di Carlo Cuomo
Cominciamo con un’osservazione: non ci sono marche di vino che godono dello stesso livello di successo (in termini di valore o di quota di mercato) di altri beni di consumo (caffè, cereali, birra).
Secondo lo studio “BrandZ™” di Millward Brown (leader mondiale della strategia di marketing), i 100 marchi più apprezzati al mondo valgono 3,3 miliardi di dollari, e nella top 40 esiste solo un marchio di birra, ma non di vino. [1]
Un’anomalia?
Source www.winebusiness.com
Andiamo su una seconda osservazione: secondo uno studio condotto da Reka Haros solo il 2% degli intervistati è in grado di rispondere correttamente alla domanda “puoi citare tre marchi di vino?”
Possiamo dircelo, il consumatore che scorre lo scaffale del supermercato naviga in una marea di informazioni (annata, vitigno, denominazione, marca) che lo frastorna, gli incute incertezza. Cosa cerca? Una marca forte che lo rassicuri di non fare brutta figura a cena da amici, oppure, meno prosaicamente, che la sua spesa economica sia ben ripagata.
La rivista online “The Drink Business” pubblica una top 10 dei wine brand più forti al mondo. Quali sono? Scopriamolo nella tabella seguente:
Nonostante il 44% della produzione mondiale di vino sia concentrato tra Italia, Francia e Spagna, nessuno dei brand elencati da TheDrinkBusiness.com è riferito a vini del “vecchio mondo”.
La domanda è: perché’? Alcuni autori (Mora 2016) hanno individuato diverse ragioni, ma soprattutto la scelta strategica di focalizzarsi soprattutto su modelli di business diversi: evitando una concentrazione dell’offerta, puntando piuttosto su ricchezza, diversificazione e complessità. Forse abbandonando i clienti in balia di tale complessità, sicuramente confidando in quelle figure chiave di mediazione verso il cliente che sono i giornalisti e i sommelier.
Se questa scelta è dettata da ragioni puramente culturali di visione del prodotto o da una reale minore capacità di marketing, non potremmo mai saperlo. Fatto sta che i principali paesi produttori hanno intrapreso un percorso di sviluppo alternativo alla costruzione di un marchio forte.
Damien Wilson, Hamel Chair in Wine Business presso la Sonoma State University, identifica chiaramente uno dei problemi fondamentali e più tangibili del settore: non si è adattato ai cambiamenti dei costumi e dei mercati.
Mentre la qualità media del prodotto grazie all’innovazione è probabilmente la migliore mai ottenuta, il valore percepito del prodotto non ha seguito la stessa tendenza. Ovvero l’aumento qualitativo non si riflette nel prezzo a bottiglia in negozio. Dobbiamo chiarirlo, non basta semplicemente produrre vini migliori e costruire un’impresa nella speranza di vendere di più. Una strategia di marca concreta colmerebbe il divario tra la qualità del vino e qualità delle vendite.
Iniziamo a spiegarci perché le aziende vinicole hanno più difficoltà che mai a preservare la sostenibilità economica delle loro attività.
Le difficoltà di adattare l’offerta al mercato del prodotto vino.
La natura agricola e le complesse esigenze produttive del vino ne fanno un prodotto con una proposta diversa rispetto ad altri manufatti di consumo. Il ciclo di produzione è talvolta pluriennale e molto più lungo della maggior parte degli altri beni di largo consumo e, come tutti i prodotti agricoli, la natura determina la quantità finale.
L’aumento dell’offerta per soddisfare la domanda supplementare richiede sia una previsione che una pianificazione a lungo termine. Un vigneto di qualità ha bisogno di almeno tre-cinque anni per iniziare a produrre frutta di qualità, quindi il prodotto stesso può richiedere a volte fino a cinque o sei anni (e ancora di più per i vini fortificati). Anche se è garantito un adeguato approvvigionamento di uve, i produttori di vino devono spesso disporre di importanti mezzi economici tanto per la vinificazione, quanto per lo stoccaggio. Tutta questa complessità delle previsioni relative all’offerta del mercato rende molto difficile soddisfare in modo ottimale la domanda e l’offerta, per cui sono frequenti i rischi di penuria di scorte o di sovrapprovvigionamento (L. Lockshin 1997).
La punto di vista qualitativo il problema persiste ugualmente, quanti produttori si preoccupano realmente di quale “profilo organolettico” piaccia di più al consumatore? Se lo fanno attraverso quali dati? F. Partaix ha cercato di rispondere in maniera oggettiva a questa questione con uno studio di mercato che unisce l’analisi sensoriale ai dati di vendita (F. Partaix, 2017).
Quindi possiamo dirlo al giorno d’oggi i mezzi per comprendere quanto e che tipo di vino vendere esistono.
Un acquisto complesso
Oltre alla natura agricola del vino, l’accento è posto sulla specificità dell’origine geografica del vino (rispetto ad altri beni di consumo), il che porta ad una pletora di varianti e tipi di prodotti.
Una produzione complessa e variabile porta ad una situazione di acquisto complessa per i consumatori – probabilmente la differenza più importante tra il vino e gli altri beni di consumo.
Gluckman (1990) sostiene che per molti consumatori l’acquisto di vino è pieno di incertezza e di rischi. Molte persone hanno paura di apparire ignoranti e qualsiasi attività di marketing rassicurante potrebbe conquistare il sostegno dei consumatori in alcuni segmenti. La riduzione del rischio è una strategia di branding ragionevole (Spawton 1999).
Un vino complesso, ma non difficile
Semplificare l’approccio non vuol dire per forza svilirlo o sottrarne complessità. Rassicurare il cliente vuol dire renderlo sicuro che i prodotti di un’azienda siano fabbricati con cura, ben presentati e accettabili – anche riconoscibili – da altri consumatori.
I fattori di cui sopra spiegano perché il settore vitivinicolo è diverso da molti settori di prodotti di consumo. Ci sono migliaia di marche di vino che offrono centinaia di stili con grande variabilità.
Li dove molti consumatori possono scoprire che l’acquisto di vini di qualità superiore è un’esperienza dolorosa, confusa e noiosa, la costruzione del marchio aiuta ad alleviare questi problemi. La costruzione di un marchio nell’industria vinicola (più che in qualsiasi altra categoria di bevande e alimenti) offre in realtà un servizio inestimabile per facilitare e demistificare un acquisto piuttosto scoraggiante. Un marchio di vino forte può essere estremamente influente nel guidare il consumatore verso una scelta chiara: un’etichetta riconoscibile e semplice può racchiudere tutta la complessità di un vino.
Chateau Margaux un’etichetta semplice per un vino complesso, source www.deconinckwine.com
A differenza di molte categorie di bevande e prodotti alimentari, l’industria del vino ha una moltitudine di fonti di creazione del marchio su cui costruire, al di là delle caratteristiche di base dei prodotti. Infatti, le sfaccettature del marchio utilizzato per far conoscere un vino o un vitigno sono spesso estrinseche al vino o al vitigno: si consideri la regione di origine, il patrimonio familiare, l’impianto e le attrezzature di produzione, il viticoltore (che conosce il produttore di sapone o di marmellata di mele?), il tipo di suolo, il clima e persino il turismo e la cucina regionale. Il ruolo di tutti in etichetta e in promozione crea una matrice di elementi del marchio molto più complessa rispetto ad altri prodotti di consumo.
Come fare? Iniziamo riprendendo i fondamentali, su queste pagine di rivistadiagraria.org fornirò qualche elemento di base, sperando di aiutare i lettori a vederci più chiaro. Iniziando nel prossimo articolo a chiarire qualche dubbio tra la differenza tra vino di terroir, vino di marca e marca di vino.
Lasciando i lettori con un quesito, quello mostrato nella foto seguente è un vino di marca o di terroir?
Stay tuned!
Source www.valleyofluxe.com
Bibliografia
TheDrinkBusiness.com
https://www.millwardbrown.com/BrandZ/2015/Global/2015_BrandZ_Top100_Chart.pdf
Wine Business.com
GLUCKMAN, Robert L. A consumer approach to branded wines. European Journal of Marketing, 1990, vol. 24, no 4, p. 27-46.
Lockshin, L. «Branding and brand management in the wine industry.» Australia and New Zeland wine industry journal, 1997: 386-387.
Lockshin, L. «La marque et le vin.» in D’Hauteville ; Couderc, Jean Pierre ; Hannin, Hervé ; Montaigne, Etienne, de stratégies et pratiques dans la filière vitivinicole, Bacchus 2005 – Enjeux, 210-225. Paris: Dunod, 2004.
Lockshin, Larry, et Michelle Rasmussen. «The Nature and Roles of a Wine Brand.» Australia and New Zealand Wine Industry Journal, 2000: 17 – 24.
Mora, P. (2015). Wine Positioning. Springer: Berlin and Heidelberg.
Partaix, F. « USA – Vins rouges américains et importés – Etude de marché & évaluation sensorielle », Vivelys, 2017
SPAWTON, T. Marketing: The role of the brand manager. AUSTRALIAN AND NEW ZEALAND WINE INDUSTRY JOURNAL, 1999, vol. 14, p. 90-92.
Viot, C., et J. Passebois-Ducros. «La marque de vin: définition et impact sur le consommateur.» International Journal of Wine Business Research (Emerald Group) 22, n° 4 (2010): 406-422.
Carlo Cuomo – Enologo, titolare del Diplôme National d’œnologue di Bordeaux con tesi dal titolo “differents pistes d’amélioration de la typicité du Blanc de Lynch Bages » e di un mastère spécialisé en Management des Vins et Spiritueux a KEDGE Business School. Irpino di origine e di cuore, attualmente vive a Bordeaux, dove lavora come consulente e responsabile Italia per Vivelys. https://www.linkedin.com/in/ccuomo/