La reintroduzione dell’Orso bruno sulle Alpi Centrali
Progetto Life Ursus – Gruppo di Ricerca del Parco Naturale Adamello-Brenta
Il Parco degli Orsi
L’orso è tornato nel Parco Adamello Brenta: dal 1999 nove individui provenienti dalla Slovenia meridionale si sono infatti aggiunti ai pochi superstiti autoctoni (3-4) sopravvissuti alla persecuzione operata dall’uomo fino allo scorso secolo.
L’arrivo dei nuovi orsi è stato possibile grazie ad un progetto condotto tra il 1996 e il 2004, il Life Ursus “Tutela della popolazione di orso bruno del Brenta”, promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento (PAT) e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS). Il progetto, finanziato in parte dall’Unione Europea (per il 60% nella fase 1996-2000 e per il 49% dal 2000 al 2004) è stato realizzato con l’obiettivo ultimo di portare alla ricostituzione di una popolazione vitale di orsi sulle Alpi Centrali, formata da almeno 40-50 individui. In base ad un apposito Studio di Fattibilità (realizzato dall’INFS nel 1997) i plantigradi potranno trovare vaste zone idonee alla loro sopravvivenza, in un’area comprendente il Trentino occidentale e parte delle Province di Bolzano, Brescia, Sondrio e Verona.
Proprio in base all’estensione territoriale dell’area interessata dal progetto ed alla sua complessità, sono numerosi i partner che hanno collaborato all’iniziativa. Sono infatti stati formalizzati accordi operativi, oltre che con le 4 province confinanti, anche con il WWF e con l’Associazione Cacciatori della Provincia di Trento, che collabora tuttora anche nel monitoraggio degli orsi immessi.
Il progetto è stato basato sul rilascio di 9 esemplari, 6 femmine e 3 maschi di età compresa tra i 3 ed i 6 anni in ottime condizioni di salute e in grado di garantire un rapido incremento numerico della neocolonia.
La fase operativa è iniziata nel 1999 con la liberazione dei primi due esemplari, Masun e Kirka. Nella primavera 2000 sono stati immessi Daniza, Joze e Irma e nel 2001 Jurka e Vida. I rilasci previsti si sono conclusi nel 2002 con l’arrivo di Gasper, Brenta e Maja (liberata per sostituire Irma, morta nel 2001 a causa di una slavina).
Rilascio dell’orsa Kirka, nel maggio 1999
(foto Archivio Provincia Autonoma di Trento)
Tutti gli orsi rilasciati sono stati dotati di un radiocollare e di due marche auricolari trasmittenti. Questi dispositivi hanno consentito di monitorare gli spostamenti degli animali per il periodo successivo al rilascio.
Come nelle previsioni dello Studio di Fattibilità, gli orsi reintrodotti si sono adattati in modo ottimale alla nuova area di vita. In base ai dati ottenuti dal monitoraggio è possibile ipotizzare un futuro positivo per lo sviluppo della neocolonia, che è oggi stimata in 18-20 esemplari grazie alle 5 riproduzioni accertate dal 2002 (12 cuccioli nati).
Perché reintrodurre gli orsi
L’estinzione di ogni specie animale si traduce nella perdita di una importante componente dell’ecosistema ed è per questo che una reintroduzione, effettuata nel principio dell’autoctonia delle specie, può riportare l’ambiente verso una maggiore naturalità.
Va inoltre considerato che l’estinzione di una specie animale porta ad un indubbio impoverimento culturale, alla scomparsa, cioè, di un tassello della storia dell’uomo.
L’orso è presente nell’immaginario collettivo di ognuno di noi fin dall’infanzia: ne è intrisa la letteratura trentina, ne sono affrescati i muri di centinaia di malghe, ne sono piene le storie e le leggende della tradizione alpina. L’animale simbolo per eccellenza del Trentino non può rimanere solo un’immagine su gonfaloni, bandiere, stendardi e dipinti; non è giusto che le nuove generazioni lo conoscano solo attraverso i ricordi dei più anziani. La presenza attuale e futura dell’orso dipende da tutti e da quanto saremo disposti ad accettare che esso abbia pieno diritto a ritornare laddove ha sempre vissuto.
Orsa Daniza, rilasciata nel 2000, fotografata in Val di Tovel
(foto Archivio Parco Adamello Brenta)
L’indole dell’orso
L’orso bruno, pur essendo considerato dal punto di vista sistematico un Carnivoro, è in realtà un animale onnivoro, con una spiccata predilezione per gli alimenti vegetali, che costituiscono oltre il 65% della sua dieta. Solo occasionalmente preda animali selvatici e domestici, soprattutto se debilitati o feriti, mentre si ciba molto più frequentemente di insetti e animali trovati morti.
L’orso è un animale schivo, che evita il più possibile, i contatti con l’uomo, riconosciuto ormai come l’unico vero pericolo per la sua vita.
In effetti, la storia della convivenza tra uomo e orso è sempre stata caratterizzata da rapporti difficili, condizionati dal reciproco timore. Se da un lato l’uomo ha sempre temuto la forza e la maestosità del plantigrado, quest’ultimo si è abituato nel tempo a considerare l’uomo come il suo unico predatore e come il solo elemento dell’ambiente in grado di rappresentare un serio pericolo per la propria incolumità.
In Italia, Francia e Spagna, dove vivono popolazioni di orsi di dimensione e caratteristiche simili a quelli immessi nel Parco, non risultano nel XX secolo, casi di persone uccise da orsi in libertà. Questo a fronte di popolazioni che – in alcuni casi, come ad esempio nel Parco Nazionale d’Abruzzo e nei Monti Cantabrici Iberici- raggiungono densità significative in aree non prive di insediamenti umani.
Nonostante l’orso sia un animale timido, che normalmente sviluppa un senso di paura nei confronti dell’uomo, non sono tuttavia completamente da escludere gli attacchi, soprattutto nei casi in cui il plantigrado venga colto di sorpresa o senta minacciata la propria incolumità.
In Slovenia, a fronte della popolazione a più alta densità d’Europa insieme a quella rumena, sono registrati 3 casi di aggressione negli ultimi 60 anni.
Va sottolineato comunque che in nessuna parte dell’areale mondiale si sono verificati casi di aggressione nei confronti di giovani e di bambini, probabilmente riconosciuti in tutti i casi dall’orso come assolutamente innocui. Per quanto riguarda le persone adulte, circa il 95% dei casi di scontro uomo-orso sono invece da correlare a comportamenti inopportuni da parte dell’uomo quali ad esempio eccesso di confidenza nei confronti dell’animale o incidenti di caccia.
Nel complesso quindi, seppure non si possano escludere interazioni rischiose con il plantigrado, l’orso deve essere riconosciuto come un animale molto poco pericoloso, al quale può essere imputata solo una percentuale minima dei possibili incidenti provocati dalla fauna selvatica e più in generale da “fenomeni naturali”.
Il Gruppo di Ricerca e Conservazione dell’Orso Bruno del Parco Naturale Adamello Brenta è stato istituito formalmente dal Parco Naturale Adamello Brenta nel dicembre 2004 per appoggiare, direttamente o indirettamente, la conservazione dell’orso e dell’altra fauna alpina. Idealmente il Gruppo costituisce il proseguimento dell’impegno del Parco nei confronti dell’orso, alla fine del Progetto Life Ursus che ha caratterizzato gli anni tra il 1996 e il 2004. Per facilitare il raggiungimento di una popolazione minima vitale di orsi sulle Alpi Centrali, obiettivo a lungo termine del Progetto stesso, il Gruppo si adopera per l’approfondimento delle conoscenze sulla popolazione del Trentino Occidentale, svolge una costante attività di comunicazione-divulgazione e collabora con gli Enti e le Associazioni interessate al perfezionamento delle strategie di conservazione del plantigrado.
Per maggiori informazioni: lifeursus@parcoadamellobrenta.tn.it; www.parcoadamellobrenta.tn.it