La pecora della Valle del Belice (2^ Parte)
di Dr. Cataldo Seminara
Peculiarità della pecora Valle del Belice
La pecora Valle del Belice, a causa dell’eccessiva riproduzione in consanguineità, accusa qualche fenomeno degenerativo, riferibile, ad alcuni caratteri morfologici, probabilmente legati a geni recessivi. Questi sono responsabili della comparsa di progenie con assenza di pelo, lana scadente, taglia ridotta, disarmonicità nelle forme, presenza disordinata di corna in entrambi i sessi, masse muscolari di pregio esageratamente asciutte, ricorrente mortalità neonatale, nascita d’agnelli con lingua biforcuta o a due teste ecc.
In alcuni allevamenti, dove per diversi anni si è fatto eccessivo ricorso alla consanguineità, si è rilevata la nascita di agnelli privi di pelo e di lana nella parte libera degli arti e/o faccia, che vengono definiti dagli allevatori “scimmie”, i quali non essendo molto graditi sono in genere macellati. Tale anomalia, identificata come “ipotricosi congenita” o più comunemente come alopecia, è presente in diverse specie, incluso l’uomo. L’alopecia congenita è stata descritta nell’uomo, nei topi, nei ratti, nei cani, nei gatti, nei bovini e negli ovini (Finocchiaro et al. 2000) e s’ipotizza che sia controllata da un singolo gene autosomico recessivo.
Questi soggetti, sulla base di un’ipotesi di eredità mendeliana, in cui il carattere oggetto di studio sarebbe recessivo (a), dovrebbero venire fuori da accoppiamenti tra individui eterozigoti per il carattere in questione e per tanto ¼ dei nati si troverà ad avere nel proprio patrimonio genetico, quel dato gene allo stato di omozigosi (aa), da cui la manifestazione fenotipica del carattere “scimmia”.
Il problema viene in parte superat dagli allevatori attraverso accoppiamenti del soggetto maschio portatore (eterozigote, Aa) con femmine presunte, per discendenza non portatrici del gene (Omozigoti Dominanti, AA). In tal modo ½ degli agnelli nati, da quest’accoppiamento, avranno un genotipo eterozigote Aa e ½ omozigote dominante AA e pertanto nessuno di essi presenterà la manifestazione fenotipica del carattere.
Gli allevatori, tuttavia, mantengono in vita gli arieti responsabili della comparsa del carattere “scimmia” , poiché ritengono che le loro figlie sono individui geneticamente superiori per la produzione di latte. Tale ipotesi basata su dati forniti dagli allevatori e stata in oltre confermata dai dati scaturiti da controlli effettuati per tre anni consecutivi dall’Istituto di Zootecnia Generale in 4 allevamenti del comprensorio della Valle del Belice. Su tale ipotesi fonda le sue basi l’attività di ricerca sul carattere “scimmia” nella pecora Valle del Belice e sull’eventuale possibilità di creazione di un ceppo di pecore con queste caratteristiche, nel caso in cui l’ipotesi della maggiore produttività sia con fermata.
Pur con notevoli difficoltà di reperimento di agnelle e agnelli definiti “scimmia”, è stato creato, presso l’azienda Giardinello dell’Istituto Sperimentale Zootecnico per la Sicilia, un nucleo di soggetti portatori del carattere e sono in corso alcuni studi in collaborazione con l’Istituto di Zootecnia Veterinaria dell’Università di Milano e l’I.D.G.V.A. DEL CNR DI Milano.
La ricerca (Finocchiaro et al. 2000) è stata condotta su animali ipotricotici e su soggetti supposti eterozigoti, fenotipicamente normali. Nelle foto qui di seguito, è riportato il risultato dell’analisi bioetica su campioni di cute. La lesione è facilmente riconoscibile (Foto 1) indipendentemente dalla regione in esame. Nel derma, sotto l’epidermide normale o talvolta lievemente acantotica, si trova uno strato continuo di follicoli displasici, caratterizzati da costante assenza di pelo, abnorme dilatazione cistica dell’infundibulo che risulta ripieno di squame cornee, e da tracce o abbozzi incompleti della porzione del follicolo, tipica della fase anagena. Tali formazioni sono accompagnate da uno strato continuo di ghiandole sebacee e sudoripare apparentemente normali. Solo nei campioni prelevati nella regione della grassella e possibile osservare la presenza di alcuni follicoli normali in fase anagena e catagena (Foto 2), da interpretarsi presumibilmente come formazioni follicolari dalle quali prendono origine le tracce di vello presenti in tale regione. Negli individui supposti eterozigoti (Foto 3), il pelo si sviluppa normalmente e clinicamente non sono distinguibili dagli individui sani (Foto 4).
Immagini tratte da Finocchiaro et al., 2000
L’indagine (Finocchiaro et al. 2000) ha dimostrato che diversi geni, a diversi loci, manifestano il fenotipo ipotricotico e che la patologia non è sempre controllata da un gene autosomico recessivo.
Recenti studi hanno evidenziato che l’ipotricosi nella pecora Valle del Belice è controllata da un gene autosomico recessivo e ciò è stato confermato da prove sulla progenie.
Obbiettivo futuro della ricerca è la verifica dell’effettiva influenza del carattere sulla produzione di latte.
Un altro fenomeno molto curioso che si manifesta nella pecora Valle del Belice interessa le agnelle, ed è quello che gli allevatori definiscono come “ latte vergine”.
In alcuni allevamenti di ovini Valle del Belice è possibile riscontrare la presenza di agnelle di appena 6/8 mesi di età e ovviamente mai coperte, che presentano uno sviluppo della mammella inconsueto dovuto alla presenza di un liquido lattiginoso,
tale fenomeno in molti casi costringe l’allevatore a mungere queste agnelle per evitare l’insorgenza di problemi di tipo sanitario (mastiti). Questi animali stimolati dall’azione di mungitura avviano la secrezione di latte che, insistendo con l’azione di mungitura, sfocia in una vera e propria lattazione.
Tale fenomeno è abbastanza noto nei bovini sottoposti a trattamenti ormonali, mentre non ha alcun precedente in campo ovino, e potrebbe essere dovuto ad un particolare assetto ormonale, inerente agli ormoni galattoproteici, che potrebbe realizzarsi in alcuni soggetti di razza Valle del Belice. Ciò si manifesta soprattutto in animali con un elevato coefficiente di consanguineità o in quelli con elevate potenzialità produttive, e dunque da impiegare nello schema di selezione della razza perché geneticamente superiori.
Parametri produttivi
L’interesse verso questa pecora nasce principalmente per l’elevata produttività lattea, che la rende la prima pecora da latte in Italia e per la resistenza che mostra alle avversità climatiche tipiche del suo habitat.
Le caratteristiche attitudinali e biologiche che questa razza possiede sono le seguenti:
a. Elevata produttività lattifera;
b. Attitudine ai parti gemellari (circa l’ 80% nelle pluripare e 20% nelle primipare);
c. Presenza di un apparato mammario voluminoso e ben conformato;
d. Notevole resistenza alle avversità climatiche sia in inverno sia in estate.
Da indagini preliminari svolte sull’attitudine lattifera (Giaccone et al. 1999) è stato possibile evidenziare produzioni medie totali di 278 kg di latte in 225 giorni di lattazione con una produzione media giornaliera di 1,1 kg.
Successivamente l’Associazione Regionale Allevatori ha avviato dei controlli funzionali, su soggetti di diversi allevamenti, che hanno consentito di disporre di molti più dati produttivi. Dall’elaborazione di circa 15.000 lattazioni regolari, relative agli anni 1991-1994 è emersa una produzione media di latte pari a 282+94 litri, in 203+57 giorni di lattazione e una produzione media giornaliera di 1,4+0,35 litri.
Successivamente, nell’ambito di una prova alimentare fatta dall’Istituto di Zootecnia Generale di Palermo sono stati controllati due allevamenti del territorio di Santa Margherita del Belice, tale indagine a ulteriormente confermato la straordinaria potenzialità produttiva di questa pecora, sono state infatti registrate produzioni medie di latte di 354+110 kg in220+63 giorni di lattazione con una produzione giornaliera di 1,61+0,38 kg/d .
Altre indagini hanno riguardato l’attitudine alla caseificazione del latte di questa pecora, da cui è emerso che il latte di questa popolazione mostra uno standard qualitativo che permane costante dall’intera lattazione. I buoni livelli di grasso e di proteine, ma soprattutto, la stabilità del pH e l’elevata percentuale di latti reattivi ed, in seno a questi, dei latti di buona coagulabilità, ne sottolineano la notevole attitudine casearia (Micari et al., 1990).
Sulla base di quanto detto si può affermare che la capacita produttiva di questa pecora è notevole, le elevate produzione medie e la buona qualità del suo latte, che si traduce in una resa in formaggio e ricotta considerevole, sono eguagliabili a quelle delle migliori razze da latte.
La pecora di razza Valle del Belice è un animale molto generoso perché, anche in condizioni spesso difficili, ricordiamoci che in Sicilia le annate siccitose sono frequenti e il clima non è certo favorevole alla produzione di pascoli abbondanti, riesce a produrre anche nei periodi di scarsa disponibilità alimentare facendo ricorso alle proprie riserve corporee. Abbiamo come questa pecora nei primi 60 100 giorni dopo il parto riesce a diminuire notevolmente il proprio peso corporeo, fino al 30% in meno di quello fatto registrare al momento del parto, tale fenomeno biologico per le pecore non è osservato neanche per la razza Sarda considerata, a ragione la prima razza da latte italiana. Tuttavia dopo aver esaltato i pregi produttivi della pecora “Valle del Belice”, occorre sottolineare la maggiore predisposizione di questo splendido animale ai problemi di mastite legate all’elevata capacita produttiva e alle non adeguate tecniche di allevamento.
Fonti bibliografiche
– La qualità del latte nella razza ovina “Valle del Belice” – Massimo Todaro & Maria Luisa Scattassa.
– La pecora della Valle del Belice – Gaspare Vivoa, Nicola Marinese, Salvatore Pumilia, Stefano Sutera.
Cataldo Seminara, originario di Villadoro (Enna), è laureato in Economia e Gestione delle imprese agroalimentari presso la Facoltà di Agraria di Catania. Curriculum vitae >>>
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