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di Eu­ge­nio Di Ze­no­bio

Maschio di Camoscio d'Abruzzo
Ma­schio adul­to con man­tel­lo in­ver­na­le (foto www.​cam​osci​odab​ruzz​o.​it)

Il ca­mo­scio ap­pen­ni­ni­co (Ru­pi­ca­pra py­re­nai­ca or­na­ta) ri­ve­ste una gran­de im­por­tan­za tra le en­ti­tà fau­ni­sti­che del­l’Ap­pen­ni­no abruz­ze­se. Un tempo per­se­gui­ta­to con gran­de fe­ro­cia da una cac­cia spie­ta­ta e in­con­trol­la­ta (dopo la II guer­ra mon­dia­le non se ne con­ta­va­no più di 30-40 esem­pla­ri!), il ca­mo­scio d’A­bruz­zo si è sal­va­to dal­l’e­stin­zio­ne gra­zie ad op­por­tu­ne e ido­nee azio­ni di tu­te­la. Oggi for­tu­na­ta­men­te vive una si­tua­zio­ne ab­ba­stan­za tran­quil­la e per lui si pro­spet­ta un fu­tu­ro po­si­ti­vo. Ani­ma­le en­de­mi­co del­l’Ap­pen­ni­no abruz­ze­se, il ca­mo­scio ap­pen­ni­ni­co si dif­fe­ren­zia da tutti gli altri ca­mo­sci per la co­lo­ra­zio­ne in­ver­na­le del man­tel­lo (meno scuro, con un’am­pia fa­scia bian­ca sul collo e sulle spal­le) e per le corna più lun­ghe. Pro­prio per que­ste ca­rat­te­ri­sti­che il ca­mo­scio ap­pen­ni­ni­co è de­fi­ni­to il “ca­mo­scio più bello del Mondo”.
Non a caso è l’u­ni­ca spe­cie ani­ma­le ita­lia­na ad es­se­re stata in­se­ri­ta nel 1996 dal­l’IUCN (In­ter­na­tio­nal Union for Con­ser­va­tion of Na­tu­re) nella lista rossa dei mam­mi­fe­ri in pe­ri­co­lo
di estin­zio­ne. Inol­tre è l’u­ni­ca spe­cie ita­lia­na elen­ca­ta nel­l’Ap­pen­di­ce 1 della C.I.T.E.S. (Con­ven­zio­ne sul Com­mer­cio In­ter­na­zio­na­le di spe­cie ani­ma­li e ve­ge­ta­li, fir­ma­ta a Wa­shing­ton nel 1973) ed è con­si­de­ra­ta dal Con­si­glio d’Eu­ro­pa spe­cie la cui tu­te­la è di in­te­res­se prio­ri­ta­rio per l’U­nio­ne Eu­ro­pea, e per que­sto in­clu­sa nel 1992 nella di­ret­ti­va Ha­bi­tat. Come si vede il suo va­lo­re con­ser­va­zio­ni­sti­co è stato san­ci­to a li­vel­lo mon­dia­le e la sal­vez­za e con­ser­va­zio­ne della spe­cie, deve es­se­re un obiet­ti­vo im­por­tan­te sem­pre da per­se­gui­re per­ché il ca­mo­scio ap­pen­ni­ni­co non è solo un pa­tri­mo­nio scien­ti­fi­co, na­tu­ra­li­sti­co, ma anche cul­tu­ra­le.

Femmina di Camoscio d'Abruzzo
Fem­mi­na adul­ta con man­tel­lo esti­vo (foto www.​cam​osci​odab​ruzz​o.​it)

De­scri­zio­ne della spe­cie
Fu lo zoo­lo­go te­de­sco Oscar Neu­man che nel 1899 de­scri­ve per la prima volta una nuova spe­cie di ca­mo­scio, chia­man­do­la Ru­pi­ca­pra or­na­ta. E’ il ca­mo­scio d’A­bruz­zo fino ad al­lo­ra con­fu­so con quel­lo al­pi­no. La dif­fe­ren­za tra le due spe­cie, oltre che dal punto di vista mor­fo­lo­gi­co, è stata di­mo­stra­ta da studi pa­leon­to­lo­gi­ci, eto­lo­gi­ci e ge­ne­ti­ci. Pro­prio lo stu­dio del DNA ha con­fer­ma­to senza ombra di dub­bio che ca­mo­scio al­pi­no e ca­mo­scio ap­pen­ni­ni­co sono due spe­cie di­stin­te, e che que­st’ul­ti­mo ap­par­tie­ne al ceppo spa­gno­lo.
In­fat­ti ca­mo­scio d’A­bruz­zo e ca­mo­scio spa­gno­lo sono molto si­mi­li. Le fem­mi­ne e i gio­va­ni vi­vo­no in bran­co: i ma­schi vi ri­man­go­no fino a 2-3 anni per poi ini­zia­re ad er­ra­re.
Sono que­sti i sog­get­ti più a ri­schio di morte per­ché spes­so si ri­tro­va­no in luo­ghi sco­no­sciu­ti pieni di in­si­die, ed è il mo­men­to in cui av­vie­ne la se­le­zio­ne tra i ma­schi ar­ri­van­do al­l’e­tà ri­pro­dut­ti­va solo gli in­di­vi­dui più forti e quin­di più sani. I ma­schi ses­sual­men­te ri­pro­dut­ti­vi (da 8 anni in poi) si ri­co­sti­tui­sco­no al bran­co per la sta­gio­ne degli amori che ini­zia i primi di No­vem­bre: pe­rio­do in cui av­ven­go­no gli scon­tri anche molto vio­len­ti per con­ten­der­si il di­rit­to di ac­cop­piar­si con le fem­mi­ne, e di­ven­ta­re così de­ten­to­ri di harem. I pic­co­li na­sco­no ge­ne­ral­men­te nella prima metà di Mag­gio (molto di­pen­de dalla ri­gi­di­tà della sta­gio­ne in­ver­na­le; in caso di in­ver­ni par­ti­co­lar­men­te ri­gi­di e lun­ghi il parto av­vie­ne anche più tardi):
le fem­mi­ne ri­man­go­no nel bran­co, men­tre i ma­schi dopo 2 anni si al­lon­ta­na­no per ini­zia­re una vita so­li­ta­ria fino al­l’e­tà della ri­pro­du­zio­ne. Il ca­mo­scio è un er­bi­vo­ro le­ga­to alle pra­te­rie d’al­ta quota oltre i 2000 metri e la scel­ta del suo ho­me-ran­ge è molto le­ga­ta alle ri­sor­se tro­fi­che. E’ un ani­ma­le per­fet­ta­men­te adat­ta­to­si a vi­ve­re in am­bien­ti im­per­vi come sono quel­li di alta mon­ta­gna, so­prat­tut­to pa­re­ti roc­cio­se e cenge dove trova ri­pa­ro dagli at­tac­chi dei pre­da­to­ri. Nella sta­gio­ne esti­va li tro­via­mo in alta quota, men­tre d’in­ver­no scen­do­no più in basso vi­ven­do ai li­mi­ti della ve­ge­ta­zio­ne, pre­di­li­gen­do pa­re­ti espo­ste a sud dove c’è meno con­cen­tra­zio­ne di neve e quin­di più pos­si­bi­li­tà di tro­va­re cibo. La sta­gio­ne esti­va è molto im­por­tan­te per il ca­mo­scio. E’ in­fat­ti il mo­men­to più de­li­ca­to della sua so­prav­vi­ven­za in quan­to deve im­ma­gaz­zi­na­re il più pos­si­bi­le quan­ti­tà di cibo per far fron­te poi al ri­go­re in­ver­na­le. Ed è per que­sto che oc­cor­re­reb­be un mag­gior con­trol­lo lungo i sen­tie­ri dei ca­mo­sci con­tro il di­stur­bo con­ti­nuo pro­vo­ca­to da escur­sio­ni­sti in­di­sci­pli­na­ti, che cer­ca­no di av­vi­ci­na­re l’a­ni­ma­le per fare fo­to­gra­fie. Non c’è nien­te di più sba­glia­to !!!!

Di­stri­bu­zio­ne
L’a­rea­le di di­stri­bu­zio­ne del ca­mo­scio ap­pen­ni­ni­co un tempo era molto più este­so:
com­pren­de­va l’Ap­pen­ni­no cen­tro me­ri­dio­na­le, dai Monti Si­bil­li­ni fino ai Monti del Pol­li­no.
Nel corso dei se­co­li l’un­gu­la­to ha ri­schia­to dram­ma­ti­ca­men­te di estin­guer­si per il brac­co­nag­gio spie­ta­to e il forte im­pat­to eser­ci­ta­to dal­l’al­le­va­men­to, por­tan­do la spe­cie alla so­glia d’e­stin­zio­ne con un pro­gres­si­vo iso­la­men­to e la scom­par­sa della spe­cie da gran parte del suo area­le. Era ri­ma­sto solo un pic­co­lo nu­cleo sui monti del Parco Na­zio­na­le d’A­bruz­zo.
Ma i pro­get­ti di con­ser­va­zio­ne del­l’En­te Parco Na­za­zio­na­le d’A­bruz­zo volti ad au­men­ta­re la va­ria­bi­li­tà ge­ne­ti­ca della po­po­la­zio­ne di Ru­pi­ca­pra py­re­nai­ca or­na­ta ormai com­pro­mes­sa da se­co­li di iso­la­men­to, hanno ri­sol­le­va­to le sorti del ru­pi­ca­pri­no. Ar­ri­van­do così al 1990 con le rein­tro­du­zio­ni della spe­cie su Ma­jel­la e Gran Sasso (da dove si era estin­to da se­co­li) e a quel­la più re­cen­te del 2004 con la rein­tro­du­zio­ne del ca­mo­scio ap­pen­ni­ni­co anche nel Parco Re­gio­na­le Si­ren­te Ve­li­no, al­l’in­ter­no del­l’a­rea fau­ni­sti­ca di Ro­ve­re (AQ). Fino al più re­cen­te pro­get­to di con­ser­va­zio­ne “Life NAT/IT/8538 del 2002/2005: con­ser­va­zio­ne di Ru­pi­ca­pra py­re­nai­ca or­na­ta nel­l’Ap­pen­ni­no cen­tra­le”, in cui si sono pre­vi­sti in­ter­ven­ti volti a ga­ran­ti­re la con­ser­va­zio­ne e lo svi­lup­po della spe­cie sui monti del Parco Na­zio­na­le della Ma­jel­la e del Parco Na­zio­na­le del Gran Sas­so-La­ga, e di esten­der­ne l’a­rea­le con la rein­tro­du­zio­ne sui Monti Si­bil­li­ni fa­cen­do così ri­con­qui­sta­re al ca­mo­scio ap­pen­ni­ni­co quei ter­ri­to­ri in­giu­sta­men­te per­du­ti.
Nel­l’am­bi­to di que­sto LIFE, nel 2006 nel Parco Na­zio­na­le dei Monti Si­bil­li­ni è stata rea­liz­za­ta l’A­rea Fau­ni­sti­ca di Bo­lo­gno­la (MC) dove sono stati im­mes­si due ani­ma­li pro­ve­nien­ti dal­l’A­rea F. di Lama dei Pe­li­gni (Ma­jel­la) che hanno su­bi­to dato alla luce il primo ca­mo­sciet­to! A Set­tem­bre è ini­zia­ta l’o­pe­ra­zio­ne di cat­tu­ra dei primi ani­ma­li dal Parco Na­zio­na­le d’A­bruz­zo. Dopo un primo ten­ta­ti­vo fal­li­to, que­st’an­no (Ot­to­bre 2007) si ri­pe­te­rà l’o­pe­ra­zio­ne spe­ran­do que­sta volta con esito po­si­ti­vo.
Ad oggi la po­po­la­zio­ne di ca­mo­scio d’A­bruz­zo gode di un trend po­si­ti­vo, come te­sti­mo­nia­no le co­stan­ti na­sci­te che si hanno nei nuovi nu­clei che vi­vo­no su Ma­jel­la e Gran Sasso. Ad oggi (Ago­sto 2007) la po­po­la­zio­ne to­ta­le conta 1260 esem­pla­ri.

Eu­ge­nio Di Ze­no­bio, lau­rea­to in Giu­ri­spru­den­za, si de­di­ca da anni allo stu­dio ed alla sal­va­guar­dia del Ca­mo­scio d’A­bruz­zo, al quale ha de­di­ca­to un in­te­res­san­te sito web: www.​cam​osci​odab​ruzz​o.​it

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