di Federico Vinattieri
Disegno di un Dandie Dinmont Terrier in movimento (fonte immagine: akc.org)
Che si parli di Cani, di Uccelli, di Polli, di Cavalli o di qualunque altro animale di razza, la selezione dell’allevatore e soprattutto il giudizio del giudice, si basa (o almeno dovrebbe) sulle varie voci dello standard ufficiale di razza, che sancisce quali siano i tantissimi aspetti inderogabili per quella determinata tipologia/varietà animale.
Lo standard è quindi la “Bibbia” dell’allevatore e dell’esperto giudice, figure molto diverse, ma allo stesso tempo estremamente legate tra loro e oserei dire “propedeutiche”.
Nel corso degli anni, ho notato che c’è la tendenza ad usare impropriamente alcune definizioni ed alcuni vocaboli propri di uno standard. Vi sono delle parole che a prima lettura o per “sentito dire”, sembrano voler intendere lo stesso significato, ma che se analizzate con attenzione rappresentano concetti molto molto diversi tra loro.
Volete un esempio? Quando viene detto: “questo aspetto è ammesso dallo Standard”, secondo voi cosa si intende? Che quella caratteristica deve essere presente nel soggetto? Che quel segno distintivo determina difetto ma viene comunque accettato? Niente di tutto ciò!!
Per “AMMESSO” si intende che quella determinata caratteristica NON è esplicitamente essenziale, ma se presente nel soggetto non viene penalizzata, e ciò DEVE essere specificato nello standard.
Come vedete quindi si può far estrema confusione tra questi termini.
L’ammettere una determinata peculiarità non comporta quindi una penalizzazione, ma ad ogni modo quella caratteristica deve comunque essere menzionata nello standard, in una delle tante voci elencate. Uno degli esempi più concreti riguarda, in alcune razze, il colore del mantello: sono ammesse nello standard determinate colorazioni, anche se si vedono molto raramente, e al momento in cui il giudice si trova di fronte quei tipi di mantello, deve sapere che comunque tali sono ammessi dallo standard, quindi non devono in alcun modo essere considerati difettosi. In quasi tutti gli standard vi sono alcuni aspetti ammessi.
Faccio un esempio: nello standard del Mastino Napoletano, una delle nostre razze italiane, vi è riportato, nella descrizione del mantello: “ammesse delle piccole macchie bianche sul petto e/o sulla punta delle dita”.
Ammettere letteralmente è sinonimo di “accettare”, di “permettere”, quindi una qualunque voce ammessa è accettata e pertanto, sia nell’ambito di giudizio, sia per quanto riguarda la selezione, non bisogna tener di conto se quella caratteristica è presente oppure no, poiché non vi è alcuna differenza.
Particolare della testa di Cane da Pastore Bergamasco (fonte immagine: pastore-bergamasco.net)
La parola “TOLLERATO” allora non è sinonimo? Assolutamente no. Per “tollerato” si intende quella caratteristica che, se è presente, non comporta nessuna penalizzazione, ma è meglio se non c’è!
Tollerare significa letteralmente: “Sopportare senza danno, condizioni o caratteristiche potenzialmente dannose”. Quindi quell’aspetto lo tolleriamo, ma se non fosse presente fornirebbe al soggetto un valore aggiunto.
Se durante la fase di giudizio si presentano due soggetti similari, con le medesime caratteristiche, che in qualche modo si equivalgono quasi in tutto, allora ecco che entrano in gioco le “peculiarità tollerate”: a parità di giudizio vince sempre il soggetto che non possiede quella eventuale caratteristica tollerata.
Nella maggior parte dei casi è l’andamento generale di una selezione a provocare la tolleranza da parte dei giudici; mi spiego meglio: se la maggior parte dei soggetti di una razza possiedono una piccola caratteristica che non va ad intaccare gli aspetti tipici di quella razza, ma che oramai è quasi sempre presente e sempre più diffusa, a lungo andare i giudici sono costretti a “tollerare” quell’aspetto, anche se nello standard ufficiale non se ne fa menzione alcuna.
Vi faccio un esempio concreto per farvi comprendere ancora meglio: in moltissimi standard non si fa alcuna mensione a gli “speroni posteriori”, però in alcune razze questi sono presenti ugualmente (ad es. nel Cane Lupo di Saarloos *), ma siccome quella caratteristica non è elencata né tra i difetti né tra i pregi, viene in qualche modo sopportata in fase di giudizio (purché non deturpi l’aspetto) e di conseguenza non viene esclusa dalla selezione, perciò si può avere la presenza dello sperone posteriore nei soggetti esposti, e di conseguenza la si avrà eventualmente anche in soggetti delle future generazioni.
Un altro esempio può essere relativo alla dentatura e più nello specifico alla chiusura, che nella maggior parte delle razze è richiesta “a forbice”, ma che in alcune può essere tollerata anche a “forbice rovescia”, ossia quando il margine esterno degli incisivi superiori è in stretto contatto con quello interno degli inferiori (ad es. nel Mastino Napoletano *).
[* come vedete mi viene spontaneo fornire sempre esempi sulle razze che conosco meglio e che soprattutto allevo]
Veniamo ora alla definizione più importante: l’aspetto “RICHIESTO“.
Sembra il più facile da comprendere, e così dovrebbe essere, ma vivendo assiduamente nel “mondo” della cinofila, scoprirete che talvolta moltissime persone fanno fatica a capire l’ovvio, ossia in questo caso che, una caratteristica richista dallo standard, significa che quella DEVE ESSERE PRESENTE SEMPRE!
Dobbiamo sempre pensare allo standard come una sorta di carta identificativa di un esemplare, composto da vari connotati, ossia da specifici tratti esteriori che servono a caratterizzare e designare un tipo.
Richiedere, nel caso dello standard di razza, deve essere interpretata come un’azione di imposizione: quell’aspetto ci deve essere, perché determina l’appartenenza a quella razza. Tra i “connotati richiesti” vi sono solitamente tutti quei requisiti tipici della razza, che un allevatore non si può esimere dal selezionare e che un giudice non si può esimere dal valutare e soprattutto da verificarne l’effettiva presenza.
Aspetti richiesti = Qualità necessarie; questa è la giusta equivalenza.
Inutile dire che se è “richiesto”, quando questo non è presente comporta inevitabilmente difetto. In tutti gli standard vi è una voce in calce alla pagina che dice: “qualsiasi deviazione da quanto sopra deve essere considerato come difetto che sarà penalizzato a seconda della sua gravità”; questa frase ovviamente si riferisce in particolare a tutti gli aspetti richiesti e quindi elencati nelle varie voci dello standard.
Penso di aver chiarito il significato di questi tre importantissimi termini, e detto ciò, vorrei spendere due parole su come un giudice dovrebbe svolgere la propria analisi visiva.
In qualità di “delegato tutore dello standard”, perché in buona sostanza è questo l’incarico pratico assunto una volta ricevuta l’abilitazione, un esperto giudice deve indiscutibilmente penalizzare soggetti che non possiedono quelle caratteristiche che classificano quel soggetto come “tipico” per quella razza.
Un giudice troppo tollerante può fare indubbiamente un favore all’allevatore, premiando nell’ambito di una manifestazione cinotecnica quel soggetto, ma allo stesso tempo reca un gran danno alla razza stessa, poiché assegnando la massima qualifica o addirittura un titolo ad un esemplare che non possiede una o più caratteristiche “richieste”, si avvalora l’idoneità anche alla riproduzione di quel cane, e quindi verrà inserito nel “programma di selezione” di un allevamento e quelle lacune morfologiche verranno inevitabilmente trasmesse alla prole.
Non fraintendete questa mia opinione, un giudizio non deve mai essere un calcolo matematico, ma il giudice deve sforzarsi più possibile di attenersi a quanto scritto sullo standard, senza tener conto dei gusti prettamente personali e senza tener conto delle selezioni più diffuse, che talvolta traggono in inganno.
Come già trattato in altri miei scritti in passato, nello standard vi sono varie voci che possono essere opinabili, sulle quali un giudice può essere più flessibile e su cui può anche chiudere un occhio, ma nell’esegesi dello standard un giudice deve assolutamente sapere quali sono le peculiarità imprescindibili sulle quali non si transige mai.
Stessa cosa vale per l’allevatore ovviamente, che più di tutti deve sapere cosa portare avanti negli anni e su cosa basare i canoni delle proprie scelte selettive.
Disegno standard del Cane da Pastore Tedesco (fonte: E.N.C.I.)
Federico Vinattieri è un appassionato allevatore cinofilo, ornitofilo e avicoltore (titolare Allevamento di Fossombrone – www.difossombrone.it – http://lupi.difossombrone.it – http://ornitologia.difossombrone.it). Curriculum vitae >>>