di Mauro Bertuzzi
Il termine agricoltura urbana, fu creato negli anni ‘80 in Francia per designare nei paesi del Sud del mondo il cosiddetto “giardinaggio familiare” per la sopravvivenza, realizzato da pratiche di neo-cittadini costretti a migrazioni forzate (guerra civile, povertà rurale) o dai cittadini privati della possibilità di accedere al mercato per povertà o a causa della mancanza di approvvigionamento in caso di guerra. L’espressione fu poi estesa all’agricoltura di “revisione” nel momento della crisi sulla qualità dei prodotti alimentari del sistema mondiale.*
Nel contesto odierno in Italia, l’agricoltura urbana che in passato era un’attività per lo più praticata in contesti di piccole cittadine o cosiddetti paesi di campagna (paesi più piccoli e non molto distanti da città più o meno grandi), è diventata una realtà, rappresentando una novità ormai sempre più diffusa in molti contesti di città più o meno grandi.
Definizione di agricoltura urbana
L’agricoltura urbana, viene definita come un agricoltura in grado di coltivare, trasformare e distribuire il cibo all’interno di contesti urbanizzati o peri-urbani, come per esempio città, villaggi, comunità, ecc.. Il termine peri-urbano, indica aree ubicate in prossimità delle città, ma non ancora in aperta campagna, il cui territorio urbano e agricolo, non viene ancora ben chiaramente definito.
Questo tipo di attività agricola, può anche prevedere nei contesti in cui opera, anche l’allevamento di animali, di specie ittiche (acquacoltura), pratiche agro-forestali (laddove possibile) e orticole.
Un’agricoltura di questo tipo, promuove la sicurezza alimentare e l’igiene dei prodotti in due modi: innanzitutto incrementando la disponibilità di cibo per gli abitanti della città (non facendo percorrere tanti km ai cibi con conseguenti possibili contaminazioni), e, in secondo luogo, mettendo a disposizione dei consumatori urbani, prodotti freschi e freschissimi con shelf-life ridotte: ortaggi, frutta, carne e pesce.
L’agricoltura civica
L’agricoltura civica riferendosi principalmente a modelli di produzione agricola di piccola/media scala fortemente integrati nel sistema urbano e locale, poggia le sue fondamenta sull’integrazione fra comunità di persone e risorse naturali della località in cui essa viene svolta.
Il termine agricoltura civica (o civile)**, fa riferimento ad un modello economico che, pur mantenendo come scopo l’attività di coltivazione di piante e l’allevamento di animali per fini alimentari, contestualmente persegue anche il bene comune secondo i principi dell’economia civile attraverso il risultato di tutti i livelli di benessere dei singoli individui di una collettività. Per questo motivo, l’agricoltura civica si fonda sul coinvolgimento delle comunità locali e dei cittadini, abbracciando sistemi di produzione e di commercializzazione innovativi, che rappresentano una visione della società fondata su pratiche sociali, economiche e ambientali sostenibili, sull’etica, sul senso di responsabilità e sulla reciprocità.
Per tali caratteristiche gli impatti dell’agricoltura civica devono essere valutati attraverso moltiplicatori di tipo ambientale e sociale, oltre che economico.
Le pratiche di agricoltura civica, permettono di assicurare ai cittadini, oltre che il cibo, anche infrastrutture importanti per la vita quotidiana, siano esse di tipo naturale quali ad esempio i paesaggi, la gestione delle risorse naturali e la biodiversità, oppure sociali attraverso la conoscenza del mondo agricolo e rurale, l’identità e la vitalità delle comunità, il benessere delle persone, e i servizi socio-educativi ed assistenziali annessi.
Le forme di agricoltura civica, trovano applicazione nelle pratiche di community supported agriculture CSA (agricoltura sostenuta dalla comunità), dei gruppi di acquisto solidali (GAS), nelle forme di agricoltura sociale praticate dalle aziende agricole e dal mondo della cooperazione sociale, nei community gardens (giardini condivisi), nella didattica aziendale e nella produzione di servizi alla persona, nelle forme di vendita diretta e in quelle pratiche di qualità economica, ambientale e sociale, che non si esauriscono solo in uno scambio mercantile, ma bensì, mantengono al loro interno valori di relazione durevoli e continuativi nel tempo.
Le attività di agricoltura civica, coesistono anche con quelle proprie dell’agricoltura convenzionale ed assicurano risorse indispensabili per qualità della vita nei sistemi locali soprattutto nelle realtà più piccole. Anche per questo, in alcuni paesi, la pianificazione territoriale guarda con progressivo interesse al modo in cui leggere le pratiche di agricoltura civica per inserirle poi in piani di sviluppo del territorio.
I possibili futuri scenari
L’attenzione crescente all’agricoltura urbana, soprattutto in particolari distretti agricoli, grazie anche alla capacità imprenditoriale degli agricoltori e alla vicinanza al mercato delle città, consente una diversificazione delle filiere agroalimentari e una crescente opportunità di sviluppo di altre attività, quali:
- il turismo rurale, questo in relazione alla zona e al tipo di città (arte, lago, mare, montagna, ecc.);
- aumento della qualità dei prodotti, soprattutto biologici;
- recupero di possibili scarti produttivi e impiego degli stessi per attività collaterali quali produzione energetica, compost, ecc.;
- attuazione di programmi e obiettivi presenti nei vari PSR, quali il recupero della biodiversità;
- recupero di prodotti tipici, laddove le aziende sono ubicate in zone vocate;
- miglioramento della gestione delle acque capillari, soprattutto in zone dove vi sono problemi di bacini e di conduzione idrica nei pressi dei centri urbani;
- sistemazione e ristrutturazione degli edifici rurali, soprattutto per quelle aziende che offrono ospitalità o attività di ristorazione (agriturismo, B&B) e/o vendita diretta o attività sociali (orti sociali, ecc.);
- possibile svolgimento di attività di servizio pubblico mediante affidamento da parte dell’ente locale di sgombro neve, pulizia del verde in aree marginali, ecc.;
- consolidamento della ruralità anche attraverso i PTCP , PGT e soprattutto i PCU.
Vi sono poi degli aspetti critici che possono limitare questo tipo di agricoltura:
- nella gran parte delle persone, cultura del valore del mondo rurale ridotta e, in alcuni casi, non ancora riconosciuta;
- nella maggior parte delle realtà assenza di un progetto strategico e condiviso fra realtà pubbliche e private;
- instabilità territoriale: scarsa pianificazione a livello locale mediante un PGT condiviso;
- spesso instabilità contrattuale fra proprietari e affittuari, magari anche con contratti di affitto non particolarmente durevoli nel tempo (esempio contratti 5-10 anni, invece che 20 -30 anni);
- eccessiva frammentazione territoriale e relativo consumo di suolo, che spesso ne limitano le dimensioni dell’azienda nonché la sua capacità e ottimizzazione della produzione e relative economie di scala;
- scarsa capacità di offrire prodotti e servizi innovativi con conseguente capacità di fare rete;
- elevata competizione con altre attività presenti sul territorio, dove spesso invece di “costruire” percorsi attrattivi e multicanali, entrano in contrasto (esempio percorsi guidati fra prodotti alimentari, shopping e culturali).
Se ben sfruttata, l’agricoltura urbana, può essere un volano importante sia per i nuovi e possibili futuri scenari per gli imprenditori agricoli, in termini economici e di salvaguardia del territorio e biodiversità, e sia di sicuro interesse per i consumatori, che in essa possono trovare prodotti e servizi innovativi, nel rispetto della tradizione e della ruralità del passato coniugata con il presente.
* Fonte: Sintesi delle esperienze francesi ed internazionali in agricoltura periurbana
André Fleury (ENSP), Paola Branduini (PaRID, Politecnico Milano)
** Il termine “civic agriculture” venne utilizzato per la prima volta da T.A. Lyson nel 1999 durante il Meeting Annuale della Rural Sociology Society.
Mauro Bertuzzi, laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Milano, è Presidente del collegio provinciale di Milano e Lodi degli Agrotecnici e Agrotecnici Laureati. Curriculum vitae >>>
Il Giardino Mediterraneo Paesaggi assolati e ventosi, olivi che affondano le radici nodose tra sassi e terra rossa, terrazze che fronteggiano il mare… Colori, forme e profumi, poichè ciascuno di noi può avere un “proprio” giardino con le piante tipiche mediterranee. |