Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Fla­vio Bruno

Ai pa­sto­ri sono da anni af­fian­ca­ti degli in­di­spen­sa­bi­li au­si­lia­ri: i cani da pa­sto­re, cioè i cani che la­vo­ra­no con il greg­ge.
E’ ne­ces­sa­rio co­mun­que di­stin­gue­re due tipi di cani da pa­sto­re: uno è co­sti­tui­to dai cani che a co­man­do agi­sco­no sul greg­ge spin­gen­do­lo ad ef­fet­tua­re le ma­no­vre ri­chie­ste dal pa­sto­re e in que­sto caso si trat­ta del lupo ita­lia­no o cane toc­ca­to­re o cane pa­ra­to­re.
L’al­tro grup­po è rap­pre­sen­ta­to dal cane pa­sto­re cu­sto­de e cioè il cane che ha il com­pi­to di di­fen­de­re le pe­co­re dai pre­da­to­ri e prin­ci­pal­men­te da lupo; esso è parte at­ti­va e fon­da­men­ta­le del greg­ge (de­scri­zio­ne ti­pi­ca pa­sto­ra­le: “Greg­ge: in­sie­me di ar­men­ti com­po­sto da 2.000 pe­co­re così ri­par­ti­to: 1.200 pe­co­re di età su­pe­rio­re ai 30 mesi, 350 pe­co­re tra i 6 e i 18 mesi di età, 350 pe­co­re tra i 18 e i 30 mesi di età e 100 arie­ti di età di­ver­sa. Com­ple­ta­no il greg­ge: 15 cani, 12 ca­val­li, 4 muli e circa 10 asini”)In qua­li­tà di cane pa­sto­re cu­sto­de il ma­sti­no o pa­sto­re abruz­ze­se è la mi­glio­re razza del mondo.
Per quan­to con­cer­ne i nomi uti­liz­za­ti per que­sto tipo di cane in uso pres­so i pa­sto­ri, ma ri­sul­tan­ti anche da do­cu­men­ti sto­ri­ci, essi sono: “ma­sti­no”, “cane ma­sti­no”, “cane da mas­sa­ria di pe­co­re”, “cane da mas­sa­ria”, “cane da lupo”, “cane bian­co d’A­bruz­zo”, “pa­sto­re abruz­ze­se”.
Il ter­mi­ne “ma­sti­no” è un ter­mi­ne molto an­ti­co ed ha sem­pre con­no­ta­to il cane da pa­sto­re abruz­ze­se, con­si­de­ra­to da sem­pre il cane della mas­sa­ria (in­fat­ti l’in­sie­me di pe­co­re, casa, re­cin­to e pa­sco­lo era ed è tut­to­ra chia­ma­to dai pa­sto­ri “mas­sa­ria”).
“Ma­sti­no” è la forma ab­bre­via­ta di “cane da mas­sa­ria di pe­co­re”; ne con­se­gue quin­di che le due pa­ro­le ab­bia­no la stes­sa ori­gi­ne.
Com­men­tan­do la tra­spo­si­zio­ne del si­gni­fi­ca­to del ter­mi­ne “ma­sti­no” che da sem­pre nelle aree agro-pa­sto­ra­li ita­lia­ne de­si­gna­va il tipo mor­fo­lo­gi­co e fun­zio­na­le rap­pre­sen­ta­to dal cane pa­sto­re abruz­ze­se e che oggi in­ve­ce in­di­ca il tipo mo­los­soi­de (ad esem­pio il ma­sti­no na­po­le­ta­no), si evin­ce come detta tra­spo­si­zio­ne sia er­ra­ta e come que­st’ul­ti­mo tipo do­vreb­be es­se­re in­ve­ce in­di­ca­to dai ter­mi­ni “cane da presa” op­pu­re “cane corso”.
Tutti i pa­sto­ri e gli uti­liz­za­to­ri pra­ti­ci che usano il “ma­sti­no” come cane pa­sto­re cu­sto­de met­to­no in evi­den­za le sue ca­rat­te­ri­sti­che mo­ra­li e fun­zio­na­li oltre che il suo co­rag­gio e la forza fi­si­ca.
Il com­pi­to del ma­sti­no abruz­ze­se è quel­lo di com­bat­te­re i pre­da­to­ri e in primo luogo il lupo, pre­ve­nen­do e sco­rag­gian­do i suo at­tac­chi dap­pri­ma mi­nac­cian­do­lo a di­stan­za ab­ba­ian­do, ma senza te­me­re anche un even­tua­le vio­len­to scon­tro fi­si­co, dal quale usci­re vin­ci­to­re.
I ma­sti­ni abruz­ze­si rie­sco­no quasi sem­pre ad avere la me­glio sul lupo nel corso di un corpo a corpo sfrut­tan­do ap­pie­no anche la loro su­pe­rio­ri­tà nu­me­ri­ca.
Sono state ri­le­va­te nu­me­ro­se te­sti­mo­nian­ze sulla fun­zio­ne reale del ma­sti­no sia dalla viva voce dei pa­sto­ri e dei mas­sa­ri (de­scri­zio­ne ti­pi­ca pa­sto­ra­le: “mas­sa­ro: uomo di fi­du­cia e fac­to­tum del pro­prie­ta­rio di ar­men­ti, si­tua­to al primo posto nella ge­rar­chia pa­sto­ra­le. Spes­so pro­prie­ta­rio an­ch’es­so di greg­gi e con­dut­to­re di azien­de agri­co­le”) che estra­po­la­te da do­cu­men­ti sto­ri­ci e da di­pin­ti di fa­mo­si ar­ti­sti come i fra­tel­li Pa­laz­zi.
So­li­ta­men­te per uc­ci­de­re il lupo ve­ni­va­no uti­liz­za­te trap­po­le di vario ge­ne­re come ad esem­pio ta­glio­le o fosse, spes­so la sco­per­ta delle tane con­du­ce­va al ri­tro­va­men­to dei lu­pac­chiot­ti che ve­ni­va­no in se­gui­to eli­mi­na­ti , molto spes­so il lupo ve­ni­va uc­ci­so da cac­cia­to­ri equi­pag­gia­ti con il fu­ci­le che cac­cia­va­no du­ran­te il gior­no op­pu­re in ap­po­sta­men­to not­tur­no.
Una pre­ci­sa va­lu­ta­zio­ne sulle uc­ci­sio­ni di pre­da­to­ri (lupi, orsi, etc.) che pos­so­no es­se­re at­tri­bui­te ai cani pa­sto­ri cu­sto­di può pro­ve­ni­re dallo stu­dio delle se­guen­ti fonti:
mo­no­gra­fie in­ti­to­la­te;
no­ti­zie re­la­ti­ve a cat­tu­re e/o uc­ci­sio­ni di lupi in pro­vin­cia di Aqui­la tra gli anni 1810-1823 e 1877-1924 pub­bli­ca­te nel 1976 da Um­ber­to D’An­drea di Bar­rea, uno stu­dio­so lo­ca­le. E sem­pre negli scrit­ti dello stes­so au­to­re:
no­ti­zie re­la­ti­ve alle uc­ci­sio­ni di orsi e lupi in pro­vin­cia di Chie­ti nel corso dei se­co­li pas­sa­ti (1988).

Filippo Palizzi - Caccia al Lupo
FIG. 1 Fi­lip­po Pa­liz­zi 1818-1899 “Cac­cia al Lupo”

Tra i do­cu­men­ti in og­get­to ci­te­re­mo i più si­gni­fi­ca­ti­vi:

“si leg­go­no in que­ste no­ti­zie gli epi­so­di del 1827 in Bor­rel­lo quan­do non fu pos­si­bi­le in­via­re le orec­chie dei lupi, ri­dot­te a bran­del­li dalla fe­ro­cia dei cani”;

“l’uc­ci­sio­ne di lupi ad opera di pa­sto­ri per mezzo di ac­cet­te e ba­sto­ni, op­pu­re dei cac­cia­to­ri con i fu­ci­li, fu do­vu­ta spes­so al va­li­do aiuto dei cani”;

“nella pro­vin­cia aqui­la­na, il 14 di­cem­bre 1817, dei cani da pa­sto­re riu­sci­ro­no ad­di­rit­tu­ra a sbra­na­re una belva in Ca­stel­luc­cio di Lecce”;

“in data 1 giu­gno 1839, l’I­spet­to­re Gi­glia­ni, della Di­re­zio­ne Ge­ne­ra­le di Ponti e Stra­de, Acque, Fo­re­ste e Cac­cie d’A­bruz­zo, Citra tra­smi­se al­l’In­ten­den­za di Chie­ti un rap­por­to del guar­da­bo­schi di tocco, an­ge­lo­Vin­cen­zo Rulli. Que­sti av­vi­sò circa la pre­sen­za, nel suo cir­con­da­rio fo­re­sta­le, di “un lupo di smi­su­ra­ta gran­dez­za che, a pre­fe­ren­za del be­stia­me, si av­ven­ta agli uo­mi­ni; e de­scris­se i se­guen­ti epi­so­di”:
“aveva di­vo­ra­to due gio­va­net­te di Roc­ca­ca­sa­le”;
“un uomo in te­ni­men­to di Sul­mo­na”;
“nel bosco af­fi­da­to alla mia cu­sto­dia fu in­con­tra­to da due ca­prai, che fu­ro­no sal­va­ti dal
co­rag­gio di tre va­len­ti ma­sti­ni”.

Per me­glio spie­ga­re i ri­fe­ri­men­ti del guar­dia­bo­schi, uti­liz­ze­re­mo al­cu­ni passi del la­vo­ro di Luigi Mar­sel­la: “I prati, i pa­sco­li e la pa­sto­ri­zia del Ma­te­se” (Pie­di­mon­te di Alife, Ti­po­gra­fia Ba­sto­ne 1914):
“Per la di­fe­sa dai lupi e la cu­sto­dia delle pe­co­re, vi sono dei gros­si cani da pa­sto­re per lo più dal pelo bian­co, lungo, la­no­so, con un col­la­re irto di punte di ac­cia­io, ter­ri­bi­li coi lupi, fe­de­li ai pa­sto­ri e par­chi nel vitto, con­si­sten­te in pane e siero”;

“Il gior­no 15 ot­to­bre 1822, per mezzo di fion­de e con l’a­iu­to dei loro cani ma­sti­ni, i pa­sto­ri di Ra­pi­no, An­ge­lo Ma­ria-Spe­ra­dio Ma­scio­li e Palmo Della Valle, uc­ci­se­ro una lupa di circa due anni”;

“Pochi gior­ni prima pre­ci­sa­men­te il 6 ot­to­bre, i pa­sto­ri Giu­sep­pe Amo­ro­so e Gia­co­mo An­to­li­ni, con l’a­iu­to dei loro cani ma­sti­ni erano riu­sci­ti ad am­maz­za­re un lupo di circa due anni, in­con­tra­to nel bosco co­mu­na­le”;

“Car­mi­ne Ca­scia­to, Ni­co­la Ca­scia­to e Do­me­ni­co Ca­scia­to sta­va­no il 15 gen­na­io 1823 a guar­da­re i loro ma­ia­li al pa­sco­lo pres­so il bosco di Mon­te­pi­doc­chio, in te­ni­men­to di Piz­zo­fer­ra­to. As­sa­li­ti da belve, da que­ste restò uc­ci­so un ma­ia­le. Due cani si av­ven­ta­ro­no su una lupa e su­bi­to in­ter­ven­ne Car­mi­ne Ca­scia­to, che tirò ad essa un colpo di palo e la tenne ferma, fino a quan­do non ac­cor­se­ro Ni­co­la e Do­me­ni­co Ca­scia­to, i quali con­tri­bui­ro­no alla cat­tu­ra della belva, stor­di­ta ma viva.
La le­ga­ro­no e la con­dus­se­ro nella loro mas­se­ria, ma dopo qual­che tempo giu­di­ca­ro­no con­ve­nien­te am­maz­zar­la”;

“Nella notte del 22 giu­gno 1810 una lupa nel­l’at­to che si era get­ta­ta sulla man­dra delle pe­co­re per farne preda, venne as­sa­li­ta e uc­ci­sa da 10 cani ap­par­te­nen­ti al grup­po di Do­me­ni­co Pe­lit­ti da Tor­nim­par­te” Il fatto av­ven­ne nella mon­ta­gna Mac­chia­le di Colle Sam­bu­co (Di­stret­to di Cit­tà­du­ca­le)”;

“Il 23 di­cem­bre 1811 i pa­sto­ri Fi­lip­po Di Renzo e Giu­sep­pe Del Si­gno­re, da In­tro­dac­qua con l’a­iu­to dei cani da mas­sa­ria di pe­co­re uc­ci­se­ro un lupo a colpi di pi­roc­co­la”;

“ Il 21 di­cem­bre 1812 in lo­ca­li­tà Quer­ce di San­t’O­no­frio alle falde del Mor­ro­ne, in te­ni­men­to di Sul­mo­na. A colpi di sa­glioc­ca (NdA gros­so ba­sto­ne di legno) i pa­sto­ri Pan­fi­lo Lat­tan­zio a Gae­ta­no Ga­brie­le uc­ci­se­ro un lupo che era già stato in­se­gui­to ed av­vi­li­to a morsi da quat­tro loro cani”;

“In un ver­ba­le del 31 ot­to­bre 1813, il sin­da­co di In­tro­dac­qua scris­se:
Sono com­par­si Fe­li­ce Giu­lia­ni e Fi­lip­po De San­tis, pa­sto­ri e do­mi­ci­lia­ti in que­sto co­mu­ne, i quali ci hanno pre­sen­ta­to un lupo gron­dan­te di san­gue che da essi poco prima era stato uc­ci­so a colpi di pi­roc­co­la­te (NdA pi­roc­ca: ba­sto­ne no­do­so a forma di un­ci­no, ti­pi­co dei pa­sto­ri abruz­ze­si) col fa­vo­re dei cani di mas­se­ria nel­l’at­to che vo­le­va in­va­de­re il loro greg­ge di pe­co­re, che sta­va­no pa­sco­lan­do in que­sto te­ni­men­to, nel lo­ca­le detto Casa Mu­ra­ta”;

“ Il 1 marzo 1815 il cane ma­sti­no del con­ta­di­no Gio­van­ni Ciuf­fa­tel­li do­mi­ci­lia­to nella vasca del Si­gnor Giu­sep­pe Leoni, in con­tra­da Ci­ster­na te­ni­men­to di Aqui­la, in­se­guì ed af­fer­rò una lupa che venne poi fi­ni­ta a colpi di pie­tra dallo stes­so Ciuf­fa­tel­li e tre suoi amici anche va­sca­ro­li do­mi­ci­lia­ti in detti con­tor­ni”;

“ Il 31 di­cem­bre 1815 Tom­ma­so Nar­dil­li pre­sen­tò al sin­da­co di Sul­mo­na un lupo. Que­sti era stato in­se­gui­to e ri­pe­tu­ta­men­te preso a morsi dai cani da pe­co­ra te­nu­ti dal Nar­dil­li a guar­dia dei suoi ar­men­ti in lo­ca­li­tà Ma­ra­ne. Quan­do il lupo, sfi­ni­to, si era get­ta­to in terra il Nar­dil­li corse ve­lo­ce nel luogo dove esso era, e con la sua sa­glioc­ca di legno, vi­bran­do sulla testa della belva dei molti colpi, gli riu­scì di uc­ci­der­la..”;

“Il 14 di­cem­bre 1817 in un luogo de­no­mi­na­to Ri­pal­di (Ca­stel­luc­cio, ca­sa­le del Co­mu­ne di Lecce) due lupi as­sa­li­ro­no il greg­ge di Do­me­ni­co Di Vit­to­rio. I cani del Di Vit­to­rio, in unio­ne ad altri ma­sti­ni ac­cor­si du­ran­te il tram­bu­sto riu­sci­ro­no a sbra­na­re una delle due belve”;

“Il 5 di­cem­bre 1818 tre lupi as­sa­li­ro­no un greg­ge pres­so l’a­bi­ta­to di Villa Cor­rel­le (Ama­tri­ce). Con l’a­iu­to di deu cani, al­cu­ni abi­tan­ti del luogo riu­sci­ro­no a fer­ma­re e ad uc­ci­de­re un lupo a colpi di ac­cet­ta, ba­sto­na­te e sas­sa­te”;

Oudry Jean Baptiste - Caccia al lupo con Mastini
FIG. 2 Oudry Jean Bap­ti­ste, 1686-1755 “Cac­cia al lupo con Ma­sti­ni”

In molti dei casi de­scrit­to di uc­ci­sio­ne con il con­cor­so dei cani ma­sti­ni, lo sche­ma è pra­ti­ca­men­te sem­pre lo stes­so.
Nel mo­men­to in cui il lupo giun­ge nei pa­rag­gi del greg­ge di pe­co­re, viene im­me­dia­ta­men­te av­vi­sta­to dai ma­sti­ni che pron­ta­men­te lo in­se­guo­no per az­zan­nar­lo im­mo­bi­liz­zan­do­lo. A que­sto punto so­prag­giun­go­no gli uo­mi­ni che a colpi di ba­sto­ne (la sa­glioc­ca o la pi­roc­ca) fi­ni­sco­no l’a­ni­ma­le.
L’in­ter­ven­to del pa­sto­re serve solo ad ac­ce­le­ra­re la fine del lupo che una volta rag­giun­to dai ma­sti­ni e ormai spac­cia­to.
Per molti anni i pa­sto­ri non hanno mai avuto a di­spo­si­zio­ne armi da fuoco; il porto d’ar­mi, in­fat­ti, era un pri­vi­le­gio di po­chis­si­mi.
Quin­di l’u­ni­ca pos­si­bi­li­tà che il pa­sto­re aveva di uc­ci­de­re il lupo era il modo so­pra­de­scrit­to op­pu­re eli­mi­na­re la sua prole a se­gui­to del for­tui­to ri­tro­va­men­to nelle tane. Anche l’u­ti­liz­zo e il po­si­zio­na­men­to delle ta­glio­le ri­chie­de­va un ap­po­si­to per­mes­so.
Nel mo­men­to in cui il pa­sto­re si tro­va­va di fron­te al lupo af­fer­ra­to da quat­tro o cin­que ma­sti­ni non ve­de­va altro che un gro­vi­glio in mo­vi­men­to di teste, zampe e pelo. Vi­bran­do la sua sa­glioc­ca o pi­roc­ca avreb­be fa­cil­men­te sba­glia­to il colpo se non ci fosse stato il co­lo­re del pelo del man­tel­lo dei cani a gui­da­re il suo brac­cio.
Con­si­de­ran­do le mo­da­li­tà del con­flit­to tra i cani pa­sto­re e il lupo è quin­di pos­si­bi­le in­tui­re la spe­ci­fi­ca se­le­zio­ne ef­fet­tua­ta dai pa­sto­ri e la loro pre­fe­ren­za per il manto bian­co del ma­sti­no.
Già Co­lu­mel­la elar­gi­va dei con­si­gli sul manto bian­co dei cani da pa­sto­re:
in­fat­ti nel I se­co­lo de­scri­ve il cane da pa­sto­re bian­co, che tale do­ve­va es­se­re per non ve­ni­re scam­bia­to con gli ani­ma­li sel­va­ti­ci, co­sic­ché quan­do al­l’im­bru­ni­re il lupo as­sa­li­va le greg­gi, il pa­sto­re po­tes­se ben di­stin­gue­re il cane ed evi­ta­re di col­pir­lo.
Marco Te­ren­zio Var­ro­ne, scrit­to­re ro­ma­no che visse im­me­dia­ta­men­te prima del­l’e­ra cri­stia­na ebbe pure a de­scri­ve­re il cane che “da noi è im­por­tan­te per­ché cu­sto­di­sce il be­stia­me che ci for­ni­sce la lana”.
In ge­ne­re i cani hanno un istin­ti­vo ter­ro­re del lupo, men­tre in­ve­ce il com­por­ta­men­to del ma­sti­no abruz­ze­se nei con­fron­ti del lupo di­mo­stra una ca­rat­te­ri­sti­ca mo­ra­le di razza par­ti­co­lar­men­te qua­li­fi­can­te.
Que­sta ca­pa­ci­tà at­ti­tu­di­na­le unita al­l’ir­re­mo­vi­bi­le at­tac­ca­men­to al greg­ge sono in­ne­ga­bil­men­te le ca­rat­te­ri­sti­che es­sen­zia­li della razza.
Il ma­sti­no abruz­ze­se non ha alcun van­tag­gio fi­si­co sul lupo es­sen­do en­tram­bi della stes­sa ta­glia e, anzi, il cane da pa­sto­re ha uno svi­lup­po ma­scel­la­re mi­no­re.
L’u­ni­co mar­gi­ne di van­tag­gio è co­sti­tui­to dal ro­bu­sto col­la­re di punte d’ac­cia­io, detto “vrac­ca­le” che di­fen­de il collo del cane.
Il ma­sti­no abruz­ze­se è una razza di an­ti­chis­si­ma ori­gi­ne e di ine­sti­ma­bi­le va­lo­re sto­ri­co, cul­tu­ra­le, scien­ti­fi­co e zoo­tec­ni­co. I trat­ti fon­da­men­ta­li che lo con­trad­di­stin­guo­no sono: la con­si­de­re­vo­le ta­glia, la re­si­sten­za, il co­rag­gio, la fru­ga­li­tà, la gran­de tem­pra, lo spi­ri­to di ini­zia­ti­va e l’af­fi­da­bi­li­tà.
I pro­prie­ta­ri delle mas­se­rie, per in­cre­men­ta­re l’ef­fi­ca­cia dei loro ma­sti­ni fa­ce­va­no e fanno an­co­ra oggi uso di tre tec­ni­che “al­ta­men­te fun­zio­na­li”:
– fin dalla più te­ne­ra età il cuc­cio­lo di ma­sti­no viene al­le­va­to in bran­co, in modo da fa­vo­ri­re la so­cia­li­tà e l’af­fia­ta­men­to tra i vari sog­get­ti; i pa­sto­ri di­co­no che in que­sto modo, una volta rag­giun­ta la ma­tu­ri­tà, il bran­co ri­mar­rà molto com­pat­to e di con­se­guen­za se ne av­van­tag­ge­rà l’ef­fi­cien­za sul la­vo­ro.
Da que­sto mo­men­to in poi, i cuc­cio­li che sono de­sti­na­ti a ri­ma­ne­re nella mas­se­ria non ver­ran­no mai se­pa­ra­ti gli uni dagli altri e tutti in­sie­me con­di­vi­de­ran­no la loro esi­sten­za a stret­to con­tat­to con il greg­ge, in­stau­ran­do così un rap­por­to pa­ci­fi­co ed in­dis­so­lu­bi­le.
(E’ utile sot­to­li­nea­re nel con­tem­po che, oltre al­l’u­ti­liz­zo nel la­vo­ro con il greg­ge, il pos­se­de­re molti cani è de­ci­sa­men­te un fun­zio­na­le ed ef­fi­cien­te si­ste­ma di al­lar­me e di di­fe­sa).
L’a­li­men­to base per i cuc­cio­li, oltre na­tu­ral­men­te al latte della madre, sarà anche il latte della pe­co­ra ed in se­gui­to il latte ed il siero fa­ran­no parte della loro dieta gior­na­lie­ra.
Que­sto tipo di ali­men­ta­zio­ne strin­ge­rà an­co­ra di più il le­ga­me e l’at­tac­ca­men­to dei ma­sti­ni per le pe­co­re.
La se­con­da tec­ni­ca con­si­ste nel met­te­re al collo dei gros­si ma­schi adul­ti il “vrac­ca­le” (o “vrec­ca­le”), il tipo col­la­re di ferro irto di punte me­tal­li­che. Nel­l’am­bien­te del ma­sti­no abruz­ze­se in­dos­sa­re o meno il vrac­ca­le può dav­ve­ro fare la dif­fe­ren­za tra la vita e la morte.

Vraccali - Museo Il Contado del Molise
FIG 3 Vrac­ca­li, Museo Il Con­ta­do del Mo­li­se, Cen­tro Ci­no­fi­lo Razze Me­ri­dio­na­li

l’ul­ti­ma tec­ni­ca fun­zio­na­le è la con­chec­to­mia o, me­glio, il ta­glio delle orec­chie. Que­sta pra­ti­ca per il ma­sti­no, date le sue spe­ci­fi­che fun­zio­ni, aveva e ha tut­to­ra lo scopo di ri­spar­mia­re inu­ti­li sof­fe­ren­ze e di con­fe­ri­re al cane un’a­ria più truce e ter­ri­fi­can­te nei con­fron­ti sia del lupo che di even­tua­li ladri.
In­fat­ti le orec­chie, se la­scia­te in­te­gre, pos­so­no du­ran­te uno scon­tro of­fri­re al lupo un fa­ci­le ap­pi­glio ov­via­men­te molto do­lo­ro­so per il cane, non mor­ta­le, ma più che suf­fi­cien­te per co­strin­ge­re il ma­sti­no a ri­ti­rar­si ab­ban­do­nan­do la lotta mal­con­cio e im­pau­ri­to. In se­gui­to ad un epi­so­dio con que­sto epi­lo­go, so­li­ta­men­te nelle suc­ces­si­ve oc­ca­sio­ni di scon­tro il cane prima di af­fron­ta­re nuo­va­men­te il lupo op­pu­re bran­chi di cani in­sel­va­ti­chi­ti esi­te­rà a lan­ciar­si nella mi­schia o ad­di­rit­tu­ra se ne al­lon­ta­ne­rà.
Tra­di­zio­nal­men­te dopo la con­chec­to­mia, i resti dei pa­di­glio­ni au­ri­co­la­ri dei cuc­cio­li ven­go­no frit­ti nel gras­so del ma­ia­le e dati in pasto agli stes­si poi­ché si dice che da­ran­no ai cani la pro­ver­bia­le dote chia­ma­ta “del dente amaro”. Que­sto è ciò che af­fer­ma­no i pa­sto­ri; i mas­sa­ri più an­zia­ni che sono stati in­ter­vi­sta­ti dal sot­to­scrit­to af­fer­ma­no che nei pe­rio­di in cui vi erano greg­gi, morre (bran­co com­po­sto da un mi­ni­mo di 200 fino ad mas­si­mo di 370 capi di pe­co­re) e man­drie (bran­co di be­stia­me di vario ge­ne­re: bo­vi­ni, ca­val­li, pe­co­re, capre, asini, muli, etc) anche i lupi erano nu­me­ro­sis­si­mi e alla di­fe­sa delle pe­co­re vi era un no­te­vo­le nu­me­ro di ma­sti­ni.
Dalla viva voce di pa­sto­ri e mas­sa­ri si pos­so­no an­co­ra oggi ascol­ta­re le de­scri­zio­ni di mol­te­pli­ci real­tà delle at­ti­vi­tà e della vita agro-pa­sto­ra­le, tutte degne di nota e di ap­pro­fon­di­men­ti e studi.
Si af­fer­ma­va (e an­co­ra oggi gli an­zia­ni con­fer­ma­no) che i cuc­cio­li che si ci­ba­va­no della “loro stes­sa carne” (e quin­di dei resti dei pro­pri pa­di­glio­ni au­ri­co­la­ri) in ef­fet­ti fos­se­ro di ca­rat­te­re molto più forte ri­spet­to ad altri cuc­cio­li che non se ne erano ci­ba­ti.
I mas­sa­ri os­ser­va­va­no sia il com­por­ta­men­to dei cuc­cio­li che dei cuc­cio­lo­ni sia tra di loro che nelle in­te­ra­zio­ni con gli altri cani che in­con­tra­va­no al pa­sco­lo e te­ne­va­no par­ti­co­lar­men­te sotto con­trol­lo quel­li che mo­stra­va­no i denti sol­le­van­do le lab­bra. Se a se­gui­to di que­sta di­mo­stra­zio­ne di ca­rat­te­re l’al­tro cane si al­lon­ta­na­va spon­ta­nea­men­te, quasi sot­to­mes­so, il ma­sti­no ve­ni­va de­fi­ni­to “dal dente amaro” a de­scri­ve­re un cane dal morso par­ti­co­lar­men­te te­mu­to dai suoi si­mi­li.
Un altro me­to­do uti­liz­za­to dai mas­sa­ri per in­di­vi­dua­re i cani “dal dente amaro” era quel­lo di os­ser­va­re i denti di que­sti ani­ma­li e più spe­ci­fi­ca­ta­men­te i ca­ni­ni che do­ve­va­no es­se­re di co­lo­re più gial­lo ri­spet­to a quel­li degli altri cani.
Si di­ce­va che in uno even­tua­le scon­tro il morso dei cani “dal dente amaro” pre­sen­ta­va ca­rat­te­ri­sti­che tali da ri­sul­ta­re molto più do­lo­ro­so dei “nor­ma­li” morsi e non solo, ma anche le fe­ri­te pro­cu­ra­te im­pie­ga­va­no molto più tempo a gua­ri­re.
Abi­tual­men­te un sog­get­to che pre­sen­tas­se que­ste ca­rat­te­ri­sti­che era per­fet­ta­men­te in grado da solo di te­ne­re a bada anche due o tre cani.
La qua­li­tà “del dente amaro” non ri­sul­ta es­se­re una com­po­nen­te di razza, ma del sin­go­lo sog­get­to; per que­sto un cane di que­sto tipo era molto ri­cer­ca­to dai pa­sto­ri poi­ché que­sti sog­get­ti di so­li­to erano dei capi bran­co e sem­pre i primi ad at­tac­ca­re il lupo.
Le paure e le lotte che da sem­pre hanno visti pro­ta­go­ni­sti il cane e il lupo, ren­do­no i due ne­mi­ci mor­ta­li.
Quan­do i ma­sti­ni abruz­ze­si sono a guar­dia delle pe­co­re an­ch’es­si chiu­si in gran­di re­cin­ti nelle mas­se­rie, nel caso di un at­tac­co del lupo pre­sen­ta­no un pe­cu­lia­re tipo di com­por­ta­men­to.
Se il lupo sca­val­ca il re­cin­to e at­tac­ca le pe­co­re uc­ci­den­do­ne solo al­cu­ne, l’at­tac­co dei ma­sti­ni è fe­ro­ce e ter­mi­na ine­vi­ta­bil­men­te con la morte del cane op­pu­re del lupo.
In que­sto ul­ti­mo caso e cioè quan­do i ma­sti­ni hanno la me­glio e rie­sco­no ad uc­ci­de­re il lupo si è po­tu­to ri­scon­tra­re un in­so­li­to ca­rat­te­ri­sti­co com­por­ta­men­to: i cani tra­sci­na­no le pe­co­re morte
met­ten­do­le una sul­l’al­tra po­si­zio­nan­do­le sopra il ca­da­ve­re del lupo o dei lupi uc­ci­si, for­man­do una sorta di ca­ta­sta.
Que­sto com­por­ta­men­to, che sem­bra es­se­re quasi un rito, è pro­prio esclu­si­va­men­te dei ma­sti­ni abruz­ze­si e av­vie­ne so­la­men­te quan­do lo scon­tro tra i lupi e i cani av­vie­ne al chiu­so nei re­cin­ti della mas­se­ria e non al­l’a­per­to, al pa­sco­lo.
Non si è an­co­ra riu­sci­ti a dare una spie­ga­zio­ne ra­zio­na­le di tutto que­sto; è dav­ve­ro an­co­ra un pic­co­lo mi­ste­ro anche se que­sto com­por­ta­men­to è ben noto da tempo im­me­mo­ra­bi­le ai pa­sto­ri, ai mas­sa­ri e agli al­le­va­to­ri di be­stia­me.
Il ma­sti­no abruz­ze­se è una delle razze più co­mu­ni in Ita­lia ed è anche una delle più an­ti­che e co­no­sciu­te. Gra­zie alla se­le­zio­ne “na­tu­ra­le” e “mas­sa­le” è an­co­ra una razza sana, forte, equi­li­bra­ta e fun­zio­na­le (svol­ge cioè un la­vo­ro vero e pro­prio).
Il ma­sti­no era ed è il cane della mas­se­ria. Nei con­fron­ti degli ani­ma­li della mas­se­ria i ma­sti­ni nu­tro­no un sin­ce­ro e du­ra­tu­ro at­tac­ca­men­to che li porta a di­fen­der­li fino allo stre­mo delle forze. Oltre alle pe­co­re essi di­fen­do­no anche il resto del be­stia­me: le capre, i bo­vi­ni, i ca­val­li, gli asini, i muli, gli ani­ma­li di bassa corte. Non di­men­ti­chia­mo che an­ti­ca­men­te i ma­sti­ni erano messi a di­fe­sa anche delle man­drie di bu­fa­li.
Re­cen­te­men­te si è avuta no­ti­zia che un grup­po di ma­sti­ni abruz­ze­si è stato im­por­ta­to anche in Au­stra­lia per pro­teg­ge­re una co­lo­nia di pin­gui­ni dal­l’at­tac­co delle volpi e dei cani sel­va­ti­ci.
Il bran­co di ma­sti­ni abruz­ze­si è parte in­te­gran­te della mas­se­ria, gli esem­pla­ri adul­ti di un’e­tà com­pre­sa tra i due e i set­te-ot­to anni sono la forza del­l’in­te­ro bran­co; i gio­va­ni sog­get­ti al­lie­ta­no la vita della mas­se­ria con i loro gio­chi men­tre quel­li un po’ an­zia­ni tra­scor­ro­no la mag­gior parte del loro tempo a son­nec­chia­re tra le pe­co­re.

Fla­vio Bruno, me­di­co ve­te­ri­na­rio, lau­rea­to pres­so l’U­ni­ver­si­tà degli Studi di Bari, si oc­cu­pa da de­cen­ni dello stu­dio e della pre­ser­va­zio­ne del Cane Corso Tra­di­zio­na­le e delle an­ti­che razze ca­ni­ne da la­vo­ro ita­lia­ne. E’ Di­ret­to­re del Cen­tro Ci­no­fi­lo Razze Me­ri­dio­na­li di Santa Croce di Ma­glia­no (CB) e Pre­si­den­te di ACSI Il Con­ta­do del Mo­li­se, una as­so­cia­zio­ne che si oc­cu­pa della di­vul­ga­zio­ne della cul­tu­ra ed edu­ca­zio­ne ci­no­fi­la e segue al­cu­ni pro­get­ti di pet the­ra­py sul ter­ri­to­rio mo­li­sa­no. Ha al suo at­ti­vo nu­me­ro­se pub­bli­ca­zio­ni sulla ci­no­fi­lia. www.​ilc​onta​dode​lmol​ise.​com

 

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Elet­tra Gras­si – Eda­gri­co­le

Un qua­dro com­ple­to delle pro­ble­ma­ti­che le­ga­te alla pro­fes­sio­ne del­l’al­le­va­to­re, con gli aspet­ti teo­ri­ci e pra­ti­ci. Cane di razza, com­pe­ti­zio­ni e se­le­zio­ne, aspet­ti fi­sca­li e giu­ri­di­ci, aspet­ti sa­ni­ta­ri; viene inol­tre ri­por­ta­to un esem­pio pra­ti­co di al­le­va­men­to.
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