di Riccardo Rubboli
Piacentino bianco M cl. B pt 96 di Paolo Fiorani RE 2013 (foto di R. Comi)
Il Piacentino, razza di grossa taglia di antica origine italiana, viene descritto dai principali Autori a partire dalla fine del 1800.
Teodoro Pascal, nel trattato “Colombi Commestibili e Sportivi” del 1910, lo inserisce nel gruppo dei “COLOMBI COMMESTIBIILI DI TIPO INTERMEDIO” assieme al Sottobanca, ed indica la sua provenienza da un incrocio fra il Romano ed un “Casalingo” o, secondo quanto riferisce il Conte Enrico Sanvitale di Piacenza, dall’incrocio del Romano col Bagadese; inoltre ritiene questa ipotesi più probabile “in quanto che il Pitone (Piacentino N.d.R.) appare in tutta la sua evidenza un tipo intermedio fra il Romano ed il Bagadese e che a quest’ultimo assomiglia molto nella struttura del corpo”.
Così lo descrive: “Il becco è di media lunghezza, piuttosto grosso che sottile, corno rosato di colore e ricoperto di fungosità alla base della mandibola superiore. La testa è grossa, l’occhio è circondato da un cerchio di pelle rossa, il collo è lungo, ampio è il petto, largo il dorso, lunghi e rossi i tarsi, il portamento è maestoso. Più piccolo del Romano ma sempre voluminoso, il Pitone ha le ali lunghe e vola piuttosto bene, ma queste non arrivano mai a toccare l’estremità della coda. Fecondità discreta per quanto superiore a quella del Romano. La livrea è bianca e, se forse ve ne sono altre, queste non sono rinvenibili nei prodotti del commercio”.
Il prof. Paolo Bonizzi, noto per la prima dettagliata descrizione del Triganino Modenese, nel suo trattato “Colombi domestici e la colombicoltura“ (terza edizione del 1910), cita i “Pitoni Piacentini” inserendoli nel gruppo da lui denominato “I COLOMBI BASTARDONI”, assieme ai “colombi Sottobanca” di Modena; fornisce inoltre una versione parzialmente diversa circa la sua formazione attribuendola peraltro proveniente sempre dal Conte Sanvitale di Piacenza.
Il Bonizzi testualmente riferisce: “Il conte Sanvitale di Piacenza è d’avviso che questi colombi siano derivati dal colombo nostrano bianco grosso incrociato col colombo turco che ha occhio rosso grande, becco corto e alquanto caruncoloso invecchiando. I Pitoni derivanti da questo incrocio hanno i seguenti caratteri: forma assai grossa, portamento maestoso, gambe lunghe rosse e pulite, collo lungo, coda pure lunga. Il colore più stimato è il bianco puro. La testa dev’essere grossa, assottigliata, il becco di lunghezza mediocre, ma grosso e roseo. Aureola rossa, ma piccola che si accresce invecchiando. Aggiunge il Sanvitale che questa razza la crede ormai estinta nel suo vero tipo. Le cause di questa scomparsa si debbono alla poca fecondità, alle malattie e soprattutto alle ricerche numerose ed insistenti che si fanno dei grossi colombi che un attivo commercio esporta dalle campagne piacentine”.
Giulio Cesare Giachetti, nella sua “Monografia dei piccioni Domestici” del 1914, lo inserisce nella classe dei così detti “REALI DA CARNE” assieme al Grosso Emiliano o Sottobanca di Modena e lo denomina Grosso di Piacenza o Pitone Piacentino.
Riporta che il Conte Sanvitale di Piacenza così lo descrive in una lettera del 4 gennaio1885: “Il Pitone piacentino bianco, colombo bellissimo e grossissimo, è ormai quasi perduto. Ha forme simili al Bagadese, ma due volte più voluminose e con petto più ampio, gambe lunghe e nude; cerchio rosso all’occhio, becco medio, collo lungo, testa grossa, coda lunga. Vola Bene e produce generalmente novelli dai dodici ai quattordici ettogrammi”.
Ferruccio Faelli nel trattato “Animali da Cortile” (quarta edizione del 1939) inserisce i “Pitoni Piacentini” nel gruppo denominato “Razze che si avvicinano, pei loro caratteri alla columba livia” e lo descrive così: ”Formano una razza di colombi giganti che si va estinguendo. Secondo il conte Sanvitale essi deriverebbero dal colombo nostrano bianco grosso, incrociato col colombo turco. Hanno generalmente un piumaggio bianco, testa grossa, becco di lunghezza media, roseo, tarsi lunghi e rossi, collo lungo, coda lunga”.
Alessandro Ghigi nella sua opera “I Colombi domestici e la colombicoltura“ del 1953 si occupa del Piacentino inserendolo nel Gruppo da lui denominato “FORTIROSTRI” assieme al Romano, al Bagadese Francese, al Polacco ed agli altri colombi caruncolati a becco grosso (mentre il Sottobanca viene inserito nel gruppo dei “COLOMBI GALLINA”) e così lo descrive: “Può essere considerato come un piccolo Romano, il cui peso oscilla fra i 700 ed i 900 grammi a seconda del sesso. Fu creato nella seconda metà del secolo scorso dal Conte Enrico Sanvitale di Piacenza, mediante incrocio tra Bagadesi bianchi con Romani o forse con sottobanca e con Romagnoli a tarso nudo. Nessuno ha mai pensato a formulare il modello (standard) di questa razza che è peraltro inclusa in tutti i programmi delle esposizioni italiane.
Per quanto nulla vieti che il piacentino possa essere di tutti i colori, di fatto esso è, attualmente, sempre bianco a becco carnicino e iride nera. L’occhio è cerchiato di una palpebra rossa vivace che può essere specialmente negli adulti leggermente bitorzoluta. Le favette nasali sono pronunciate, bianche e lisce. Il becco è forte, di lunghezza pari a quella del Romagnolo, ma più grosso. I tarsi sono nudi. Spesso si vedono Piacentini a tarsi leggermente infoderati e con palpebre bianche: sono da scartare perché tradiscono incroci con Romagnoli bianchi e deviano dalle principali caratteristiche della razza.
II Piacentino è ottimo riproduttore e può dunque essere considerato come un piccione da prodotto: oggi è divenuto raro come del resto tutti i piccioni di razza, ma non è difficile la sua ricostituzione valendosi di sangue Bagadese, perché la palpebra rossa è dominante. Gli Inglesi e specialmente gli Americani allevano colombi Runts che si confondono con i nostri Piacentini. Così avvenne all’ esposizione di Cleveland nel 1939 dove constatammo la perfetta identità dei nostri Piacentini coi Runts degli allevatori americani”.
Con riguardo alla letteratura straniera, il Piacentino viene indicato dal Lissot (“Pigeons Domestique e Voyageurs”, Francia 1950) fra le due razze, assieme al Gozzuto di Gand, che hanno contribuito alla formazione del Renaisien, razza da carne creata nella città belga di Renaix.
Il Levi nella sua grande opera “Enciclopedia of Pigeon Breeds” del 1965 descrive la sua origine riportando l’opinione del Pascal (vedi sopra) ed aggiunge che lo “Swiss Mondaine” creato negli Stati Uniti assomiglia molto al Piacentino e potrebbe avere la stessa origine, potendo derivare da colombi Piacentini Italiani giunti in America dalla Svizzera. Indica come unico colore esistente del Piacentino il bianco con l’occhio scuro e riporta che al World’s Poultry Congress tenutosi a Cleveland (Ohio – USA) nel 1939, l’Italia aveva presentato ottimi esemplari di Piacentino.
Orbene secondo le diverse versioni fornite dai principali Autori Italiani, risulta che alla formazione della razza Piacentina hanno contribuito oltre ad un così detto “Casalingo bianco” di origine locale Emiliana, il Romano, il Bagadese, il Turco e forse anche il Sottobanca ed addirittura, come riferisce il Ghigi, anche una varietà del Romagnolo “a tarso nudo”. Il Turco era un colombo caruncolato, di grossa taglia, esistente sia a testa provvista di ciuffo che a testa liscia che per alcune caratteristiche ricorda nella prima varietà il Sottobanca e nella seconda proprio il Piacentino. Ora il Turco sembra definitivamente scomparso in quasi tutti i paesi anche se, secondo quanto riferito dal Levi nella sua opera citata del 1965 era, ancora presente in Spagna. Il Turco appare citato da tutti gli Autori antichi quale razza molto diffusa in Europa e gli Autori moderni sostengono che avrebbe contribuito alla formazione e sviluppo di molte razze caruncolate nelle quali, pertanto, la sua genetica continua a rivivere.
Questi dati mi fanno pertanto presumere che il Piacentino sia stato originato da diverse razze che, in vario modo e secondo la disponibilità del momento degli allevatori, hanno contribuito a formare un colombo preferibilmente bianco ma anche di altri colori, di taglia medio/grossa utilizzato inizialmente unicamente per la produzione di carne da tavola.
Solo successivamente alcuni allevatori, e probabilmente su tutti il Conte Enrico Sanvitale di Piacenza (che, secondo il Ghigi ne sarebbe stato il principale selezionatore), si sono concentrati su di un modello di colombo di colore bianco di taglia maggiore (che facilmente raggiungeva il peso di 1000 grammi) e provvisto di palpebre rosse ben sviluppate, destinato alle esposizioni e che pertanto aveva caratteristiche simili a quelle dello standard attuale.
Questa selezione però fece scomparire le varietà colorate. Questa mia tesi è confermata da un’interessante pubblicazione apparsa sulla rivista “Annali di Agricoltura” (edita a cura del Ministero di Agricoltura – Industria e Commercio nell’anno 1884), provvidenzialmente fornitami dal Giudice Federale Giovanni Mazzanti che dispone di una importante raccolta di antichi testi italiani sulla colombicoltura.
Nella summenzionata pubblicazione intitolata “SULL’ALLEVAMENTO DEI GROSSI COLOMBI DA CARNE” gli Autori Antonio e Lorenzo Zanelli così scrivono della razza Piacentina: “La razza Piacentina, che i naturalisti chiamano “Colomba Admista” e i francesi “Grande Mondain”, si distingue per un corpo voluminoso piuttosto lungo, pesante e basso. Ha testa oblunga dolcemente ricurva dal becco alla nuca. Gli occhi sono relativamente piccoli contornati da un sottilissimo cerchio, o meglio corona circolare, membrana nuda di color roseo; l’iride può essere rossa, di colore perla o bianca, in quest’ ultimo caso si dice che è cristallina. Il becco è ordinariamente alquanto lungo, schiacciato dall’alto in basso con caruncole nasali di forma triangolare, bianchissime e separate da un leggero solco; la mascella inferiore ad una certa distanza dalla punta e fino alla sua radice sporge lateralmente per un orlo sottile, formato da un tessuto più molle di quello del becco propriamente detto. È questo un carattere di una certa importanza in quanto che l’imbeccamento dei nati viene fatto con maggiore facilità da chi possiede questa sporgenza bilaterale della mandibola inferiore del becco. Il collo è mediocremente lungo e termina sopra un petto largo e profondo; le gambe sono forti, ma corte ed ordinariamente provviste di penne che alcune volte ne ricoprono anche le dita. Le ali, mezzanamente lunghe, sono provviste di remiganti abbastanza sviluppate, ma non tanto sovrapposte da permettere un volo sostenuto. Finalmente la coda porta 12 penne che vengono dette timoniere per l’ufficio che hanno nella direzione del volo. I colombi piacentini sono per lo più di colore bianco, rosso, o bianco con chiazze rosse, ma possono essere anche grigi, neri cinerini e financo gialli come i Montauban”.
Risulta pertanto evidente (come appare anche nella fotografia pubblicata che riguarda un esemplare dell’epoca assieme a due esemplari di Sottobanca che gli Autori indicano rispettivamente di Razza Reggiana e di Razza Modenese), che nell’anno 1884 i Piacentini, a dimostrazione del fatto che sono stati originati da diverse razze incrociate fra di loro per la produzione di carne, erano in origine non solo bianchi ma anche “grigi, neri cinerini e financo gialli come i Montauban” e non avevano fissato tutti i caratteri attuali che, come già detto, furono ricercati e fissati solo successivamente per le esposizioni.
Quando iniziai ad interessarmi di colombi da esposizione era l’anno 1975; i più noti allevatori di colombi Piacentini che si disputavano i premi alle esposizioni erano Elio Garotti di Bologna, Giacinto Giacomoni di Fusignano (RA) e Stefano Donati di San Lorenzo di Lugo (RA).
Nel trattato “Encyclopedia of Pigeon Breeds” del Levi, appare la fotografia di un Piacentino proveniente proprio dalla colombaia di Elio Garotti, il quale soleva dirmi che il nome del colore che meglio definiva quello della caruncola perioculare del Piacentino era il “rosso cardinale”; una volta mi raccontò scandalizzato che ad una esposizione era stato giudicato campione di razza un Piacentino con la punta del becco “segnata di nero”.
Non so se Giacomoni, che pure frequentavo per la mia giovanile passione per i Romagnoli, effettuasse o utilizzasse incroci per mantenere e migliorare il tipo. Sta di fatto che il nipote Davide Giacomoni, che abitava nella casa poco distante da quella di Giacinto Giacomoni, aveva la miglior colombaia di Bagadesi Francesi all’epoca esistente in Italia.
Ed è dato certo che le indicazioni del prof. Alessandro Ghigi, con il quale sia Garotti che Giacomoni avevano avuto stretti rapporti nel campo colombofilo, erano di utilizzare il “Bagadese” per ricostituire la razza che negli anni ’50 del secolo scorso era in forte declino. Il Ghigi, nell’anno 1953 scriveva infatti: “oggi è divenuto raro come del resto tutti i piccioni di razza, ma non è difficile la sua ricostituzione valendosi di sangue Bagadese, perché la palpebra rossa è dominante”.
Comunque se tali incroci furono fatti non mi fu mai rivelato e non posso affermare se furono realmente effettuati; a dire il vero, i suindicati grandi allevatori hanno sempre propagandato il mito della razza pura.
Negli anni ‘80 un gruppo di allevatori (poi riunitisi nel Club del Romagnolo e Piacentino nato nel 1989 sotto l’egida della F.I.A.C.) con l’impulso importante di Athos Rondini (all’epoca Giudice Federale ed allevatore) si è dedicato alla creazione e sviluppo del Piacentino colorato.
Questi allevatori hanno raggiunto, in tempi relativamente brevi, l’ottimo risultato di una buona omogeneità ed ottima aderenza allo standard.
A mio giudizio ciò è stato possibile perché probabilmente sono state utilizzate le stesse razze, o comunque razze da queste derivate, che, come risulta dalle mie ricerche, furono adoperate anche anticamente.
Ciò ha consentito a questo gruppo di bravi allevatori di ricreare in breve tempo le varietà di colore scomparse a dimostrazione di quella che fu la vera origine del Piacentino e di quanto sia plasmabile il materiale genetico del colombo.
Pertanto nelle attuali esposizioni, compaiono anche ottimi Piacentini nelle varietà nera, rossa recessiva (sauro) e gialla recessiva (caldano) che anche anticamente esistevano, come testimonia lo scritto di Antonio e Lorenzo Zanelli pubblicato nell’anno 1884.
Piacentino nero (foto R. Comi)
Piacentino rosso (foto R. Comi)
Si ringrazia la Federazione Italiana Alleavatori Colombi (F.I.A.C.) per la concessione dell’articolo e relative foto.
Riccardo Rubboli è nato a Ravenna il 12 luglio 1955 dove vive e svolge la libera professione di avvocato. Alleva colombi da esposizione dal 1977 e giudica in mostre nazionali, estere ed internazionali. È autore di vari articoli sui colombi ed ha realizzato i disegni tecnico-scientifici che raffigurano gli standard attualmente in vigore delle razze Romano, Piacentino, Reggianino, Sotto-banca Modenese e naturalmente del Colombo Romagnolo. Si occupa della ricerca sulle origini dei colombi con lo studio dei testi antichi e conduce anche esperimenti sull’incrociamento delle razze. Come allevatore ha raggiunto importanti risultati sia in mostre nazionali che internazionali.
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