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di Ema­nue­le D’E­lia

innovazione

È sotto gli occhi di tutti come il li­vel­lo di in­no­va­zio­ne al­l’in­ter­no del­l’a­zien­da agri­co­la sia an­co­ra molto lon­ta­no da quel­lo di qual­sia­si altra ti­po­lo­gia di im­pre­sa ita­lia­na e ri­spet­to anche al resto d’Eu­ro­pa. Que­sta bassa spin­ta alla mo­der­niz­za­zio­ne po­treb­be es­se­re ri­cer­ca­ta nel tes­su­to so­cia­le che com­po­ne gli ad­det­ti del set­to­re.

Ini­zian­do con l’a­na­liz­za­re la forma giu­ri­di­ca delle azien­de agri­co­le i ri­sul­ta­ti del Cen­si­men­to del 2010 af­fer­ma come il 96,1 % delle azien­de che col­ti­va­no il 76,1% della SAU è co­sti­tui­ta dal­l’a­zien­da in­di­vi­dua­le a con­du­zio­ne di­ret­ta, cioè dal­l’im­pren­di­to­re agri­co­lo ai sensi del­l’ar­ti­co­lo 2135 del Co­di­ce ci­vi­le. Di con­tro le so­cie­tà di per­so­ne co­sti­tui­sco­no il 3% delle azien­de to­ta­li col­ti­van­do il 14% della SAU. Con una per­cen­tua­le an­co­ra più bassa ri­tro­via­mo le so­cie­tà di ca­pi­ta­li e coo­pe­ra­ti­ve che col­ti­va­no il 3,7% della SAU. Se­guo­no, in­fi­ne, in ter­mi­ni per­cen­tua­li le Am­mi­ni­stra­zio­ni o Enti pub­bli­ci che co­sti­tui­sco­no uni­ta­ria­men­te lo 0,2% delle azien­de col­ti­van­do il 5,9% della SAU.

Per­tan­to, pos­sia­mo af­fer­ma­re con si­cu­rez­za che la forma di “im­pren­di­to­re agri­co­lo” e di “so­cie­tà di per­so­ne” ca­rat­te­riz­za la forma di con­du­zio­ne del­l’a­zien­da agri­co­la come una con­du­zio­ne di­ret­ta. Ciò si­gni­fi­ca che i sin­go­li im­pren­di­to­ri e i loro fa­mi­lia­ri, pre­sta­no la pro­pria opera al fine di pro­dur­re beni na­tu­ra­li per la ven­di­ta o l’au­to­con­su­mo, con la di­ret­ta con­se­guen­za di avere bi­so­gno di so­vra­strut­tu­re dove far con­flui­re gli stes­si beni, al fine di una cor­ret­ta di­stri­bu­zio­ne sul ter­ri­to­rio na­zio­na­le ed ex­tra­na­zio­na­le.

Que­sta ge­ne­ra­le pro­pen­sio­ne alla ge­stio­ne di­ret­ta del­l’a­zien­da agri­co­la si ri­flet­te anche sul ti­to­lo di pos­ses­so dei ter­re­ni sui quali ven­go­no svol­te le at­ti­vi­tà.

In­fat­ti tro­via­mo va­lo­ri mag­gio­ri per le azien­de con SAU in pro­prie­tà (90,6% delle azien­de che col­ti­va il 61,9 % della SAU). A se­gui­re, si hanno le azien­de con SAU in af­fit­to (16,2 % delle azien­de che col­ti­va il 29,9 % della SAU) e con SAU in uso gra­tui­to (11,6 % delle azien­de che col­ti­va l’8,3 % della SAU).

La forma fa­mi­lia­re, in Ita­lia, come ab­bia­mo po­tu­to ap­pu­ra­re, è la forma pre­pon­de­ran­te e se essa da un lato ha ap­por­ta­to be­ne­fi­ci al­l’in­trec­cio so­cia­le raf­for­zan­do la coe­sio­ne dei grup­pi fa­mi­lia­ri, dal­l’al­tro ha avuto dei se­gui­ti meno po­si­ti­vi. In par­ti­co­la­re, ci ri­fe­ria­mo alla for­ma­zio­ne di strut­tu­re azien­da­li me­dia­men­te pic­co­le, pro­prio in qua­li­tà della forza la­vo­ro dei com­po­nen­ti della fa­mi­glia; que­sto aspet­to ne­ga­ti­vo rap­pre­sen­ta la de­bo­lez­za in­trin­se­ca del­l’a­gri­col­tu­ra ita­lia­na. In­fat­ti, data la ri­dot­ta di­men­sio­ne delle azien­de agri­co­le, vi è una con­se­guen­te de­bo­lez­za con­trat­tua­le nei con­fron­ti delle im­pre­se di tra­sfor­ma­zio­ne, tanto da far pre­ve­de­re nel trat­ta­to di Roma del 1957, at­tra­ver­so un ap­po­si­to ar­ti­co­lo: il 42, suc­ces­si­va­men­te e in­te­gral­men­te en­tra­to a far parte del Trat­ta­to sul fun­zio­na­men­to del­l’UE, ap­po­si­te de­ro­ghe sulla con­cor­ren­za.

Que­sto ar­ti­co­lo ha per­mes­so la co­sti­tu­zio­ne, al­tri­men­ti vie­ta­ta in quan­to viola i prin­ci­pi di un mer­ca­to con­cor­ren­zia­le, di or­ga­niz­za­zio­ni di pro­dut­to­ri agri­co­li, in quan­to sul piano eco­no­mi­co le pic­co­le im­pre­se sono im­pos­si­bi­li­ta­te dalla loro di­men­sio­ne a rea­liz­za­re eco­no­mie di scala. L’Eu­ro­pa, in­te­sa come Co­mu­ni­tà Eco­no­mi­ca Eu­ro­pea, ha dato la spin­ta per la cre­sci­ta e mo­der­niz­za­zio­ne del­l’a­gri­col­tu­ra ita­lia­na; non è un caso di­fat­ti che la sto­ri­ca di­ret­ti­va 72/159/CEE “re­la­ti­va al­l’am­mo­der­na­men­to delle azien­de agri­co­le”, non­ché pie­tra mi­lia­re della PAC, si apris­se nei con­si­de­ran­do ini­zia­li con la se­guen­te con­sta­ta­zio­ne:

“con­si­de­ran­do che la strut­tu­ra agra­ria è ca­rat­te­riz­za­ta nella Co­mu­ni­tà da un vasto nu­me­ro di azien­de agri­co­le in cui man­ca­no le con­di­zio­ni strut­tu­ra­li che con­sen­ta­no di as­si­cu­ra­re un equo red­di­to e con­di­zio­ni di vita com­pa­ra­bi­li a quel­le delle altre pro­fes­sio­ni; che, inol­tre, au­men­ta in modo per­ma­nen­te il di­va­rio tra il red­di­to delle azien­de che per la loro si­tua­zio­ne strut­tu­ra­le sono in grado di ade­guar­si allo svi­lup­po eco­no­mi­co e il red­di­to delle altre azien­de”.

Il ca­poa­zien­da as­su­me dun­que un ruolo ri­le­van­te per la cor­ret­ta ge­stio­ne di tutte le fun­zio­ni or­ga­niz­za­ti­ve del­l’a­zien­da, e dun­que sa­reb­be ap­pro­pria­to pren­de­re le fila sta­ti­sti­che della stes­sa fi­gu­ra per met­te­re in ri­sal­to la ge­ne­ra­le pro­pen­sio­ne al­l’in­no­va­zio­ne. L’a­na­li­si dei dati de­ri­van­ti dal 6° Cen­si­men­to ge­ne­ra­le del­l’a­gri­col­tu­ra, ci sug­ge­ri­sce come que­sto set­to­re sia ca­rat­te­riz­za­to, da de­ci­ne di anni, da età avan­za­ta e da bassi li­vel­li di istru­zio­ne. Pro­prio per tale mo­ti­vo si nota che più della metà dei ca­poa­zien­da ha un’e­tà mag­gio­re/ugua­le ai 55 anni, che cor­ri­spon­de, in ter­mi­ni per­cen­tua­li al 61,5% della po­po­la­zio­ne to­ta­le. A se­gui­re tro­via­mo i ca­poa­zien­da con età com­pre­sa tra i 40/54 anni che rap­pre­sen­ta­no il 28,5%; quel­li con età com­pre­sa tra i 30/39 anni con  il 7,8%, fino al va­lo­re mi­no­re per la clas­se più gio­va­ne con il 2,2%.

In ma­nie­ra col­le­ga­ta, il “cen­si­men­to”, in­da­ga sul li­vel­lo di istru­zio­ne con­se­gui­to. Non do­vreb­be sor­pren­der­ci in­fat­ti, dato che la for­ma­zio­ne si ri­tie­ne sia an­co­ra molto le­ga­ta
al­l’e­spe­rien­za e che:

  • il 71,5% dei ca­poa­zien­da ha un li­vel­lo di istru­zio­ne pari o in­fe­rio­re alla scuo­la se­con­da­ria di primo grado;
  • solo il 6,2% dei ca­poa­zien­da è in pos­ses­so di un ti­to­lo di lau­rea;
  • E solo lo 0,8% ri­sul­ta aver con­se­gui­to un ti­to­lo di lau­rea ad in­di­riz­zo agra­rio.

grafico imprenditori agricoli

L’af­fer­ma­zio­ne “gio­va­ni im­pren­di­to­ri” pos­sia­mo ri­con­dur­la a tutti gli im­pren­di­to­ri agri­co­li con un’e­tà com­pre­sa tra 18 e i 39 anni, che nel pre­ce­den­te ca­po­ver­so ab­bia­mo sta­bi­li­to rap­pre­sen­ta­re il 10% del to­ta­le dei ca­poa­zien­da. Que­sta bassa quota di under 40 nel go­ver­no del­l’im­pre­sa si ri­per­cuo­te sulle ca­pa­ci­tà che ha la stes­sa ad in­no­va­re: uti­liz­za­re stru­men­ti ana­li­ti­ci che pos­sa­no sup­por­ta­re le scel­te ge­stio­na­li non­ché ad ope­ra­re su ca­na­li sia di ven­di­ta di­ret­ta che in­di­ret­ta di­ver­si e volti ad un am­bi­to più glo­ba­liz­za­to gra­zie al web, su­pe­ran­do così quel­le de­bo­lez­ze strut­tu­ra­li ca­rat­te­ri­sti­che delle PMI.

Con­si­de­ran­do che la so­glia di ac­ces­so alle age­vo­la­zio­ni per l’in­se­dia­men­to dei gio­va­ni in agri­col­tu­ra è fino a 40 anni com­piu­ti, è im­por­tan­te per la va­lu­ta­zio­ne del­l’ef­fi­ca­cia delle po­li­ti­che, mo­ni­to­ra­re l’an­da­men­to del va­lo­re as­so­lu­to e del­l’in­ci­den­za delle azien­de con capo azien­da con meno di 41 anni. A que­sto scopo è stata ef­fet­tua­ta un’e­la­bo­ra­zio­ne ad hoc da parte di Ismea sui dati Istat (con ul­ti­mo dato di­spo­ni­bi­le ed uf­fi­cia­le ri­sa­len­te al 2013).

Nel 2010 quasi 183 mila azien­de agri­co­le ita­lia­ne, ossia l’11,3%, del to­ta­le fo­to­gra­fa­to dal­l’in­da­gi­ne cen­sua­ria del­l’I­stat, aveva un capo azien­da con meno di 41 anni; tre anni dopo que­sta quota è scesa all’8,3%. A li­vel­lo ter­ri­to­ria­le la pre­sen­za di under 41 è leg­ger­men­te più ele­va­ta nelle aree set­ten­trio­na­li, meno nel Cen­tro e tra il 2010 e il 2013 la quota di gio­va­ni im­pren­di­to­ri è di­mi­nui­ta in tutte le aree.

aziende agricole giovani

L’ul­te­rio­re man­can­za di ob­bli­go per le scrit­tu­re con­ta­bi­li pre­vi­ste dalla norma sul­l’im­pren­di­to­re agri­co­lo (art. 2135), esclu­do­no la pos­si­bi­li­tà di fare qual­si­vo­glia ana­li­si anche da parte degli stes­si im­pren­di­to­ri e da terzi pro­fes­sio­ni­sti, li­mi­tan­do di fatto anche un’a­na­li­si co­sti-be­ne­fi­ci per l’a­do­zio­ne di stru­men­ti per la sil­vi­col­tu­ra, con­ci­mi e la stes­sa acqua, fonte sem­pre più pre­zio­sa.

Tutto que­sto ci porta si­cu­ra­men­te a pen­sa­re che un ri­cam­bio ge­ne­ra­zio­na­le po­treb­be es­se­re una so­lu­zio­ne per il vo­la­no del­l’in­no­va­zio­ne, ma vista la gran­de in­ci­den­za degli over 50 que­sta non può es­se­re l’u­ni­ca tat­ti­ca da adot­ta­re. Un’ espe­dien­te utile, a que­sto punto, sa­reb­be la for­ma­zio­ne degli ope­ra­to­ri esi­sten­ti da parte delle isti­tu­zio­ni che de­vo­no sti­mo­la­re la co­no­scen­za delle nuove tec­no­lo­gie o, me­glio an­co­ra, utile sa­reb­be la col­la­bo­ra­zio­ne con le nuove ge­ne­ra­zio­ni che hanno vo­glia di am­mo­der­na­re ma non hanno i mezzi. Una sorta di cros­so­ver tra i mezzi di pro­du­zio­ne e know-how gio­va­ne e spe­cia­liz­za­to da­reb­be al­l’a­gri­col­tu­ra ita­lia­na un nuovo volto, sem­pre più orien­ta­to verso l’in­no­va­zio­ne.

Bi­blio­gra­fia

  • Cen­si­men­to ge­ne­ra­le del­l’a­gri­col­tu­ra, Atlan­te del­l’a­gri­col­tu­ra, 2013, Isti­tu­to na­zio­na­le di sta­ti­sti­ca
  • Bor­ghi Paolo e Ger­ma­nò; “I di­rit­ti della terra e del mer­ca­to agroa­li­men­ta­re”, se­zio­ne “Gli svi­lup­pi del­l’a­gri­col­tu­ra ita­lia­na nel con­te­sto eu­ro­peo e mon­dia­le”, UTET giu­ri­di­ca 2016.

Ema­nue­le D’E­lia, lau­rea­to in eco­no­mia e ma­na­ge­ment pres­so l’U­ni­ver­si­tà degli studi di Pavia; Ma­ster in in­no­va­tion, re­tail and e-mar­ke­ting pres­so LUM. E- mail: ema­nue­le­de­lia94@​gmail.​com

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