano gli ultimi aggiornamenti sulla biologia ed epidemiologia di vari patogeni che interessano la vite e la fragola, le strategie a basso impatto impiegabili in agricoltura biologica e i risultati di alcune sperimentazioni effettuate in Trentino e in altre regioni italiane. Attualmente sono disponibili le pubblicazioni “Il mal dell’esca della vite”, “L’oidio della vite” e “L’oidio della fragola”; in corso di riedizione, disponibili probabilmente per ottobre 2007, “La peronospora della vite” e “I marciumi radicali della vite”; infine, per dicembre 2007, sarà pubblicato il lavoro “Le tignole della vite”.
Introduzione alla malattia
L’oidio della vite, conosciuto anche con il nome di “mal bianco”, è normalmente presente nei vigneti della penisola italiana, ma causa problemi soprattutto nell’Italia Meridionale ed Insulare. Negli ultimi anni l’oidio ha subito un forte incremento destando, in certe annate, maggior preoccupazione della peronospora, considerata tradizionalmente la malattia più frequente nei vigneti del nord Italia. L’oidio, al pari della peronospora, può avere un impatto disastroso sulla produzione viticola, sia in termini quantitativi, sia qualitativi. Ciò è spiegabile principalmente dalle caratteristiche biologiche del fungo che lo rendono, da un lato poco dipendente dalle condizioni climatiche e dall’altro gli conferiscono un’elevata capacità di moltiplicazione e diffusione rendendo impegnativa la difesa contro questa malattia. L’oidio è causato da un fungo ascomicete, Erysiphae necator Schwein. nella sua forma gamica (precedentemente noto con il nome di Uncinula necator [Schwein.] Burrill) e di Oidium tuckeri in quella agamica. E’ un fungo ectoparassita obbligato, cioè sviluppa il suo micelio all’esterno dei tessuti colpiti entro cui invia degli austori, formazioni che assorbono le sostanze nutritive della cellula vegetale e non può sopravvivere in assenza dell’ospite vegetale. A partire dalle ife del micelio si formano i rami conidiofori che daranno origine alle catenelle di conidi responsabili della diffusione della malattia. L’insieme di ife, conidiofori e conidi costituisce quello che è l’aspetto macroscopico del patogeno e cioè la caratteristica muffa polverulenta biancastra che riveste i tessuti.
Sintomatologia
L’oidio si manifesta su entrambe le lamine fogliari ed i sintomi sono costituiti da aree più chiare sulle quali compare inizialmente una patina biancastra evanescente ed in seguito un’efflorescenza polverulenta (Fig.1). In caso di forti attacchi e con l’evolvere della malattia compaiono imbrunimenti delle nervature e punteggiature necrotiche.
Fig.1: oidio sulla pagina superiore delle foglie
L’oidio può colpire anche i tessuti giovani dei tralci sui quali, in caso di forti attacchi, è visibile sottoforma di aree brune dall’aspetto reticolato che rimangono visibili anche dopo la lignificazione. I sintomi più gravi della malattia si hanno sulle infiorescenze che sono suscettibili alla malattia già prima della fioritura. In seguito ad infezioni post-fiorali le cellule dell’epidermide degli acini colpiti dal patogeno necrotizzano, non riescono ad assecondare la crescita in volume della polpa e di conseguenza si spaccano aprendo la strada ad altre infezioni (Fig.2).
Fig.2: infezioni di oidio e spaccature sugli acini
In caso di attacchi deboli o più tardivi, sugli acini si formano punteggiature e imbrunimenti, accompagnati dalla classica efflorescenza biancastra. I grappoli e gli acini sono molto sensibili all’infezione, in particolare gli acini sono suscettibili durante il periodo compreso tra l’allegagione e la “chiusura” dei grappoli.
La difesa biologica
Nella difesa biologica dall’oidio l’unica sostanza attiva pienamente efficace nel controllo dell’oidio è lo zolfo. Al momento non esistono limitazioni all’impiego dello zolfo se non quelle dettate da alcuni rischi e problemi ben noti, come la fitotossicità nei confronti dei giovani tralci, la tossicità nei confronti di acari predatori o i problemi di interferenza sul processo di fermentazione. Negli ultimi due anni l’attenzione degli agricoltori si è rivolta in particolare verso un prodotto recentemente registrato per l’uso biologico con il nome di AQ10: il fungo micoparassita Ampelomyces quisqualis. Esso è un fungo deuteromicete, comunemente presente sia nelle colture agrarie che in ambienti naturali, che agisce come iperparassita, vivendo a spese del fungo patogeno. In Trentino sono piuttosto scarse le informazioni relative alla diffusione di A. quisqualis nei vigneti. A partire dal 2004, con l’attività di ricerca del Centro SafeCrop, si è iniziato un monitoraggio volto a valutare la reale diffusione dell’iperparassita nei vigneti in Trentino. Complessivamente è emerso che, in questi ultimi anni, la presenza di A. quisqualis in Trentino è molto limitata. Durante i tre anni di studio Ampelomyces sp. era presente mediamente in meno dell’1% dei vigneti; dove l’iperparassita era presente, il tasso di parassitizzazione dei cleistoteci osservati variava tra l’1 ed il 30% (Fig.3). Inoltre, sulla base dei dati raccolti, non è possibile evidenziare differenze tra la modalità di conduzione dei trattamenti e la posizione geografica del vigneto, come non è possibile individuare correlazioni con le condizioni climatiche.
Fig.3: Cleistotecio di oidio parassitizzato da A. quisqualis
L’attività antioidica di A. quisqualis (AQ10 – Intrachem BioItalia) è stata perlopiù valutata in vigneto alternando trattamenti a base del fungo iperparassita e zolfo. In presenza di una forte pressione dell’oidio l’impiego di A. quisqualis ad inizio stagione non ha consentito un controllo efficace della malattia nella stagione in corso. Si suppone che l’esigenza del fungo di un ambiente climatico particolare per esplicare la sua azione (alta umidità e temperature non troppo elevate) rappresenti una forte limitazione nelle applicazioni di campo. Al Centro SafeCrop è stata perciò avviata una intensa attività di ricerca di nuovi ceppi del genere Ampelomyces adattatati alle condizioni ambientali del nord Italia per poter successivamente sviluppare nuovi biofungicidi contro l’oidio.
Prove di efficacia con nuovi prodotti
In alternativa a zolfo e A. quisqualis per la difesa dall’oidio in agricoltura biologica si potrebbero utilizzare diverse alternative. Oltre al settore della modellistica e il miglioramento genetico, l’interesse della ricerca è focalizzato su due filoni: microrganismi antagonisti isolati dall’ambiente e sostanze di origine naturale. In ambito sperimentale sono in corso di valutazione diverse sostanze di origine naturale come sali (carbonati, bicarbonati e silicati), estratti vegetali, latte e suoi derivati oppure sostanze di sintesi come oli minerali.
I risultati ottenuti presso il SafeCrop evidenziano che la malattia in condizioni controllate in serra può essere efficacemente contenuta con trattamenti a base di sali, di una sostanza curativa derivata dal latte (complesso enzimatico lattoperossidasi) e di un estratto vegetale (Reynoutria sachalinensis). Un discreto, seppur variabile, controllo della malattia è stato ottenuto anche attraverso l’impiego di alcuni microrganismi considerati potenziali agenti di controllo biologico: un lievito epifita, ed i batteri Pseudomonas fluorescens e Bacillus subtilis.
Comunque, per loro natura, i prodotti microbiologici e gli estratti naturali non raggiungono gli stessi livelli di efficacia degli agrofarmaci di sintesi nei confronti dell’oidio. Si tratta di prodotti che da soli non sono tuttora in grado di assicurare un’adeguata protezione delle colture, ma possono contribuire alla riduzione dei quantitativi di zolfo impiegati attraverso la loro combinazione in strategie di difesa, sostituendo lo zolfo nei momenti in cui la malattia si manifesta con minor aggressività. Nel breve periodo i suddetti prodotti saranno testati in pieno campo e, integrati in strategie con lo zolfo in agricoltura biologica o con altri fungicidi di sintesi nell’agricoltura tradizionale, alcuni potrebbero rendersi disponibili anche sul mercato italiano o essere registrati per l’uso su vite.
Scheda della pubblicazione e indicazioni per la richiesta
Il libro, curato dagli autori Dario Angeli e Ilaria Pertot, nasce con l’obiettivo primario di riassumere preziose informazioni per l’agricoltore sui diversi aspetti relativi alla malattia, con particolare attenzione agli aspetti utili a pianificare una corretta gestione dell’oidio, come la biologia del patogeno, le modalità di manifestazione e di sviluppo della malattia, gli agrofarmaci ed i mezzi tecnici disponibili e le ultime novità dalla ricerca effettuata dal Centro SafeCrop dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.