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con riferimento alla viticoltura Irpina

di Giuseppe Accomando

Inquadramento botanico della Vite
La vite europea (Vitis vinifera sativa) appartiene al genere Vitis, famiglia Vitacee, classe Dicotiledoni. Il genere Vitis comprende il gruppo delle viti americane (Vitis rupestris, V. berlandieri, V. riparia) usate come portainnesti e il gruppo delle viti eurasiatiche comprendenti la Vitis vinifera, nell’ambito di quest’ultima si distinguono la vite selvatica e quella sativa o europea o  coltivata.

Tecnica colturale
La qualità di un prodotto dipende da molti fattori  che possiamo sintetizzare in: a) condizioni pedo–climatiche; b) azioni dell’uomo.

a) Condizioni pedo-climatiche
E’ noto che uno degli aspetti che più pesano sul risultato colturale della vigna è il condizionamento esercitato dai fattori ambientali, in primis il terreno e il clima che in varie interazioni sono gli elementi fondamentali. Una vastissima letteratura è di supporto a queste affermazioni, perché la fisiologia  della pianta e soprattutto le azioni reciproche ed antagoniste della fase vegetativa e della fase di accumulo sono influenzate dai nutrienti e dall’energia disponibile. Per quanto riguarda il terreno dobbiamo dire che la  vite si adatta ai terreni più disparati, anche se predilige quelli di medio impasto dotati di buone caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche. La risposta qualitativa del prodotto è diversa a seconda della natura del terreno, infatti in quelli calcarei si ottengono vini con un buon grado zuccherino, ma scarsa acidità, i terreni umiferi, ricchi di sostanza organica, sono in genere da scartare non tanto per la produzione che risulta abbondante ma per la qualità scadente fornendo vini grossolani e di scarsa serbevolezza, i terreni argillosi se associati a calcare possono offrire vini corposi, di buon colore e grado alcolico, la produzione è scarsa ma in compenso si ottengono vini di qualità superiore, i terreni sabbiosi consentono un buon sviluppo della pianta e danno produzioni pregiate in quanto la sabbia conferisce al vino leggerezza e profumo.
Del clima il fattore termico è determinante nella buona riuscita del prodotto, è dimostrato che tale fattore è quello che maggiormente influenza le fasi fenologiche (dal germogliamento alla raccolta) determinando condizioni più o meno favorevoli alla maturazione dell’uva e alla sua qualità. E’ stato anche dimostrato che sull’accumulo di zuccheri e degradazione degli acidi nell’uva sono il fattore termico e quello idrico che giocano il massimo ruolo, le temperature massime non sempre fanno segnalare grossi problemi alla coltura, mentre quelle ottimali, a seconda della fase fenologica, devono essere le seguenti:
a) durante il germogliamento    9 – 10°C
b) durante la fioritura              18 – 22°C
c) fino alla maturazione          20 – 24°C
d) dall’inizio alla fine della vendemmia 18 – 22°C, non meno di 12 – 14°C.

Altri aspetti importanti della viticoltura sono:
Giacitura – La vite trova in collina l’habitat ideale, l’esposizione è molto importante nelle zone collinari più nordiche ove la vite preferisce le esposizioni soleggiate di Sud o Sud Ovest.
Altitudine – Rappresenta un limite all’areale della vite in quanto oltre una certa altezza la pianta non cresce, nelle nostre zone, dell’Appennino meridionale,  altitudini di 800–1000 m s.l.m. sono proibitive alla coltivazione della pianta, aumentando l’altitudine infatti diminuisce la temperatura e si ritarda la maturazione dell’uva.

b) Azioni dell’uomo
Premesso che la vite fornisce i migliori risultati nelle zone vocate, concetto che racchiude sia le condizioni pedo climatiche ma anche l’insieme di strutture e favorevoli prospettive di mercato,  individuata l’area, la principale azione dell’uomo  è sicuramente l’impianto del vigneto.
Scelta la zona la prima operazione da fare è l’analisi del terreno che fornisce i principali dati sulla composizione chimico fisica evidenziando eventuali carenze quali quantitative o eccessi di calcare o della sostanza organica per intervenire tempestivamente con correttivi o ammendanti oppure rinunciare all’impianto stesso nel caso in cui le condizioni siano inidonee. Altra operazione per la buona riuscita della vigna è la scelta del portainnesto e della cultivar.  Dei portainnesti dobbiamo dire che la maggior parte sono di origine americana e le specie più utilizzate  appartengono alla Rupestris, Riparia e Berlandieri in purezza o come ibridi. Nella provincia  di Avellino  i portainnesti più utilizzati sono:  Kober 5BB (Berlandieri x Riparia), 140 RV (Berlandieri x Rupestris), 420 A (Berlandieri x Riparia), 1103 P (Berlandieri x Rupestris), quest’ultimo il più utilizzato. Le cultivar  sono Aglianico, Fiano di Avellino, Greco di Tufo , Coda di volpe, Sangiovese, Piede Rosso.

Impianto
Si passa quindi all’impianto vero e proprio che prevede le seguenti fasi:
– livellamento del terreno
– scasso totale o parziale
– concimazione
– affossatura o drenaggio
– affinamento del terreno
– squadratura e picchettatura
– portamento e cura delle piantine.

Operazione indispensabile per la buona riuscita del vigneto è la concimazione di impianto che deve apportare per ettaro di superficie almeno 600–800 q.li di letame maturo, 15–20 q.li di perfosfato minerale e 4-5 q.li di concimi potassici. I concimi vanno sparsi sul terreno prima della lavorazione e successivamente interrati. Quando lo scasso è a buche o a trincee si devono utilizzare i seguenti quantitativi: letame 20–30 kg più 0,5 kg di concime complesso per ogni pianta, mescolati al terreno e interrati fra  30 e 80 cm al momento della chiusura delle buche, l’accortezza è di tenere i concimi lontano dalle radici almeno di 15 cm.
– L’epoca dell’impianto deve ricadere nella prima decade del mese di novembre, infatti se si impianta il vigneto in autunno si guadagna un anno in quanto le radici nel periodo invernale presentano un certo sviluppo e sono pronte in primavera per il germogliamento.
Le barbatelle innestate devono avere un anno di età, le piantine devono avere un apparato aereo ben sviluppato, una regolare saldatura al punto di innesto e non presentare sintomi di malattia. Prima della messa in opera delle piantine si taglia l’apparato radicale  fino a 10 cm di lunghezza, mentre nella parte aerea si tiene un tralcio  con 3-5 gemme. Si pianta la barbatella facendo aderire la terra fine o sabbia alle radici, il punto di innesto deve risultare sopra il livello del terreno, poi si copre l’apparato aereo con cumuletto di sabbia o terreno per evitare danni da freddo, vento  o da sole al punto di innesto. I filari vanno orientati  N–S  onde favorire una equilibrata illuminazione alle piante.

Impianto delle barbatelle

Impalcatura
La vite, essendo una pianta arbustiva, richiede una robusta impalcatura per sostenere la parte aerea, quelli ammessi dal disciplinare sono  i pali morti di castagno collegati da una intelaiatura più o meno complessa fatta di fili di ferro e sostenuti da eventuali ancoraggi laterali.

Sistemi di allevamento
Diversi sono i sistemi di allevamento  della vite quelli previsti dal disciplinare per i vigneti irpini sono il sistema alla Guyot  e il Cordone Speronato permanente che sono sistemi a bassa carica di gemme.

• Sistema alla Guyot
E’ una forma di allevamento presente fin dal tempo dei Romani, consta di un capo a frutto di 8-10 gemme e di uno sperone a 1-2 gemme. E’ forma tipica dei terreni meno fertili e più siccitosi di collina, ove la vite presenta uno sviluppo piuttosto contenuto.

 Cordone speronato
Il sistema è costituito da un fusto verticale che si  prolunga orizzontalmente in un cordone orizzontale, sul quale sono inseriti speroni di 2–4 gemme. Si adatta ai terreni di media fertilità, anche asciutti con cultivar che presentano una buona fertilità nelle prime gemme del tralcio fruttifero.

Sistemi di allevamento

Potatura del Cordone speronato

 Sesto di Impianto
Il sesto d’impianto deve essere, se alla Guyot, 1,20 – 2,00 m fra le file; 1,00 – 1,50 m sulla fila, tanto da sistemare 2.800 – 8.000 piante per ettaro di superficie con 10 – 12 gemme per pianta e 50.000 – 80.000 gemme per ettaro. Il cordone speronato prevede una distanza fra le file di 2 – 3 m, sulla fila 1,5 – 2,00  con 1.600 – 3.000 piante per ettaro, 20 – 30 gemme per pianta con un numero di gemme per ettaro di 60.000 – 80.000.

Cure colturali alla vite in produzione
• Potatura di produzione
Ricordiamo che la vite fruttifica sui rami dell’anno inseriti sui rami di un anno che la potatura invernale ha lasciato sul legno vecchio. La potatura invernale della vite deve essere energica e richiede l’asportazione di tutti i tralci che hanno prodotto e di buona parte di quelli nuovi. Il tempo della potatura invernale va dalla fine della vendemmia al germogliamento.
• Potatura verde
Consiste nelle operazioni di cimatura, scacchiatura, legature, sfogliature e incisioni anulari, accorgimenti che servono a migliorare la qualità del prodotto, esponendo i grappoli all’azione del sole e all’arieggiamento, si controlla lo sviluppo delle malattie fungine, si favorisce la lignificazione dei tralci, si riduce il consumo idrico.
• Concimazione
E’ buona norma concimare il terreno apportando mediamente ogni anno per ettaro 80–100 kg di azoto, sotto forma di nitrato o solfato ammonico, 50–60 kg di anidride fosforica  sotto forma di perfosfato minerale e 130–170 kg di ossido di potassio sotto forma di solfato potassico.
Il fosforo e il potassio possono essere somministrati tutti  o in parte in autunno ed interrati con una lavorazione profonda, l’azoto è bene somministrarlo alla fine dell’inverno inizio della primavera.
Completano le cure colturali alla vigna le lavorazioni superficiali al terreno e la lotta alle erbe infestanti o con le sarchiature o col diserbo chimico.

Avversità
Per ottenere prodotti di qualità e quantità non si possono trascurare le avversità parassitarie ricorrendo o alla prevenzione o alla cura delle malattie. Tra le micopatie più pericolose della vite in primo luogo segnaliamo:
• Peronospora (Plasmopara viticola)
La peronospora rappresenta una delle più gravi micopatie della vite, questa malattia è presente in Europa fin dal 1878, probabilmente introdotta dall’America. Il fungo colpisce quasi tutti gli organi erbacei della pianta (germogli, infiorescenze, infruttescenze)  determinando abbattimenti della produzione e scarsa qualità del prodotto finale. Se non si vuole compromettere il raccolto è necessario l’intervento umano con prodotti di copertura, endoterapici citotropici ed endoterapici sistemici. I prodotti di copertura come i  rameici (poltiglia bordolese) ditiocarbammati (Zineb, Mancozeb etc), devono essere utilizzati preventivamente all’attacco fungino, gli altri hanno azione curativa, tra i citotropici ricordiamo il cimoxanil tra i sistemici di ultima generazione annoveriamo le acilalanine e l’etilsolfito di alluminio.
• Oidio o Mal bianco (Uncinula necator)
E’ un fungo epifita che aggredisce tutti gli organi della pianta ove forma una efflorescenza biancastra che porta a morte dei tessuti e spaccatura degli acini con conseguente attacco di un altro parassita la botrite. La lotta a questa malattia va fatta in coincidenza con la lotta alla peronospora. Anche per questa parassitosi si dispongono di prodotti di copertura come lo zolfo e prodotti endoterapici come il fenarimol, benomil, etc.
• Muffa Grigia o Botrite (Botrytis cinerea)
E’ un fungo che colpisce i grappoli, gli acini e le altre parti erbacee della pianta formando una muffa  grigia, i tessuti colpiti manifestano il tipico marciume molle. In alcune zone del nord Europa vi è un ceppo di botrite che talvolta determina una disidratazione degli acini senza la comparsa del marciume molle e della muffa, questa condizione favorisce una concentrazione zuccherina determinando nella vinificazione vini particolarmente aromatici e pregiati (Tokai), questa infezione viene chiamata  muffa nobile e costituisce un pregio e non una malattia. In altri casi se si vuole preservare il raccolto è indispensabile prevenire l’attacco creando nel vigneto condizioni di aerazione riducendo al minimo le concimazioni azotate, favorendo invece quelle potassiche. Fare trattamenti molto presto con un prodotto assai efficace la Vinclozolina.
Tra i parassiti animali segnaliamo:
• Tignoletta (Lobesia botrana)
Trattasi di un micro lepidottero che arreca seri danni alla vite colpendo fiori, acini; si può intervenire con trappole sessuali per la cattura dei maschi oppure fare trattamenti con esteri fosforici.
• Fillossera (Viteus vitifoliae)
Trattasi di un afide originario dell’America arrivato in Europa nella metà dell’800, danneggia le piante con le punture per asportazione della linfa. La lotta è da anni effettuata mediante una pratica di propagazione: l’innesto di viti europee su portainnesto di viti americane.

Vendemmia
L’epoca della vendemmia dipende dalla maturazione delle uve e dall’obiettivo enologico prefissato.
Durante la maturazione negli acini diminuiscono gli acidi ed aumentano gli zuccheri e gli aromi, il grado di maturazione è valutato mediante indici scientifici e indici empirici.
Per i primi si ricorre alla misura del grado zuccherino delle uve con il rifrattometro o il mostimetro di Babo, ricordando che moltiplicando il grado zuccherino per il coefficiente di trasformazione zucchero in alcool (0.6) si ottiene la probabile gradazione alcolica del futuro vino.
Gli indici pratici più seguiti dal viticoltore sono il colore dell’uva, del rachide e dei pedicelli, il sapore dolce, etc. Generalmente la raccolta inizia prima per i vini bianchi, si continua con quelli rosati e i rossi, da ultimo sono raccolte le uve per vini rossi da invecchiamento e quelli passiti.

Il Vino
In base alla definizione CEE il vino è il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uva fresca, pigiata o non, o di mosto di uva. Con il termine fermentazione si intende la demolizione dei carboidrati, da parte dei lieviti, senza intervento di ossigeno atmosferico,  con la  formazione di alcole etilico e anidride carbonica che sono i prodotti principali,  secondo lo schema accertato da Gay-Lussac nel 1813:
C6H12O6 =  2CH3–CH2OH + 2CO2
• Costituenti del vino
– L’acqua è il costituente più abbondante, il suo contenuto va dall’80% nei vini a elevata alcolicità al 90% in quelli poco alcolici.
– L’etanolo è il prodotto della fermentazione alcolica, è il costituente più importante, il suo tenore varia da meno dell’8 fino a oltre il 17%.
– Il metanolo è un sottoprodotto che accompagna sempre l’alcool etilico, il suo contenuto aumenta con il prolungamento della macerazione. Il contenuto massimo tollerato dalla legge  è di ml 0,2 per 100 ml di alcole anidro nei vini bianchi e di 0,3 ml/100 ml di alcole nei vini rossi.
– Alcoli superiori come il propilico, isobutilico, amilico, isoamilico, etanolo e fenil-etanolo.
– Polialcoli: inositolo,  sorbitolo.
– Aldeidi: etanale.
– Chetoni: acetoino.
– Zuccheri  pentosi: arabinosio, ribosio, xilosio.
– Zuccheri esosi: galattosio, levulosio.
– Zuccheri disaccaridi: maltosio, lattosio e saccarosio.
– Acidi fissi: tartarico che è l’acido caratteristico del vino; i nostri ne contengono mediamente 2 g nei vini più ricchi di alcole fino a 5 g in quelli più poveri di alcole; malico più abbondante nei vini settentrionali che non in quelli meridionali; citrico mediamente è contenuto in 0,2–0,3 g/l.
– Acidi volatili
Fra essi il più importante è l’acido acetico, che è il costituente fondamentale dell’acidità volatile del vino, generalmente nei vini giovani il suo tenore è inferiore a 0,4 g/l, il suo contenuto aumenta   nel corso della conservazione del prodotto, esso costituisce l’85% dell’acidità volatile, altri acidi sono il propionico, butirrico, caprinico, caprilico, caprico, laurico, questi acidi insieme ai rispettivi esteri danno l’aroma primario del vino. Il vino che accusa  acidità volatile oltre certi limiti > 18/20 meq/l è definito spunto, se è ancora più elevata acescenza.
– Acido lattico, il suo contenuto varia da 0,2–0,3 g/l, il Taurasi ne può contenere fino a 5 g/l; acido metilmalico, acido piruvico, acido alfachetoglutarico.
– Polifenoli che influenzano l’aroma e il sapore del vino.
– Protidi semplici, polisaccaridi, sostanze minerali, composti solforati vitamine.
In base al colore i vini si distinguono in bianchi e rossi;  le norme CE classificano il vino in: vino da tavola e vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD) corrispondenti ai DOC (denominazione di origine controllata) e DOCG (controllata e garantita), vini spumanti, vini frizzanti, vini liquorosi e bevande a base di vino.
– Il vino da tavola deve avere un titolo alcolico non inferiore a 9° e non superiore a 15°, un’acidità totale, espressa in acido tartarico, superiore a 4,5 g/l.
– I vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD) sono i vini la cui produzione deve sottostare a precise norme che sono indicate nel disciplinare di produzione di ciascun vino come da Decreto Ministeriale. Tali norme riguardano l’area di produzione esattamente delimitata, il clima, il terreno, i vitigni che devono essere allevati secondo determinati criteri in modo che la produzione per ettaro di uva non superi il limite stabilito, le uve siano vinificate secondo determinati sistemi e il relativo vino abbia un titolo alcolico naturale non inferiore a quello minimo indicato dal disciplinare oltre che composizione e caratteristiche organolettiche riportate anch’esse nel disciplinare.
– Il vino frizzante è il prodotto ottenuto da vini da tavola e da VQPRD, che conservato a 20°C in recipienti chiusi, presenti una pressione dovuta all’anidride carbonica endogena in soluzione non inferiore a 1 e non superiore a 2,5 Bar.
– Il vino frizzante gassato differisce dal precedente perché la gassatura è ottenuta con l’aggiunta di COesogena.
– Il vino liquoroso è il prodotto avente un tenore alcolico totale non inferiore al 17,5%, deve essere ottenuto da mosto d’uva di vino proveniente da vitigni determinati e deve avere un tenore alcolico naturale di almeno 12% in volume, è consentito l’aggiunta di alcol puro a 95° di origine vinica.

Bibliografia
– Industrie agrarie M. Vitagliano  – Utet
– Chimica delle fermentazioni  G. Sicheri – Hoepli
– Agronomia generale L. Giardini  – Patron editore
– Coltivazioni arboree Valli  –  Schiavi  edagricole
– Fitopatologia ed entomologia agraria  Ferrari, Marcon – Menta edagricole
– Chimica organica  Petrosini  e Businelli – Università di Perugia

Giuseppe Accomando, laureato in Scienze agrarie presso l’Università Federico II di Napoli, è docente di zootecnica presso l’Istituto Tecnico Agrario “F. De Sanctis” di Avellino. Curriculum vitae >>>

 La Vite La Vite
Tecniche di coltivazione e potatura
Autori vari – Mulino Don Chisciotte

Geografia della vite, il clima, il terreno, impianto, palificazione, fili e tendifilo, potatura, scelta del vigneto, innesti e portainnesti, irrigazione, concimazione, malattie e parassiti. Tutte le tecniche con parole semplici e illustrazioni…  Acquista online >>>

 

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