di Cristiano Papeschi
Il nuovo allarme Afta epizootica viene ancora dal Regno Unito
Tutti quanti ricordiamo l’emergenza Afta epizootica del 2001 che ha coinvolto molte aree dell’Europa centro-settentrionale. Partito dalla Gran Bretagna il virus era riuscito ad attraversare il Canale della Manica e a raggiungere il resto dell’Europa. Ed ecco arrivare, nel mese di agosto 2007, un nuovo allarme. Come 6 anni fa il disastro è partito dalle campagne inglesi e subito, come previsto dai regolamenti di polizia veterinaria, la zona infetta è stata circoscritta ed è stato dichiarato l’embargo per le carni bovine ed i prodotti lattiero caseari provenienti dal Regno Unito. Ma cos’è questa “Afta Epizootica”? Vediamo insieme i caratteri di questa malattia altamente contagiosa e dannosa per gli allevamenti zootecnici.
Eziologia ed epidemiologia
L’agente causale dell’Afta Epizootica è un virus appartenente alla famiglia Picornaviridae e colpisce sia ungulati domestici (bovini, suini ed ovini), che selvatici. Il contagio può avvenire in molti modi. Innanzitutto il contato diretto tra animali malati ed animali sani rappresenta la via più veloce di trasmissione della malattia poiché il virus aftoso viene rilasciato nell’ambiente esterno principalmente attraverso il liquido fuoriuscito dalle pustole, la saliva, le urine, le feci, l’aria espirata (anche starnuti e colpi di tosse). Una volta nell’ambiente esterno il virus è in grado di sopravvivere da una settimana a sei mesi a seconda delle condizioni ambientali e la sopravvivenza è più lunga se protetto dagli agenti atmosferici come quando contenuto nelle feci o nelle balle di fieno; inoltre l’introduzione di animali infetti in allevamenti vergini comporta una probabilità di contagio di tutti i soggetti pari al 100%.
Il virus può essere trasportato passivamente anche a grande distanza attraverso le correnti d’aria o la movimentazione di animali e mezzi di trasporto. Addirittura anche l’uomo può essere un veicolo di contagio attraverso i propri indumenti (soprattutto le suole delle scarpe). Un operatore zootecnico può anche inalare il virus ed espellerlo con l’aria espirata in seguito senza correre rischi poiché, a quanto pare, l’afta non colpirebbe l’essere umano che finisce per essere solamente un vettore passivo. Anche le carcasse di animali morti in corso di Afta Epizootica si mantengono infettanti per un certo periodo. Anche l’acqua di bevanda, a sua volta, può essere contaminata: in questo caso il rischio maggiore si ha in caso di corsi d’acqua che attraversano pascoli ove siano presenti animali infetti. Gli animali colpiti iniziano a diffondere il virus a distanza di pochi giorni dal contagio ed ancor prima che compaiano i sintomi clinici pertanto è difficile impedire in maniera repentina il diffondersi della malattia.
Caratteri della malattia
In generale la mortalità conseguente ad infezione da virus dell’Afta Epizootica è piuttosto contenuta negli adulti e un po’ più accentuata in soggetti giovanissimi, deboli o malati. Ciò che rende pericolosa e dannosa questa patologia è invece l’elevata capacità di diffusione e contagio. Dopo un periodo di incubazione che varia dalle 36 alle 72 ore si ha un rialzo febbrile dovuto alla viremia (diffusione del virus a tutto l’organismo attraverso il sangue) con secchezza della cute ed in particolare del musello. Successivamente appaiono i sintomi caratteristici della malattia a partire dalla mucosa buccale dapprima arrossata ed in seguito ricoperta di pustole destinate a rompersi con conseguente scialorrea (ipersalivazione) frammista a sangue che comporterà dolore e difficoltà nella prensione degli alimenti. I piedi diventano caldi e dolenti, l’animale zoppica vistosamente scegliendo di muoversi il meno possibile: la congestione della parte terminale degli arti si evolve sesso nel distacco dell’unghiello con raccolta di pus ed infezione. Anche a livello mammario si può notare congestione e dolorabilità accompagnate dalle caratteristiche pustole. Altre danni cosiddetti erratici si possono avere a livello cardiaco e nervoso con conseguenti disturbi della circolazione e del coordinamento motorio.
In caso di focolaio l’autorità sanitaria provvede a circoscrivere la zona in un cosiddetto “cordone sanitario” che può raggiungere i 15 Km di diametro impedendo la movimentazione di animali, mezzi e personale al fine di tentare di impedire la diffusione del virus. Gli animali colpiti vengono solitamente abbattuti e le carcasse distrutte in breve tempo. Lettiere, alimenti per gli animali e materiali di consumo devono essere anch’essi distrutti ed il terreno su cui sorge l’allevamento ed i locali di stabulazione sterilizzati ripetutamente con disinfettanti forti. Il vuoto sanitario durerà alcuni mesi a discrezione dell’autorità sanitaria: al termine del periodo imposto verranno reintrodotti in allevamento alcuni animali “sentinella” i quali saranno monitorati molto da vicino per verificare l’avvenuta debellazione del virus prima del ripopolamento definitivo.
Vacca con vitello di razza Hereford (Atlante delle razze bovine)
Cristiano Papeschi, zootecnico ed esperto in coniglicoltura, è laureato in Medicina Veterinaria all’Università di Pisa. Curriculum vitae >>>