Una storia tra il sacro e il profano.
Come ogni anno l’Associazione Agraria.org è presente alla più importante fiera del vino italiano: il Vinitaly. Questa è l’occasione, per gli amanti del vino, di ampliare le proprie conoscenze e confrontarsi con nuovi produttori e professionisti di questo ammaliante settore, ma soprattutto è l’occasione per scoprire nuove affascinanti storie come quella del vino Iuaria della cantina Villa Colle di Torricella Sicura (TE). Appena entrato nel padiglione 12 della fiera, nel desk dell’Enoteca Regionale d’Abruzzo (presente con oltre 350 vini), vengo subito folgorato da questa etichetta “Iuaria di Villa Colle”. Dopo aver letto la breve storia riportata su di essa chiedo alla Sommelier che mi ha servito delucidazioni a riguardo. Subito mi manda dal suo collega Marco Simoni, Sommelier e Manager Aziendale dell’Azienda Villa Colle che, insieme all’enologo Mauro Scarpone, hanno riportato alla luce questa incredibile storia.
Figura 1 – Etichetta del vino Iuaria di Villa Colle
Ci troviamo a Torricella Sicura, a pochi passi da Teramo, ai piedi dei Monti della Laga dove nasce il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti delle Laga. L’azienda per l’esattezza è situata nella frazione di Ioannella, ad una altitudine di circa 800 m, ed è proprio qui che nasce la storia di questo vino. L’origine del nome Ioanella deriverebbe da Iuaria o Iovanella, ossia “un piccolo ministero o luogo del Giudice, destinato dai primitivi feudatarj di quelle parti ad amministrar la bassa giustizia ai vassalli” [Niccola Palma – presbitero, storiografo e storico teramano – Storia ecclesiastica e civile della Regione più Settentrionale del Regno di Napoli, IV, p. 227]. Qui come citato dallo storico, archeologo e bibliografo teramano Francesco Savini in un documento del 1884, si coltivava, già nell’anno 1011, la vigna. Molto probabilmente le prime a coltivarla in questo territorio furono le monache benedettine del Monastero di San Giovanni a Scorzone sito un tempo proprio a Poggio Valle, a pochi passi da Ioannella. Come si può ben vedere dalle cartografie storiche Ioanella ebbe una sua Università (il corrispettivo di un attuale Comune) col nome di Santa Maria di Ioanella, dove veniva anche riportato il simbolo della struttura religiosa presente (fig. 3).
Figura 2 – Abrvzzo Citra Et Vltra. Autori: Blaeu, Joan. Anno: 1665
Mi racconta Marco Simoni che dai documenti da loro ritrovati presso l’Archivio Storico di Stato, tra il 1005 e il 1321 furono fatte diverse donazioni al Monastero di San Giovanni a Scorzone, e tra queste, due persone importanti di Ioannella donarono il loro appezzamento di terreno, coltivato a vite, per la redenzione delle proprie anime. Ed è proprio da queste vigne che nasce il vino dell’azienda.
Figura 3 – Atlante geografico del regno di Napoli 1808. Autori: Rizzi Zannoni, Giovanni Antonio. Anno: 1808
La storia però non termina qui. Ora non sappiamo fino a che punto finisca la realtà ed abbia inizio la leggenda, ma come viene anche riportato in un piccolo talloncino di carta legato al collo della bottiglia, le suore continuarono negli anni a coltivare queste preziose viti che donavano un vino dalle proprietà a loro dire “…mistiche poiché una volta bevuto, la sensazione che dava era quella di innalzare l’uomo al cielo, liberandolo dalla sua corporalità.” A quanto pare le monache non si limitavano a berlo durante le funzioni religiose, ma proprio l’abuso dell’amato nettare le coinvolse in vicende peccaminose con i contadini del luogo. Sembra quindi che per questi “rapimenti mistici e sensuali” che quel vino produceva sui religiosi, nel 1532 il papa Clemente VII abbia fatto chiudere il monastero ordinando la sua distruzione.
Figura 4 – Resti del Monastero di San Giovanni a Scorzone. (Per gentile concessione di Francesco Mosca – www.paesiteramani.it)
Questa premessa era necessaria per cogliere ancor di più il fascino che si cela dietro questa bottiglia. La cosa ancor più sconvolgente è che dalle analisi genetiche, fatte fare presso la scuola enologica di Conegliano Veneto, si è scoperto che si tratta di un’antica varietà di Gaglioppo, presente solamente a Torricella Sicura.
La posizione strategica del Monastero, posto ai confini del Regno di Napoli con quello dello Stato della Chiesa, è stata sicuramente luogo di importanti rotte commerciali, che hanno dato l’opportunità di accrescere anche il patrimonio di biodiversità delle specie vegetali presenti.
La produzione del vino Iuaria è molto limitata, infatti il vigneto ritrovato fra le rupi del Monastero ammonta a circa 1 ettaro. Le bottiglie sono numerate e riportano il marchio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, concesso per il grande lavoro di conservazione della biodiversità che l’Azienda sta attuando per non perdere questo raro vitigno.
Il vino, come riportato in etichetta dalla Sommelier ed editorialista Antonietta Mazzeo, viene vinificato a temperatura controllata, dal punto di vista visivo si presenta limpido, profondo, rosso rubino e di buona consistenza. Al naso la risonanza aromatica rivela piccoli frutti rossi di notevole intensità, con lievi note speziate. L’ingresso in bocca è d’impatto, caldo, di buona acidità con tannino morbido e piacevole che asseconda l’abbinamento. L’evoluzione conferma i sentori avvolgenti della frutta rossa. Buona la struttura e la persistenza, forte, secco, con un finale appagante e coinvolgente.
Figura 5 – Vino Iuaria nel calice. Vinitaly 2018
Un’altra cosa da sottolineare è il coraggio da parte dell’Azienda di puntare su un vigneto ormai rilegato in un fosso, sommerso da rovi e arbusti, e riuscire a tirar fuori un prodotto simile, coraggio da definire quasi come “viticoltura eroica”.
Niccolò Marco Mancini, Dott. Forestale
19/04/2018