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di Rita Leogrande

Detto comunemente soffione, dente di leone, stella gialla, bruciocchi, ingrossaporci, girasole selvatico, cicoria selvaggia, cicoria burda, bofarella, piscialetto o bugia, è una pianta che riporta immediatamente agli anni dell’infanzia, quando mamme o nonne chiedevano di soffiare sopra alle piccole palle di piumini per contare quante bugie venivano dette. La leggenda vuole che la pianta nasca per opera di Elios quando di mattina percorre il cielo con il suo carro solare, ogni raggio si trasforma in fiore; esso, infatti si schiude presto la mattina per chiudersi al tramonto. I gloriosi pirati inglesi consideravano il vino di Dente di leone della Cornovaglia, secondo superstizioni della loro terra, una pozione magica capace di elargire forza e vigore.
Il nome Taraxacum deriva dal greco taraxis che significa “guarisco” con allusioni alle proprietà medicinali della pianta alle quali fa riferimento anche il nome specifico.
La prima menzione dell’uso di questa pianta risale a medici Arabi del decimo e undicesimo secolo, raramente menzionata dagli antichi Romani e Greci. Le radici sono state usate per lungo tempo in India per curare i disturbi del fegato. Nel sedicesimo secolo fu considerato come un farmaco, registrato nella farmacopea dell’Ungheria, della Polonia e della Svizzera.

Habitat

  1. officinale, della famiglia delle Asteraceae si trova pressoché in tutto il mondo. Il centro di origine è l’Asia centrale ed occidentale, attualmente si trova in tutte le regioni temperate dell’emisfero settentrionale e meridionale fino al limite artico, dal livello del mare al piano montano, diffusissima in Europa. Allo stato spontaneo lo troviamo nei prati lungo i cigli dei fossi e delle strade.

Caratteristiche morfologiche
Le piante perenni e rustiche sono alte sino a 60 cm.
Le foglie, tutte in rosetta con nervatura reticolare, possono avere forma varia, generalmente è grossolanamente dentata o lobata ma anche liscia non dentellata, con picciolo sempre evidente, talora largamente alato; verdi più o meno scure. Alcuni studi indicano che la presenza di foglie con forme diverse è da imputare alle differenti condizioni di luce in cui la pianta è esposta; infatti, Sànchez (1967) dimostrò che le foglie non lobate erano state esposte ad una più bassa intensità luminosa rispetto alle foglie lobate.

Tarassaco
Figura 1. Taraxacum officinale  (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Taraxacum_officinale_-_K%C3%B6hler%E2%80%93s_Medizinal-Pflanzen-135.jpg – Walther Otto Müller, Public domain, via Wikimedia Commons)

I fiori, ermafroditi, ligulati di colore giallo dorato, riuniti in grandi capolini solitari su peduncoli spesso rossicci, fistolosi, cavi, ascellari, alti 20-30 cm. La fioritura dura circa 15-20 giorni, si blocca in caso di maltempo per riprendere quasi senza danni al cessare delle piogge. I frutti (acheni) sono bislunghi, terminano con un pernio su cui è inserito un rostro caduco, lungo tre volte il frutto e portante un piumino (pappo) bianco. I semi presentano circa 5-8 nervature, il peso dei mille semi oscilla da 0,59 a 1,11 g ed un litro pesa in media 270 g. La capacità germinativa del seme dura circa due anni. Le piante continuano a produrre foglie e fiori pressoché tutto l’anno; a maggio nelle nostre latitudini si ha il massimo della fioritura. Concluso il ciclo si trasforma nel caratteristico soffione e l’insieme dei piccoli frutti secchi vengono trasportati dal vento.
La radice è una tipica radice a fittone (Figura 1), contenente abbondante lattice amarognolo, che penetra profondamente nel terreno. Ogni giardiniere che tenti di estirparla deve ricorrere alla vanga o meglio ancora a un estirpatore di radici, altrimenti la parte inferiore della pianta rimane nel terreno, da cui segue il ricaccio di un nuovo germoglio.

Tarassaco in fioritura
Taraxacum officinale in fioritura (Fonte https://www.actaplantarum.org/)

Il T. officinale si adatta a condizioni ambientali variabili e ad ogni tipo di terreno (sabbioso, limoso, argilloso, acido, neutro e molto alcalino), può crescere in penombra ma non all’ombra, richiede suoli umidi e ben drenati e può tollerare l’esposizione marittima. Esso è possibile trovarlo durante tutto l’arco dell’anno e se l’inverno non è troppo rigido anche durante questa stagione.

Uso commestibile
Il T. officinale è ben conosciuto dai gastronomi per l’ottima insalata che si ottiene dalle sue foglie. Le giovani foglie, dal sapore lievemente amarognole e aromatiche compongono ricercate insalate depurative. Le foglie lessate costituiscono un ottimo ingrediente per risotti o usate come contorno. Le giovani foglie sono meno amarognole delle foglie adulte. Prima che la pianta fiorisce le foglie possono essere aggiunte alle insalate; quando invece la pianta si presenta già fiorita e la consistenza fibrosa delle foglie è maggiore, è consigliabile cuocerle in pochissima acqua, per evitare che le sostanze minerali siano allontanate con l’acqua in eccesso.
Le foglie di questa pianta sono un cibo molto nutriente; 100 g di foglie crude contengono circa: 2,7 g di proteine; 9,2 g di carboidrati; 187 mg di calcio; 66 mg di fosforo; 76 mg di sodio; 397 mg di potassio; 36 mg di magnesio, 0,19 mg di vitamina B1; 0,26 mg di vitamina B2; 35 mg di vitamina C; 14000 UI di vitamina A; 3,1 mg di ferro.
La radice, raccolta in autunno da piante di 2 anni, torrefatta e macinata costituisce un buon surrogato del caffè privo di caffeina. La radice cruda si usa in pinzimonio.
I boccioli dei fiori si conservano sottoaceto come i capperi e possono essere trasformati anche in eccellenti canditi. I fiori mangiati crudi sono gradevoli, mentre i petali forniscono una gelatina eccezionale. Le foglie, i fiori e la radici possono anche essere usate per fare un buon tè.

Coltivazione
L’ introduzione negli orti come pianta coltivata è relativamente recente in quanto da circa un secolo si è iniziato un vero e proprio miglioramento. Esso riveste una considerevole importanza in alcune località della Francia, specialmente nei dintorni di Parigi dove gli ortolani si dedicano alla sua forzatura.
Il T. officinale prospera un po’ dovunque, è infatti una pianta rustica non molto esigente, cresce facilmente su molti suoli, anche se preferisce i terreni ben drenati, ricchi di humus e alcalini, ben soleggiati o in penombra. Inoltre, quando è concimato e non soffre la siccità dà luogo ad una vegetazione rigogliosa e abbondante, diventando un ortaggio molto produttivo. Nella coltivazione può essere annuale o poliannuale.
Esso tollera molto bene le basse temperature.
La pianta ha una radice profonda fino ad un metro ed è in grado di trarre nutrienti dalle zone profonde del suolo. I germogli si sviluppano nella zona apicale delle radici che può rigenerare le “nuove” piante quando le rosette di foglie sono tagliate a livello del terreno. In diverse parti d’Europa è coltivato per il suo sapore amarognolo aromatico; tuttavia, ci sono alcune popolazioni locali con foglie tenere e meno amare rispetto ad altre. La semina può eseguirsi a dimora o in semenzaio. Nel primo caso da marzo a giugno, a secondo delle località, si distribuisce il seme alla dose di 1 g m-2 in solchetti distanti 20 cm che vengono ricoperti con un centimetro di terriccio. A 15-20 giorni dall’emergenza si iniziano i diradamenti che si ripetono fino a lasciare le piante migliori distanziati sulla fila di circa 8-10 cm. Nel caso in cui si voglia effettuare la semina in semenzaio (come è consigliabile per avere una produzione più precoce o quando ci si trovi in ambienti particolarmente freddi), in primavera si distribuiscono i semi a spaglio (circa 1,2 g m-2). Quando le piante hanno raggiunto la quarta – sesta foglia vera, vengono trapiantate, previa cimatura delle foglie e delle radici, in solchi profondi 10-12 cm ed alla stessa distanza già indicata per la semina a dimora. Il seme germina con temperature del terreno almeno di 10 °C; tuttavia, la germinazione è più rapida quando la temperatura del terreno si avvicina a 25 °C. La luce è un altro fattore che influenza la germinazione; infatti la luce aumenta la germinazione. Quando si parla di germinazione la componente genetica è un fattore da non trascurare. Uno studio condotto da Hyo-Sik (2001) dimostra che i semi di tarassaco raccolti nello stesso luogo in primavera, estate, autunno e inverno hanno una velocità e percentuale di germinazione differente mentre il peso secco delle piante rimane invariato. In particolare, i semi raccolti in primavera e autunno hanno una velocità e percentuale di germinazione maggiore rispetto a quelli raccolti in estate e inverno, questo era dovuto all’eterogenicità temporale.
Il tarassaco è una pianta poco esigente; tuttavia, svolgendo gran parte del proprio ciclo vegetativo durante l’estate, sono utili alcune sarchiature e una leggera rincalzatura che favorisce il parziale imbianchimento con conseguente diminuzione del sapore amaro delle foglie. Le adacquate, specialmente nei climi più secchi, giovano moltissimo al buon esito della coltura. Le piante possono essere raccolte dalle 8 alle 15 settimane dopo la semina, secondo le condizioni ambientali; infatti la crescita della pianta risulta più lenta con le basse temperature; oppure in novembre–dicembre, dopo aver tolto le foglie deteriorate o marcite, si effettua la rincalzatura per ottenere, nella primavera successiva foglie bianche, gustose e croccanti.
Per quanto riguarda la concimazione, una formula che sembra dia buoni risultati è la seguente: alla semina si interrano 20 g m-2 di solfato ammonico, 30 g m-2 di perfosfato minerale e 10 g m-2 di cloruro o solfato potassico, mentre in copertura si distribuisce, in più riprese, 20-30 g m-2 di nitrato.
Varie sono le malattie che possono attaccare il tarassaco. Synchytrium taraxaci si manifesta sotto forma di piccoli tumori color violaceo disposti in serie lineari sulle nervature principali; l’oidio, comune in tutte le Astercaeae, ricopre le foglie di un feltro prima bianchiccio, poi bianco brunastro; la ruggine con pustole di color rossastro, spesso numerose e confluenti. Fra i parassiti animali larve di Agrotis ypsilon, Agrotis segetis e Agrotis exclamationis. 
Il T. officinale è considerato anche un inibitore della crescita, infatti esso rilascia etilene che causa la prematura maturazione dei frutti delle piante che vivono nello stesso ambiente.

Ricette
Ripieno per tortellini di tarassaco
Ingredienti: 1,5 kg di tarassaco, 150 g di pancetta, 50 g di parmigiano.
Lessate le foglie di tarassaco in acqua salata. Una volta intiepidite, le foglie andranno strizzate e tritate finemente. Unitevi la pancetta, anch’essa tritata, e il parmigiano grattugiato e mescolate bene, così da ottenere un ripieno omogeneo per i tortellini. 

Frittelle ai fiori di tarassaco
Ingredienti: 20 fiori di tarassaco raccolti con 5-6 cm di gambo, 150 g di farina di grano tenero, una bottiglia di birra, 2 cucchiai di semi di sesamo, sale.
Preparazione: in una terrina mettete la farina, i semi di sesamo, il sale e la birra poca per volta e formate una pastella; quindi, quando l’olio è caldo prendete un fiore per il gambo, immergetelo nella pastella e friggetelo.

Riso con carne, fiori e foglie di tarassaco
Ingredienti: 125 g di riso, 4 cipolle, 1 spicchio d’aglio, 500 g di carne macinata, 300 g passato di pomodoro, 4 cespi di tarassaco, una trentina di boccioli di fiori di tarassaco, sale, pepe, olio e limone.
Preparazione: soffriggete la cipolla e l’aglio con la carne, unite il riso, la passata di pomodoro sale e pepe. Coprite e lasciate cuocere il riso. Aggiungete le foglie di tarassaco e lasciate insaporire per qualche minuto quindi aggiungete il limone e i fiori di tarassaco fatti saltare in padella con poco olio.

Tarassaco bollito
Ingredienti: foglie e radici di tarassaco, sale, olio extravergine d’oliva, aceto di mele.
Preparazione: tagliate a pezzi di 5 cm circa le radici e fatele cuocere in acqua bollente per 15 minuti, poi aggiungete le foglie e proseguite la cottura. Scolate e aggiungete olio e aceto di mele.

Tarassaco alla soia
Ingredienti: 300 g di giovani foglie di tarassaco, 2 cucchiai di olio di soia, 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva.
Preparazione: lavare il tarassaco e condirlo con l’olio di soia e extravergine d’oliva. 

Tarassaco stufato
Ingredienti: 700 g di tarassaco, olio, aglio, 50 g di parmigiano, peperoncino, sale.
Preparazione: sbianchire il tarassaco e saltarlo, ben scolato, in olio, aglio imbiondito, sale e peperoncino e condirlo con formaggio grattugiato.

Tarassaco con le uova
Ingredienti: 500 g di tarassaco, 4 uova, 50 g di parmigiano, olio, aglio, sale.
Preparazione: sbianchire il tarassaco, scolarlo e saltarlo in olio e aglio. Rompere e adagiare le uova sul tarassaco saltato, condire con il parmigiano grattugiato e servire appena rapprese.

Tarassaco con uova e pancetta
Ingredienti: 400 g di tarassaco, 50 g di pancetta, 4 uova, pepe, noce moscata, olio, aglio, sale.
Preparazione: sbianchire le foglie e i boccioli non schiusi del tarassaco. Rosolare a fuoco lento in due cucchiai di olio la pancetta a dadini e nella stessa padella versare le uova sbattute con sale, pepe e noce moscata. Aggiungere le foglie e i boccioli già sbianchiti, fare addensare e servire.

Boccioli di tarassaco sott’aceto
Ingredienti: 200 g di boccioli, 1 spicchio d’aglio, 2 foglie di alloro, semi di finocchio, acqua, aceto e sale.
Preparazione: lessare i boccioli del tarassaco per cinque minuti in acqua salata con l’aggiunta di due cucchiai d’aceto; scolarli e asciugarli. Metterli in boccaccio di vetro con uno spicchio d’aglio, l’alloro, qualche seme di finocchio selvatico e coprirli con aceto.

Bibliografia
Sànchez R.A., 1967. Some observations about the effect of light on the leaf shape in Taraxacum officinale L. Meded. Landbouwhogeshool Wag, 67-16
Hyo-Sik Y., 2001. Variation in germination and seedling growth of Taraxacum officinale seeds harvested from different season. Korean J. Ecol., 24 (6), 353-357.

Si ringrazia la Dott.ssa Ornella Lopedota per la sua preziosa collaborazione nella stesura dell’articolo.

Rita Leogrande è ricercatrice in servizio presso il Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), sede di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Agronomia Mediterranea. La sua attività di ricerca si basa sullo studio degli effetti sul suolo e sulle colture di tecniche agronomiche sostenibili.

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