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La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato undocumento sulla proposta di legge “norme in materia di domini collettivi” (c 4522) predisposto dalle proprie Commissioni competenti. Il documento destinato alla Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera è stato poi pubblicato integralmente sul sito www.regioni.it (sezione conferenze”) una volta che la proposta è stata approvata in via definitiva ed è diventata legge. Di seguito si riportano le considerazioni generali. Posizione sulla proposta di legge “norme in materia di domini collettivi” (c 4522) Considerazioni generali Il dominio collettivo, a partire dalla legge sul riordino degli usi civici del 1927, è stato ricompreso sotto la denominazione e categoria degli usi civici. Da un punto di vista giuridico il dominio collettivo si differenzia dagli usi civici per la sua appartenenza al vero e proprio genus della proprietà collettiva, a sua volta da tenere distinta dalla proprietà in comunione di stampo privatistico in cui ognuno possiede pro-quota. L’uso civico è invece caratterizzato da varie facoltà di uso di porzioni di territorio di proprietà di soggetti differenti da quelli che esercitano il diritto di uso. Normalmente l’uso civico non è caratterizzato da forme organizzative. Sebbene vi siano queste differenze, i due istituti sono accomunati dalle prime leggi di riordino sotto la stessa categoria. Solo con le leggi sulla montagna a partire dagli anni 50 si cominciano a differenziare, anche se non si è ancora pervenuti a una sistemazione organica degli istituti. Si riportano per punti alcune considerazioni generali, tenendo conto che la proposta di legge riguarda soprattutto la materia agricoltura, ma con implicazioni su paesaggio, urbanistica, e questioni che attengono al rapporto con gli enti locali, con particolare riguardo agli enti agrari, e soprattutto quelle finalizzate alla tutela del patrimonio civico anche in funzione ambientale.

A) Il DPR 11/1972 e il DPR 616/1977 hanno trasferito alle Regioni la competenza specifica in materia di usi civici quale sub materia all’interno di “agricoltura e foreste”, come si desume dall’articolo 66 del DPR 616/1977 stesso. Tale riconoscimento si rileva anche dalla giurisprudenza costante della Corte Costituzionale. Ai sensi dell’articolo 117 Cost., la stessa è materia residuale di competenza regionale. Anche la normativa ha da sempre confermato che questa materia è parte dell’agricoltura. Si può citare la l. 10 luglio 1930, n. 1078 (Definizione delle controversie in materia di usi civici) che prevede che tutte le decisioni commissariali siano comunicate all’allora Ministero dell’Agricoltura e delle foreste, il quale è rimasto l’unico destinatario senza soluzione di continuità: vedi l’articolo 33 del d.lgs 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 17 giugno 2009, n. 69) che prevede la comunicazione della sentenza del commissario regionale di cui all’articolo 32 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 al Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Si ricorda, inoltre, che le Regioni e province autonome hanno provveduto, con proprie leggi, a disciplinare la materia – Abruzzo L.r. 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche – esercizio delle funzioni amministrative); – Basilicata L.r. 12 settembre 2000, n. 57 (Usi civici e loro gestione in attuazione della L. 1766/1927 e R.D. 332/1928); – Provincia autonoma di Bolzano L.p. 28 novembre 2001, n. 17 (Legge sui masi chiusi); – Calabria L.r. 21 agosto 2007, n. 18 (Norme in materi di usi civici); – Campania L.r. 17 marzo 1981, n.11 (Norme in materia di usi civici); – Emilia Romagna L.r. 2 settembre 1991, n.22 (Norme oer ke istruttorie per il riordino degli usi civici); – Friuli Venezia Giulia L.r. 5 gennaio 1996, n. 3 (Disciplina delle associazioni e dei consorzi di comunioni familiari montane) e L.r. 18 agosto 1990, n. 34 (Disposizioni in materia di usi civici); – Lazio L.r. 10 agosto 2016, n. 12 Art. 17 In materia di terreni di proprietà collettiva e riqualificazione urbanistico-ambientale. Modifiche alla l.r. 3 gennaio 1986, n. 1 sul regime urbanistico dei terreni di uso civico e L.r. 6 agosto 1999, n. 14 (Attribuzione ai comuni delle funzioni di vigilanza sui beni di uso civico); – Liguria L.r. 2 luglio 2002, n. 27 (Disposizioni in materia di usi civici); – Lombardia L.r. 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale) – Titolo XI Disposizioni sugli usi civici; – Molise L.r. 23 luglio 2002, n, 14 (Usi civici e gestione delle terre civiche); – Piemonte L.r. 2 dicembre 2009, n. 29 (Attribuzioni di funzioni amministrative e disciplina in materia di usi civici); – Puglia L.r. 28 gennaio 1998, n. 7 (Usi civici e terre collettive in attuazione delle legge 16 giugno 1927, n. 1766 e del regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332) e L.r. 4 agosto 2004, n. 14 (Usi civici e semplificazione delle procedure di legittimazione); – Sardegna L.r. 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1 concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda) e L.r. 11 aprile 2016, n. 5, art. 4, commi 24, 25, 26, 27, sulla sdemanializzazione dei terreni di uso civico; – Sicilia L.r. 23 dicembre 2000, n. 28 (Proroga delle cambiali agrarie e altre norme in materia di agricoltura. Norma in materia di usi civici), L.r. 3 marzo 2009, n. 1 (Modifica di norme in materia di usi civici e cantieri di servizio) e L.r. 2 gennaio 1979, n. 1 (Attribuzione ai comuni di funzioni amministrative regionali in materia di usi civici); – Toscana L.r. 23 maggio 2014, n.27 (Disciplina dell’esercizio delle funzioni in materia di demanio collettivo civico e diritti di uso civico) e decreto del Presidente della G.r. 21 aprile 2015, n. 52/R (Regolamento di attuazione della legge regionale 23 maggio 2014, n.27 “Disciplina dell’esercizio delle funzioni in materia di demanio collettivo civico e diritti di uso civico”); – Provincia autonoma di Trento L.p. 23 novembre 2004, n. 9 (Disposizioni in materi di programmazione, di contabilità e usi civici) L.P. Trento 14 giugno 2005, n. 6, nuova disciplina dell’amministrazione dei beni di uso civico; – Umbria L.r. 17 gennaio 1984, n. 1 (Norme in materia di usi civici e sull’uso produttivo delle terre pubbliche); – Valle d’Aosta L.r. 22 aprile 1985, n. 16 (Norme per l’esercizio delle funzioni trasferite alla Regione Valle d’Aosta in materia di usi civici, consorterie e promiscuità per condomini agrari e forestali); – Veneto L.r. 22 luglio 1994, n. 31 (Norme in materia di usi civici) e L.r. 19 agosto 1996, n. 26 (Riordino delle Regole). Ogni regione, in base al proprio percorso storico giuridico e al proprio ordinamento, ha ricondotto la personalità giuridica degli “enti esponenziali” e il regime giuridico dei beni collettivi, o al diritto pubblico, o al diritto privato, prendendo atto di quanto da secoli era già stato determinato dalle collettività stesse. La proposta di legge interviene su situazioni ormai consolidate, pertanto si ravvisa il rischio di ricorsi in sede giurisdizionale oltre che un inutile incremento della normativa, considerato che il provvedimento in esame contiene costanti rimandi a diverse leggi vigenti in materia

proprietà collettive agricoltura

B) La proposta di legge in esame avrebbe lo scopo di definire e regolare alcuni aspetti fondamentali della normativa vigente per quanto concerne i domini collettivi e i beni collettivi, al fine di superare una serie di incertezze applicative che in gran parte derivano dall’assenza nel nostro ordinamento di un fattispecie intermedia fra la proprietà pubblica e privata, riguardando sia le terre collettive assoggettate al regime giuridico degli usi civici che quelle rientranti nel regime giuridico delle Comunioni familiari comunque denominate. Si osserva, però che la proposta di legge così come formulata non appare sufficientemente organica e non risolve i problemi storici della materia; inoltre, va a riunire più istituti legati alla proprietà collettiva inserendoli in una più ampia categoria denominata “domini collettivi”; tali istituti erano stati tenuti distinti dalla normativa statale sugli usi civici già dagli anni ’50, quando le Regole cadorine, la Magnifica Comunità di Fiemme, le università agrarie del Lazio e simili, legate alle famiglie discendenti dagli antichi originari e non a una generica collettività, con norme specifiche successive, uscirono dall’ambito legislativo della legge del ’27 sugli usi civici: Dlg n.1104/1948 per le Regole del Cadore, e successive leggi della montagna nn. 991/1952, 1102/1971 e 97/1994. Non è ben chiara la finalità di aver riunito nel 2017 istituti che hanno origine storica afferente a diversi regimi giuridici preunitari e precostituzionali. Non sono previsti strumenti attuativi e non sono sufficientemente chiariti i rapporti con la legislazione pregressa.

C) La proposta di legge non fa alcun richiamo alla legge 1766/1927 e al Regio decreto 332/1928 né si capisce se queste norme vengano dall’attuale proposta modificate o abrogate. I domini collettivi riconosciuti all’articolo 1 non è ben chiaro se siano il soggetto che amministra la comunità o i beni (vedere anche l’articolo 3 della proposta che cita i “beni collettivi”).

D) Nella proposta è assente un articolo con le definizioni al fine di evitare equivoci interpretativi; si rileva, inoltre, l’utilizzo di termini più o meno riconducibili al dominio collettivo quali: domini civici, usi civici, patrimonio naturale, proprietà collettiva etc. senza capire se gli istituti sono diversi o i termini devono intendersi quali sinonimi. Solitamente per “usi civici” si intende l’insieme dei beni afferenti al demanio civico e i diritti esercitati dalla collettività titolare su terre proprie o altrui (pubbliche o private).

E) Nella proposta di legge è assente una norma transitoria per disciplinare gli “enti esponenziali” già esistenti.

F) La proposta di legge non chiarisce come si rapporta con le leggi regionali. Dal testo, emerge una tendenza a limitare la potestà legislativa regionale in materia in virtù del richiamo fatto dal comma 5 dell’art. 2 ai “principi della presente legge”, che si applicherebbero anche nelle Regioni ad autonomia differenziata, principi da esplicitare, ma che dalla lettura delle norme, sembrano comprimere le possibilità di liquidazione, legittimazione/transazione, sclassificazione dell’uso civico, attualmente previste dalla legislazione vigente, rafforzando invece la salvaguardia dello stesso in quanto bene ambientale. Al riguardo, si segnala anche l’art. 3, comma 7 secondo cui se le Regioni, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, non “esercitano le competenze ad esse attribuite dall’articolo 3, comma 1, lettera b), numeri 1), 2), 3) e 4), della legge 31 gennaio 1994, n. 97, vi “provvedono con atti propri gli enti esponenziali delle collettività titolari, ciascuno per il proprio territorio di competenza. I provvedimenti degli enti esponenziali adottati ai sensi del presente comma sono resi esecutivi con deliberazione delle Giunte regionali”. Si tratterebbe di una vera e propria devoluzione di poteri legislativi regionali ad enti che, oltretutto, hanno personalità giuridica di diritto privato, come stabilisce l’art. 1, comma 2, della stessa proposta di legge.

G) La proposta non appare risolvere i problemi storici della materia relativi all’urbanistica ed al paesaggio, non affrontando il tema delle procedure urbanistiche e del collegamento tra dominio collettivo e vincolo paesaggistico. In particolare, permane il problema dell’esatta individuazione dell’uso civico ai fini della certezza del diritto e delle procedure giuridiche e urbanistiche di modificazione ed estinzione dell’uso civico, differenziando tra quelli gravanti su beni privati o collettivi. Si ritiene, in particolare, opportuno specificare nell’articolato se il vincolo paesaggistico si riferisce solo agli usi civici o anche ai domini collettivi e correlare le previsioni con le legislazioni regionali e nazionali che, nel regolare i procedimenti gestori consentono, al verificarsi di certe condizioni sia i cambi di destinazione sia la derubricazone o riclassificazione del regime di bene paesaggistico. Per quanto riguarda l’art. 3 comma 3, in cui si dispone che il bene collettivo debba avere una destinazione agro-silvo-pastorale perpetua, si rileva che il comma presenta dei risvolti sia dal punto di vista della situazione fattuale in cui si trova il bene sia dal punto di vista pianificatorio.

H) Sul piano più strettamente paesaggistico, l’individuazione del bene di cui alla lettera f) dell’articolo 142 del Codice poggia su un dato ben preciso, ossia l’individuazione del bene quale uso civico. Se l’uso civico è ormai liquidato o sclassificato, non lo si può più ritenere tale, per cui verrebbe meno il presupposto dell’articolo 142. In tal caso la tutela paesaggistica si può comunque accordare a quei territori che non siano più usi civici, se solo si pone la dovuta attenzione al fatto che, in sede di copianificazione paesaggistica, lo stesso territorio possa essere tutelato attraverso tutte le forme previste dal Codice, eventualmente ricomprendendo lo stesso tra i beni paesaggistici da piano ex 134 comma 1 lettera c), o emanando un’apposita dichiarazione d’interesse pubblico ex art. 134 comma 1 lettera a).

I) La legge n. 1176/1927 prevede che i terreni sui quali si esercitano usi civici sono distinti in due categorie a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente; b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria.ùMentre i terreni di cui alla lettera a) non possono, senza l’autorizzazione regionale, essere alienati o mutati di destinazione, i terreni di cui alla lettera b) sono destinati ad essere ripartiti secondo un piano tecnico di sistemazione fondiaria fra le famiglie dei coltivatori diretti del Comune o della frazione. La proposta di legge in questione non chiarisce se ci si riferisce solo i terreni di cui alla lettera a) o anche quelli della lettera b), in quanto nel testo non vi è alcun riferimento a tale situazione. Inoltre, non chiarisce neanche se, i terreni che risultano “arbitrariamente occupati” (in linea di massima i terreni della categoria b) potranno essere “legittimati”, in presenza dei presupposti richiesti dalla legge n. 1766/1927. Infine, non prevedendo l’abrogazione della legge n. 1766/1927, lascia intendere che tale ultima legge potrà essere applicata anche dopo l’approvazione della proposta di legge in esame, non risolvendo alcune evidenti incongruenze tra le stesse.

L) La proposta di legge non indica, in nessun articolo, che i diritti esercitati sui beni collettivi sono imprescrittibili. In definitiva, per tutto quanto evidenziato, si ribadisce la non adeguatezza del testo normativo per la risoluzione delle problematiche che la materia comporta. Occorrerebbe riformulare il testo, al fine di dare risposta a tutte le criticità sopra evidenziate. In ogni caso, al fine di fornire un contributo fattivo al testo della proposta di legge, e con specifico riferimento all’articolato, così come approvato in sede di Senato, di seguito si è proceduto ad effettuare un’attività emendativa per singolo articolo, pur evidenziando che tale intervento emendativo non è risolutivo delle criticità emerse in quanto occorrerebbe prevedere ulteriori articoli o riscrivere alcuni di essi.

Fonte: Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
06/12/2017

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