Il mal dell’esca della vite
di Lorenza Michelon, Chiara Pellegrini e Ilaria Pertot
Le pubblicazioni divulgative del Centro SafeCrop
Il Centro SafeCrop dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige promuove e divulga, i risultati delle sue attività di ricerca e sperimentazione, per mezzo di pubblicazioni gratuite dedicate all’imprenditore agricolo e al personale tecnico. I libretti presentano gli ultimi aggiornamenti sulla biologia ed epidemiologia di vari patogeni che interessano la vite e la fragola, le strategie a basso impatto impiegabili in agricoltura biologica e i risultati di alcune sperimentazioni effettuate in Trentino e in altre regioni italiane. Attualmente sono disponibili le pubblicazioni “Il mal dell’esca della vite”, “L’oidio della vite” e “L’oidio della fragola”; in corso di riedizione, disponibili probabilmente per ottobre 2007, “La peronospora della vite” e “I marciumi radicali della vite”; infine, per dicembre 2007, sarà pubblicato il lavoro “La tignoletta della vite”.
Introduzione sulla malattia
Il mal dell’esca è una malattia nota fin dall’antichità, già ai tempi dei Romani e dei Greci ne erano stati osservati i sintomi. In passato questa malattia sembrava colpire solo i vigneti più vecchi, ma negli ultimi anni la sua presenza è aumentata in modo preoccupante, soprattutto negli impianti giovani. Diffusa ormai in gran parte delle aree viticole mondiali, la malattia è causa di notevoli perdite economiche.
Il mal dell’esca è una malattia fungina che viene originata dalla colonizzazione non di una, ma di diverse specie di funghi, di cui tre sono considerate essere gli agenti causali principali della malattia in Italia: Phaeomoniella chlamydospora (Pch), Phaeoacremonium aleophilum (Pal) e Fomitiporia mediterranea (Fomed). I primi due patogeni colonizzano i vasi linfatici, preferibilmente lo xilema, compromettendo il trasporto di acqua e nutrienti e causando una tracheomicosi; F. mediterranea, invece, degrada e trasforma il legno in una massa friabile nota con il nome di carie bianca.
La modalità di diffusione preferita dalle spore dei suddetti patogeni è l’acqua piovana che nella sua caduta trascina spore sospese nell’aria o ne preleva altre scorrendo lungo i rami e i tronchi delle piante, luoghi di formazione dei corpi fruttiferi. Le spore così trasportate possono quindi raggiungere le ferite di potatura e penetrare nei tessuti della pianta causando una nuova infezione.
Sintomatologia
A seconda della presenza contemporanea o successiva dei tre patogeni responsabili e dello stadio in cui si trova la pianta, questa sindrome può determinare malattie diverse. Si parla infatti di “venature brune delle barbatelle” se Pch e/o Pal sono presenti già nella barbatella che, così infetta, può dare origine nei 2-3 anni successivi a giovani viti con sintomi di deperimento e fuoriuscita di essudati scuri e gommosi dalle superfici di taglio (“malattia di Petri” o “Black goo”). Nel caso in cui la barbatella sia perfettamente sana, l’infezione da parte di Pch e Pal può avvenire in vigneto quando la pianta è ancora giovane (“esca giovane”) o quando si trova allo stadio adulto; in quest’ultimo caso, è probabile una colonizzazione anche da parte di Fomed e si parla quindi di “esca propria” in quanto sono presenti sia tracheomicosi sia carie bianca.
Nel corso della stagione estiva, la sindrome del mal dell’esca può avere due tipi di decorso, cronico oppure acuto. Nel primo caso i sintomi appaiono dopo la fioritura, durante l’estate o nel primo autunno. Sulle foglie, fra le nervature principali, compaiono aree clorotiche, dapprima piccole e isolate, poi più grandi e confluenti fino a formare vaste macchie giallastre che virano al rosso-bruno prima di seccare; le nervature principali ed i tessuti intorno ad esse rimangono invece verdi conferendo così alle foglie una caratteristica tigratura (Fig. 1). I tralci possono presentare un ritardo del germogliamento delle gemme, progressiva perdita di turgore, ed in seguito disseccare. Sul grappolo, poco prima dell’invaiatura, possono comparire delle macchie puntiformi bruno-violacee (Fig. 2) a distribuzione irregolare o confluenti a formare ampie bande longitudinali; la maculatura interessa solo la buccia del frutto e, generalmente, solo pochi acini per grappolo.
Fig. 1: tipico sintomo fogliare di mal dell’esca (tigratura)
Fig. 2: maculatura del grappolo
Nel legno dapprima compaiono venature nere longitudinali (che in sezione trasversale appaiono come punteggiature), isolate o riunite in piccoli gruppi (Fig. 3). Successivamente appare il sintomo più noto, la carie bianca: il tessuto assume una consistenza spugnosa, friabile e un colore bianco-giallastro (Fig. 4).
Le viti colpite dalla forma acuta della malattia (apoplessia o colpo apoplettico) possono mostrare, già a partire dal mese di giugno, improvvisi disseccamenti del fogliame e/o dei grappoli; l’avvizzimento può riguardare singole branche o l’intera pianta (Fig. 5). Le cause scatenanti questo tipo di evoluzione non sono ancora del tutto note, sicuramente periodi caldi e asciutti ne favoriscono la comparsa.
Fig. 3: venature brune riunite in gruppi – Fig.4: carie bianca
Fig. 5: colpo apoplettico
Misure preventive
Una delle maggiori lacune non ancora colmate nello studio di questa malattia, è rappresentata dal fatto che, da quando l’arsenito di sodio è stato ritirato dal commercio per motivi di ordine tossicologico ed ambientale, non sono più state individuate efficaci metodologie di lotta.
Allo stato attuale l’unica strategia da adottare al fine di ridurre le possibili fonti di inoculo e prevenire quindi una rapida diffusione del mal dell’esca in vigneto, è quella di mettere in atto una serie di misure preventive che possono essere così riassunte:
- controllare il vigneto al termine della stagione estiva (fine agosto-settembre), quando tutte le piante sintomatiche sono comparse e contrassegnarle con un nastro in modo da renderle facilmente individuabili;
- eliminare tempestivamente piante morte o fortemente compromesse;
- potare separatamente le piante segnalate al fine di evitare la trasmissione dell’inoculo e disinfettare periodicamente gli attrezzi di potatura; queste indicazioni restano valide quali misure precauzionali nonostante sia stato accertato che non c’è una propagazione della malattia lungo il filare;
- effettuare la potatura invernale il più tardi possibile al fine di favorire una rapida cicatrizzazione delle ferite;
- allontanare dal vigneto ed eliminare i residui di potatura;
- disinfettare i grossi tagli e le ferite con prodotti a base di rame e coprirli con mastici cicatrizzanti;
- ridurre al massimo la meccanizzazione del vigneto, soprattutto per quanto riguarda le operazioni di spollonatura, potatura e vendemmia.
Scheda della pubblicazione
Il libretto nasce dall’esperienza acquisita dal Centro SafeCrop nel corso del progetto di ricerca interregionale MESVIT, progetto finanziato dal Ministero per le politiche agricole e forestali attraverso l’A.R.S.I.A. (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel Settore Agricolo-forestale della Regione Toscana). Al progetto collaborano diverse unità di ricerca, distribuite su tutto il territorio italiano (14 Regioni e la Provincia Autonoma di Trento) per fornire una risposta alle numerose domande ancora aperte sullo sviluppo della malattia, per approntare protocolli di diagnosi precoce e per sviluppare strategie di difesa efficaci ed a basso impatto ambientale.