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di Marco Salvaterra

Dal 2004 la “Spressa delle Giudicarie”, uno dei più antichi formaggi della montagna alpina, può fregiarsi dell’iscrizione nel Registro delle Denominazioni di Origine Protetta, che ne tutela la qualità all’interno dei confini nazionali e dell’Europa.
Tradizionalmente con il termine “Spressa delle Giudicarie” viene indicato il formaggio ottenuto con il latte prodotto da bovine alimentate con fieno,  nel periodo autunno-primavera. Nella prassi consolidata la data della fine e della ripresa stagionale della sua produzione è legata all’inizio e alla fine dell’alpeggio, con un anticipo o un ritardo anche di 10 giorni. Invece il formaggio prodotto d’estate sulle malghe, da latte di bovine in alpeggio, viene indicato come “formài”, anche se la tecnica di preparazione è simile a quella della “Spressa”. Il prodotto di malga presenta una colorazione gialla più accentuata, per via del carotene trasferito dal foraggio verde ed un tenore lipidico più elevato a causa del latte utilizzato, notevolmente più grasso.

Spressa delle Giudicarie DOP
Spressa delle Giudicarie (foto Caseificio Pinzolo-Fiavè–Rovereto)

Descrizione del prodotto
Da sempre la “Spressa delle Giudicarie” è considerata un formaggio magro. Infatti un tempo i contadini smagravano il più possibile il latte per ottenere il maggior quantitativo di burro, allora ben remunerato, per cui il formaggio risultava spesso magrissimo. In qualche caso il latte, messo a raffreddare in contenitori denominati vasi Swarz, in acqua corrente fredda, veniva “spannato” anche per 4-5 volte. Il formaggio che si otteneva veniva consumato principalmente dalla famiglia del contadino e commercializzato solo in modeste quantità.
Al giorno d’oggi, il turismo estivo ed invernale, assieme ad un florido artigianato, hanno sottratto le Giudicarie e la Val Rendena alla povertà e all’indigenza. Ciò nonostante, con l’evolversi delle tecniche agricole e con il nascere e svilupparsi di strutture zootecniche moderne e razionali, l’agricoltura ha mantenuto un ruolo economico importante e contribuisce al buon andamento dell’economia locale.
Così la tecnica di lavorazione del latte magro è rimasta radicata nella tradizione casearia locale, ma anche in quella del consumatore della zona, anche se oggi non si vedono più in commercio le Spresse magrissime di una volta, ma si va sempre più verso un formaggio con un tenore in grasso, ancora contenuto, ma senza le esagerazioni di un tempo, a vantaggio della bontà e sapidità del prodotto.

Zona di produzione
L’area di provenienza e di trasformazione del latte e di trattamento della “Spressa delle Giudicarie”, fino al completamento della stagionatura, è costituita dal territorio delle valli Giudicarie, Chiese, Rendena e Ledro (tutte in provincia di Trento).
Il cuore della zona di produzione della “Spressa” è la Val Rendena, una splendida valle alpina incastonata tra due massicci montuosi molto diversi fra loro, le Dolomiti di Brenta e le cime granitiche del gruppo Adamello Presanella (che nel luglio del 1984 ospitarono Sua Santità Giovanni Paolo II e il Presidente Pertini).
Da Verdesina sino a  Madonna di Campiglio (a 1.600 metri circa di quota), la valle si percorre in poco più di mezz’ora in auto, attraversando 20 paesi o frazioni, e il dislivello, di quasi mille metri, poco altera il paesaggio ricco di abeti sugli scoscesi pendii dei versanti che arrivano quasi fino al fiume. Le valli laterali hanno conservato una natura primitiva, regno del bosco e dei suoi animali (tra i quali l’Orso bruno), e costituiscono il cuore del Parco Naturale Adamello Brenta.
Fin dalla preistoria si hanno testimonianze di insediamenti umani in zona, ma è con i Galli Celti tra il 500 e il 100 a.C. che ha inizio la transumanza, la tipica migrazione al monte delle mandrie bovine. Le malghe hanno dunque origini antichissime e ancora oggi testimoniano una cultura capace di sopravvivere alle asperità della natura. Di Attila, che transitò di qui intorno al 452 d.C., si trova ancora eco in alcune storie orali nella frazione di Borzago dove, nella parte alta dell’antico borgo il portone di un enorme casolare è tramandato come testimone del passaggio del barbaro.
Passo Campo Carlo Magno testimonia col suo stesso nome il passaggio nel 775 dell’imperatore che vi bivaccò prima di scendere in valle dove, la tradizione racconta, operò conversioni al cristianesimo, documentate con un affresco nella chiesetta di Santo Stefano a Carisolo.
A Pinzolo, Spiazzo e Pelugo, le chiese hanno origini che risalgono ai primi insediamenti cristiani nel basso medioevo e sono state affrescate, successivamente, intorno al 1500, dai Baschenis, famiglia di artisti bergamaschi che ha lavorato a lungo in valle. Gli affreschi sono improntati soprattutto al tema delle danze macabre che influenzò il centro e il nord d’Europa nel primo rinascimento.

Riferimenti storici
La specificità della “Spressa delle Giudicarie” deriva principalmente dalle condizioni socio-economiche, storiche e geografiche della zona di produzione, un tempo caratterizzata da una grande povertà, un territorio montano ed un’economia basata principalmente sull’agricoltura e sull’allevamento. In passato la Spressa era sostanzialmente un prodotto “residuale”; i contadini e i casari cercavano di ricavare dal latte la maggiore quantità possibile di burro, ben pagato dal mercato locale. Ciò che rimaneva era utilizzato per la produzione di un formaggio povero, il cui consumo era riservato quasi esclusivamente alla famiglia del contadino. Il suo nome deriva probabilmente da “spress”, massa spremuta, a causa della particolare tecnica di produzione basata, appunto, su numerosi processi di scrematura. Oggi la DOP “Spressa delle Giudicarie” non è più magrissima come un tempo, perché non sarebbe più gradita dal consumatore, ma è pur sempre un formaggio a basso contenuto di grassi.
Gli elementi che comprovano l’origine del prodotto sono costituiti da riferimenti storici che attestano la lunga tradizione lattiero-casearia di questo territorio. Questa si fa risalire a tempi molto antichi come dimostra la “Regola di Spinale e Manez” del 1249 “… unum pensum casei sani et pulcri sicci de monte (Spinali)” (“un peso – kg. 4,400 circa – di formaggio sano e bello da monte – Spinale”). Dall’inizio del 1900 i richiami ed i riferimenti alla Spressa prodotta nella zona si fanno più precisi e numerosi; ad esempio:
– “urbario” di don Marini, dove si fa cenno, per gli anni 1915 e 1916, alla “Spressa da polenta” come formaggio nostrano;
– bollette di accompagnamento del Consorzio Esercenti di Ragoli degli anni 1935-1937 dove l’oggetto era descritto come “forme di spressa (formaggio magro)”;
– “Libro protocolli delle sessioni dei soci del Caseificio di Coltura” con l’elenco delle produzioni e dei prezzi di vendita di Spresse per i vari anni, dal 1926 al 1934 del Caseificio di Coltura di Ragoli.
La Spressa è citata e descritta da importanti autori in molti libri e pubblicazioni sui formaggi (Luigi Veronelli, Jan Pierre Gallois, Silvano Dalpiaz, Aldo Gorfer).
E’ necessario sottolineare inoltre che nel 1985 è stato depositato il marchio collettivo d’impresa “Spressa” presso il Ministero dell’Industria di Roma, nel tentativo di difendere la produzione tipica dalla concorrenza sleale di taluni commercianti che distribuivano come Spressa, formaggi similari che provenivano da zone spesso remote, ma prodotti con latte e con una tecnologia diversi.

Tecnica di produzione
Nonostante gli adeguamenti tecnologici adottati nei caseifici moderni caseifici, il metodo di produzione della DOP “Spressa delle Giudicarie” è rimasto rispettoso della tradizione casearia, senza modificare la sostanza del procedimento. Il latte proviene da bovine alimentate con fieno di prato stabile in cui le essenze prevalenti sono graminacee. È escluso l’utilizzo del latte prodotto in malga e quello ottenuto da bovine alimentate con la sola erba o con insilati di qualunque tipo. La razione alimentare delle bovine può essere integrata con mangimi semplici o composti, con un rapporto foraggi/concentrati non inferiore al 50%.
Il latte utilizzato è esclusivamente latte di vacca, prevalentemente delle razze Rendena e Bruna, autoctona la prima, entrambe adatte all’ambiente montano, di due o tre munte successive, proveniente da allevamenti ubicati all’interno della zona di produzione. La trasformazione del latte può avvenire solo in strutture casearie dislocate all’interno della zona di produzione.
Il latte dopo la raccolta, prima della caseificazione, subisce il trattamento di scrematura parziale, ottenuta mediante affioramento.  La tecnica dell’affioramento, oltre a ridurre il tenore in grasso, porta anche ad una opportuna debatterizzazione del latte stesso, eliminando parte dei germi anticaseari.
Nella fase di caseificazione il latte può essere oggetto di una modifica della propria acidità naturale, mediante l’aggiunta di starters (lattoinnesti naturali). Questi sono aggiunti alla materia prima nella fase immediatamente precedente la coagulazione e normalmente derivano da una selezione microbica operata mediante termizzazione a 62-65° C di una determinata quantità di latte proveniente da stalle controllate, con successiva incubazione a 42-46° C per circa sei ore.
La coagulazione si ottiene mediante l’addizione di enzima coagulante (caglio di origine bovina) alla temperatura di 35° C +/- 2°C, con una dose di enzima tale da garantire la formazione di un coagulo pronto al taglio in un periodo di tempo che può variare da un minimo di 30 ad un massimo di 50 minuti primi, nelle normali condizioni di andamento della lavorazione.
Dopo la fase di taglio della massa caseosa, fino alla formazione dei granuli di cagliata della grossezza di un chicco di riso, operazione che dura 4-5 minuti, si procede alla semicottura, con agitazioni della massa con l’apposita rotella. La durata di tale fase dipende dal comportamento del coagulo, dal grado più o meno accentuato della sineresi e del prosciugamento dei granuli che si vuole ottenere prima della semicottura.
La semicottura viene condotta fino a quando la massa in lavorazione non raggiunge la temperatura di 42° C +/- 2° C, impiegando un periodo di tempo di circa 20-30 minuti primi, a seconda delle esigenze della cagliata. Dopo una breve agitazione la massa semicotta viene lasciata depositare sul fondo. Quando si utilizzano caldaie del tipo troncoconico in rame, o semisferiche in acciai inox, si procede ad una  sosta  della cagliata sotto siero, per un tempo variabile da un minimo di 35 ad un massimo di 65 minuti primi. Viene quindi effettuata l’estrazione della cagliata e la messa in fascera.
La durata della lavorazione, dall’aggiunta del caglio, all’estrazione della cagliata può variare da un minimo di 90 ad un massimo di 150 minuti primi, al cambiare delle condizioni tecniche di produzione.
La sosta nel locale o zona di presalatura dura almeno 24 ore. La salatura può essere fatta a secco o in salamoia. La durata della salatura a secco va da un minimo di 8 ad un massimo di 12 giorni. La durata della salatura in salamoia varia da un minimo di 4 ad un massimo di 6 giorni. La salamoia può avere una densità variabile da un minimo di 16 ad un massimo di 20° Baumé.
L’ultima fase consiste nella stagionatura che viene fatta in appositi magazzini con temperatura e umidità variabili. Ottimali sono i 12-17° C di temperatura, ma non possono essere inferiori ai 10 e maggiori dei 20°C, mentre l’umidità può variare da un minimo dell’85% ad un massimo del 90%. Nel magazzino le forme vengono rivoltate e pulite, più frequentemente nelle prime settimane, meno di seguito. La maturazione può variare da un minimo di tre mesi per protrarsi anche oltre l’anno.

La cagliata viene messa nella fascera
La cagliata viene messa nella fascera (foto Caseificio Pinzolo-Fiavè–Rovereto)

CARATTERISTICHE DELLA SPRESSA DELLE GIUDICARIE DOP
Tipo di prodotto
Formaggio magro, a pasta semicotta, semidura. La versione “giovane” è pronta per il consumo dopo 3 mesi dalla produzione, mentre la “stagionata” dopo 6 mesi.
Periodo di produzione
Dal 10 settembre al 30 giugno.
Stagionatura
– minimo 3 mesi per il prodotto “giovane”;
– minimo 6 mesi per il prodotto “stagionato”.
Materia prima utilizzata
Latte crudo di vacca, parzialmente scremato per affioramento naturale.
Caratteristiche fisiche
Forma: cilindrica, a scalzo basso, leggermente convesso o piano, con facce piane o leggermente orlate;
Dimensioni della forma: diametro 30-35 cm, altezza dello scalzo 8-11 cm, peso della forma 7-10 kg;
Crosta: irregolare, elastica, color grigio brunato o ocra scuro;
Pasta: compatta, con occhiatura sparsa di piccola o media grandezza, di colore bianco o paglierino chiaro.
Caratteristiche chimiche
Grasso sulla sostanza secca: da un minimo del 29% ad un massimo del 39%;
Umidità: da un minimo del 32% ad un massimo del 40% per il prodotto “giovane” e da un minimo del  28% ad un massimo del 38% per il prodotto “stagionato”.
Caratteristiche organolettiche
Consistenza della pasta: compatta ed elastica, caratteristica quest’ultima più accentuata per il prodotto giovane;
Sapore: dolce, nel caso di prodotto giovane; saporito, più o meno accentuato, per il prodotto stagionato, con un appena percettibile sapore amarognolo;
Odore e aroma: decisi, caratteristici dei formaggi di montagna, più decisi e marcati per il prodotto stagionato.

Locale di stagionatura della Spressa delle Giudicarie DOP
Caseificio di Pinzolo – Locale di stagionatura della Spressa delle Giudicarie DOP

Si ringrazia il Caseificio Pinzolo – Fiavè – Rovereto scrl per il materiale cortesemente fornito.
Nato nel 1892 per unire in un unico soggetto cooperativo i contadini di valle, il Caseificio Pinzolo – Fiavè – Rovereto scrl ricopre oggi un ruolo centrale nell’economia agricola delle Valli Giudicarie, rappresentando, con i suoi 300 soci, la totalità dei produttori di latte operanti nelle aree del Chiese, Busa di Tione, Valle Rendena e Lomaso. L’obiettivo primario è garantire ai produttori associati la possibilità di svolgere il proprio lavoro alle migliori condizioni, sia economiche che di sicurezza, e ai propri clienti dei prodotti sani e genuini di qualità elevata. Una missione che la cooperativa persegue fin dalla sua costituzione e che nel tempo è stata riconosciuta dai diversi caseifici turnari che hanno scelto di aderire ad un’unica cooperativa per unire le forze con l’obiettivo di sviluppare e promuovere il proprio lavoro.
Ogni giorno lavora quasi 1.000 quintali di latte, il 75% del quale viene utilizzato per produrre formaggi freschi, tra cui spiccano le produzioni di Mozzarella, Boscatella, Nostrani, Asiago e i formaggi da spalmare. Il latte prodotto in Val Rendena e parte del Chiese, circa 1/6 del totale, viene conferito nello stabilimento di Giustino (Val Rendena), per la produzione della DOP Spressa delle Giudicarie, del latte fresco “Rendena” e di 30 forme di Trentingrana al giorno.

Marchio del Consorzio Spressa delle Giudicarie DOP
Marchio del Consorzio di tutela della Spressa delle Giudicarie DOP

Sintesi a cura di Marco Salvaterra, laureato in Scienze agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna e docente all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze. Curriculum vitae >>>

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