di Mario Giannone
Tori Hungarian Grey – Grigio Ungherese (foto Raimondo Mendolia)
Pochi conoscono questo particolarissimo bovino ungherese, che con la nostra Maremmana condivide non poche caratteristiche morfo-funzionali. Un grande bovino della steppa che alle attuali condizioni continua a perdere importanza, è in corso un continuo processo di sostituzione ad opera di razze migliorate di altre e lontane provenienze. Per questa razza, al fine di arginare questa situazione, si sta attivando un programma di recupero a tutto tondo. La richiesta di questo progetto parte dall’Università di Gyula e il Comune di Beckecsàba. In passato il governo ungherese si era già mosso in alcune manovre di conservazione vedi, tra tutti, il programma presso l’azienda di stato di Hortobàgy, dove nel 1961 furono concentrati un centinaio di capi di elevata genealogia per avviare un centro di selezione e produzione di riproduttori qualificati da distribuire presso le aziende di base interessate a questo tipo di allevamento. Oggi la situazione e decisamente migliorata con più ampie prospettive, grazie al recente ingresso dell’Ungheria in Unione Europea. L’aspetto prioritario di questa iniziativa è che si parte dalla commercializzazione per poi risalire al recupero della razza, un processo inverso a quello comunemente adottato da più parti. Se non ci sono altri interessi e si cerca il recupero effettivo di una razza ne va promossa, almeno parallelamente, la riqualificazione dei suoi prodotti ed è proprio quello che si sta cercando di fare con questo progetto.
La Grigia Ungherese è una razza rustica di ceppo Podolico. Come tutte le razze con questa tipologia, ha la capacità di adattarsi ad aree veramente difficili nelle quali si incastona perfettamente. Produce dove altri animali con le stesse attenzioni non sarebbero capaci di fare altrettanto o addirittura di sopravvivere. Un bovino bello a vedersi, tipico e ben distinguibile, anche grazie alle sue lunghe corna, elemento importante sul piano dell’immagine commerciale, è caratterizzato da una buona fertilità, facilità di parto, eccellente attitudine materna. La Grigia Ungherese è la signora assoluta dei vasti spazi che caratterizzano il paesaggio agrario di questi posti; conduce gran parte della sua vita su pascoli a volte ricchi e generosi a volte freddi ed avari e su questi, con pochi supporti aggiuntivi, assicura produzioni accettabili a bassissimo costo, ovviamente lontane dai livelli quantitativi di un qualsiasi allevamento intensivo.
Ungheria, un paese erroneamente classificato dell’Est, di un Est politico che non le appartiene. La sua storia di sempre, la vede più proiettata verso l’Europa centrale. I grandi eventi politici, militari e culturali testimoniano questa affermazione, tutte le sue vicende, la riconducono alla nostra storia: la storia romana, i popoli del nord e via di seguito fino alla caduta del Impero Austroungarico nel secolo scorso. Adesso, dopo un intervallo di alcuni decenni, si ripresenta alla sua Europa e nell’immaginario collettivo rievoca immagini care a molti di noi: il Danubio con i suoi ponti, la sua capitale che benché massacrata dalle durissime vicende connesse alla seconda guerra mondiale conserva un fascino che non lascia indifferenti, i suoi vasti spazi dove appunto si sviluppa una attività agricola zootecnica che merita una ben diversa valorizzazione. Tutto questo per confermare che la sua immagine e la storia fanno da giusta cornice ad un concreto e ben organizzato progetto di penetrazione dei suoi prodotti più tipici nel vasto ed esigente mercato dell’Unione. La condizione fondamentale a questo punto diventa il prodotto offerto, necessariamente di qualità e ben tipizzato, queste due condizioni consentono al bene di occupare spazi propri, che in conseguenza della specificità arricchiscono il mercato del consumatore europeo senza creare conflitti di interesse con i nostri produttori. In poche parole, tutto si “riduce” ad una conservazione della tipicità dell’intera filiera, affiancata ad un adeguamento normo-qualitativo che risponda alle esigenze del mercato europeo. Ecco in sintesi il progetto.
OBIETTIVI
Presso la base e i produttori:
– Incentivare e modernizzare, senza rinunciare alla peculiarità dell’allevamento, le aziende interessate e crearne di nuove. Questo si potrà realizzare se oltre a chi lavora al progetto e agli organi competenti, si riuscirà a motivare i produttori rendendoli partecipi e protagonisti del piano di valorizzazione.
– Riqualificazione della razza e dei suoi prodotti, sia presso gli allevatori che verso il consumatore.
Presso gli organi politici e amministrativi competenti:
– Attuare un opera di sensibilizzazione verso il Ministero e gli organi competenti affinché vengano modificate alcune norme che ostacolano il raggiungimento di obiettivi qualitativi elevati.
– Accelerare le procedure semplificandole e rendendo più veloce il processo di adeguamento anche alle direttive europee.
Per il mercato:
– Facilitare un’apertura verso i mercati Europei e Esteri in generale, attraverso una adeguata promozione dei prodotti.
– Ipotizzare di creare un consorzio di tutela o comunque una forma di promozione e protezione specifica per questo bovino.
– Consentire un rapido adeguamento alle direttive dell’UE.
Da quanto si può osservare il campo di azione è vasto e richiede competenze e professionalità diverse che se pur coordinate si muoveranno indipendentemente. Verrà attivata una parte specifica per gli allevatori e la commercializzazione del bestiame ed una seconda parte, altrettanto specifica, per i processi di macellazione e lavorazione delle carni, nonché commercializzazione del prodotto finito.
Per il primo punto si impone una accurata ricognizione sul territorio, coinvolgendo gli allevatori storici e potenziali, si tratterà di migliorare le tecniche di allevamento sia delle fattrici che dell’ingrasso. Tutta la filiera si dovrà muovere nella stessa direzione e perseguire gli stessi obiettivi, se possibile creare dei centri di ingrasso di facile gestione con bestiame mantenuto in ampi paddocks, mentre le fattrici continueranno a utilizzare i pascoli ed essere allevate con metodo estensivo. Si punterà in particolare ad una alimentazione qualitativamente migliore e mirata ad ottimizzare le rese, in particolare le fasi di finissaggio dovranno essere perfezionate al fine di disporre di un prodotto senza difetti. Parallelamente sarà fatto un lavoro sulla certificazione ambientale, creato un disciplinare di produzione, etichettatura, trasposto.
Per il secondo punto, il lavoro più grosso è indirizzato verso la macellazione, frollatura, tagli, conservazione della merce, tecniche di sottovuoto, tracciabilità certificazioni e trasporto del prodotto finito.
Questo progetto sarà seguito per la parte macelli e commercializzazione da Raimondo Mendolia che da anni si occupa di questo settore ed è maestro di cucina e presidente dei cuochi per l’Ungheria; Ferdinando Martignago è il consulente Aree di sviluppo Europee e consulente del lavoro di Treviso e lo scrivente, quale esperto in produzioni animali, si impegnerà per la parte più squisitamente zootecnica. I tempi di realizzazione dovrebbero essere relativamente brevi e nel giro di pochi anni, anche il più esigente dei consumatori europei potrà deliziarsi con i prodotti ottenuti da questo particolarissimo bovino.
Mario Giannone è laureato in Scienze Agrarie all’Università di Firenze. Insegnante di zootecnia all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze, presta la sua opera di assistenza tecnica specialistica presso Enti regionali, Parchi e Associazioni. E’ autore del libro “L’allevamento biologico del suino” edito da Edagricole-Sole 24 ore. Curriculum vitae >>>