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Le piante tartufigene

di Gabriella Di Massimo

TECNICHE DI PRODUZIONE, TECNICHE DI CONTROLLO, MERCATO VIVAISTICO

Lotto di Roverella micorrizato
Lotto di Roverella micorrizato (foto Gabriella Di Massimo)

Che cosa sono?
Le piante tartufigene sono essenze arboree appartenenti a diversi generi che, in vivai specializzati, sono unite in simbiosi con le specie pregiate di tartufo.

Come si producono?
La produzione delle piante micorrizate rappresenta un ottimo esempio del trasferimento dei risultati della ricerca scientifica all’imprenditoria sia pubblica che privata: alla fine degli anni 60 i ricercatori   del Centro di Studio sulla micologia del terreno del CNR di Torino ottennero le prime sintesi micorriziche in laboratorio, nel decennio successivo molte altre strutture si occuparono delle ricerche sulla micorrizazione ottenendo la sintesi delle micorrize di tutte le specie pregiate del genere Tuber con le più svariate essenze forestali, nei primi anni ottanta iniziò la produzione di piante micorrizate su scala industriale.
I  vivaisti adattarono le metodologie sperimentate nei laboratori alla produzione su vasta scala. Attualmente ciascun vivaio dispone di tecniche specifiche anche se il protocollo di produzione è abbastanza omogeneo.
I punti salienti della metodologia produttiva sono:
-mettere in contatto gli apici radicali di giovani piante con spore della specie di tartufo che si vuole micorrizare;
-adottare tecniche di allevamento che determinino la formazione delle micorrize di tartufo e impediscano o contengano la formazione delle micorrize di altre specie fungine.
I punti critici della filiera produttiva delle piante micorrizate sono:
1 – reperimento della semente delle specie simbionti nel rispetto della legislazione prevista per la propagazione delle specie forestali;
2 – semina in substrati e ambienti parzialmente sterili e in ogni caso privi di spore di funghi ectomicorrizici che potrebbero colonizzare precocemente gli apparati radicali delle plantule;
3 – trapianto dei giovani semenzali in substrati di allevamento sterilizzati, permeabili  a pH sub alcalino e inoculo delle spore della specie di tartufo desiderata;
4 – trasferimento delle piante inoculate nelle serre di allevamento;
5 – controllo e certificazione dell’avvenuta micorrizazione.
Il ciclo produttivo dura all’incirca un anno.

Radice intensamente micorrizata
Radice intensamente micorrizata (foto Gabriella Di Massimo)

Chi le produce?
L’attività di produzione delle piante tartufigene, in Europa, è svolta da vivai specializzati italiani, francesi e spagnoli.
Da informazioni dirette e ricerche personali, in Italia, risultano dieci vivai produttori di piante tartufigene, collocati nel centro nord della penisola, nelle regioni meridionali ci sono soprattutto, vivai rivenditori. (Se l’informazione fosse parziale e incompleta, l’autrice si scusa con gli interessati e gradirebbe suggerimenti e correzioni).

La tipologia dei vivai:
Capacità produttiva:  vivai specializzati che producono esclusivamente piante micorrizate e in numero limitato,  vivai forestali che oltre a produrre elevate quantità di piante micorrizate producono piante forestali, fruttifere e ornamentali.
Gestione: prevalentemente privata, può essere pubblica (Comunità Montane) oppure mista (compartecipazione regionale).

Quanto costano?
Piante micorrizate e certificate con Tuber melanosporum: minimo 7 euro, massimo 12 euro.
Piante micorrizate e certificate con T. aestivum, minimo 6,5 euro, massimo 9,5 euro.

Chi le controlla?
Il controllo e la certificazione dell’avvenuta micorrizazione è effettuato da strutture pubbliche di ricerca, prevalentemente universitarie.

Qual è il metodo di controllo?
Nel 1995 alcune regioni italiane incaricarono i maggiori referenti scientifici dell’epoca di elaborare un metodo per il controllo delle piante micorrizate.

Metodo di valutazione delle piante micorrizate con funghi del genere Tuber basato sulla caratterizzazione morfologica delle micorrize (12/06/1995).
Regioni che hanno incaricato la commissione di studiosi del settore per la stesura del metodo: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Toscana, Umbria, Lazio, Molise, Abruzzo.
Commissione di studiosi che hanno elaborato il metodo:
Prof. Gilberto Govi, Prof. Mattia Bencivenga, Prof. Bruno Granetti,
Prof. Giovanni Pacioni, Dott. Mario Palenzona, Dott. Augusto Tocci, Dott. Alessandra Zambonelli.
Criteri per la definizione della validità di una pianta micorrizata secondo il suddetto metodo.
Una pianta per essere considerata valida ai fini della tartuficoltura, deve presentare contemporaneamente i seguenti requisiti:
– percentuale di apici micorrizati dal tartufo dichiarato pari o superiore a 30.
– la differenza tra la percentuale degli apici micorrizati dal tartufo dichiarato e quella degli apici micorrizati da altri funghi pari o superiore a 20.
Caratteristiche bio-morfologiche di stato vegetativo, sviluppo dell’apparato aereo e radicale e sanità rispondenti alle norme CEE per le produzioni vivaistiche forestali.

Criteri per la definizione della validità di un lotto di piante micorrizate secondo il suddetto metodo.
La valutazione va effettuata su un lotto omogeneo di piante.
In lotti omogenei costituiti da più di 1000 piante, il campionamento deve essere eseguito prelevando almeno l’1% delle piante, in lotti di dimensioni inferiore il campione dovrà essere composto di almeno 10 esemplari.
Un lotto è valido ai fini della tartuficoltura quando almeno 80% delle piante del campione sono idonee, fermo restando, che nessuna pianta del campione dovrà essere priva di micorrize del tartufo dichiarato.
Qualità delle piante certificate attualmente presenti sul mercato italiano.
Premesso che il Dipartimento di Biologia Vegetale e Biotecnologie Agroambientali e Zootecniche (di cui l’autrice fa parte) controlla e certifica la produzione di quasi tutti i maggiori vivai italiani e di quelli francesi che operano in Italia, possiamo affermare che:
1 – La maggior parte delle piante certificate presenta una % di micorrizazione superiore a quella prevista dal  Metodo di valutazione delle piante micorrizate con funghi del genere Tuber basato sulla caratterizzazione morfologica delle micorrize (12/06/1995).
2 – La maggior parte delle piante controllate è valida dal punto di vista forestale e in particolare rispettano i requisiti previsti dalla Direttiva 1999/105/CE relativa alla commercializzazione dei materiali forestali di moltiplicazione.

Stima della Quantità di piante certificate in questo periodo disponibili sul mercato: 100.000.
Di cui:
– 60% micorrizate da Tuber melanosporum,
– 35% micorrizate da Tuber aestivum,
– 5% micorrizate da altre specie.
Le specie forestali simbionti più frequenti sono nell’ordine:
Roverella (Quercus pubescens Willd.), Carpino (Ostrya carpinifolia Scop.), Leccio (Quercus ilex L.), Nocciolo (Corylus avellana L.), Cerro (Quercus cerris L.), Pini (Pinus sp.) Cisto rosso (Cistus incanus L.)
 
Ma una pianta ben micorrizata produrrà sicuramente i tartufi?
Se il terreno non è idoneo alla specie di tartufo impiantata e alla specie forestale simbionte, anche la migliore pianta micorrizata non entrerà in produzione.
Anche terreni apparentemente omogenei possono presentare caratteristiche diverse da una zona all’altra, per cui, prima dell’impianto, effettuare sempre un’attenta indagine pedologica.
Nei terreni idonei, le piante tartufigene per dare produzioni soddisfacenti devono essere sottoposte alle giuste cure colturali pre e post impianto.

 Leccio micorrizato in diversi tipi di comtenitori
Leccio micorrizato in differenti tipi di contenitori (Gabriella Di Massimo)

Gabriella Di Massimo è laureata in Scienze Agrarie presso l’Università di Perugia. Iscritta al Registro Nazionale Micologi, svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Biologia Vegetale e Biotecnologie Agroambientali, nel progetto “Evoluzione della micorrizazione in tartufaie sottoposte a differenti tecniche colturali” presso l’Università degli studi di Perugia. Curriculum vitae >>>