di Carolina Muzi e Annabella Vitalone
Artemisia annua (Oceancetaceen – Alice Chodura, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
In ambito sportivo, la storia dell’utilizzo delle piante medicinali a scopo terapeutico, ovvero dal miglioramento delle prestazioni fisiche alla riduzione della fatica, risale a tempi antichissimi proprio perché quest’ultime sono da sempre state considerate come immancabili risorse medicamentose della storia umana. A titolo esemplificativo, già all’interno della Bibbia venivano riportati l’issopo, per le sue proprietà toniche, l’artemisia, per alleggerire la fatica ed infine il cedro del Libano, utilizzato contro i dolori articolari.
Ad oggi, la continua crescita del mercato mondiale in merito all’utilizzo degli integratori alimentari, finalizzati al miglioramento della performance sportiva, impone una riflessione su quale sia il loro effettivo ruolo nella vita di un atleta. Inoltre, con il nuovo trend del “naturale”, la curva del mercato inerente all’utilizzo di tali strumenti, ha subìto una grande inclinazione verso un’integrazione a base di piante medicinali, quali il ginseng, il tribolo o l’echinacea, anche se tali supplementi non solo non presentano un’efficacia dimostrata ma, in qualità di integratori, non potrebbero neanche vantarla. In aggiunta, data l’assenza di adeguate informazioni e consigli medici, l’assunzione di queste sostanze può comportare un rischio reale per la salute degli sportivi. La linea di confine tra dieta e doping, infatti, nel caso degli integratori alimentari per la pratica sportiva, appare molto sottile e difficile da definire poiché, legalmente, non essendo considerati farmaci, gli integratori alimentari non sono sottoposti ad una regolamentazione rigorosa, ma necessitano esclusivamente di una notifica ministeriale.
A garantire il rispetto delle normative antidoping e ad occuparsi della lista di sostanze vietate nella pratica sportiva, tramite il Codice Mondiale Antidoping, è la World Anti-Doping Agency (WADA), una fondazione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO).
Piante medicinali maggiormente utilizzate in ambito campo sportivo
In passato veniva impiegata Efedra sinica Stapf. Questa pianta, contiene, tra l’altro, efedrina che, insieme alla pseudoefedrina, è un alcaloide simpaticomimetico agonista dei recettori alfa e beta adrenergici e stimolante il sistema nervoso centrale. A causa di gravi effetti avversi di natura cardiovascolare e centrale, sfociati anche in casi di morte, la Food and Drug Administration (FDA) prima e l’Italia poi, ne hanno vietato la vendita e la WADA l’ha inserita nella lista delle sostanze proibite (Fitoterapia e sport, 2008). In precedenza, l’efedrina aveva trovato impiego come anoressizzante, mentre a livello cardiovascolare determinava incremento della forza di contrazione del cuore, dell’output cardiaco e vasocostrizione periferica (McEvoy, G.K., 1987).
Ad oggi sono altre le piante che vengono spesso utilizzate dagli sportivi, di seguito se ne riportando alcune.
Echinacea purpurea L. vanta un ampio spettro d’impieghi, fra i quali spiccano quello immunomodulante, anti-infiammatorio e cicatrizzante. In ambito sportivo, sembra influenzare le prestazioni sportive modulando il consumo massimo di ossigeno e riducendo l’incidenza di infezioni delle vie respiratorie superiori, dopo un esercizio intenso (Senchina D., Dunne T., 2013).
Panax ginseng L., ricco di saponine triterpeniche, quali ginsenosidi e panaxosidi, vanta un miglioramento dell’attenzione, del tempo di reazione e della stanchezza, nonché una normalizzazione della pressione arteriosa e un abbassamento dei livelli di glucosio e colesterolo nel sangue (Senchina D., Dunne T., 2013). Nel contesto di integrazione sportiva, tale pianta presenta riscontri sperimentali piuttosto deboli, tali da non supportare il suo uso in contesti sportivi.
Tribulus terrestris L. nasce con la medicina popolare come tonico, diuretico, afrodisiaco e disinfettante urinario. Molti , che praticano sport di forza e potenza, ricorrono alla sua integrazione, dato il suo alto contenuto in saponine steroidee, quali la protodioscina, che garantiscono un aumento in testosterone e riducono l’infiammazione muscolare (Ghanbari, A., et al, 2021).
I semi della pianta di Coffea arabica L. vantano il loro impiego farmacologico grazie alla caffeina. Questa, nella pratica sportiva, è consumata sotto forma di “combustibile” del muscolo scheletrico, aiutando il risparmio di consumo di glicogeno muscolare. Grazie all’antagonismo dei recettori dell’adenosina, la caffeina aumenta l’impulso centrale nel sistema nervoso centrale, influenzando il rilascio dei neurotrasmettitori, diminuisce la percezione dello sforzo e del dolore in quello periferico (Talanian, Spriet, 2016).
Il guaranà, o Paullinia cupana Kunth., ha un uso tradizionale per il quale non si hanno delle evidenze cliniche scientificamente dimostrate, ma il suo uso si basa solo sulla lunga tradizione d’impiego. Il suo contenuto in metilxantine, quali la caffeina, la teofillina e la teobromina, gli conferiscono attività stimolanti. In ambito sportivo, il guaranà è utilizzato per migliorare le prestazioni atletiche negli sport a tempo, quali la corsa e il nuoto e ottimizzare le prestazioni cognitive durante l’attività motoria (Pomportes et al., 2019). Essendo, come il caffè, ricco di metilxantine, i preparati a base di guaranà sono sconsigliati in soggetti affetti da ulcere, ipertiroidismo o disturbi cardiovascolari tra cui ipertensione e aritmie e vanno assunti a stomaco pieno per evitare irritazioni della mucosa gastrica.
Rhodiola rosea L., chiamata anche radice d’oro o corona della regina, è una pianta adattogena, che promuove l’utilizzo degli acidi grassi, migliora la funzione antiossidante e la resistenza del corpo agli sforzi fisici, tanto da trovare impiego nella sindrome da affaticamento (Parisi et al., 2010).
Infine, al Ginkgo biloba L. sono attribuite numerose proprietà, in gran parte dovute ai ginkgolidi e flavonoidi in esso contenuti. Ricordiamo, ad esempio, l’attività antinfiammatoria e antiossidante, in particolare in un sistema che è stato soggetto a stress ossidativo, che sembra agire maggiormente nel soggetto anziano, rispetto a quello giovane. Dal momento che interferisce con la coagulazione sanguigna (in quanto inibisce il fattore di attivazione piastrinica), può causare emorragie, in particolare in caso di interventi chirurgici. La sua integrazione in campo sportivo fornisce miglioramenti marginali nelle prestazioni di resistenza, riferiti al consumo massimo di ossigeno e la capacità antiossidante del sangue (Zhang et al., 2009).
Il mercato attuale degli integratori alimentari e la fitovigilanza
Nell’analizzare il mercato attuale degli integratori alimentari, è emersa una divisione tra un mercato tradizionale ed uno più innovativo. Il primo risponde ad una logica di sostegno del tono e di rinforzo energetico; mentre quello innovativo risponde a bisogni più complessi come “disturbi” specifici e ad una logica di “prevenzione”. Ciò che è cambiato è proprio l’atteggiamento delle persone, passando da una richiesta di cura ad una ricerca orientata al mantenimento di un buono stato di salute e di benessere. Inoltre, ad affiancare il cambiamento del concetto di salute stessa, hanno contribuito al diffondersi di questo fenomeno altri fattori quali l’introduzione del mercato dell’e-commerce, che ha comportato una facile reperibilità e disponibilità di prodotti contenenti piante medicinali.
Dal 2002 è attivo il sistema di fitovigilanza italiano finalizzato alla rilevazione e monitoraggio e di eventuali effetti inattesi o reazioni avverse a piante officinali.
Le principali cause dell’uso scorretto di prodotti contenenti piante medicinali sono, tra le altre, la diffusione per via telematica di fake news (false notizie) e la possibilità di acquistare via internet prodotti “naturali”. Questi preparati sono pubblicizzati come sicuri e consigliati anche in quelle situazioni in cui dovrebbero essere usati con cautela, come la gravidanza, l’allattamento o l’età pediatrica. Inoltre, la pubblicità induce un’assunzione da parte del consumatore, il quale si interfaccia con tali sostanze, talvolta, in eccesso o in co-somministrazione con altri farmaci, causando effetti collaterali acuti o cronici, dovuti ad interazioni farmacologiche del quale esso è del tutto inconsapevole e poco informato.
Sulla base di quanto approfondito, bisognerebbe smentire l’erronea convinzione che “naturale” sia sinonimo di “sicuro” in quanto, in molti casi, la documentazione scientifica a supporto di sicurezza e qualità è spesso carente. Inoltre, è opportuno ricordare che alla base di un potenziale fisico e atletico di un atleta vi è una condizione di salute e buone abitudini. Un corretto stile di vita, infatti, così come sane abitudini alimentari, possono garantire il massimo dell’efficienza fisica.
L’atteggiamento collaborativo da parte dei medici, dei farmacisti, degli allenatori sportivi e delle figure governative è sicuramente il punto di forza nell’azione di contrasto e riduzione dei rischi per la salute pubblica.
Sunto ed aggiornamento dell’elaborato di tesi in Farmacognosia – Corso di Laurea in Farmacia, Sapienza Università di Roma.
Relatore: Prof.ssa Annabella Vitalone – Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia “Vittorio Erspamer”, Sapienza Università di Roma.
Studente: Dott.ssa Carolina Muzi. Email: caromuzi97@gmail.com