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di Ma­ri­ka Gior­da­no

La pre­sen­za della spe­cie bu­fa­li­na nel no­stro Paese può col­lo­car­si, in modo certo e do­cu­men­ta­bi­le, tra il XII ed il XIII se­co­lo (1.).
Nel 1300 l’al­le­va­men­to bu­fa­li­no era una real­tà eco­no­mi­ca ben ra­di­ca­ta nel sud Ita­lia: il latte ve­ni­va tra­sfor­ma­to in pro­dot­ti che si sono di­ver­si­fi­ca­ti nel tempo; per mo­ti­vi di via­bi­li­tà, tra il 1300 e il 1600 giun­ge­va­no sui mer­ca­ti prin­ci­pal­men­te pro­vo­le e ri­cot­te di cui si al­lun­ga­va la vita com­mer­cia­le con l’af­fu­mi­ca­men­to. Nel ‘600 la bu­fa­la in­co­min­ciò ad at­ti­ra­re l’at­ten­zio­ne degli im­pren­di­to­ri, che tra­sfor­ma­ro­no l’al­le­va­men­to da li­be­ro a se­mi­li­be­ro ed in al­cu­ni casi a stal­li­no; l’al­le­va­men­to della bu­fa­la si dif­fu­se, in que­sti anni, nel­l’A­gro-no­ce­ri­no men­tre nel Vallo di Diano, dove pre­va­le­va l’al­le­va­men­to bo­vi­no, non ha mai co­sti­tui­to un’at­ti­vi­tà zoo­tec­ni­ca in­te­res­san­te.
Una delle te­sti­mo­nian­ze più note della pre­sen­za della spe­cie in Cam­pa­nia è quel­la di Goe­the che nel 1786, re­can­do­si nella Pia­nu­ra di Pae­stum, ri­fe­ri­sce: “La mat­ti­na ci met­tem­mo in cam­mi­no assai per tempo e per­cor­so una stra­da or­ri­bi­le ar­ri­vam­mo in vi­ci­nan­za di due monti dalle belle forme, dopo aver tra­ver­sa­to al­cu­ni ru­scel­li e corsi d’ac­qua, dove ve­dem­mo le bu­fa­le dal­l’a­spet­to d’ip­po­po­ta­mi e dagli occhi san­gui­gni e sel­vag­gi. La re­gio­ne si fa­ce­va sem­pre più piana e brul­la: solo poche ca­su­po­le qua e là de­no­ta­va­no una grama agri­col­tu­ra” (2.).
È evi­den­te, dun­que, come l’u­ni­ca forma di at­ti­vi­tà agri­co­la e zoo­tec­ni­ca dei ter­re­ni pia­neg­gian­ti e pa­lu­do­si della Piana del Sele fosse a quei tempi rap­pre­sen­ta­ta dal­l’al­le­va­men­to del bu­fa­lo, che era in grado di tra­sfor­ma­re le ri­sor­se fo­rag­ge­re degli ac­qui­tri­ni in un pro­dot­to che ormai so­stie­ne una delle at­ti­vi­tà eco­no­mi­che più flo­ri­de di un vasto ter­ri­to­rio.
L’I­ta­lia, dun­que, ha da sem­pre de­te­nu­to il più vasto pa­tri­mo­nio bu­fa­li­no d’Eu­ro­pa; se­con­do i dati del Mi­ni­ste­ro del­l’A­gri­col­tu­ra, nel 1875, la con­si­sten­za to­ta­le era pari a 15.191 capi, con un’e­le­va­ta con­cen­tra­zio­ne (91%) in Cam­pa­nia, nel Lazio, e in Pu­glia.
In Cam­pa­nia erano pre­sen­ti 8.252 capi, il 54,3% del to­ta­le, di cui 5.134 nella sola pro­vin­cia di Sa­ler­no. Nel 1913-14 si rag­giun­se a li­vel­lo re­gio­na­le ad­di­rit­tu­ra una nu­me­ro­si­tà com­ples­si­va di 24 mila capi.
I suc­ces­si­vi anni sono stati ca­rat­te­riz­za­ti da un calo, fino alla fine del se­con­do con­flit­to mon­dia­le: nel 1947 i capi al­le­va­ti erano 12 mila; con­tra­ria­men­te alle co­mu­ni aspet­ta­ti­ve del tempo, il pa­tri­mo­nio bu­fa­li­no cam­pa­no, nei de­cen­ni suc­ces­si­vi alle bo­ni­fi­che dei ter­re­ni pa­lu­do­si ha, in­ve­ce, su­bi­to un ri­le­van­te in­cre­men­to che ha in­te­res­sa­to prin­ci­pal­men­te la Cam­pa­nia, il Lazio e la Pu­glia ma, più in ge­ne­ra­le, l’in­te­ro ter­ri­to­rio na­zio­na­le, isole com­pre­se (3.).
Nel 1978 si è co­sti­tui­ta l’As­so­cia­zio­ne Na­zio­na­le Al­le­va­to­ri della spe­cie bu­fa­li­na e si è isti­tui­to il Libro Ge­nea­lo­gi­co della bu­fa­la.
Fra i dif­fe­ren­ti e nu­me­ro­si mo­ti­vi che hanno de­ter­mi­na­to l’in­cre­men­to del­l’al­le­va­men­to bu­fa­li­no, pos­so­no es­se­re an­no­ve­ra­ti i se­guen­ti:
– as­sen­za di con­cor­ren­za: l’I­ta­lia, in­fat­ti, è l’u­ni­co paese d’Eu­ro­pa nel quale è stato ef­fet­tua­to un forte pro­ces­so di se­le­zio­ne e di mi­glio­ra­men­to della spe­cie bu­fa­li­na, tale da ot­te­ne­re una razza ita­lia­na, la bu­fa­la di tipo me­di­ter­ra­neo, con un con­se­guen­te mi­glio­ra­men­to della pro­du­zio­ne del  latte;
– pos­si­bi­li­tà di com­mer­cia­liz­za­re il latte bu­fa­li­no ad un mag­gio­re prez­zo ri­spet­to a quel­lo del latte vac­ci­no, per la sua con­si­sten­te ri­chie­sta le­ga­ta alla pro­du­zio­ne della moz­za­rel­la di bu­fa­la, che è di­ve­nu­to uno tra i prin­ci­pa­li for­mag­gi ita­lia­ni;
– cre­scen­te crisi del­l’al­le­va­men­to bo­vi­no da latte in Ita­lia a se­gui­to, so­prat­tut­to, del­l’in­tro­du­zio­ne del si­ste­ma delle quote latte, che ha fa­vo­ri­to, in par­ti­co­lar modo in Cam­pa­nia, la con­ver­sio­ne di tale al­le­va­men­to in quel­lo bu­fa­li­no da latte.
Con par­ti­co­la­re at­ten­zio­ne alla Cam­pa­nia, l’ul­ti­mo Cen­si­men­to Istat sul­l’A­gri­col­tu­ra (2000) ha evi­den­zia­to come l’al­le­va­men­to bu­fa­li­no re­gio­na­le abbia su­bi­to un sen­si­bi­le au­men­to delle azien­de al­le­va­tri­ci dal 1990 al 2000 (+18,2%), e come il nu­me­ro dei capi si sia più che rad­dop­pia­to nel me­de­si­mo pe­rio­do (+112,1%), con con­se­guen­te e con­si­sten­te in­cre­men­to del nu­me­ro medio di capi per azien­da.
Ana­liz­zan­do il com­par­to bu­fa­li­no cam­pa­no allo stato at­tua­le, sulla base dei dati resi di­spo­ni­bi­li dal­l’A­na­gra­fe Na­zio­na­le Zoo­tec­ni­ca, è pos­si­bi­le no­ta­re che la pro­vin­cia nella quale sono mag­gior­men­te con­cen­tra­ti gli al­le­va­men­ti bu­fa­li­ni è Sa­ler­no; al 31 ago­sto 2009 in tale pro­vin­cia sono state ri­le­va­te 524 azien­de con al­le­va­men­ti aper­ti ed una con­si­sten­za di 82.377 capi.
I Co­mu­ni ca­rat­te­riz­za­ti da una mag­gio­re pre­sen­za di al­le­va­men­ti e capi sono Al­ta­vil­la Si­len­ti­na, Eboli, Al­ba­nel­la, Ca­pac­cio e Serre: qui si con­cen­tra com­ples­si­va­men­te il 72% delle azien­de ed il 78% dei capi di tutta la pro­vin­cia di Sa­ler­no, con una pre­va­len­za, in tali al­le­va­men­ti, di un orien­ta­men­to pro­dut­ti­vo da latte.
La prin­ci­pa­le pro­du­zio­ne ot­te­nu­ta dal­l’al­le­va­men­to bu­fa­li­no è, in­fat­ti, quel­la del latte.
Seb­be­ne si parli di fi­lie­ra bu­fa­li­na per in­di­ca­re un in­sie­me di at­ti­vi­tà de­sti­na­te a va­lo­riz­za­re la spe­cie, nella real­tà si as­si­ste alla pro­du­zio­ne del latte di bu­fa­la quasi esclu­si­va­men­te per la tra­sfor­ma­zio­ne in un unico for­mag­gio, “la moz­za­rel­la di bu­fa­la Cam­pa­na DOP” (Reg. CE n. 1107 del 12 giu­gno 1996 re­gi­stra­zio­ne delle in­di­ca­zio­ni geo­gra­fi­che e delle de­no­mi­na­zio­ni di ori­gi­ne nel qua­dro della pro­ce­du­ra di cui al­l’ar­ti­co­lo 17 del re­go­la­men­to (CEE) n. 2081/92 del Con­si­glio Gaz­zet­ta uf­fi­cia­le n. L 148 del 21/06/1996 PAG. 0001 – 0010).
La quan­ti­tà media annua di latte pro­dot­ta per ogni bu­fa­la in lat­ta­zio­ne allo stato at­tua­le sem­bre­reb­be su­pe­ra­re i 20 quin­ta­li per bu­fa­la; i prin­ci­pa­li de­sti­na­ta­ri di tale pro­dot­to sono i ca­sei­fi­ci in­du­stria­li (67,07%), se­gui­ti dai ca­sei­fi­ci azien­da­li (22,24%) e da quel­li coo­pe­ra­ti­vi (10,69%) (4.).
L’of­fer­ta di latte bu­fa­li­no, con­si­de­ran­do le ca­rat­te­ri­sti­che pro­dut­ti­ve e ri­pro­dut­ti­ve del­l’a­ni­ma­le (5.), si con­cen­tra nel pe­rio­do au­tun­no-in­ver­na­le, ri­du­cen­do­si nei mesi pri­ma­ve­ri­li-esti­vi, quan­do ne au­men­ta, in­ve­ce, la do­man­da di mer­ca­to; dun­que, è pro­prio per far fron­te a tale in­con­gruen­za che, di re­cen­te, si as­si­ste al dif­fon­der­si di nuove tec­ni­che di al­le­va­men­to volte a “de­sta­gio­na­liz­za­re” i parti, con­cen­tran­do la pro­du­zio­ne di latte du­ran­te i mesi pri­ma­ve­ri­li-esti­vi.
Quasi del tutto sco­no­sciu­ta è la carne bu­fa­li­na, la quale pur pre­sen­tan­do ca­rat­te­ri­sti­che or­ga­no­let­ti­che ap­prez­za­bi­li, sem­bra non aver tro­va­to un ri­scon­tro po­si­ti­vo da parte dei con­su­ma­to­ri.
Nel 1998, una nu­tri­ta schie­ra di al­le­va­to­ri di bu­fa­la ha dato vita al Con­sor­zio ALBA, con la fun­zio­ne di pro­muo­ve­re la cre­sci­ta della pro­du­zio­ne e del con­su­mo di carne di bu­fa­la e dei suoi de­ri­va­ti, fa­cen­do in modo che gli al­le­va­to­ri de­sti­nas­se­ro alla ma­cel­la­zio­ne i bu­fa­li ma­schi di età com­pre­sa tra i 12 e i 15 mesi, e che adot­tas­se­ro tec­ni­che pro­dut­ti­ve tali da ga­ran­ti­re un’al­ta qua­li­tà delle carni e ot­ti­mi va­lo­ri nu­tri­zio­na­li. No­no­stan­te i punti di forza del com­par­to bu­fa­li­no da carne, quali il fa­ci­le al­le­va­men­to degli ani­ma­li, la pos­si­bi­li­tà di uti­liz­za­re i sot­to­pro­dot­ti del­l’a­ni­ma­le (pelli, corna, etc…), la pos­si­bi­li­tà di svol­ge­re l’al­le­va­men­to in aree più in­ter­ne della pro­vin­cia, dove la pro­du­zio­ne di fo­rag­gi av­vie­ne a costi più bassi, la pro­du­zio­ne della carne con­ti­nua ad es­se­re mar­gi­na­le ri­spet­to a quel­la del latte, scon­tran­do­si con una dif­fi­ci­le col­lo­ca­zio­ne sul mer­ca­to e con un ele­va­to co­sto-op­por­tu­ni­tà degli ali­men­ti, cal­co­la­to con­si­de­ran­do l’u­ti­liz­zo al­ter­na­ti­vo degli stes­si nella fi­lie­ra bu­fa­li­na da latte (6.).
Lo scor­so anno, per il com­par­to bu­fa­li­no cam­pa­no ha avuto ini­zio un pe­rio­do di forte crisi, le cui cause pos­so­no es­se­re rin­trac­cia­te tanto nella crisi eco­no­mi­ca del­l’in­te­ro Paese, che ha de­ter­mi­na­to una ge­ne­ra­le ri­du­zio­ne dei con­su­mi, quan­to nello scan­da­lo “dios­si­na”, che ha fatto in modo che il latte di­ve­nis­se “in­ven­di­bi­le” in se­gui­to al calo delle ven­di­te di moz­za­rel­la.
I dati del­l’A­na­gra­fe Na­zio­na­le Zoo­tec­ni­ca mo­stra­no come nella re­gio­ne Cam­pa­nia, a par­ti­re da giu­gno 2008, si sia re­gi­stra­ta una ri­du­zio­ne tanto di capi quan­to del nu­me­ro di al­le­va­men­ti bu­fa­li­ni. In par­ti­co­la­re, si è as­si­sti­to al venir meno di circa 10.000 capi, a causa sia della crisi di mer­ca­to del latte sia del piano di ri­sa­na­men­to per la bru­cel­lo­si bu­fa­li­na.
In pro­vin­cia di Sa­ler­no, in­ve­ce, si è os­ser­va­to un au­men­to ri­le­van­te del nu­me­ro dei capi, a fron­te del venir meno di 12 al­le­va­men­ti; seb­be­ne i nu­me­ri po­treb­be­ro in­dur­re a pen­sa­re che il com­par­to bu­fa­li­no sa­ler­ni­ta­no sia ri­ma­sto estra­neo alla crisi, al­cu­ne te­sti­mo­nian­ze rac­col­te sul campo hanno evi­den­zia­to, in­ve­ce, come nel 2008 si sia avuta una forte ri­du­zio­ne dei fat­tu­ra­ti, tanto per i ca­sei­fi­ci quan­to per gli al­le­va­to­ri sa­ler­ni­ta­ni.
Sono stati, senza dub­bio, gli al­le­va­to­ri, a ri­sen­ti­re mag­gior­men­te della crisi: la ri­le­van­te con­tra­zio­ne della do­man­da di latte in­sie­me alla forte ri­du­zio­ne del prez­zo di tale pro­dot­to, hanno co­stret­to molti al­le­va­to­ri a far ri­cor­so a mi­su­re estre­me, fino a li­be­rar­si di nu­me­ro­si capi.
È bene no­ta­re, però, come il crol­lo del prez­zo di mer­ca­to del latte abbia avuto come ef­fet­to una mag­gio­re at­ten­zio­ne dei tra­sfor­ma­to­ri verso il pro­dot­to lo­ca­le di qua­li­tà, ini­zian­do a porre un freno al noto fe­no­me­no delle “ca­glia­te este­re”.
La crisi, dun­que, ha rap­pre­sen­ta­to l’in­put per l’ac­qui­si­zio­ne di una mag­gio­re con­sa­pe­vo­lez­za da parte degli ope­ra­to­ri del com­par­to del­l’im­por­tan­za della qua­li­tà e della si­cu­rez­za ali­men­ta­re, che rap­pre­sen­ta­no gli ele­men­ti car­di­ne per  la cre­sci­ta e la com­pe­ti­ti­vi­tà sul mer­ca­to.
I dati evi­den­zia­ti mo­stra­no come il com­par­to bu­fa­li­no cam­pa­no pre­sen­ti una strut­tu­ra or­ga­niz­za­ti­va molto fra­gi­le e come non esi­sta, allo stato at­tua­le, una re­go­la­men­ta­zio­ne ca­pa­ce di tu­te­lar­lo. Af­fin­ché tale com­par­to possa, dun­que, av­viar­si verso uno svi­lup­po è ne­ces­sa­rio che le po­li­ti­che lo­ca­li co­min­ci­no a per­cor­re­re la stra­da della pia­ni­fi­ca­zio­ne e pro­gram­ma­zio­ne stra­te­gi­ca.
Un pro­ble­ma da dover si­cu­ra­men­te af­fron­ta­re, in tal senso, è quel­lo della tu­te­la e va­lo­riz­za­zio­ne del ter­ri­to­rio.
Il ter­ri­to­rio rap­pre­sen­ta il “bi­gliet­to da vi­si­ta” per le pro­du­zio­ni ali­men­ta­ri di qua­li­tà e tale aspet­to non può es­se­re certo tra­scu­ra­to, so­prat­tut­to da una re­gio­ne come la Cam­pa­nia, a forte vo­ca­zio­ne agri­co­la e zoo­tec­ni­ca.
È ne­ces­sa­rio, al­lo­ra, un ap­proc­cio in­te­gra­to co­mu­ne a tutti gli at­to­ri che ope­ra­no sul ter­ri­to­rio, che sia fi­na­liz­za­to ad un’ef­fi­ca­ce ge­stio­ne dei rap­por­ti tra am­bien­te na­tu­ra­le ed at­ti­vi­tà an­tro­pi­che.
Sulla scia di quan­to già ac­ca­du­to in altre real­tà ita­lia­ne, un’i­dea po­treb­be es­se­re quel­la di in­tra­pren­de­re un pro­ces­so di cer­ti­fi­ca­zio­ne am­bien­ta­le, pun­tan­do a va­lo­riz­za­re le pro­du­zio­ni di qua­li­tà at­tra­ver­so un’i­den­ti­tà ter­ri­to­rio-pro­dot­to.
Non vi è dub­bio, inol­tre, sul fatto che un li­mi­te del com­par­to bu­fa­li­no cam­pa­no sia rap­pre­sen­ta­to dalla scel­ta dei tra­sfor­ma­to­ri di de­di­car­si quasi esclu­si­va­men­te alla pro­du­zio­ne della moz­za­rel­la di bu­fa­la; in una pro­spet­ti­va di svi­lup­po e di in­no­va­zio­ne, af­fin­ché la fi­lie­ra possa di­ve­ni­re più fles­si­bi­le e com­pe­ti­ti­va sul mer­ca­to, una stra­da da per­cor­re­re po­treb­be es­se­re quel­la della di­ver­si­fi­ca­zio­ne della pro­du­zio­ne, at­tra­ver­so la va­lo­riz­za­zio­ne di quei pro­dot­ti al­ter­na­ti­vi alla moz­za­rel­la (ri­cot­ta, ca­cio­ca­val­lo, burro, yo­gurt, ge­la­to) che, pur già esi­sten­do, ri­co­pro­no an­co­ra un ruolo mar­gi­na­le sul mer­ca­to.

Bubalus bubalis
Fonte: Ri­vi­sta Bu­ba­lus bu­ba­lis, n. 2, 2005

NOTE
1. Si ve­da­no i do­cu­men­ti del­l’Ab­ba­zia di Farpa nel Lazio nel XII se­co­lo e nel XIII se­co­lo, in epoca an­gioi­na, il de­cre­to del re Carlo I d’An­giò in cui si or­di­na­va di re­sti­tui­re un bu­fa­lo da la­vo­ro. Un’ul­te­rio­re te­sti­mo­nian­za della pre­sen­za, agli inizi del se­con­do mil­len­nio, del­l’al­le­va­men­to bu­fa­li­no in Ita­lia è rap­pre­sen­ta­ta da uno scrit­to dello sto­ri­co Mon­si­gno­re Ali­can­dri della Chie­sa Me­tro­po­li­ta­na di Capua, in­ti­to­la­to “Il maz­zo­ne nel­l’an­ti­chi­tà e nei tempi mo­der­ni” da cui si evin­ce che il con­su­mo di for­mag­gi bu­fa­li­ni era en­tra­to nel co­stu­me sia ec­cle­sia­sti­co che laico. Dagli “Acta Im­pe­ria Se­cu­li XIII e XIV” si ap­pren­de, in­ve­ce, che la va­lu­ta­zio­ne com­mer­cia­le del capo bu­fa­li­no era su­pe­rio­re ri­spet­to a quel­la del capo bo­vi­no.
2. Si veda: Goe­the J. Wol­fgang, Viag­gio in Ita­lia (1786-1788), Edi­to­re Riz­zo­li, 1991.
3. Si veda: Fer­ra­ra B., In­tie­ri F., 1976.
4. Si veda: M. Cer­ra­to, “Le fi­lie­re zoo­tec­ni­che in pro­vin­cia di Sa­ler­no”, edi­tri­ce­ga­ia 2005.
5. Le bu­fa­le ten­do­no a ri­pro­dur­si nel se­me­stre ago­sto-feb­bra­io per cui, du­ran­do la gra­vi­dan­za circa 310 gior­ni, i parti si con­cen­tra­no nel pe­rio­do giu­gno-di­cem­bre.
6. Gli ani­ma­li de­sti­na­ti alla pro­du­zio­ne di carne de­vo­no se­gui­re un re­gi­me ali­men­ta­re di­ver­so ri­spet­to a quel­lo pre­vi­sto per le bu­fa­le da latte, dal mo­men­to che è ne­ces­sa­rio che essi rag­giun­ga­no in tempi brevi il peso di ma­cel­la­zio­ne e che la loro carne con­ten­ga la giu­sta com­po­nen­te di gras­so; con­si­de­ran­do che l’età giu­sta per la ma­cel­la­zio­ne di un bu­fa­lo è di circa 15/16 mesi, du­ran­te que­sto pe­rio­do i bu­fa­li vanno nu­tri­ti senza ot­te­ne­re un ri­tor­no im­me­dia­to. È in­tui­bi­le, dun­que, che l’al­le­va­men­to in­di­riz­za­to alla pro­du­zio­ne di carne com­por­ta in­ve­sti­men­ti a medio ter­mi­ne.

Bi­blio­gra­fia
– Cer­ra­to M., La fi­lie­ra della “Moz­za­rel­la di Bu­fa­la Cam­pa­na” nel­l’a­rea della De­no­mi­na­zio­ne di Ori­gi­ne Pro­tet­ta (D.O.P.), Edi­zio­ni Bu­ba­lus bu­ba­lis, feb­bra­io1999;
– Cer­ra­to M., Le Fi­lie­re zoo­tec­ni­che in pro­vin­cia di Sa­ler­no, edi­tri­ce­ga­ia, 2005;
– Ma­tas­si­no D., Gi­ro­la­mi A., Gras­so F. e Zullo A., Cre­sce l’in­te­res­se per l’al­le­va­men­to bu­fa­li­no, pe­rio­di­co Agri­col­tu­ra Cam­pa­nia, no­vem­bre 1990;
– Goe­the J. Wol­fgang, Viag­gio in Ita­lia (1786-1788), Edi­to­re Riz­zo­li, 1991.

Si­to­gra­fia
– ana­gint.​izs.​it
– www.​pol​itic​heag​rico​le.​it
– www.​anasb.​it
– www.​istat.​it
– www.​moz​zare​llad​op.​it
– www.​rivabianca.​it
– www.​regione.​campania.​it
– www.​moz​zare​llad​ibuf​ala.​org
– www.​sal​oned​ella​mozz​arel​la.​it

Ma­ri­ka Gior­da­no, lau­rea­ta con lode in Eco­no­mia Azien­da­le pres­so l’U­ni­ver­si­tà degli Studi di Sa­ler­no, nutre un par­ti­co­la­re in­te­res­se per il set­to­re agro-ali­men­ta­re e per le sue pro­ble­ma­ti­che.

Le tecniche e le ricette per fare i formaggi

Le tec­ni­che e le ri­cet­te per fare i for­mag­gi
Dal latte crudo… di pe­co­ra, capra, bu­fa­la e mucca
Vin­cen­zo De Maria – Il Mu­li­no Don Chi­sciot­te – 2006

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