La voglia di convivialità e di “ricompensa” in un periodo di sacrifici e rinunce spinge gli acquisti di bevande alcoliche tra le mura domestiche. Spumanti, birra e aperitivi hanno registrato, secondo l’indagine sul panel famiglie Ismea-Nielsen, un’impennata dei consumi nei primi 9 mesi dell’anno, con aumenti a doppia cifra della spesa rispettivamente del 12,1%, 11,1% e 10,5%. Vivace la domanda anche per i vini fermi che nel periodo in esame ha fatto segnare un aumento del 7%.
L’andamento complessivo della spesa procede a ritmo sostenuto, sottolinea l’Ismea, nonostante il parziale ritorno alla normalità dei mesi estivi e la riapertura del canale ristorazione abbiano leggermente smorzato la spinta ai consumi in casa riscontrata durante il lockdown. I dati del Panel Ismea indicano un incremento della spesa domestica in valore del 7% rispetto ai primi nove mesi del 2019, dopo il +9,3% messo a segno nel primo semestre del 2020, ma le nuove restrizioni adottate a partire da settembre a seguito dell’escalation dei contagi lasciano prevedere nuovi incrementi che porteranno il 2020 al livello record di spesa domestica degli ultimi 10 anni.
Le dinamiche restano comunque positive per tutte le referenze ad eccezione delle acque, le cui vendite si fermano ai livelli del 2019 (+0,1%). Segni più di rilievo interessano, oltre agli alcolici, la categoria dei proteici di origine animale, al cui interno i comparti più dinamici sono le uova (+16,1%), le carni suine (+14%), in un contesto molto positivo anche per le carni avicole (+9%), le bovine (+7,3%) e l’aggregato dei salumi (+8%).
Per i lattiero caseari le vendite dei primi nove mesi 2020 sono risultate in netto incremento rispetto a quelle del 2019, con un +8,4%, sintesi del +12,5% dell’insieme dei formaggi e del +5,1% del latte, a cui ha però contribuito solo il latte Uht (+9,5%). Frutta e ortaggi chiudono i primi 9 mesi con un incremento della spesa rispettivamente del 11% e dell’8,4% su basa annua.
Tra i canali di vendita la pandemia ha favorito il ricorso ai piccoli esercizi di prossimità e all’e-commerce che in passato avevano un peso marginale, penalizzando invece gli ipermercati, spesso inseriti all’interno di centri commerciali dove la chiusura nei negozi ha disincentivato la frequentazione dei consumatori.
Fonte ISMEA